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3ªl
origine letteratura francese
introduzione, la chanson de geste, il romanzo cortese e la lirica trobadorica
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La produzione letteraria in Francia, le origini della letteratura italiana
Mappa concettuale
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3ªl
Letteratura in lingua d’oc e d’oil
lingua d’oc e lingua d’oil, chanson de geste, lirica provenzale, romanzo cortese
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3ªl
Le forme della società cortese
Appunti e riassunti dal libro
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3ªl
mappe su canzoni di gesta, lirica provenzale e romanzo cavalleresco
mappe sintetiche
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2ªm
Le prime letterature, Stilnovo, Dante, Divina Commedia
Questa è una sintesi fatta dal libro "L'isola dei giovani lettori - letteratura e teatro" sul primo capitolo e l'inizio del secondo
LA NASCITA DELLA LETTERATURA EUROPEA IN FRANCIA La letteratura europea in lingua volgare "romanza” (nata cioè dall'evoluzione del latino), nasce nella seconda metà dell'XI secolo, in Francia, la cui esperienza culturale e linguistica resta all'avanguardia in Europa per tutto il secolo successivo. Nasce con un'epopea, cioè con la narrazione delle imprese eroiche di eroi nazionali, così come era stato per i Greci con l'Iliade e l'Odissea e per i Romani con l'Eneide. In Italia si inizierà a scrive letteratura in lingua volgare soltanto a partire dalla metà del XIII secolo, imitando - nei testi profani (cioè non religiosi) - i modelli francesi. Gli apprezzati modelli francesi infatti verranno tradotti poi da un gruppo di poeti italiani della corte siciliana dell'imperatore Federico II, intorno alla metà del XIII secolo, nel volgare d'Italia. LINGUA D'OC E D'OÏL Le denominazioni «lingua d'oïl» e «<lingua d'oc» sono usate da Dante Alighieri nel De vulgari eloquentia, il suo trattato sulla lingua volgare; con queste espressioni egli indica le due lingue letterarie di Francia, e con "lingua del si" il volgare d'Italia. Dante dunque sceglie di attribuire a queste lingue il nome della particella affermativa di ciascuna (oui, òc, “sì”), e ancora oggi noi le indichiamo in questo modo. La LINGUA D'OÏ'L è la lingua francese antica, attestata...
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a partire dal IX secolo e usata nel le zone del Centro e del Nord della Francia (esclusa la Bretagna); è a sua volta divisa in molte varietà dialettali, con numerosi inserti dalle lingue germaniche. È la lingua delle chansons de geste e dei romanzi cortesi. La LINGUA D'OC o LINGUA OCCITANICA è diffusa nella Francia meridionale ed è più direttamente influenzata dal latino. È la lingua letteraria in cui si esprime la lirica dei poeti provenzali a partire dalla fine dell'XI secolo. La crociata contro gli albigesi (gli abitanti professavano l'eresia càtara), voluta dal papa Innocenzo III nel 1208 e durata circa vent'anni, si conclude con la distruzione delle prestigiose corti provenzali, e con l'assoggettamento di tutta la regione al re di Francia. Ciò comporta come conseguenza la sostituzione della lingua d'oc con la lingua d'oil, che diventa la lingua ufficiale di tutta la Francia. La lingua occitanica continua a essere parlata dalle popolazioni meridionali, ma viene bandita dai documenti ufficiali e va incontro a una rapida decadenza. Dialetti di origine occitanica si parlano ancora oggi in alcune zone della Francia meridionale e in Italia nelle valli alpine del Nord-Ovest. LA CHANSON DE GESTE La chanson de geste (o "canzone di gesta") è un genere epico-narrativo in lingua d'oil, nato nella Francia medievale nella seconda metà dell'XI secolo, che si diffonde in tutta Europa fino al XIII secolo. Il termine francese geste deriva dal latino gesta e significa "imprese"; la chanson de geste pone dunque l'accento sulle imprese guerresche di eroi straordinari, narrate in "lasse" (strofe) di versi decasillabi. termine chanson indica che queste narrazioni erano destinate a essere cantate in pubblico con l'accompagnamento di uno strumento musicale ad arco molto diffuso nel Medioevo chiamato "viella" simile alla moderna viola. In italiano le chansons de geste sono designate anche con il termine "cantari". L'argomento e i destinatari Le storie raccontate nelle più importanti chansons de geste riguardano le vicende di Carlo Magno (771-814), accadute tra l'VIII e il IX secolo, e rielaborate in modo leggendario a distanza di tempo (a partire dall'XI secolo) per essere narrate a un pubblico di uditori da intrattenere. Tale pubblico è formato dall'aristocrazia feudale impegnata nelle crociate, che nella narrazione leggendaria delle imprese di Carlo Magno e dei suoi paladini (nobili cavalieri) trova l'esaltazione dei valori militari e religiosi che sono alla base dell'ordine sociale del proprio tempo. Le origini Due sono le ipotesi che riguardano la nascita di questi poemi: l'ipotesi "TRADIZIONALISTA”, per cui le chansons de geste sarebbero il punto d'arrivo di un lavoro di elaborazione collettiva popolare, cominciato immediatamente dopo lo svolgimento dei fatti narrati e diffuso attraverso la "tradizione" (trasmissione) di più autori. Le chansons de geste nascerebbero dunque dalla unione di brevi poemi primitivi, le "cantilene", creati dal popolo in occasione delle vittorie o delle sconfitte; ● ► l'ipotesi “INDIVIDUALISTA", per cui le chansons de geste sarebbero frutto del lavoro personale di un poeta (un "trovatore"), che avrebbe dato forma ai sentimenti di patriottismo, onore, spirito religioso diffusi nella propria società. Il trovatore avrebbe tratto spunto dalle storie di eroi raccontate dai monaci ai pellegrini di passaggio nelle abbazie. Molte sono infatti le somiglianze tra le chansons de geste e le vite dei santi, in cui si celebrava la gloria di un cavaliere martire. La seconda ipotesi è la più accreditata per l'indiscutibile valore letterario dei testi, ma entrambe si possono considerare valide, perché i trovatori hanno certamente usato per le loro opere anche le leggende e gli scritti anteriori adattando i loro canti alle esigenze del pubblico, che interagiva con loro. Le opere Le chansons de geste sono state raggruppate, attorno a tre "cicli" (il cui nome deriva dall'eroe principale): il ciclo di Carlo Magno (o ciclo carolingio), con la più celebre tra le chansons de geste: la Chanson de Roland; il ciclo di Guillaume d'Orange (Guglielmo d'Orange); • il ciclo di Renaud de Montauban (Rinaldo di Montalbano). ● La Chanson de Roland, stata scritta alla fine dell'XI secolo e di cui non conosciamo l'autore, si riferisce a un episodio storico del 778: durante una spedizione di Carlo Magno in Spagna una retroguardia dell'esercito francese, comandata dal conte Roland, viene sorpresa nella valle di Roncisvalle da alcuni montanari baschi che schiacciano i cavalieri sotto una pioggia di massi e restano impuniti. La vicenda viene rielaborata nella chanson de geste: Roland diventa il nipote di Carlo Magno che combatte fino alla morte in difesa della fede cristiana e della retroguardia di cui fanno parte i consiglieri del re e ventimila cavalieri. I nemici sono i Saraceni e la strage è dovuta al tradimento di Gano di Maganza; Carlo Magno otterrà una clamorosa vendetta. Nella chanson de geste l'episodio storico, trasfigurato in chiave religiosa, diviene dunque il simbolo della lotta suprema tra la cristianità e l'islam. I temi e lo stile I temi ricorrenti delle chansons de geste sono la lotta tra Bene e Male, le imprese guerresche, l'onore feudale e familiare, la fedeltà dei vassalli (uomini legati a un signore da un giuramento di fedeltà e da un obbligo di omaggio), il rispetto della grandezza della nazione, i valori dell'umanità e della pietà. Poiché l'argomento è eroico, lo stile è nobile e sostenuto, ricco di visioni meravigliose e simboliche che colpiscono l'immaginazione. La psicologia dell'eroe principale è semplificata all'estremo: è la rappresentazione di un tipo di ideale. La destinazione orale delle chansons de geste è visibile nell'uso di tecniche di memorizzazione (mnemotecniche) utili al giullare e ai suoi uditori come la ricorrenza delle stesse formule per descrivere le azioni e l'aspetto fisico degli eroi (ad esempio Orlando che suona il corno, la barba bianca di Carlo Magno). L'evoluzione nel tempo Con il passare del tempo le chansons de geste assumono caratteri sempre meno realistici: per innovare e giungere all'originalità gli autori introducono fenomeni e situazioni impossibili (ad esempio Carlo Magno combatte ancora a 200 anni). l'evoluzione della società francese in senso "cortese", con il nuovo interesse per i temi amorosi, rende progressivamente incomprensibili per il pubblico alcune situazioni tipicamente feudali e conduce alla decadenza del genere. Tuttavia le storie dei paladini di Carlo Magno non scompaiono: in Italia hanno una nuova fortuna nel XV-XVI secolo con i poemi cavallereschi-amorosi di Matteo Maria Boiardo e Ludovico Ariosto, e a livello popolare si tramandano per secoli nel folklore del teatro dei burattini. Numerose tracce delle imprese e degli eroi delle chansons de geste si diffondono inoltre nelle arti figurative e in quelle plastiche, anche recenti: in dipinti, miniature, arazzi, sculture, vetrate. IL ROMANZO CORTESE La definizione del genere e le origini Il romanzo cortese (in lingua d'oil) nasce nella Francia del Nord, a partire seconda metà del XII. La parola "romanzo" (dal latino romanice loqui, "parlare in lingua romanza") fa riferimento alla narrazione in volgare, in versi o in prosa, di avventure d'armi e d'amori di prodi cavalieri, il termine poi si è evoluto in "cortese" (da "corte" castello feudale in cui vive il a signore) fa riferimento a uno stile di vita fondato sulla raffinatezza, la generosità, la lealtà, l'eleganza dei costumi. Il romanzo cortese è un'opera d'imitazione: vengono adattate ai costumi del tempo leggende già conosciute. Le più celebri sono le storie di re Artù, dei cavalieri della "Tavola Rotonda", le avventure della ricerca del santo Graal (il calice in cui avrebbe bevuto Cristo durante l'Ultima cena) e i racconti di Tristano e Isotta, di cui esistevano molte versioni. Questo corpo di leggende costituisce la cosiddetta "MATERIA DI BRETAGNA". L'argomento e i destinatari La letteratura cortese ha per temi principali l'avventura, l'amore, la magia. I protagonisti sono cavalieri che compiono imprese eroiche per la donna dei loro pensieri. Agli ideali cavallereschi si aggiunge dunque un nuovo valore: | "SERVIZIO D'AMORE", cioè la completa dedizione del cavaliere alla sua dama. La fedeltà, la raffinatezza, la generosità diventano il segno di riconoscimento della classe aristocratica; anche in questo caso, gli eroi sono stereotipati e descritti secondo uno schema ricorrente. Il tema dell'amore si intreccia a quello dell'avventura, e le vicende narrate sono ricche di elementi meravigliosi e fiabeschi. Destinatari dei romanzi cortesi sono gli aristocratici che risiedono a corte; i romanzi cortesi sono per lo più destinati alla recitazione o alla lettura. Le novità dei romanzi cortesi rispetto alle chansons de geste Descrizione dei romanzi cortesi: • I temi principali sono le avventure favolose e gli amori di un cavaliere galante; • Al centro della narrazione ci sono le imprese individuali di un cavaliere (non guerre collettive come nelle chanson de geste); • I personaggi si occupano poco di religione e non danno l'impressione di esser dei crociati e di avere obblighi religiosi o feudali, come dimostra il fatto che trascorrono anni al servizio della loro dama; • il mondo in cui si svolgono i romanzi cortesi è ben poco verosimile: si tratta per lo più selvaggi, in cui accadono eventi straordinari; paesaggi naturali • Le lasse (strofe) scandite da assonanze, proprie delle chansons de geste, sono sostituite da versi accoppiati in rima baciata (aabbcc...); i versi sono abitualmente ottosillabi, anziché decasillabi come nella maggior parte delle chansons de geste; • cambia la maniera di presentare il testo, che non è più cantato (com'era la chanson de geste) ma recitato, o semplicemente letto. Gli autori e le opere Gli autori sono in genere chierici, ovvero intellettuali che si sono formati all'interno della Chiesa e godono di una rendita finanziaria derivante da un beneficio ecclesiastico: essi vivono nei castelli e scrivono per intrattenere e dilettare le dame e i signori della corte. I principali sono: • Chrétien de Troyes (seconda metà del XII secolo), l'autore più importante della Francia del Nord, considerato il maggior poeta medievale prima di Dante. Con il suo nome si sono conservati cinque romanzi del ciclo dei cavalieri della Tavola Rotonda; • Thomas (poeta anglo-normanno, XII) e Béroul (poeta normanno, XII), hanno scritto due versioni della leggenda di Tristano e Isotta; • Maria di Francia (XII sec.), autrice di LAIS, cioè di novelle in versi sulla materia di Bretagna (tra cui nuovamente un episodio della leggenda di Tristano e Isotta), in cui si mescolano amore e meraviglioso; • Guillaume de Lorris, Jean de Meung, autori del "Il romanzo della Rosa", un romanzo allegorico-didattico composto da due autori diversi, a circa quarant'anni di distanza l'uno dall'altro, nel XIII secolo. È la narrazione di un sogno intorno al simbolo della Rosa (emblema della donna), che il cavaliere vorrebbe cogliere nel Giardino dell'Amore. CHRÉTIEN DE TROYES Tutto quello che sappiamo di Chrétien de Troyes, è tratto soprattutto dai cenni presenti nelle sue opere: nasce nella regione della Champagne, nel Nord della Francia, intorno al 1155; riceve una buona formazione culturale e questo lascia pensare che sia un chierico; è in contatto con l'aristocrazia della corte di Champagne e con i novellatori e i giullari che animano le fiere della città di Troyes. Muore prima del 1190, lasciando incompiuto il suo ultimo romanzo, Perceval. Nelle sue prime opere, andate perdute, Chrétien de Troyes si ispira ai testi del poeta latino Ovidio (43 a.C. - 17 d.C.) sull'arte dell'amore e scrive una versione del mito di Tristano e Isotta. Sono giunti a noi cinque romanzi cortesi in versi ottosillabi sulla materia di Bretagna, mentre Lancillotto e il Perceval sono incompiuti, ma il primo viene continuato per incarico del stesso Chrétien de Troyes dal chierico Godefroi de Leigni In Lancillotto l'amore cortese è forzato a tal punto da risultare una ridicola servitù: l'autore mette più volte in risalto la sottomissione infamante del cavaliere alla regina e la capricciosa durezza della dama, che fa di lui quello che vuole. Sembra dunque che Chrétien de Troyes, proprio nella sua opera più famosa, prenda sottilmente le distanze dal codice amoroso cavalleresco; negli altri suoi romanzi respinge l'etica del servizio d'amore cortese (adultero) ed esaltando la superiorità dell'amore coniugale. Lancillotto è diventato nell'immagine dei lettori, il modello del perfetto amante cortese e il cavaliere valoroso. LA LIRICA TROBADORICA Il genere e i poeti La poesia trobadorica o occitana (in lingua d'oc), nasce in Provenza, nella Francia meridionale, e si diffonde tra la fine dell'XI secolo e i primi due decenni del XIII, viene considerata all'origine della lirica moderna. Essa consiste in testi poetici in volgare, cantati con l'accompagnamento di uno strumento musicale a corde e destinati al pubblico delle ricche corti signorili. Gli autori sono chiamati "trovatori" (dalla parola provenzale trobar, che significa "comporre versi e musica") e scrivono poesie per esprimere la propria individuale ispirazione. I trovatori si differenziano per questo aspetto dai giullari, girovaghi che cantano per mestiere soprattutto versi altrui e intrattengono a pagamento gli uditori. A corte i due ruoli potevano coesistere, poiché i trovatori componevano versi e li affidavano ai giullari per la recitazione e la diffusione tra il pubblico, che avveniva oralmente. Soltanto a partire dal XIII secolo i testi dei trovatori vengono raccolti in canzonieri insieme con le biografie degli autori (le vidas, "vite") e le introduzioni e spiegazioni dei testi (le razos, "ragioni"). I caratteri dell'amor cortese Il tema principale (anche se non esclusivo) della lirica trobadorica è l'amor cortese, detto anche «<fin'amor». Ecco in sintesi le sue caratteristiche: • è un'esperienza di educazione interiore, che eleva l'individuo, inducendolo a uno sforzo di perfezionamento per divenire degno dell'amata; • scopo dell'amante è ottenere il favore della dama, benché il desiderio resti spesso insoddisfatto e continui ad alimentarsi da lontano; • l'amore è paragonato al servizio che unisce il vassallo al suo signore: l'amante offre le proprie imprese e la propria devozione alla dama; • il servizio d'amore è difficile e dura a lungo: l'amante deve sopportare la sofferenza dell'amore a volte non corrisposto, la freddezza della dama, la lontananza; ● › l'amore è extraconiugale e non paritario: la «domna» (signora), chiamata anche midons (parola maschile in provenzale, dal latino meus dominus, "mio signore") è spesso già sposata e di rango superiore (talvolta è la moglie del signore del castello); a lei l'amante offre il proprio omaggio di fedeltà e sottomissione; • l'amor cortese è spesso casto, ma non platonico (cioè non esclude l'unione sessuale), ed è perciò un amore adultero che deve restare segreto e proteggersi dai maldicenti e dagli invidiosi; così è frequente che il poeta usi per l'amata uno pseudonimo (senhal) per non rendere riconoscibile la sua identità. L'autore ANDREA CAPPELLANO Di Andrea Cappellano si hanno poche notizie. Secondo la tradizione è vissuto nella seconda metà del XII secolo e divenne probabilmente "cappellano" alla corte di Maria, contessa di Champagne e protettrice di artisti. È autore del trattato DE AMORE, in tre libri, scritto in latino, sul modello dell'Ars amandi ("L'arte di amare") del poeta latino Ovidio. il De Amore ben presto diviene il codice di riferimento teorico per chiunque voglia scrivere su questo tema. Un trattato sull'amore cortese L'opera contiene i precetti dell'amor cortese, che erano al centro delle avventure cavalleresche narrate nei romanzi della Francia del Nord (come in Lancillotto). Nei primi due libri l'autore si propone di istruire il giovane cavaliere di nome Gualtieri (a cui l'opera è dedicata) sull'amor cortese e sui modi del comportamento amoroso; nel terzo invece rovescia le affermazioni precedenti, condannando l'amore svincolato dal matrimonio e rivalutando l'amore coniugale. Nonostante ciò, il De amore viene messo al bando dal vescovo di Parigi nel 1227. La dottrina d'amore teorizzata nel trattato si diffonde nelle altre corti di Francia e d'Europa e ha un enorme successo, come dimostrano le numerose versioni in volgare dei secoli successivi, cinque delle quali sono giunte fino a noi. Nelle prime pagine l'autore evoca il desiderio come componente principale dell'amore e sottolinea che esso nasce dalla vista; L'amore è una disposizione dell'animo, una speranza che genera un pensiero «smisurato, oltre i limiti imposti dalla ragione; Fino a quando non è certo di essere corrisposto nel suo amore, l'amante ha paura di tutto, e soprattutto dei maldicenti; L'esperienza d'amore comporta per l'amante un perfezionamento interiore ed è stimolo di nobili azioni. Ciò determina un'importante conseguenza: la gentilezza e l'amore non sono mai disgiunti e si possono trovare in chiunque, indipendentemente dalla nobiltà di sangue; La valorizzazione del desiderio e della fisicità non comporta però l'incoraggiamento a molteplici amori; l'innamoramento ha infatti come conseguenza il legame con una sola persona; Il rapporto d'amore si configura come un servizio feudale: l'amante riproduce con la donna lo stesso rapporto di dedizione che lega il vassallo al signore, e la dama sottopone l'innamorato a prove che dimostrino la sua nobiltà d'animo (ad esempio gli chiede di compiere difficili imprese). Una volta che queste condizioni siano soddisfatte, l'amore risulta inevitabile, e chi è amato con devozione e purezza di costumi non può non riamare a sua volta; Il vero amore infine non può realizzarsi all'interno del matrimonio. Le forme poetiche e i modi dell'espressione I poeti provenzali compongono principalmente canzoni, divise in quattro, cinque o sei strofe (COBLAS), spesso unite tra loro da studiate simmetrie. Una forma particolarmente è la sestina, in cui ricorre insistentemente il numero sei: sei strofe, sei versi, sei parole in rima ecc. In base alle situazioni e ai temi rappresentati si distinguono altri tipi di componimenti poetici: • il SIRVENTESE, che tratta argomenti politici o narra eventi di attualità; • la TENZONE, scambio spesso polemico di poesie tra due poeti, che esprimono su uno stesso argomento diversi punti di vista; • la PASTORELLA, che descrive l'attrazione di un cavaliere per una donna di umile condizione che lo respinge; • il COMPIANTO, che celebra le virtù di un personaggio morto; ● ► l'ALBA, che descrive il momento della separazione degli amanti dopo una notte trascorsa insieme; • il PLAZER, un elenco di piaceri, o situazioni desiderabili; • l'ENUEG, un elenco di "noie", cioè di situazioni sgradevoli (il contrario del plazer). ● La poesia trobadorica, in genere segue due principali tendenze stilistiche: il TROBAR CLUS ("poetare chiuso"), che è caratterizzato da un modo di scrivere particolarmente difficile, astratto e oscuro (detto anche trobar car: "poetare in uno stile ricercato e prezioso"), e il TROBAR LEU ("poetare lieve"), più semplice e chiaro. Gli autori principali Si conoscono testi di almeno 300 poeti e sono state conservate oltre 260 melodie di accompagnamento. I trovatori sono poeti colti e raffinati, che appartengono per lo più alla piccola nobiltà, ma sono presenti anche grandi signori (come il duca Guglielmo IX d'Aquitania) e poeti non nobili. I più celebri fra i trovatori provenzali, oltre al duca d'Aquitania, sono Bernart de Ventadorn (trobar leu), Arnaut Daniel (trobar clus), e Bertran de Born (che canta soprattutto di guerra). Il trobar clus di Arnaut Daniel Arnaut Daniel (1150-1200 ca.) è considerato già nel Medioevo il maestro dell'artificio poetico: Dante nella Commedia ne esalta la tecnica definendolo il “miglior fabbro del parlar materno”. Il poeta era probabilmente di origine ebraica, come fa supporre il senhal "Fortunato Non Amato", che è un nome diffuso tra gli ebrei convertiti al cristianesimo; pare anche che nutrisse una predilezione per il gioco d'azzardo (i dadi): del resto lo stesso nome Arnaut in provenzale significa "folle", "giocatore". La vida ci dice che Arnaut «divenne giullare, e si mise a comporre nella maniera preziosa: perciò le sue canzoni non sono facili da capire né da imparare». Egli si presenta in una sua canzone come il fabbro che lima parole con l'arte d'Amore, il quale perfeziona tanto l'animo del poeta quanto la sua espressione. Nella poetica di Arnaut Daniel contiene occulti significati simbolici. Ciò è visibile soprattutto nella sestina, di cui Arnaut Daniel è considerato l'iniziatore. Essa è strutturata in modo che ognuna delle strofe ripeta esattamente lo stesso contenuto attraverso una disposizione delle stesse parole in ordine differente; la struttura non è però casuale, ma è definita da un rigido sistema di regole combinatorie delle parole-rima, che si alternano di strofa in strofa secondo lo schema 6-1-5 2-4-3 (la rima del verso 6 di una strofa passa al verso 1 della strofa successiva, quella del verso 5 al verso 2, e così via). Si tratta dello stesso ordine in cui si trovano i numeri delle facce opposte di un dado da gioco: dunque una specie di allusione segreta al senso della vita e dell'amore, spesso affidato al caso. Arnaut Daniel Lo ferm voler La sestina Lo ferm voler sviluppa il tema della passione amorosa che non trova compimento e si riavvolge continuamente su se stessa: nella ripetizione ossessiva della forma è espresso il sentimento di frustrazione e prigionia dell'innamorato. Già confrontando le prime due strofe della canzone si può osservare il complesso meccanismo che la regola: il contenuto del discorso è (il desiderio insaziabile che il poeta ha della donna, l'impossibilità che un malvagio maldicente riesca a spegnerlo, l'ostacolo costituito dallo "zio", ovvero il custode della donna che non la lascia avvicinare, e il sogno di godere con lei la gioia dei sensi nella camera da letto), ma la distribuzione delle parole è diversa (l'alternanza delle parole-rima si riconosce nel testo originale). Il modello della sestina di Arnaut Daniel sarà ripreso da Dante e da Petrarca, che introdurrà nel suo Canzoniere ben nove sestine. Il gioco virtuosistico della lingua di questo antico poeta non ha smesso di affascinare anche i contemporanei: il poeta Giovanni Raboni (1932-2004) ne ha compiuto una traduzione in una sezione dei suoi Versi guerrieri e amorosi (1990) intitolata “Reliquie arnaldine", dove si è anche misurato in una serie di rifacimenti "alla maniera di Arnaut Daniel", che prendono cioè spunto dai temi delle sue canzoni. le trobairitz sono presenti anche delle poetesse (in occitano trobairitz, "trovatrici"), segno dell'importanza culturale assunta dalle donne aristocratiche nelle raffinate corti del Sud della Francia. La diffusione della lirica trobadorica In seguito alla crociata papa Innocenzo III contro gli albigesi, i trovatori si spostano in Spagna e in Italia, in particolare in Sicilia nella corte dell'imperatore Federico II. Guglielmo d'Aquitania Guglielmo IX duca d'Aquitania è, secondo la tradizione, il primo poeta provenzale che esprime nei propri testi le teorie dell'amor cortese. Vive tra il 1071 e il 1126 nella Francia meridionale ed è uno dei più importanti signori del tempo, organizzatore di crociate e valoroso cavaliere. Il territorio che comprende i feudi di Guglielmo d'Aquitania è amplissimo, più vasto di quello che allora possedeva il re di Francia, e la sua corte è tra le più raffinate del tempo. Un testo del XIII secolo che raccoglie le Vite dei trovatori ha tramandato di lui l'immagine di un signore dai liberi costumi e amante del divertimento: Guglielmo vi è definito «gran donnaiolo» e «uno [...] dei più grandi ingannatori di donne». Il suo valore come poeta è sintetizzato in questa frase: «e seppe comporre e cantar bene»>. NASCITA DELLA LETTERATURA ITALIANA I primi testi letterari vengono scritti in volgare italiano a partire dalla prima metà del XIII secolo. Presente un duplice filone poetico che si sviluppa in regioni diverse d'Italia ma nello stesso periodo: 1) poesia religiosa umbra (celebra l'amore per Dio) 2) Poesia siciliana (esalta l'amore per la donna) LA POESIA RELIGIOSA Si diffonde in area umbra e nasce da movimenti di devozione popolare che coinvolgono masse di credenti, sostenitori del ritorno ai valori evangelici e in polemica con l'autorità ecclesiastica. Principale esponente: Francesco d'Assisi (cantico di Frate Sole, 1224); della generazione successiva troviamo invece Jacopone da Todi (laude religiose, XIII sec) Lingua in cui scrivono è il volgare umbro LA POESIA SICILIANA Nasce nell'Italia meridionale intorno al 1224-1225, funzionari della corte del re di Sicilia Federico II scrivono testi poetici amorosi sul modello provenzale, il volgare siciliano Maggiore esponente: Jacopo da Lentini (inventa il sonetto) LA POESIA SICULO-TOSCANA Un gruppo di poeti toscani a partire dal XIII secolo reinterpreta il modello della poesia siciliana ormai diffusa verso l'Italia centro-settentrionale. Tra i poeti siculo toscani, il più importante è Guittone d'Arezzo (scrive liriche sul modello siciliano i temi trattati sono amorosi e politici) Scrive in volgare toscano. LA POESIA COMICO-REALISTICA Dalla seconda metà del XIII secolo si diffonde in Toscana la poesia comico realistica, tratta temi delle realtà quotidiane in un linguaggio di livello basso anche se formalmente curato.tra i più famosi poeti troviamo Cecco Angiolieri. (testi screditano le virtù più elevate). Lo scopo dei poeti e fare parodia dei testi letterari più seri.la lingua il volgare toscano che diventerà poi la lingua letteraria nazionale I VOLGARI ITALIANI Le prime testimonianze della lingua italiana appartengono al IX secolo, nata dalla trasformazione della lingua latina, definita poi volgari perché parlate dal popolo. Si tratta di documenti amministrativi, giudiziari o mercantili in cui gli scriventi usano la lingua abitualmente parlata per rendere le loro parole più comprensibili ai destinatari non colti, Opera aggiungere un commento informale al contenuto ufficiale. Principali documenti: - indovinello veronese del IX secolo, testo ancora in latino ma vicino al volgare. - I placidi cassinesi del X secolo, l'atto giudiziario è scritto in latino mentre le deposizioni dei testimoni in lingua volgare. Nel corso del XII secolo il volgare si diffonde ancora negli usi pratici fino a diventare lingua letteraria a partire dal 1224 e 1225. In Italia sono diffusi testi letterari scritti in diverse varianti regionali del volgare prima che si affermi su tutti gli altri come lingua della letteratura italiana il volgare toscano: 1) volgare umbro (Assisi, prima metà del XIII sec) 2) Volgare siciliano (Messina, prima metà del XIII sec) 3) Volgare lombardo (Milano, seconda metà del XIII sec) 4) Volgare toscano (Arezzo, seconda metà del XIII sec) CONTESTO STORICO Nel XIII secolo la situazione politica in Italia è disomogenea. Si identificano tre principali zone: 1) l'area meridionale, dalla Campania alla Sicilia, sotto monarchia Svevo di Federico Secondo e successivamente dagli Angioini 2) L'area centrale, costituita dallo Stato della chiesa e comprendeva Lazio, Marche e Romagna 3) L'area centro settentrionale, la pianura padana, in cui si afferma una società urbana costituita da una rete di città indipendenti. Qui si affermano i comuni diretti dai membri dell'antica gerarchia feudale da famiglie di più recente arricchimento, che possiedono terre e controllano l'attività mercantili. Di quest'area fanno parte anche le due repubbliche marinare di Genova e Venezia I COMUNI I comuni erano centri politici autonomi in cui venivano emanate leggi sia per la propalazione compresa all'interno delle mura sia per chi abitava nelle immediate vicinanze. Le risorse economiche derivano dall'attività artigianali e mercantili di una classe sociale borghese in espansione: i mercanti commerciano con l'Europa nord-occidentale e nel Mediterraneo sono anche i banchieri: prestano denaro con interesse sia cittadini sia sovrani d'Europa al Papa con prestiti di grande entità. Essi diventarono via via importanti anche politicamente. Apparteneva alla popolazione colta anche la figura del letterato comunale che si dedicava alla scrittura e all'attività politiche e civili. Tra i comuni era forte la concorrenza economica, che sfocia poi in vere guerre; ma frequenti anche le rivalità all'interno dello stesso comune tra cittadini di parti contrapposte. La conflittualità era dovuta anche al desiderio di rendersi autonomi dall'imperatore. A partire dalla fine del XIII secolo, i comuni della Toscana ottengono la supremazia economica e finanziaria su tutti gli altri e ne è prova il fiorino toscano moneta d'oro accettata come moneta degli scambi in tutta l'Europa. LE FORME DELLA LETTERATURA RELIGIOSA La letteratura religiosa è costituita da testi strettamente legati alla fede e alle pratiche religiose, ma che hanno caratteristiche che li rendono interessanti anche per la storia letteraria. Il più celebre è il Cantico di Frate Sole di Francesco d'Assisi, opera scritta in volgare umbro, composta nel 1224, considerata l'opera prima della letteratura italiana. É una preghiera di lode e ringraziamento a Dio scritta in versetti divisi in strofe, cantico perché viene accompagnata dalla musica e cantata. Sono molte le forme di letteratura religiosa (inni, prediche,vite di santi, laude,exempla,...) in origine scritte in latino, ma a partire dal XIII secolo queste opere iniziano ad essere composte in volgare. In Europa nel Medioevo la fede cristiana è alla base di tutte le manifestazioni culturali. LA LAUDA Il Cantico del Frate Sole appartiene al genere letterario della lauda, sviluppatosi in Toscana e Umbria. Deriva dal latino laus, laudis, "lode"; si tratta infatti di una preghiera di lode a Dio, la Madonna e ai santi, veniva cantata dal popolo durante le manifestazioni religiose. La lauda è costituita da versetti sul modello dei salmi biblici, con presenza di procedimenti formali del discorso poetico (anafore, rime, parallelismi,...). Un elemento importante è la musica, infatti le laude vengono cantate in coro. Nel corso del '200 si diffondono compagnie specializzate nel canto delle laude chiamate confraternite dei laudesi. Inizialmente nati come componimenti orali vengono poi trasmessi in forma scritta attraverso i libri chiamati laudari, suddivisi al proprio interno per temi o per ordine di festività. La lauda si presenta come testo liturgico "responsoriale", che prevede l'alternarsi della preghiera del solista e la risposta dei fedeli, assomiglia al genere lirico profano della ballata, con le strofe per il solista e il ritornello per il coro. Dopo si trasforma in lauda drammatica: con la sostituzione del dialogo tra solista e coro fecendolo diventare un "contrasto" (scambio di battute tra diversi personaggi), che interpretano le strofe con il ruolo di impersonare persone del Vangelo. Questa forma di lauda tra il '300 e il '400 sarà alla base di una vera e propria forma teatrale religiosa: la sacra rappresentazione, (esempio: Donna de Paradiso di Jacopone da Todi). IL CONTESTO RELIGIOSO DEL '200 Nel XIII secolo vediamo un periodo di grandi mutamenti per la Chiesa. Si diffondono desideri di cambiamento e prendono forza diversi movimenti religiosi (alcuni anche eretici, albigesi in Francia) con la fondazione di due ordini mendicanti: i domenicani e i francescani, movimenti costituita da laici che prendono il nome di "frati" che scelgono una vita di predicazione e povertà, ottenendo il mantenimento solo dalle offerte dei fedeli. I domenicani: fondato da Domenico Guzmàn, ordine approvato nel 1216 da Papa Onorio III; propone di sconfiggere l'eresia attraverso la predicazione (frati predicatori). Molto importante l'attività intellettuale, infatti i domenicani si applicavano a studi teologici qualificati, evano opere filosofiche, commenti della Bibbia, vite dei santi ed exempla (esempi di comportamenti lodevoli da proporre ai fedeli durante la predicazione). Il maggior esponente fu Tommaso d'Aquino, professore di Teologia all'Università di Parigi. Questo movimento si diffuse rapidamente contando, nella 2^ metà del '200, in Europa circa 400 conventi e 10.000 frati. I francescani: origine da un gruppo di seguaci di Francesco d'Assisi detti "frati minori", si propongono di vivere come Cristo imitandolo in povertà, umiltà e carità, ordine riconosciuto da Papa Onorio III nel 1223. I francescani obbediscono ad una precisa Regola che prevede la predicazione, il lavoro manuale, l'assistenza ai malati e la medicina. Al contrario dei domenicani, questi non prevedono lo studio, considerandolo incompatibile ad una vita ispirata da umiltà e povertà. Più avanti vedremo un cambiamento delle regole con la sostituzione di attività manuali a quelle più intellettuali, che richiedono uno stile di vita meno precario. Dopo la morte di Francesco il movimento si divise in 2: gli spirituali: fedeli agli insegnamenti di Francesco; i conventuali: più moderati e favorevoli al principio di uguaglianza e obbligo di povertà (rinunciando alla proprietà personale e collettiva) predicati da Francesco. Diffusione del movimento francescano enorme in Europa, agli inizi del '300 si contano più di 1.400 conventi e più di 3.000 frati. FRANCESCO D'ASSISI É l'autore del Cantico di Frate Sole, opera da cui parte la storia della letteratura italiana. Egli ha una personalità straordinaria che riesce ad impressionare anche nei secoli successivi al suo. Attira masse di seguaci a cui trasmette il nuovo messaggio che ha come principio quello di un rigoroso impegno ad una vita povera, senza però condividere il disprezzo per la vita classico del medioevo, lo stile di vita di Francesco è anticonformista e polemico, ma anche fiducioso e aperto alla gioia. Critico nei confronti della ricchezza, e amante della natura, è pronto a compiere anche gesti scandalosi, ma anche cercare il consenso della Chiesa per il lancio della sua missione. Nonostante le leggende su Francesco egli è riuscito a imprimere alla Chiesa del suo tempo una decisiva riforma. La vita Nasce ad Assisi nel 1181 (o 1182). Figlio di un ricco mercante di stoffe vive la sua vita nel lusso e nelle feste, ha una buona educazione (si avvicina anche alla lingua d'oc e d'oil), sceglie la carriera militare, durante delle guerre rimane anche prigioniero è qui che decide di convertirsi rinunciando a tutti i suoi averi, nel 1207 nel duomo d'Assisi si spoglia delle vesti che indossa restituendole al padre. Inizia a predicare il Vangelo con un 1° gruppo di seguaci, sostenendo di voler ricondurre la vita ecclesiastica alla purezza delle sue origini. La sua fama cresce anche fuori dall'italia, da inizio alla sua concezione di vita chiamata pauperistica (fondata dalla povertà) nel XII-XIII si colloca in tutta europa il suo movimento che contesta l'eccessiva ricchezza della Chiesa. L'ordine francescano Francesco ha ricondotto la sua riforma nell'ambito dell'ortodossia, quindi la sua dottrina è approvata dalla Chiesa. L'ordine francescano nasce nel 1209, con la prima stesura della Regola francescana (precetti a cui i frati devono attenersi), approvata dal Papa Onorio III. Poi viene introdotta una seconda Regola, scritta da Francesco, per superare i contrasti nati con i confratelli, approvata dal Papa nel 1223. Più tardi Francesco vive un periodo di decadimento fisico gli ultimi anni prima della sua morte, avvenuta nel 1226, segnati da una progressiva cecità, nel 1224 scrisse il Cantico. Rielaborazione dell'immagine di Francesco da parte dell'ordine Dopo la morte di Francesco, sono stati tanti i tentativi di rendere la sua figura ‘santa' cercando di privargli gli aspetti più estremistici della sua personalità per evitare tentativi di imitazioni, trasformando il maestro in un santo perfetto. A partire dal 1266 fu autorizzata dall'ordine una solo biografia ufficiale (la Legenda maior) scritta da Bonaventura da Bagnoregio, capo dell'ordine del tempo, mentre ogni altra narrazione o ricordo in contrasto con quella ufficiale veniva censurata. L'obiettivo era quello di sfumare gli aspetti della personalità di Francesco più spigolosi per l'ordine che ormai era divenuto una potente e influente organizzazione nella politica e nelle ideologie, anche perché ormai era inserita negli equilibri di potere della Chiesa. Estremismo trasformato in mitezza Francesco viene raccontato dai suoi confratelli come frate mite, umile e sereno, ma in realtà questa è solo l'immagine portata dai suoi compagni, in realtà egli era un uomo complesso ed esigente, spesso duro con se stesso e con le debolezze altrui e soprattutto con i suoi confratelli dell'ordine che aveva visto allontanarsi man mano dai suoi insegnamenti. Emblematico l'episodio del lebbroso (guardatevelo a pag. 72). Compilatio Assisiensis (una delle vite non ufficiali di Francesco) Attenuazione del radicalismo pauperistico L'aspetto più scomodo scelto da Francesco è proprio la povertà, che interpreta in modo estremo, secondo la sua visione i frati non dovevano possedere nulla, se non il vestito e le mutande. Nella Compilatio Assisiensis si racconta che egli arrivò a donare l'unico Vangelo posseduto dal convento ad una donna che era andata a chiedere elemosina, nella convinzione che a Dio fosse più gradito l'atto di carità che la lettura della sua parola. Si indignò persino quando i suoi confratelli costruirono una casa di pietra e calce al posto della capanna di paglia e fango in cui vivevano, in questo episodio vediamo l'intransigenza di Francesco. Questo radicalismo pauperistico non viene trascurato solo nella Legenda maior ma anche in rappresentazioni successive a questa (ciclo di affreschi di Giotto) viene però ripreso da Dante nella divina commedia durante il XI canto del paradiso. Le predicazioni giullaresche Francesco da spettacolo compiendo spesso gesti scandalosi che restano impressi: spogliarsi dei vestiti, gettarsi nudo nella neve, sedersi nella cenere, parlare agli animali, abbracciare i lebbrosi. Il rovesciamento dei valori mercantili La teatralità del comportamento di Francesco attraverso questi gesti, sono finalizzati a diffonder un messaggio eccezionale, rovesciando i valori e i giudizi comuni. Francesco propone un modello esistenziale nuovo, ispirandosi al rifiuto della proprietà. Francesco oggi La figura di Francesco ha ispirato moltissime persone e anche varie forme d'arte come il cinema e il teatro. JACOPONE DA TODI L'estremismo religioso di Jacopone Jacopone da Todi esprime nella sua opera, una tragica visione del mondo, considerando tutto ciò che appartiene alla vita terrena come male e corruzione da cui fuggire. Jacopone, è un frate francescano: egli appartiene alla corrente più radicale degli "spirituali", che portano alle estreme conseguenze l'insegnamento di povertà. Le sue laude non sono preghiere concepite per essere recitate collettivamente, ma testi poetici personali da cui emerge una forte e tormentata individualità. I temi delle laude riguardano: il rapporto individuale tra uomo e Dio e l'istituzione della Chiesa: Jacopone è un nemico accanito di papa Bonifacio VIII, contro il quale si scaglia. La vita Di Jacopone da Todi non ci sono notizie certe. Nasce a Todi da famiglia nobile tra il 1230 e il 1236, e svolge attività di procuratore legale e notaio, dedito a un'intensa vita mondana. Secondo la tradizione, la tragica morte della moglie durante una festa da ballo per il crollo di un balcone e la scoperta che ella indossava per penitenza sotto gli abiti un cilicio (indumento ruvido che procurava alla pelle ferite) gli provoca una profonda crisi religiosa, che lo induce a convertirsi intorno al 1268. Nel 1278, entra nell'ordine francescano, di cui appoggia l'ala intransigente, ostile a Bonifacio VIII e contraria a un'interpretazione più moderata della regola di Francesco. Jacopone 1297 firma un manifesto per deposizione di Bonifacio VIII, scrivendo contro di lui un'invettiva che predice la sua dannazione eterna. Viene scomunicato, rinchiuso nel sotterraneo di un convento e spogliato dell'abito francescano. La prigionia dura fino al 1303, anno della morte del pontefice; tre anni dopo, Jacopone muore in un convento presso Todi. I temi delle laude Le laude di Jacopone sono la storia dell'amore smisurato per Dio, che si accompagna a una drammatica svalutazione dell'uomo, esposto al peccato e intrappolato dal corpo che ostacola la liberazione dello spirito. Jacopone è convinto dell'indegnità dell'uomo a tal da cercare in ogni modo l'espiazione, fino a invocare per sé con violenza autodistruttiva le peggiori malattie e la morte più atroce. Jacopone accoglie in sé l'amore "della dismisura", il coraggio di arrivare fino alla pazzia per Cristo, cioè a un amore che divora. Jacopone scrisse laude politiche contro la corruzione della chiesa romana, che gli valsero la persecuzione, la scomunica e la prigionia. Le forme e lo stile jacopone scrisse 92 componimenti in volgare umbro. I temi dell'amore per Dio e il disprezzo per l'uomo si esprimono in uno stile estremo, che mira a impressionare attraverso immagini macabre, toni sarcastici e ritmi martellanti, ottenuti attraverso l'uso di anafore. Lo stile è realistico, e al tempo stesso deformato.