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IL SEICENTO, GALILEI, GOLDONI E PARINI

21/9/2022

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IL SEICENTO E GALILEO, GOLDONI, PARINI
Il cortigiano si trasforma gradualmente nel "segretario" del principe, esecutore della sua volontà e

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IL SEICENTO E GALILEO, GOLDONI, PARINI Il cortigiano si trasforma gradualmente nel "segretario" del principe, esecutore della sua volontà e capace di interpretare la realtà grazie al suo bagaglio culturale; il letterato sviluppa competenze da giurista, diplomatico, militare e amministratore; il compito di creare un'immagine positiva del principe viene affidato invece al pittore o all'architetto. Infine solo una minoranza di letterati può ambire a una sistemazione stabile nell'ambito delle corti. Nel seicento prosegue l'attività delle accademie come l'Accademia della Crusca con l'intento di difendere la tradizione letteraria della lingua italiana; l'Accademia dell'Arcadia che eserciterà il suo flusso sulla poesia di tutto il Seicento; l'Accademia degli Incogniti di Venezia in cui si compirono scelte certamente spregiudicate e anticonformistiche dovute alla maggiore apertura e circolazione delle idee, in tale ambito si diffuse la letteratura erotica e irriverente. Oltre alle accademie letterarie avranno grande impulso quelle scientifiche come l'Accademia dei Lincei o l'Accademia del Cimento, fondata da alcuni allievi di Galileo proseguendo il ricco insegnamento del maestro. Il seicento è ricordato come il secolo della "rivoluzione scientifica" perché la conoscenza scientifica si arricchisce in misura straordinaria con nuovi metodi che rivoluzionano il modo di osservare e studiare i fenomeni della natura grazie anche alle scoperte di Newton, Keplero e Galilei. Nella letteratura invece, essendoci l'influenza del barocco si ha la...

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ricerca dello stupore e dell'effetto sorpresa. Nell'arte, col barocco, prevalgono le idee curve e sinuose con contrasti chiaroscurali, il rifiuto della linea e degli angoli retti ed infine l'affermazione del gioco prospettico, con visioni molteplici e cangianti. Mentre in letteratura si afferma l'uso delle figure retoriche, in particolare le metafore, che mirano a produrre risultati sorprendenti, rilevando accostamenti inusitati. Abbiamo anche la presenza di altre figure retoriche, quali le antitesi, gli ossimori, le iperboli e i procedimenti cumulativi e amplificativi. Nel seicento, al barocco, venne attribuito un significato negativo, la letteratura era considerata un fenomeno di aberrazione, in cui sembrava che si fosse perduto, con il senso dell'equilibrio e della misura anch controllo della ragione. Successivamente tra l'ottocento e il novecento si porrà una diversa rivalutazione al barocco. LA QUESTIONE DELLA LINGUA 500 Nel secondo cinquecento il dibattito sulla lingua è rappresentato dalla tesi di Bembo che considera la lingua migliore quella usata dai grandi poeti fiorentini del 300 (Dante, Petrarca, Boccaccio), una figura di rilievo che compare in questo dibattito è quella di Leonardo Salviati, fondatore dell'Accademia della Crusca. Egli si contrappone alle posizioni di Bembo, perché ritiene che a costituire un modello di lingua perfetta siano TUTTI gli scrittori del trecento non solo i grandi ma anche i minori e i minimi. 600 Nel seicento si afferma una corrente puristica che voleva stabilire un canone di lingua "pura" sulla base della tradizione fiorentina del trecento. Tale corrente fa capo all'Accademia della crusca, la sua funzione principale era la pubblicazione del grande vocabolario in cui erano registrati tutti i termini dell'uso fiorentino trecentesco, dei grandi scrittori come dei minimi. IL CONTESTO STORICO Nell'Italia del seicento non esiste ancora una lingua nazionale usata effettivamente da tutti. La chiesa con la riforma protestante prese in atto decisioni drastiche come il ritorno al latino, non agevolando così una lingua unitaria e favorendo la discriminazione tra i ceti in grado di leggere latino, di scrivere la lingua letteraria e il resto della popolazione, "costretta" all'uso orale della parlata locale. Le sacre scritture non potevano essere lette individualmente perché molti potevano interpretarle in modo diverso e capire che cose diverse dal significato veritiero. LA LIRICA IN ITALIA Il napoletano Giovan Battista Marino soddisfa l'esigenza di rinnovamento che segna il passaggio all'età barocca. Fin dall'esordio, con la raccolta La lira e l'Adone, il suo poema più significativo, la sua poesia innovatrice supera l'equilibrio del canone Petrarchesco (fondato sul monolinguismo) attraverso uno stile che sperimenta modi artificiosi e che si impone all'attenzione dei lettori sfruttando il concetto della "meraviglia" che è alla base della sua poetica. L'uso sistematico di metafore e immagini iperboliche (esagerazione) sono le peculiarità stilistiche di Marino. La sua influenza portò al fiorire di una vera e propria schiera di imitatori, i cosiddetti "marinisti" che riprendono e intensificano l'uso di un linguaggio poetico ricco di effetti verbali, portandolo all'esasperazione delle immagini poetiche e del gioco di parole. L'obiettivo di Marino era quello di stupire, ma soprattutto scuotere la "svogliatura" del secolo data dalla crisi che aveva portato ad un secolo buio e un po' appiattito, infatti l'interesse del pubblico era prevalentemente rivolto alla ricerca di sensazioni inedite. Su questi princìpi si basa anche il rifiuto delle regole come dice Marino in una lettera del 1624: "Tutti parlano e mettono in dubbio il successo dei miei libri che sono fatti contro le regole, ma i miei si vendono, e anche tanto, invece gli altri che sono seguono le regole, se ne stanno a fare la polvere nelle librerie". Su questo equilibrio si basa così la sua opera letteraria. Anche le sue prose registrano esiti verbali sorprendenti disponendosi secondo assonanze, simmetrie. Rispetto allo stereotipo di donna proposta dal petrarchismo, i poeti barocchi celebrano la figura femminile in diversi aspetti più ampi e complessi. Per esempio non sono la donna bionda e oggetto di attenzione, ma anche una donna bruna la donna rossa la donna brutta e via via la donna vista nelle più disparate condizioni, quindi si passa allo sfiorire della bellezza. Diversamente da lui, Gabriello Chiabrera si concentra maggiormente sugli aspetti metrici, cercando di imitare i canoni classici, infatti i contemporanei lo videro come un difensore della classicità. analogie, VITA GIAN BATTISTA MARINO Giambattista Marino nacque a Napoli, ma dovette abbandonare la città natale per evitare una condanna dovuta alla falsificazione di documenti. Si trasferì poi a Torino alla corte di Carlo Emanuele I di Savoia, dove ebbe una violenta contesa con il poeta genovese Gaspare Murtola, ma la contesa trascese dal piano letterario a quello personale, così Murtola cercò di mettere fine alla vita dell'avversario, ferendo però gravemente un giovane che si trovava al suo fianco. Successivamente Marino trascorse alcuni mesi in carcere, per motivi rimasti oscuri. Abbandonata Torino, si recò a Parigi, dove ottenne molto successo. Il soggiorno francese coincise con la revisione e la pubblicazione della maggior parte delle sue opere. Raggiunto il culmine della celebrità, Marino rientrò in Italia, a Napoli, dove morì poco dopo. DONNA CHE SI PETTINA (BRANO) Il tema di questo sonetto si focalizza su una parte in particolare della donna descritta, ovvero i suoi capelli. Questi sono così lunghi, biondi ed ondulati che sembrano un mare d'oro, nel quale si muove una navicella, ovvero il pettine. Il mare assume man mano contorni minacciosi che conducono il poeta, dopo le 'tempestose onde d'oro' a un naufragio. Si ripropone così il rapporto particolare fra amore e morte: alla fine del sonetto, la morte non viene percepita come turbamento e conclusione di ogni cosa, anzi, si ritiene come fortunato perché il suo naufragio lo definisce "ricco", dal momento che, nella sua tempesta (= la sua sofferenza d'amore), lo scoglio in cui si infrange il suo cuore è di diamante (un materiale duro e impenetrabile), e il golfo in cui si trova questo scoglio è d'oro (per il colore biondo dei capelli della donna). GALILEO GALILEI Galileo Galilei nacque a Pisa ed ebbe una raffinata educazione artistica e letteraria. Iniziò gli studi di medicina che però poi abbandonò per quelli di matematica e fisica, scoprendo già molto presto la legge dell'isocronismo del moto pendolare. Progettò e costruì una bilancetta idrostatica, per misurare il peso specifico dei corpi; intraprese poi degli studi sulla gravità dei solidi, che gli procurarono, l'assegnazione della cattedra di matematica presso lo Studio di Pisa. L'importanza delle scoperte gli valse nel 1591, da parte del Senato Veneto, la chiamata presso l'università di Padova, dove rimase 18 anni. Egli perfezionò la fabbricazione del cannocchiale che gli permise di compiere fondamentali scoperte, tra cui l'esistenza di nuovi astri e delle macchie lunari. L'anno dopo pubblicò il sidereus nuncius ("avviso astronomico"), un trattato, scritto in latino, in cui comunicava ai dotti del tempo i risultati di queste scoperte, che confermavano la teoria di Copernico, secondo la quale era la terra a girare intorno al Sole (teoria eliocentrica) e viceversa, come diceva la teoria geocentrica. Con il trattato ottenne una grande notorietà che gli valse l'offerta, da parte di Cosimo II de' Medici, degli incarichi di "matematico straordinario dello Studio di Pisa". Ma, a differenza dell'ambiente veneziano che era più libero e indipendente, l'influenza dell'inquisizione in Toscana era forte, così aumentarono i sospetti nei suoi confronti. Per difendere le proprie posizioni Galileo scrisse quattro lettere, le cosiddette "lettere copernicane", in cui, si pronunciava sui rapporti fra la scienza e la fede. Queste lettere provocarono l'intervento del Sant'Uffizio, che condannava come eretiche le tesi copernicane e diffidava Galileo dal farne professione. Per difendersi, diede alle sue affermazioni un'interpretazione storicistica e quindi disse che quello che aveva scritto lo aveva visto davvero, per non andare contro l'ordine della chiesa. Alla fine però venne imprigionato e fu costretto all'abiura= (negare quello che aveva detto). La sua condanna al carcere perpetuo, venne commutata in una specie di confino, dove gli fu consentito di ricevere qualche visita. Qui, venne assistito dalla figlia Virginia, che però morì prima di lui, trascorse gli ultimi anni della sua vita, afflitto anche dalla perdita quasi totale della vista. LETTERA A BENEDETTO CASTELLI Nella lettera a Benedetto Castelli, professore di matematica dell'università di Pisa, Galileo si preoccupa di definire rapporti tra la scienza e la fede, sostenendo che non possono essere in contraddizione fra di loro. Egli critica un passo della Bibbia perché sostiene che la parola di Dio si debba imparare attraverso una base scientifica. SOCIETÀ E CULTURA 700 A livello europeo, la storia appare legata alle trasformazioni economiche. Il settecento è l'età della rivoluzione industriale, che vede come protagonista l'Inghilterra, dove, grazie l'invenzione della macchina vapore e allo sfruttamento dell'energia prodotta dal carbone, si compie la lavorazione dell'acciaio, destinata ad avere un grande sviluppo dagli usi domestici a quelli militari. Nasce anche la produzione di serie che aveva lo scopo di far abbassare i costi. Si formò un ceto imprenditoriale, che diede impulso alla crescita delle attività commerciali e intellettuali, incrementando il potere di una nuova classe sociale, la borghesia, dinamica e intraprendente. Si entra così nell'era del moderno capitalismo, qui, aumenta la circolazione del denaro e il benessere dei ceti benestanti, favorito via via dalle nuove scoperte scientifiche come il primo generatore elettrico, la pila, inventata da Alessandro Volta. La costruzione delle fabbriche comportò un altro dei fenomeni tipici dell'età moderna, ovvero l'abbandono delle campagne e l'inurbamento. Presto però, con la costituzione della nuova classe sociale, il proletariato, che vive in condizioni precarie, si ritorse tutto conto l'operaio che cominciò ad essere sottomesso al ritmo delle macchine, così, si affermò il movimento chiamato luddismo, una sorta di ribellione che denunciava l'introduzione delle macchine nelle fabbriche. LA CONCEZIONE DEI DIRITTI Il mutamento delle condizioni economico-sociali favorisce l'indebolirsi delle vecchie istituzioni, introducendo, una nuova concezione dei diritti cittadini. Nascono i progetti di un rinnovamento che si stabilirà in Francia, nel movimento del cosiddetto Illuminismo a cui sembreranno dare ascolto alcuni sovrani, come Federico Secondo di Prussia, Maria Teresa d'Austria e Caterina seconda di Prussia. Questa nuova concezione propone che tutti gli aspetti della realtà debbano essere sottoposti all'esame libero e critico della ragione e che i principi razionali (i "lumi") rappresentano lo strumento per combattere l'ignoranza, i pregiudizi e le superstizioni che impediscono il progresso umano. La Francia rimase arroccata alle idee dell'assolutismo, questo, favorì un contrasto che poi esplose con la rivoluzione francese, segnando, con la decapitazione del sovrano, Luigi XVI, il momento di rottura più forte della storia politica europea. Intanto, già nel 1799 Napoleone Bonaparte venne eletto in Francia come Primo Console. Poco prima gli abitanti delle colonie inglesi del Nord America si erano ribellate contro la vecchia madrepatria, ottenendo nel 1776 l'indipendenza. IL RITORNO ALLA "RAGIONE" L'esperienza barocca del 18 secolo, sottolineò l'esigenza di un nuovo senso di equilibrio e di misura, ovvero il "ritorno alla ragione" che teneva conto di alcuni dei risultati a cui era giunto il pensiero scientifico e filosofico del secolo precedente= Galilei e Cartesio. Quello che, per il primo Settecento, verrà chiamato "ritorno la ragione" avrà un salto di qualità, affermandosi nel movimento di uomini e di idee che verrà chiamato in Italia Illuminismo. La sua origine e però in Francia, dove si parla di "siècle des Lumières" e il termine lumières si riferisce a quelle luci che la mente razionale dell'uomo deve introdurre nel campo della conoscenza per squarciare le "tenebre" dei secoli passati che hanno ostacolato la ricerca della verità e dei diritti umani. Il bersaglio della polemica è rappresentato soprattutto dal Medioevo. Grazie alla ragione, intesa come guida dei comportamenti e dei giudizi umani, viene meno il rispetto dell'autorità imposta dall'alto, che non sia comprovata dall'esperienza. La ragione ha il suo fondamento nelle leggi della natura, secondo cui gli uomini nascono liberi e uguali, dotati di pari dignità. Queste verranno riassunte nel motto liberté, égalité, fraternité. ENCICLOPEDIA L'esigenza di non accettare più le verità tramandate dalla tradizione giunse all'elaborazione di un sistema basato su valori laici e alternativi. I fondamenti di queste aperture si traducono nell' Enciclopedia, impresa che meglio rappresenta lo spirito dell'Illuminismo, diretta da Denis Diderot. Rispetto alle enciclopedie medievali, che offrivano una conoscenza fantastica sottratta a ogni verifica sperimentale, l'enciclopedia illuministica si offriva come un progetto razionale di catalogazione e illustrazione dei diversi rami dello scibile. DIFFUSIONE NUOVE IDEE Ma l'attenzione rivolta a ciò che era lontano e diverso, insieme con l'idea dell'uguaglianza di tutti gli uomini, portarono a una nuova concezione della tolleranza, indicata come "cosmopolitismo" che caratterizza la mentalità e il comportamento dell'intellettuale settecentesco. Si può dire che l'Illuminismo porti a compimento la concezione del valore dell'individuo, di qui l'attenzione per il benessere dell'individuo, si traduce nei programmi di riforme volte a migliorare le condizioni di vita. Muta quindi l'idea stessa della letteratura, che, attenta al benessere dell'individuo, deve proporsi "l'utile come scopo". Infine, il rifiuto del dogmatismo e del fanatismo, porta a elaborare una sorta di religione naturale, il "deismo", che non coincide con nessuna delle religioni storiche, ma crede nell'esistenza di un essere supremo, creatore di tutte le cose, visto come un'intelligenza razionale, che dirige le leggi della natura e pretende il rispetto dei doveri fondamentali che ognuno ha nei confronti dei propri simili. L'ARCADIA La lirica del 700 nasce all'insegna dell'Arcadia, l'Accademia che riunirà i maggiori letterati del secolo. Il punto di partenza è la polemica nei confronti della poesia barocca, l'auspicio era quello di "sterminare il cattivo gusto" e di combattere la "barbarie dell'ultimo secolo", favorendo un ritorno alla ragione e alla natura, da intendere, come rifiuto di tutti quegli artifici innaturali a cui si erano abbandonati i marinisti. In questo senso si proponeva di risalire a un ideale classico, che da un lato rivalutava la lezione Petrarchesca, dall'altro si richiamava ad autori greci e latini come Teocrito e Virgilio. L'Arcadia era la regione della Grecia in cui veniva collocato, fin dall'antichità, lo scenario fittizio della poesia idillica, che occorreva far rivivere in forme semplici e piane, nella cornice di un paesaggio con tratti tipici del locus amoenus. Il carattere convenzionale di questa poesia è un gioco di travestimenti mondani. L'emblema dell'Arcadia è il flauto acreste del Dio Pan. Tutti i letterati assumono un nome fittizio ispirato ai nomi dei pastori greci. Il luogo di riunione viene definito bosco Parrasio. Le sedi che via via si associano all'Accademia culturale di Roma sono chiamate colonie di Arcadia. GOLDONI Carlo Goldoni nacque a Venezia da una famiglia di condizione borghese. Seguì il padre, medico di professione, a Perugia, dove compì i primi studi presso i gesuiti; poi fu inviato a Rimini per affrontare gli studi superiori, ma fuggì sulla barca di una compagnia di comici per raggiungere la madre a Chioggia. Studiò legge all'Università di Pavia e fu ospite del collegio Ghislieri, ma fu cacciato in seguito a una satira da lui composta sulle donne della città. Seguirono anni inquieti e, ripresi gli studi di legge, si impiegò come collaboratore alla cancelleria criminale di Chioggia e poi alla cancelleria di Feltre. La morte del padre, lo mise dinanzi alla necessità di provvedere alla madre, quindi in poco tempo conseguì la laurea in legge a Padova, e si avviò alla professione di avvocato. Nel frattempo però aveva una vocazione teatrale che si era preannunciata in lui sin dei primi anni. Successivamente conobbe a Verona, il capocomico Giuseppe Imer, e grazie a lui ottenne l'incarico di scrivere i testi per il teatro di San Samuele. In questa prima fase della sua produzione affrontò vari generi come le tragicommedie, melodrammi e gli intermezzi, ma presto avviò una graduale "riforma" del teatro comico. Dalla sua attività di scrittore però ancora non ricavava gran che e quindi le sue condizioni economiche erano precarie, tanto che dovette fuggire da Venezia a causa dei debiti. Si stabilì a Pisa, dove riprese la professione forense per poi di nuovo a rilasciarla perché non smise di produrre testi per il teatro. i Infine trovò l'occasione della sua vita a Livorno, quando conobbe il capocomico Girolamo Medebac, che lo convinse a impiegarsi come "poeta di teatro" con un contratto stabile, che prevedeva la stesura di otto commedie l'anno, dietro un compenso soddisfacente. Così Goldoni lasciò definitivamente l'avvocatura e divenne scrittore di teatro per professione. APPUNTI 1 In quel periodo si era affermato il teatro basato sull'improvvisazione delle battute, però quando si rivedevano le scene il tutto risultava un po' ripetitivo e per far ridere le persone si passava qualcosa di più pesante 2 quindi con Goldoni si passa al teatro scritto in modo graduale, prima la parte del protagonista e poi quella degli altri, ma non fu facile attivarlo perché trovo resistenza anche in Francia (periodo rivoluzione francese) 3 la commedia di Goldoni intrigava una certa riflessione e non era la commedia spensierata allegra 4 le sue commedie vennero interpretate come quelle che anticiparono la caduta del sovrano L'ATTIVITÀ DI SCRITTORE PER IL TEATRO: LA COMPAGNIA MEDEBAC Goldoni rappresenta una figura intellettuale nuova: è uno scrittore/intellettuale libero, vive di ciò che guadagna scrivendo, senza essere sotto la protezione di un grande signore. Il teatro è un'impresa commerciale in quanto gli spettacoli sono a pagamento e chi lo gestisce ne ricava guadagno. lo spettacolo doveva attenersi ai gusti del pubblico che infatti viene ritenuto come sovrano all'interno del teatro, infatti, lo scriviere di commedie deve obbedire alle leggi del mercato e Goldoni si adattò sempre a ciò che potesse compiacere il pubblico. TEATRO= unico campo culturale in cui già esistesse un mercato vero e proprio. Goldoni lavorò per la compagnia Medebac, al teatro Sant'Angelo, dove vennero messe in scena tante delle sue commedie. dopo l'insuccesso di una commedia, per stimolare di nuovo l'interesse del pubblico, scrisse tra il 1750-1751 ben sedici commedie e riuscì nel suo intento con il tour de force, Che mise in risalto le sue doti di artista fecondo e come produttore di merci per il mercato. Un tassello importante della carriera di Goldoni fu anche la concorrenza contro Pietro Chiari che durò a lungo, appassionando il pubblico e suscitando fiere polemiche (che provocarono l'intervento della censura). DAL TEATRO SAN LUCA A PARIGI con la compagnia Medebac ebbe dei contrasti economici e passo al teatro San Luca (proprietà di Francesco Vendramin). da qui un periodo difficile per Goldoni che per vincere la concorrenza contro chiari sperimenta tematiche diverse (esotiche e avventurose) dalla sua commedia realistica suscitando però polemica. In particolare Carlo gozzi, un letterato sostenitore di un teatro fiabesco e fantastico, criticava la commedia goldoniana. nel 1762 si recò a Parigi per dirigere la "Comédie italienne". provo ad inserire il suo tipo di commedia ma trovo resistenza perché ancora era in vigore la commedia recitata (a parigi= Lazzi= scenette improvvisate comiche). Goldoni, riadattatosì al vecchia tipologia di commedia, fece successo con una commedia scritta in francese: "le bienfeisant" (modello Molière) e fu assunto come maestro di italiano delle principesse reali e quindi precettore di questa lingua. Quando scoppiò la rivoluzione francese, cadde in miseria in quanto il suo guadagno era concesso dal re, morì dopo mesi nel febbraio 1793, lo stesso giorno in cui l'assemblea riconobbe nelle sue commedie un "presagio della caduta del dispotismo". LA VISIONE DEL MONDO: GOLDONI E L'ILLUMINISMO GOLDONI E IL CLIMA CULTURALE DEL SUO TEMPO Visse a Venezia, luogo Del teatro, che presentava la cultura europea più moderna e illuminata, infatti Goldoni nelle sue commedie (es. la locandiera) presenta delle idee illuministe. LA RIFORMA DELLA COMMEDIA IL DECLINO DELLA COMMEDIA DELL'ARTE Nella commedia dell'arte (dominava il teatro), gli attori impersonavano le maschere tradizionali improvvisando le battute, seguendo solamente un sommario canovaccio che indicava le azioni dell'intrigo. Goldoni criticava tale commedia e la riteneva esageratamente stereotipata, con una comicità scaduta e ripetitiva. MONDO E TEATRO Col propagarsi di una cultura arcadica e razionalistica, vi era il bisogno di una riforma, in quanto essa ripugnava la stravaganza e la bizzarria barocca, essendo semplice razionale e ricercatrice della naturalezza. Ispirandosi ai due libri studiati, "Mondo" e "Teatro", nella sua riforma propone: da un lato testi che piacciono al pubblico, ovvero testi che vivono autenticamente sulle scene tenendo conto del linguaggio dello spettacolo; dall'altro una commedia verosimile, che rifletta realisticamente la società. DALLA "MASCHERA" AL "CARATTERE" Egli ritiene che non siano più utilizzabili le maschere tradizionali perché costituiscono dei tipi fissi, che nascono dall'astrazione dei tratti comuni ad una varietà di individui concreti come: pantalone= Vecchio avaro e libidinoso; il Dottore=dotto borioso; Arlecchino- servo sciocco. questo entrava in contrasto con la sua commedia verisimile (ispirata alla natura) che rappresenta dei caratteri colti nella loro individualità, irripetibili e inconfondibili. IL RAPPORTO TRA CARATTERI E AMBIENTI Secondo Goldoni i sentimenti, i vizi e le virtù degli individui assumono una forma diversa a seconda dell'ambiente in cui si trovano. Nella "donna Prudente", fa notare infatti, come ad esempio la gelosia possa manifestarsi in maniera diversa: un uomo nobile non mostrerà la sua gelosia in quanto segno di debolezza, un uomo di bassa condizione non ha difficoltà nel rivelarla. nella commedia goldoniana viene fatta una distinzione tra commedie di carattere e commedie d'ambiente, ma è una distinzione convenzionale e astratta in quanto le due commedie sono al tempo stesso sia di carattere che d' ambiente e non possono mai essere isolate. Ciò che si può dire però è che: le commedie di carattere delineano una figura e le commedie d'ambiente descrivono un particolare settore della vita sociale. IL SIGNIFICATO DEL DISTACCO DALLA COMMEDIA DELL'ARTE I canovacci, basati su elementi fissi ricorrenti e con vicende meccanicamente ripetute, fungevano da guida agli attori che non improvvisavano tutto totalmente dal nulla. la bravura dell'attore dava origine a scene straordinarie ma ciò entrava in contrasto con gli ambienti del "Mondo" al quale Goldoni s'ispirava. UNA RIFORMA GRADUALE Le commedie realistiche di Goldoni, inizialmente sconcertarono il pubblico e quindi gli stessi impresari sospettavano delle innovazioni goldoniane in quanto temevano di perdere il favore del pubblico. Ma Goldoni adottò una tattica prudente e graduale. L'ACCRESCIMENTO DELLE PARTI SCRITTE, L'ELIMINAZIONE DELLE MASCHERE E LE OPPOSIZIONI ALLA RIFORMA Goldoni cominciò con lo stendere per intero solo la parte del protagonista lasciando all'improvvisazione e tutto il resto. La sua prima commedia così strutturata fu il "Momolo Cortesan" e poi chiamata con il titolo "L'uomo di mondo". Cinque anni dopo compose una commedia in cui tutte le parti erano scritte "la donna di garbo". Le maschere erano ancora conservate, ma iniziarono ad assumere un carattere individuale. In particolare Pantalone, che assunse i tratti del mercante veneziano avente una salda moralità. In tal modo il pubblico era rassicurato dal trovarsi di fronte una maschera nota e amata, E poteva assimilare serenamente i nuovi contenuti della commedia goldoniana. L'ITINERARIO DELLA COMMEDIA GOLDONIANA LA PRIMA FASE: LA CELEBRAZIONE DEL MERCANTE Il mercante veneziano, che si presenta sotto la maschera di Pantalone, A grande rilievo nei suoi copioni. È una figura individuale, portatrice di valori tra i quali: schiettezza, puntualità e il rispetto degli impegni, buon senso nel valutare le cose, moralità, attaccamento alla famiglia e laboriosità. Il mercante manifesta anche una contrapposizione polemica alla nobiltà, E lo notiamo nella battuta recitata da un mercante ad un nobile che dice: che la nobiltà è superba, prepotente e inutile alla società, mentre la "mercatura", così definita da lui, è utile e necessaria al mondo, e chi la esercita con onore non è un uomo plebeo (= colui che per ereditare un titolo e poche terre odia e crede che gli sia lecito calpestare tutti e vivere di prepotenza). LA SECONDA FASE: INCERTEZZE E SOLUZIONI ECLETTICHE Goldoni, per non lasciarsi sfuggire il successo, si adegua agli umori mutevoli del pubblico e scrive vari generi, come testi romanzeschi ambientati in paesi esotici (es. la trilogia persiana). Nelle commedie di carattere sostituisce alla figura positiva del mercante, dei personaggi infermi, maniaci e in preda ai tic più impensati. LA LOCANDIERA: Nella Locandiera, Goldoni racconta la storia della furba locandiera Mirandolina che, grazie al suo fascino, riesce a prendersi gioco di parecchi uomini. Nelsorso dei fatti incontra anche Ortensia e Dejanira che si fingono nobildonne e cercano di ottenere favori dagli ospiti di Mirandolina senza riuscirci, invece lei, come un'attrice nata, riesce a farli innamorare tutti quanti di se, gioca con loro e li prende in giro senza che loro se ne accorgano. Ma nel finale vediamo che rinuncia a questo suo potere per mantenere fede alla promessa fatta al padre. Deciderà, infatti, di sposare l'umile Fabrizio, lasciando gli altri pretendenti a mani vuote. MIRANDOLINA= rappresenta la borghesia che è intraprendente e laboriosa, al contrario della nobiltà che è oziosa e nullafacente. PARINI Giuseppe Parini nacque il 23 maggio 1729 a Bosisio, da una famiglia di modeste condizioni. visse a Milano presso la prozia che gli lascio una piccola rendita annua a condizione che diventasse sacerdote, così senza vocazione nel 1754 divenne sacerdote. A 23 anni aveva già pubblicato le liriche: "alcune poesie di Riparo Eupilino". Venne ammesso all'Accademia dei Trasformati, uno dei centri più importanti della cultura milanese, frequentato dalla nobiltà aperta alle nuove idee illuministe. I trasformati proponevano una conciliazione tra cultura moderna e tradizione classica, per questo, Parini, si ritrovò in questo ambiente culturale. Nel 1754 entrò al servizio del duca Gabrio Serbelloni, come precettore dei figli, e da qui iniziò conoscere il mondo dell'aristocrazia milanese che poi rappresentò satiricamente nel "Giorno". Dopo una discussione con la superba duchessa Maria Vittoria, si licenziò e l'anno dopo divenne precettore di Carlo Lombonati fino al 1778. L'INTELLETTUALE AL SERVIZIO DELLO STATO RIFORMATORE Scrisse due poemetti satirici contro la nobiltà oziosa e improduttiva: il mattino e il mezzogiorno. Il governo austriaco della Lombardia favoleggiava gli intellettuali con orientamento avanzato, così il conte di Firmian, governatore di Milano, affidò a Parini la direzione della "Gazzetta di Milano" E lo chiamò alla cattedra di belle lettere nelle scuole Palatine. parini venne a contatto con altri artisti che seguivano il nuovo orientamento neoclassico che seguiva: criteri di armonia, perfetta proporzione, nobile semplicità e calma grandezza. L'autore incarna la figura tipica dell'intellettuale illuminista milanese, che era direttamente al servizio dello Stato riformatore ed assumeva incarichi ufficiali nell'amministrazione. LA DELUSIONE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE E GLI ULTIMI ANNI Giuseppe II impose delle direttive autoritarie sull'organizzazione della cultura e per questo l'autore, ferito, si allontanò dall'attività intellettuale. all'inizio gli intellettuali riformatori, videro la rivoluzione francese come il momento in cui si sarebbero realizzati i principi illuministici, ma poi con la sua sparsa di sangue assunse posizioni sempre più negative. con l'ingresso dei francesi a Milano entro a far parte della municipalità in una commissione che si occupava di religione dell'istruzione pubblica ma vi fu un dissidio tra la commissione e l'indirizzo generale della municipalità per questo Parini si ritirò in un isolamento e quando gli austriaci ritornarono a Milano, Parini per il suo prestigio fu rispettato. Morì il 15 agosto, ma poche ore prima scrisse un sonetto: "Predaro i filistei l'arca di Dio", in cui lodava Dio per aver restituito Milano agli austriaci, sperando che non facessero come i francesi rapine e scempi. PARINI E GLI ILLUMINISTI Parini aveva un atteggiamento non favorevole verso l'Illuminismo francese, perché respinge le posizioni antireligiose ed edonistiche, è ostile a ogni forma di fanatismo religioso e giudica negativamente la Controriforma. Tuttavia, crede nella religione come principio di una convivenza civile, e pensa che le teorie libertine dei philosophes siano pericolose per la convivenza sociale degli uomini. Dell'Illuminismo francese accetta il fatto che crede nell'eguaglianza naturale di tutti gli uomini. Il poeta critica la classe aristocratica perché è oziosa e improduttiva: sul piano economico sperpera le ricchezze che derivano dal lavoro altrui. Il poeta usa la definizione del "giovin signore", ovvero "colui che da tutti è servito a nullo serve" Parini si scaglia contro l'uso del "cavalier servente", che è una legalizzazione dell'adulterio, che distrugge uno dei valori più sacri, la famiglia. Tuttavia, Parini riconosce che in epoche passate la nobiltà aveva avuto una funzione sociale: difendere la patria in guerra e amministrare la cosa pubblica, e queste funzioni cancellavano il peccato d'origine. Lo sdegno di Parini deriva dalla decadenza attuale della classe aristocratica. Socialmente e politicamente Parini è un moderato riformista, perché nella sua polemica antinobiliare si trova perfettamente allineato con la politica del governo illuminato di Maria Teresa. Sul piano letterario gli uomini del "Caffè" respingevano il classicismo tradizionale; Parini invece era fedele ad un'idea classica della letteratura. Parini apprezza le scoperte scientifiche, ma è urtato dal fatto che la scienza sia diventata una moda nei salotti aristocratici. IL GIORNO → Il poema aveva per argomento la descrizione della giornata di un "giovin signore" della nobiltà milanese e nel progetto originale si divideva in 3 parti, il Mattino, il Mezzogiorno e la Sera, che si sdoppiò in 2 parti, il Vespro e la Notte. Il Giorno rientra nel genere della poesia didascalica. Nel Mattino il nobile viene colto nel momento in cui si corica dopo una notte trascorsa al teatro o a giocare; poi vengono descritti il suo risveglio, la colazione e la toeletta. Poi il "giovin signore" è pronto per recarsi dalla sua dama. Uno dei motivi centrali della rappresentazione pariniana è il fenomeno del cicisbeismo, per cui ogni donna sposata aveva diritto a un "cavalier servente" che l'accompagnasse al posto del marito, a sua volta impegnato con un'altra dama nello stesso compito. Nel Mezzogiorno viene descritto il pranzo, in cui si intrecciano conversazioni su vari argomenti. Tutto il discorso del precettore è impostato in chiave ironica: egli finge di accettare il punto di vista del "giovin signore", ovvero una vita futile e vuota della nobiltà, che viene celebrata in termini iperbolici. Viene scelta una giornata tipo, uguale a tante altre, e questo dà il senso di una vita banale, dove non succede mai nulla di importante. Lo spazio è ristretto, quasi sempre chiuso (palazzo, carrozza). All'ozio della nobiltà, si contrappone la vita operosa e sana del contadino e dell'artigiano, che si dedicano ad attività utili alla collettività umana e si ispirano ai valori fondamentali come il culto della famiglia, che la nobiltà ignora. Nel poema vengono inserite le "favole", brevi racconti di carattere mitologico. La favola di Amore e Imene spiega le origini del cicisbeismo: Amore e Imene sono figli di Venere, prima univano i corpi e le anime degli uomini nello stesso tempo, poi i loro compiti vennero divisi: Imene, dio del matrimonio, regnò sulle anime di giorno e Amore regnò sui corpi di notte. Perciò il matrimonio è solo una facciata esteriore durante il giorno, e il vero amore è quello adultero di notte. La favola del Piacere illustra l'origine della diseguaglianza tra gli uomini: un tempo gli uomini erano tutti uguali e agli dèi questa cosa non piaceva, perciò mandarono sulla terra il Piacere, e gli uomini cominciarono a ricercare le cose belle e preziose. Nacquero quindi la nobiltà e la plebe (condannata alla servitù e alla fatica). Dietro l'atteggiamento del poeta verso il mondo nobiliare c'è una sottile ambiguità: da una parte critica la nobiltà, ma dall'altra fa un'accurata descrizione degli oggetti preziosi che allude ad una sorta di compiacimento sensuale del poeta, che sembra accarezzare gli oggetti come se fosse affascinato dall'eleganza di quel mondo. Il poeta utilizza un linguaggio aulico e prezioso. IL RISVEGLIO DEL GIOVIN SIGNORE→Il Mattino di Giuseppe Parini è la prima parte del poemetto Il Giorno e viene pubblicato, in forma anonima, nel 1763. Parini descrive i costumi e gli stili di vita di un semplice contadino (il "buon villan" del v. 37) e del "giovin signore" che, allietato dai vizi e dai piaceri, conduce una vita inutile ed improduttiva, spesa tra feste, case d'appuntamenti e giochi d'azzardo. Il tutto avviene all'alba, quando al sorgere del sole il contadino imbraccia gli arnesi e si dirige verso i campi, mentre il protagonista, dopo una notte di baldoria, torna stanco verso casa al canto del gallo. Da qui parte la descrizione accurata della giornata-tipo del giovane nobile, che il poeta osserva con l'intento di suscitare, alla luce dei suoi valori illuministici, un moto di riscatto nel suo lettore. (il poeta si dichiara "Precettore di amabil Rito" del giovane) LA COLAZIONE →Al risveglio del Giovin signore deve essere preparato la colazione. Il cameriere propone al giovane aristocratico cioccolata in tazza e caffè (entrambe provenienti da terre lontane e servite in "preziose tazze"). Parini coglie l'occasione per spiegare che tali cibi esotici sono il frutto di ardite esplorazioni e sanguinose guerre di conquista ma tutto ciò appare al giovane signore il giusto sacrificio per il suo piacere, e ancora una volta fa la figura di un essere inutile, rammollito e mancante di volontà. (parini utilizza una chiave ironica). LA VERGINE CUCCIA Durante un banchetto, uno dei commensali vegetariano, afferma che avere compassione per i propri simili è un sentimento proprio dell'uomo, mentre avere a cuore la sorte degli animali è sintomo di un'anima superiore. Questa affermazione fa riaffiorare nella dama, di cui il Giovin signore è il cavaliere, il triste ricordo di una sua cagnolina che è morse la caviglia di un servo. la dama ricorda il giorno in cui un servo, morso dalla sua cagnolina, osò darle un calcio. Ai guaiti della bestiola accorse tutta la servitù preoccupati delle conseguenze che questo gesto avrebbe apportato. La dama dopo essere svenuta, si risveglia, chiama dolcemente la cagnolina che si rifugia sul suo grembo, e subito licenza il servo che si ritroverà con tutta la sua famiglia per strada a mendicare. In tal modo l'offesa fatta alla cagnolina è stata vendicata.