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ORLANDO FURIOSO

23/3/2023

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POEMA EPICO-CAVALLERESCO
È un poema epico che deriva dalla fusione del ciclo carolingio (Chanson de Geste- Chanson de Roland,
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POEMA EPICO-CAVALLERESCO È un poema epico che deriva dalla fusione del ciclo carolingio (Chanson de Geste- Chanson de Roland, Rolando paladino di Carlo Magno)e del ciclo bretone (romanzo cortese- re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda), due generi sviluppati nel nord della Francia, in lingua d'oil. I poemi cavallereschi avevano lunghezza variabile ed erano costituiti da strofe di 8 versi (ottave). Il poema epico cavalleresco si diffuse in italia tra il XIV-XV sec, inizialmente nella zona veneta-padana e successivamente in Toscana. 1) Una novità del 400 è la nascita dei cantari. I poemi cavallereschi venivano recitati davanti a un pubblico radunato nelle piazze da autori chiamati canterini, erano giullari che intrattenevano il pubblico raccontando storie formate dalla fusione dei due cicli. 2) Intorno alla metà del 400, nelle corti di Firenze (Medici) e a Ferrara (Estensi), fu fatta un'operazione letteraria: poeti colti ripresero la materia dei cantari e cercarono di nobilitarla. Luigi Pulci a Firenze e Matteo Maria Boiardo a Ferrara cominciarono a comporre poemi cavallereschi di alto livello, mettendo per iscritto le composizioni orali. 3) Nacquero opere come: - il Morgante di Luigi Pulci, una parodia dei poemi cavallereschi che descrive lo scudiero di Rolando. l'Orlando innamorato di Boiardo, rimase incompiuto e offre a Ludovico Ariosto l'intreccio di partenza per il suo poema. 4) Evoluzione della figura...

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Didascalia alternativa:

del Cavaliere: diventa innamorato e poi pazzo di amore nel poema di Ariosto. MATTEO MARIA BOIARDO Visse a Ferrara nella Corte degli Estensi: nel 1476 inizia a comporre l'Orlando innamorato. All'inizio pubblica le prime due parti, però negli anni successivi voleva pubblicarne una terza parte che non riuscì a concludere, perché morì. Per cui arrivò al nono canto. Trae spunto dai cantari cavallereschi, il personaggio principale è Angelica (inventata da Boiardo) principessa del Catai che giunge alla Corte di Carlo Magno, con il solo scopo di portare scompiglio tra i cavalieri. Infatti molti di essi si innamorarono di lei, tra cui Orlando. Proemio del poema e apparizione di Angelica (p.579) 1° strofa= - nonostante si rivolga ad un pubblico diverso a quello dei canterini, utilizza frasi e parole che riconducono alla situazione che si creava nelle piazze (v.1 "ve adunati"- ricorda il raduno piazza, v.2 "per odir", v.3 "stati attenti e quieti, ed ascoltati"). - ricorda che andrà a raccontare delle gesta meravigliose, causate dall'amore. 2° strofa presenta il tema che andrà a trattare: l'amore. 3° strofa= - Introduzione al personaggio di Orlando, come un Cavaliere forte e valoroso ma che fu vinto dall'amore. - Turpino è un autore di una cronaca alla quale gli autori dei cantari presero ispirazione. Aveva tenuto nascosta la storia di Orlando perché temeva che fosse rifiutata dal protagonista. LUDOVICO ARIOSTO Nasce a Reggio Emilia nel 1474, ma successivamente si trasferisce con il padre a Ferrara. Tra i 15 ei 21 anni frequentò l'università di Ferrara seguendo corsi di diritto. Ad un certo punto lasciò gli studi e si dedicò alla sua vera vocazione: la letteratura. Iniziò a frequentare la Corte del duca Ercole I, entrando nella cerchia dei cortigiani. Nel 1500 il padre morì e si dovette occupare della famiglia, nel mentre accettò delle cariche ufficiali. Nel 1503 entra al servizio di Ippolito d'Este, Il quale gli assegnò incarichi diplomatici. Nel 1517 Ippolito si deve trasferire In Ungheria per prendere il potere del vescovato, chiedendo ad Ariosto di seguirlo. Ludovico rifiutò l'offerta passando al servizio del duca Alfonso a Ferrara, e gli affida l'incarico di governatore della Garfagnana (1525-1533 anno morte). Nella sua prima satira, indirizzata al fratello Alessandro e all'amico Ludovico, spiega i motivi per i quali rifiuta l'offerta di Ippolito: temeva di ammalarsi; Il troppo freddo dell'inverno ungherese e l'eccessivo caldo d'estate; Non voleva stare al servizio del Signor Ippolito. Per questa sua scelta venne criticato: un compito cosi importante rappresentava il desiderio di molti intellettuali. Negli anni in Garfagnana scrisse 7 satire indirizzate ad amici (satira = satura lanx, piatto offerto agli dei, fu Orazio a coniare il termine). L'ORLANDO FURIOSO È un poema cavalleresco che prende ispirazione dall'Orlando innamorato, pubblica tre redazioni: La prima redazione risale al 1516 in 40 canti, La seconda redazione risale al 1521, Tra le prime due redazioni non si notano grandi differenze, non contento della seconda redazione ne pubblica una terza nel 1532, inserendo ulteriori episodi. Nella prima redazione e nella seconda utilizza una lingua cortigiana - la stessa che utilizzò Boiardo. Nella terza redazione usa una lingua secondo i consigli di Pietro Bembo: nella prosa bisognava usare la lingua di Boccaccio, in poesia bisognava usare la lingua di Petrarca. Caratteristiche generali: si ispira all'Eneide di Virgilio. → il tema principale dell'opera è la ricerca o inchiesta - La Quéte (pronuncia ket): tutti i personaggi sono alla ricerca dell'oggetto del desiderio. l'autore intreccia le storie dei personaggi - entrelacement (intreccio). → Lo spazio è orizzontale per la maggior parte del poema - in una dimensione terrena. Lo spazio diventa verticale quando Astolfo va sulla Luna a prendere il senno di Orlando. I tre filoni narrativi dell'opera sono... 1) Guerra: tra cristiani e pagani, mossa del re africano Agramante a Carlo Magno a Parigi per vendicare la morte del padre. Questo è un fatto di invenzione perché i Mori non arrivarono mai a Parigi. 2) Amore: che prova Orlando per la bella Angelica e che lo porta alla follia. 3) Encomiastico: filone legato a due personaggi, Ruggero (pagano) e Bradamante (cristiana). I due si innamorarono e dovettero affrontare molte peripezie. La storia si concluse con Ruggero che si converte al cristianesimo e si sposò con Bradamante. Ariosto immagina che la discendenza Estense inizi con la loro unione. PROEMIO 1° strofa: esposizione degli argomenti di cui andrà a trattare (vv.1-2): sono elencati sei termini (le donne, i cavalieri, l'arme, gli amori, le cortesie e le audaci imprese) struttura a doppio chiasmo. viene utilizzata la parola Mori(v.3 - letteralmente Mauri, abitanti della Mauritiana) per indicare gli arabi, che invasero la Spagna e poi la Francia. Io narro le donne, i cavalieri, le imprese guerresche, gli amori, le consuetudini cavalleresche, le imprese coraggiose, che avvennero al tempo in cui i Mori attraversarono il mare africano e procurarono molti danni in Francia, assecondando la rabbia e il giovanile furore del loro re Agramante (Agramante - Re dei Mori voleva vendicare il padre Troiano, ucciso da Orlando), che aveva deciso di vendicare la morte di Troiano contro Carlo Magno, imperatore del Sacro Romano Impero. 2° strofa: abbassamento dello stile (dirò d'Orlando v.9). invocazione alla donna amata, Alessandra Benucci. Riferimento all'innamoramento di Orlando della sua pazzia. Allo stesso tempo racconterò cose non scritte mai né in prosa, né in versi di Orlando: che per amore diventò pazzo furioso, da uomo che prima era reputato così saggio; se colei [Alessandra Benucci- la donna amata da Ariosto] che mi ha reso quasi simile (che tal quasi m'ha fatto - matto come Orlando) e che consuma a poco a poco il mio piccolo ingegno, me ne lascerà tanto quanto basta per portare a termine quanto mi sono proposto. 3 strofa: tema encomiastico: dedica il poema ad Ippolito d'Este. Riferimento al mecenatismo: Ariosto può dare in dono solo quello che lui scrive, per ripagare i favori donati da Ippolito. Vi piaccia gradire, o Ippolito, generoso discendente di Ercole (Il Cardinale Ippolito era figlio di Ercole I d'Este), ornamento e splendore del nostro tempo, quest'opera che vuole e soltanto può darvi il vostro umile servo. Per i favori ricevuti vi posso ripagare solo in parte con parole e con scritti; né sono da accusare se vi do poco, perché io vi do tutto ciò che posso darvi. strofa: tecnica dello straniamento, osserva la realtà con un occhio oggettivo, con una nota ironica Fra i più degni eroi che io mi preparo a nominare con lode, voi sentirete ricordare il famoso Ruggiero (- grande guerriero saraceno), che è stato il capostipite di voi e dei vostri illustri antenati. Vi farò ascoltare le sue nobili e famose gesta, se voi mi presterete attenzione e le vostre gravi preoccupazioni si attenuino un po'; cosicché questi miei versi tra esse trovino spazio. UN MICROCOSMO DEL POEMA: IL CANTO I È chiamato microcosmo perché vengono presentati tutti i temi. Movimento in spazio orizzontale: avviene sulla Terra(visione laica) Moviemento circolare: i personaggi partono da un punto e ci ritornano. Il tutto si basa sull'attesa delusa, è una ricerca che non verrà mai completata (ricerca dell'oggetto del desiderio). L'irraggiungimento rappresenta la vita di Ariosto: la consapevolezza di avere dei limiti (visione della vita disillusa ma non rinunciata) Il luogo in cui è ambientato il I canto è una selva, luogo indefinito. "Errare per la selva" errare adotta due significati: errare come sbagliare nella selva. errare come divagare nella selva. La selva ha anche un significato simbolico, rappresenta la vita stessa. La fortuna svolge un ruolo molto importante per Ariosto, indica semplicemente il caso. Strofa 5: Orlando che per lungo tempo fu innamorato (Orlando...innamorato - richiamo al poema di Boiardo) della bella Angelica (nel nome il riferimento all'aspetto angelico), e per lei in India, in Media, in Tartaria (regioni tutte dell'Oriente) aveva compiuto molte grandi imprese, era ritornato con lei ad Occidente, dove ai piedi dei monti Pirenei, con le genti di Francia e Germania re Carlo aveva messo le tende in campo aperto Strofa 6: Per far in modo che i re Marsilio (re degli arabi di Spagna) ed Agramante si pentissero amaramente per aver con folle ardire, l'uno [Agramante]condotto tutti gli uomini d'Africa in grado di portare spada e lancia; l'altro [Marsilio] spinto avanti i Saraceni di Spagna per distruggere il bel regno di Francia. E così Orlando arrivò al momento opportuno: ma subito si pentì d'esservi giunto Strofa 7: poiché li gli venne tolta la sua donna: ecco il giudizio umano come spesso sbaglia Quella donna che dalle sponde dell'estremo occidente a quelle orientali aveva difeso con una così lunga lotta, gli viene portata via ora che egli [Orlando] è in mezzo ai suoi amici, nella sua patria, senza dover usare la spada. Il saggio imperatore [Carlo Magno] che volle spegnere la grave contesa (-placare la contesa scoppiata tra Orlando e Rinaldo), fu colui che gliela tolse. Strofa 8: Pochi giorni prima era scoppiata una lite tra il conte Orlando e il suo cugino Rinaldo, entrambi innamorati della non comune bellezza [di Angelica]. Carlo, a cui non era gradita questa lite, perché gli rendeva il loro aiuto meno saldo, prese questa giovinetta, che ne era la causa, e la consegnò al duca di Baviera (duca di Bavera-Namo, amico fedele e consigliere di Re Carlo). Strofa 9: promettendola in dono a colui che nella battaglia campale, avesse ucciso il maggior numero di pagani e con la sua mano avesse fatto imprese più gradite. Ma gli eventi poi furono contrari alle speranze; ei cristiani furono messi in fuga, e insieme a molti altri il duca venne imprigionato e la tenda (dove c'era Angelica) restò incustodita. Le strofe dalla 5 alla 9 servono da sintesi dell'opera di Boiardo, facendo riferimento a fatti antecedenti: Orlando torna dall'Asia all'accampamento cristiano che si trova in Francia. Angelica, principessa del Catai, viene sottratta da Carlo Magno per placare le contese tra Orlando e Rinaldo (suo cugino), poiché entrambi si innamorarono di lei. Angelica viene affidata al duca Namo di Baviera, con la richiesta di tenerla in custodia nella propria tenda. Ai due cavalieri viene proposto un duello: chi nel successivo scontro con i Mori avrà ucciso più infedeli, avrà per sé Angelica. Il giorno dopo i cristiani subiscono una durissima sconfitta, e il loro accampamento devastato per cui Angelica ne approfitta e riesce a liberarsi. Strofa 10: Rimasta sola nella tenda, la donzella, che avrebbe dovuto essere ricompensa del vincitore, visto l'andamento degli eventi, sali in sella ad un cavallo e ad un momento opportuno scappò, avuto presagio che, quel giorno, avversa alla fede cristiana sarebbe stata la fortuna. entrò in un bosco e per lo stretto sentiero incontrò un Cavaliere che avanzava a piedi Strofa 11: Con addosso la corazza, in testa l'elmo, al fianco la spada ed al braccio lo scudo, correva per la foresta più rapidamente di un contadino poco vestito in una gara di corsa. una timida pastorella mai così rapidamente sottrasse il piede dal morso di un serpente letale, quanto rapidamente Angelica tirò le redini per cambiare direzione non appena si accorse il guerriero che sopraggiungeva a piedi. Strofa 12: Era questo guerriero (Rinaldo) quel paladino, figlio di Amone, signore di Montauban, al quale poco prima il proprio destriero per uno strano caso era fuggito di mano. non appena pose lo sguardo sulla donna, riconobbe, nonostante fosse lontana, l'angelica figura ed il bel volto che lo avevano fatto prigioniero delle reti dell'amore. Strofa 13: la donna volta indietro il cavallo e per il bosco lo lancia in corsa e briglia sciolta; più per la rada che per la fitta boscaglia non va cercando la via migliore e più sicura, perché pallida, tremante, e fuori di sé, lascia che sia il cavallo a farsi strada da solo. L'animale da ogni parte, nell'ospitale foresta, tanto vagò che infine giunse alla riva di un fiume. Strofe dalla 10 alla 13: Angelica monta su un cavallo e scappa nel bosco, li incontra un Cavaliere a piedi (per la corazza, l'elmo, la spada e lo scudo), è Rinaldo (cristiano) a cui era scappato il cavallo. Allora Angelica cambia direzione, senza avere una meta. Strofa 14: In riva al fiume trovo Ferraù tutto impolverato e sudato. poco prima lo aveva tolto dalla battaglia un grande desiderio di bere e di riposarsi; e poi, contro la sua volontà, li si dovette fermare, perché, nella fretta di bere, lasciò cadere nel fiume il proprio elmo ed ancora non era riuscito a trovarlo. Strofa 15: sopraggiunse, gridando quanto più poteva la donzella spaventata. udita la voce, il saracino salta sulla riva la guarda attentamente in viso e subito riconosce chi sta arrivando al fiume, nonostante fosse pallida e turbata dalla paura e fossero passati più giorni dall'ultima volta che ne ebbe notizia, era senza dubbio la bella Angelica. Strofa 16: essendo di indole gentile e forse avendo anche l'animo infiammato non meno dei due cugini, porse a lei tutto l'aiuto che era in grado di dare, come se avesse riavuto l'elmo, temerario e spavaldo: sguainò la spada e corse minaccioso verso Rinaldo, che in realtà non era per niente intimorito da lui. più volte si erano già non solo visti ma anche scontrati con le armi. Strofa 17: Cominciò li una battaglia crudele, a piedi, come si trovavano entrambi, con le spade sguainate, non solo le piastre della corazza e la maglia di ferro ma neanche gli scudi reggevano i loro corpi. Ora, mentre l'uno si occupa affannosamente dell'altro, il destriero di Angelica è costretto ad affrettare il passo, perché con quanta forza riesce a spronarlo, la donna lo spinge a correre per il bosco e l'aperta campagna. Strofe dalla 14 alla 17, cambia personaggio e parla di un'altra vicenda (intreccio) Ferraù, cavaliere saraceno allontanato dal campo di battaglia, anch'egli innamorato di Angelica si avvicina ad un fiume per dissetarsi, ma per sbaglio fa cadere l'elmo nell'acqua. Nel mentre sente le urla di Angelica perché è inseguita dal Cavaliere Rinaldo, Ferraù si avvicina e minaccia Rinaldo con la spada, i due iniziarono a combattere violentemente e Angelica scappò nel bosco. Strofa 18: Dopo che si furono affaticati invano i due cavalieri nel tentativo ognuno di fare soccombere l'altro, In quanto, con la spada in mano, non meno istruito, capace, era l'uno dell'altro, fu per primo il signore di Montauban a rivolgersi al Cavaliere spagnolo, così come colui ha in petto, nel cuore, tanto fuoco che lo fa ardere tutto senza trovare pace Strofa 19: disse al pagano: "avrai creduto ma solo differire quando invece ferisci anche te stesso, se questo accade perché la sfavillante bellezza di Angelica acceso d'amore anche il tuo petto, che cosa guadagni facendomi perdere tempo qui? che anche se tu mi catturi un mi uccidi non riuscirai a fare tua la bella donna, dal momento che, mentre noi ci attardiamo, lei scappa via. Strofa 20: quanto sarebbe meglio, poiché ancora la ami, che tu le vada invece ad incrociarne la strada a trattenerla e farla fermare, prima che ancora più lontano scappi! appena ne avremo il possesso, allora a chi dei due avrà appartenere verrà poi deciso con la spada: se no altrimenti, dopo un lungo e faticoso combattimento, cosa riusciamo ad ottenere se non un danno" Strofa 21: al pagano la proposta piacque: così il duello fu rimandato e la tregua proposta fu subito fra loro attuata; tanto l'odio e l'ira vengono dimenticati, che il pagano nel partire delle fresche acque del fiume non lasciò a piedi il buon figlio di Amone: lo prega e lo invita e alla fine lo fa montare a cavallo e all'inseguimento di Angelica galoppa. Strofa 22: oh bontà dei cavalieri antichi! erano rivali, parlavano una lingua diversa, si sentivano dei duri colpi crudeli ancora dolente tutto il corpo, eppure per i boschi oscuri e sentieri tortuosi vanno insieme senza temersi tra loro. da quattro speroni punto, Il destriero è arrivato ad un bivio. Strofa 23: e come quelli che non sapevano se l'una l'altra via avesse imboccato la donzella (poiché senza alcuna differenza, su entrambi i sentieri l'impronta appariva fresca, recente) misero la propria sorte nelle mani della fortuna. Rinaldo per questo sentiero, il saracino per quello. per il bosco Ferraù molto s'aggirò e alla fine si trovò al punto di partenza. Strofe dalla 18 alla 23. Dopo che Angelica scappò, Rinaldo e Ferraù congedano il loro duello che stabiliva che la fanciulla toccava in sorte. Nell'interesse di entrambi di trovare la bella, Rinaldo sale sul cavallo di Ferraù e si inoltrano nella foresta. Arrivati ad un bivio scelgono di separarsi, perché in entrambe le strade presentavano delle orme fresche. Ferraù perde l'orientamento si ritrova di nuovo presso il fiume. (discorso caso/fortuna e tornare sempre da dove si è partiti). Nel canto XII troviamo l'insieme di tutti i personaggi, alla ricerca dell'oggetto del desiderio, ciò che vedono non è altro che un'illusione, causando una delusione e frustrazione. LA FOLLIA DI ORLANDO Nei canti XXIII e XXIV, Ariosto colloca il tema della follia e pazzia di Orlando, causato dall'amore. la pazzia di Orlando si manifesta in tre fasi: 1) 1° momento= Orlando vede incisi sugli alberi le iniziali di Medoro e Angelica, come segno del loro amore. All'inizio Orlando incredulo, si autoconvince che quell'iniziale non sia di Angelica, non vuole affrontare la dura realtà. 2) 2 momento comincia a contemplare in modo passivo i luoghi che sono stati teatro del loro amore. scoppia in un pianto. 3) 3° momento la sua furia esplode si trasforma in un essere bestiale. Inizia a distruggere tutto ciò che si trova davanti a lui, adottando un comportamento sovrumano (sradicare gli alberi ecc...) e si toglie anche l'armatura. La condizione umana è governata da forze oscure che minacciano l'equilibrio dell'uomo, Orlando si fece sopraffare da queste energie oscure. La sua follia si trasforma in furia bestiale che produce effetti negativi: il togliersi l'armatura e Il fatto di usare la spada per distruggere ciò che ha attorno invece di proteggere e fare del bene ai deboli. la sua follia si trasforma in furia solo quando l'oggetto del desiderio non può più essere raggiunto. Strofa 129: Tutta la notte il conte vago per il bosco; ed al sorgere del sole il suo destino lo riportò vicino al fiume dove Medoro incise l'iscrizione. Vedere le parole che testimoniavano il suo disonore incise nel monte, lo accese, così che in lui non restò nulla che non fosse odio, rabbia, ira o furia; non resistette più e sguainò la spada. Strofa 130: Taglio l'incisione e il sasso, e fino al cielo fece volare le piccole schegge. Infelice sia ogni grotta e ogni tronco in cui si leggono i nomi di Medoro ed Angelica! Furono così ridotte (le piante) quel giorno, che né ombra né refrigerio daranno più al pastore né al suo gregge: e il fiume, così chiaro e puro, non fu al riparo da un ira così grande; Strofa 131: poiché i rami, i tronchi, i sassi e le zolle di terra Orlando non smise di gettare nelle belle onde, fino a che dalla superficie fino al fondo, le rese torbide così tanto che non saranno mai più così limpide e pure. E alla fine, stanco e sudato, dal momento che la forza fisica, esaurita, non era più in grado di servire allo sdegno, al pesante odio e all'ardente ira, si abbandona sul prato e sospira al cielo. Strofa 132: Afflitto e stanco cadde infine nell'erba e fissò gli occhi al cielo senza dire parola alcuna. Rimane così, senza mangiare e senza dormire per tre giorni. Il suo dolore non smise di crescere, finché non l'ebbe fatto impazzire. Il quarto giorno, sconvolto dalla pazzia violenta, si tolse di dosso tutta l'armatura. Strofa 133: Qui resta l'elmo e la resta lo scudo, lontano gli arnesi (corredo dell'armatura), e più lontano ancora la corazza: tutte le sue armi, concludendo, avevano ognuna diversa collocazione per il bosco. E poi si squarciò i vestiti, e rimasero nudi il peloso addome e la schiena; e iniziò la grande pazzia, così orrenda, che nessuno sentirà mai parlare di una (follia) più orrenda di questa. Strofa 134: Gli scaturi così tanta rabbia e così tanto furore che tutte le sue facoltà sensitive furono alterate. Non gli passo per la testa di prendere la spada, che tante incredibili avventure aveva passato, credo. Ma tanto né quella, né una scure, né una bipenne (scure a due lame) erano necessarie alla sua immensa forza. Qui fece davvero alcune tra le sue imprese più straordinarie, sradicò un grande pino con un solo scrollone: Strofa 135: e ne abbatté, dopo il primo, molti altri ancora come se fossero state piante dal fusto tenero; e fece la stessa cosa con querce, vecchi olmi, faggi e abeti. Come un uccellatore che per ripulire il campo, dove mettere le reti, estirpa le erbaccie, i ramoscelli e le ortiche, Orlando faceva con le querce e con le altre piante secolari del bosco. Strofa 136: I pastori che avevano sentito il gran chiasso, lasciando il gregge sparso per la foresta, da ogni luogo, di corsa vanno a vedere che cosa fosse quel rumore. Ma sono giunto a quel punto che se lo oltrepasso, la mia storia vi potrebbe essere dannosa; e io la voglio rinviare ad un altro canto prima che vi possa infastidire per la sua lunghezza. ASTOLFO SULLA LUNA Canto XXXIV Ci viene raccontato l'episodio di Astolfo in groppa l'ippogrifo, che sale sulla luna per recuperare il senno di Orlando. Orlando necessità del suo senno perché è il paladino dei cristiani e deve continuare la sua battaglia contro gli arabi. Dalla luna la terra è più piccola, viceversa dalla terra la luna sembra più piccola. Tutto sta nel cambio di prospettiva, nel vedere le cose da un'altro punto di vista. Astolfo quando va sulla luna trova molti senni all'interno di ampolle, appartenenti anche a persone credenti di avere piena coscienza. Questo perché siamo troppo pieni di noi e dobbiamo imparare a guardarci da un'altra prospettiva. Tutto ciò che l'uomo perde, lo ritrova sulla luna. Astolfo viene condotto da San Giovanni Evangelista (autore dell'apocalisse) esattamente nel luogo in cui gli uomini perdono le loro cose. Descrizione Luna-str.72 € 73 Strofa 72: Lassù vi sono fiumi, laghi e campagne diverse da quelle che ci sono qui; vi sono altre pianure, altre valli, altre montagne, ognuna con le sue città e castelli, con case delle quali il paladino non ne vide prima né dopo altre più grandi: e vi sono selve ampie e solitarie, dove le ninfe cacciano sempre le belve. Strofa 73: Il duca [Astolfo] non rimase a osservare tutto, poiché non era salito lassù a quello scopo. Fu condotto dal santo apostolo in un vallone stretto tra due montagne, dove prodigiosamente si raccoglieva ciò che si perde [sulla Terra] o per nostra colpa, o a causa del tempo o della fortuna: ciò che si perde qui, si raduna lassù. Dalla strofa 74 a l'82, l'autore elenca tutti i modi di come gli uomini perdono il senno sulla Terra e va sulla luna. Nella strofa 83-84 l'autore descrive il senno; un liquore sottile facile da esalare (si perde facilmente), contenuto in ampolle più o meno grandi con il nome sopra del proprietario. L'ampolla più grande è quella di Orlando, e venne individuata da Astolfo perché sopra c'era scritto "senno d'Orlando". Astolfo trovò anche la sua ampolla con il suo senno, e trovò senni di alcune persone che lui pensava non avessero Strofa 83: Era come un liquore sottile e molle, pronto a evaporare se non si tiene ben chiuso; e si vedeva raccolto in varie ampolle; adatte a quell'uso, alcune più e altre meno grandi. Più grande di tutte e quella in cui si trovava il grante senno del signore d'Aglante e fu riconosciuta in mezzo alle altre perché aveva scritto di fuori: Senno d'Orlando. Strofa 84: E così anche tutte le altre [ampolle] avevano scritto il nome di coloro ai quali appartenne il senno. Il cavaliere di Francia (duca franco - cioè Astolfo) vide gran parte del suo; ma lo fecero meravigliare assai di più molti a cui lui credeva non dovesse averne mancante neppure una goccia, e qui invece diedero lampante dimostrazione che ne avevano poco; dal momento che in quel luogo ce n'era una gran quantità. Nella strofa 85 descrive come gli uomini perdono il senno _ per amore inseguendo delle sciocchezze nell'accumulare pietre preziose inseguendo artisti e autori inseguendo cose e persone che amiamo Elencando queste cause, l'autore fa una critica ai desideri vani che portano gli uomini alla follia. Strofa 85: Alcuni lo perdono a causa dell'amare, altri a causa dell'onore, altri nella ricerca di ricchezze, muovendosi per mare; altri a causa delle speranze riposte nei propri signori, altri stando dietro alle vane arti della magia; altri per le gemme, altri per le opere di pittori, ed altri per qualcosa d'altro che apprezzano più di ogni altra cosa. Di filosofi e di astrologi ed anche di poeti ne era stato raccolto molto di senno in quel luogo. Nella strofa 86 astolfo prende la sua ampolla e se l'avvicina al naso e così riesce a riprendere il suo senno. Ma a causa di un errore, perse nuovamente il senno. Tutto ciò che gli uomini perdono sulla terra si raduna sulla luna. Quindi la luna diventa luogo della saggezza e della verità umana, essa diventa la metafora di ciò che gli uomini nascondono di se stessi e a se stessi - Strofa 86: Astolfo prese il proprio senno; glielo concesse l'apostolo Giovanni, scrittore dell'ultimo libro del Nuovo Testamento relativo all'Apocalisse. Si portò semplicemente al naso l'ampolla nella quale era esso contenuto, e sembra quindi che il senno fece ritorno al proprio posto: e che Turpino ammetta, da quel momento in avanti, che Astolfo visse per un lungo periodo come un uomo saggio; ma fu un errore che fece successivamente quello che una altra volta gli tolse ancora il senno. Strofa 87: L'ampolla più capiente e piena, nella quale c'era il senno che avrebbe dovuto rendere saggio il conte, prese Astolfo; e non era tanto leggera quanto aveva stimato, vedendola ammucchiata insieme alle altre