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Giuseppe Parini

11/9/2022

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GIUSEPPE PARINI
Parini è poeta, insegnante e promotore di riforme, pronto a collaborare con i governi per il
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GIUSEPPE PARINI Parini è poeta, insegnante e promotore di riforme, pronto a collaborare con i governi per il rinnovamento culturale e artistico di Milano. Egli è vicino alle idee illuministe e crede che la letteratura sia uno strumento importante per cambiare la società; egli infatti farà anche denunce sociali. Nasce a Bosisio nel 1729; il padre è un piccolo commerciante di seta e sono dieci figli; quindi vivono fra difficoltà economiche. A nove anni viene mandato a Milano presso una zia vedova che lo ospita e gli promette una rendita a patto che si faccia sacerdote. Parini frequenta la Scuola dei Padri Barnabiti, ma con scarso impegno; in ogni caso nel 1752 riceve gli ordini religiosi. Così diventa sacerdote per non rinunciare all'eredità che gli è stata promessa dalla zia; tuttavia aderisce al cristianesimo e ritiene che la carità e la fraterna solidarietà sono i valori più importanti della vita. Nel 1752 pubblica, sotto pseudonimo, una raccolta di poesie a testimonianza del suo studio della tradizione classica-latina, di Petrarca e della poesia petrarchesca del '500. La raccolta si chiama Alcune poesie di Ripano Eupilino; grazie ad essa viene ammesso all'Accademia dei Trasformati, dove frequenta tutte le riunioni, in cui vengono proposti vari temi: la religione, il costume, la morale, la guerra... Così Parini può sperimentare generi letterari...

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e varie forme metriche e può avvalersi di un pubblico raffinato e colto. Fra le opere scritte per le riunioni dell'Accademia dei Trasformati, ricordiamo il Dialogo sopra la nobiltà (1757), che ha due protagonisti: un nobile e un poeta morti e vicini nella tomba. Il nobile è arrogante e si ritiene superiore, e pretende, così, onori anche al cimitero, ma il poeta dimostra che lì questo non è possibile; così il nobile riconosce il ruolo del poeta, che denuncia gli errori della società del suo tempo e mette la nobiltà all'ultimo gradino. Nel 1754 Parini inizia a lavorare presso i Duchi Serbelloni, prima come insegnante privato e poi come religioso di famiglia. Nel 1763 si trasferisce presso la famiglia Imbonati come maestro del giovane conte Carlo e resta qui fino al 1768. In questi luoghi Parini conosce dettagliatamente la vita degli aristocratici, che rappresenterà, in modo ironico, nelle sue opere più importanti: Il Mattino (1763) e Il Mezzogiorno (1765). Tra il 1758 e il 1766 Parini compone delle Odi dedicate a temi civili e a temi di attualità. A metà Settecento, a Milano, si diffonde un'esigenza di rinnovamento, grazie all'imperatrice Maria Teresa d'Austria, che rende moderne le istituzioni, che trasforma la città. In questo clima Parini vuole ottenere un ruolo pubblico per poter raggiungere una certa tranquillità economica; Parini viene scelto come poeta e revisore di testi del Regio Ducal Teatro nel 1768; nel 1769 ha l'incarico di redigere La Gazzetta di Milano e, sempre nello stesso anno, viene nominato professore di eloquenza e belle lettere nelle Scuole Palatine. Secondo Parini l'educazione dei giovani deve essere tolta dai religiosi e gestita dallo Stato; infatti egli è il primo ad essere chiamato in una scuola pubblica ad insegnare letteratura, dove sottolinea l'importante funzione della poesia. Inoltre Parini propone un classicismo lineare ed elegante, fatto di buongusto, ma con contenuti etici e sociali. Non mancano riconoscimenti e incarichi per lui: una pensione annua ricevuta da Papa Pio VI, l'iscrizione all'Accademia D'Arcadia di Roma e la fondazione della Società Patriottica con Cesare Beccaria. Inoltre importante è la collaborazione con gli artisti dell'Accademia di Belle Arti di Brera. Anche dopo la morte di Maria Teresa d'Austria (1780) continuano i riconoscimenti per Parini: continua a fare l'insegnate e riceve anche un aumento di stipendio. Intanto scoppia la Rivoluzione in Francia e con l'occupazione francese di Milano del 1796, Parini viene chiamato a collaborare con la municipalità con Pietro Verri, ma presto Parini chiede di essere esonerato per motivi di salute, anche se in realtà non ha più fiducia della politica napoleonica. Si ritira a vita privata e nel 1799 rischia di essere coinvolto nell'epurazione con il ritorno degli Austriaci, poiché ha collaborato con il governo francese. Muore nel Palazzo di Brera nel 1799 a settant'anni e viene sepolto nel Cimitero di Porta Comasina, ma, a seguito della legislazione napoleonica, che prevedeva sepolcri uguali per tutti, la sua tomba non si distingue più dalle altre e si perdono le tracce dei suoi resti. PARINI E L'ILLUMINISMO Gli intellettuali milanesi della Seconda Metà del Settecento dibattono sulle diverse idee illuministe francesi e inglesi, quali il rifiuto della superstizione e dei pregiudizi, l'importanza dell'esperienza, l'uguaglianza tra gli uomini e il razionalismo per combattere i problemi della vita pratica e sociale. L'Accademia dei Pugni sostiene le idee illuministe grazie ai fratelli Verri e Beccaria. Infatti tra il 1764 e il 1766 i fratelli Verri fondano il "Caffè" per diffondere queste nuove idee ad un pubblico non solo specializzato, entrando in polemica con il classicismo e il purismo linguistico dell'Accademia della Crusca. Rispetto a questo gruppo, Parini mantiene una posizione appartata, poiché non vuole rinunciare ai modelli classici e ad un lessico più ricercato. Egli, infatti, rifiuta l'Illuminismo radicale, preferendo una riforma graduale della vita civile. Quindi, anche se apprezza le scoperte scientifiche e riconosce il benessere della società, Parini sostiene con forte convinzione il primato della poesia. Inoltre rifiuta le posizioni antireligiose di Voltaire ed esalta il cristianesimo; esalta l'agricoltura e ha fiducia in un rinnovamento del ceto aristocratico. Parini si tiene lontano dalla politica vera e propria, ma si concentra sull'educazione dei giovani, affermando l'utilità sociale della letteratura. Parini rifiuta, per quanto riguarda la lingua, il modello toscano e va alla ricerca di una lingua semplice e chiara, come sostiene in alcune lettere polemiche a due religiosi: Padre Alessandro Bandiera e Padre Paolo Onofrio Branda. Secondo Parini gli ornamenti sono inutili; inoltre difende il dialetto ed afferma che il milanese è dotato di una propria bellezza e può raggiungere risultati alti nella poesia. Questo dialetto è capace di esprimere con immediatezza la vita reale. Nel "Discorso sopra la poesia" (1761) Parini dichiara che si può liberare la poesia dai vincoli del passato grazie alla ragione. La poesia è un vantaggio per la società; la vera poesia può suscitare piacere ed è utile all'uomo, come sono utili le leggi e la politica. Nel "Discorso sopra la carità. Prolusione" (1762) Parini fa una nuova definizione della carità, identificata con "l'amore del vero, l'amore del bene e l'amore dell'utile". Il letterato non deve cedere alla moda del lusso, poiché è proprio il dotto che ha il compito di essere "la luce del genere umano". LE ODI Parini compone odi durante tutta la sua vita. Queste odi sono scritte soprattutto nello stile della canzonetta; si tratta di componimenti di stile elevato, ispirati ai modelli greci e latini. Ma Parini introduce una novità: i temi di attualità. Quindi, attraverso la poesia, Parini conduce una battaglia civile, denunciando i mali del suo tempo. Parini si preoccupa soprattutto di scrivere testi che possano essere di pubblica utilità; ogni ode è pubblicata singolarmente, di volta in volta. Ma le due pubblicazioni, che rappresentano una raccolta delle sue odi, del 1791 e del 1795 (seconda edizione) avvengono grazie ad un suo allievo. Queste due pubblicazioni ricevono l'approvazione del poeta. Nell'800, dopo la morte di Parini, si diffonde un'edizione non autorizzata dal poeta. Oggi noi studiamo l'edizione critica che comprende 25 odi, del filologo Isella del 1975, che si rifà alle raccolte iniziali delle Odi di Parini. ODI DELLA GIOVINEZZA Tra il 1758 e il 1766 Parini scrive sette odi, rifacendosi ai temi delle riunioni dell'Accademia dei Trasformati. Da queste odi traspare che Parini vuole collaborare alle riforme e al progresso della società, perché crede nella possibilità di cambiamento. Importante è il compito morale del poeta, che deve essere attento ai problemi contemporanei e deve essere libero dal servilismo e dall'interesse economico. Poi si parla dell'idea di felicità, ispirandosi al poeta latino Orazio. Felicità è seguire le proprie inclinazioni e dedicarsi con impegno alle occupazioni che la natura offre a ciascuno; ma la smania di successo e di guadagno porta ad essere infelici, poiché si è condizionati dall'arbitrio degli altri e si è soggetti ai capricci della sorte. A questo primo gruppo di odi appartengono: - La vita rustica (1758): invita all'imitare il desiderio di ricchezze, che porta solo ansie, e a à preferire la libertà individuale e la bellezza del paesaggio agreste; valorizza anche le nuove tecniche agronomiche, che rendono più fertili i terreni; - La salubrità dell'aria (1759): Parini si chiede quali conseguenze le nuove tecniche di coltivazione possano provocare sulla salute dei cittadini milanesi; - La Impostura (1761): Parini si rivolge all'impostura (cioè la falsità) come se fosse una dea da onorare, affermando di voler imitare i medici imbroglioni e i rimatori ipocriti. Improvvisamente capovolge la situazione e dice che è incapace di abbandonare la Verità, che è l'unica divinità da seguire; - La musica (1761-1764): denuncia l'evirazione dei fanciulli. Nel '700 si riteneva che i cantori castrati avevano un successo straordinario. Ma Parini è sdegnato contro le crudeltà che i genitori commettevano nei confronti dei figli pur di raggiungere il successo; - La educazione (1764): ode dedicata a Carlo Imbonati, suo allievo. Il poeta esorta il suo allievo a ricercare la giustizia, la verità e la pietà; - L'innesto dei vaiuolo (1765): Parini vuole superare le resistenze di alcune famiglie apprensive nei confronti della vaccinazione contro il vaiolo; così esorta il medico Gian Maria Bicetti De Buttinoni a continuare la sua campagna di vaccinazione; - Il bisogno (1766): Parini individua nel bisogno (cioè la necessità economica) il vero movente dei reati. Afferma che bisogna prevenire i crimini, offrendo ai deboli un aiuto. FASE INTERMEDIA Nel periodo degli incarichi ufficiali e didattici, Parini scrive altre Odi, più leggere e conviviali e d'occasione: Brindisi (1777), Le Nozze (1777) e La Laurea (1777). Quest'ultima ode ha una forma più ricercata ed è scritta per la laurea in legge di una giovane donna, a cui fa grandi complimenti per il difficile traguardo raggiunto; inoltre paragona il conseguimento di questa laurea alla vittoria degli atleti negli antichi giochi olimpici. ODI DELLA MATURITÀ Quest'ultimo gruppo di odi viene scritto tra il 1788 e il 1795. Esse contengono spunti autobiografici e riflessioni personali; rappresentano una specie di autoritratto del poeta: un poeta ormai anziano che ribadisce con forza i suoi valori: dignità, integrità e sobrietà dei costumi. Sono 14 poesie; tra queste Il Pericolo (1787), Il Dono (1790), A Silvia (1795) e Alla Musa (1795). Queste odi si distinguono per un gusto neoclassico e per forme e stili molto curati. IL LINGUAGGIO Parini sceglie un lessico ricercato e classicheggiante con riferimenti mitologici, pieno di latinismi ed espressioni auliche e rare. Inoltre usa molte figure retoriche, come metafore, perifrasi e metonimie e spezza i legami tra le parole e cambia l'ordine consueto, creando inversione e iperbati. Quindi è impegnativo leggere le Odi di Parini a causa di questo linguaggio elevato e raffinato. IL GIORNO È l'opera più importante di Parini, un poemetto satirico in endecasillabi sciolti che ritrae la vita quotidiana dell'aristocrazia milanese del Settecento, opera non conclusa. Quest'opera doveva avere tre parti, ma Parini ne scrive solo due: Il Mattino (pubblicato anonimo a Milano nel 1763) e Il Mezzogiorno (1765 sempre anonimo). Egli vorrebbe scrivere la terza parte, La Sera, che non verrà scritta. Parini più volte prende e lascia questo progetto a causa degli impegni pubblici e della sua attività di insegnante. Verso gli anni '90 del Settecento riprende a lavorare al poema, che indica con un nome complessivo: Il Giorno, che divide in quattro parti: Il Mattino, Il Meriggio, Il Vespro, La Notte. Questi testi vengono pubblicati dopo la morte dell'autore ed abbiamo più versioni di essi; soprattutto le edizioni ottocentesche hanno fatto delle modifiche e delle correzioni nelle varie parti, cosa che i filologi hanno più volte contestato, perché sono usciti fuori dei testi non corrispondenti alla volontà di Parini. Come mai Parini non ha concluso Il Giorno? Le cause principali ipotizzate sono due: 1. La continua volontà di correzione e di perfezionamento: Parini è convinto che la classe aristocratica, che lui critica nell'opera, ormai è totalmente decaduta a fine secolo e quindi è inutile infierire sui morti. 2. Una ragione storico-ideologica. Il Giorno nasce con un'idea precisa: criticare la nobiltà milanese, quindi la passività, il lusso eccessivo, l'inerzia e l'arroganza. Parini critica l'aristocrazia attraverso l'uso dell'ironia; egli finge di essere un precettore di un aristocratico, che istruisce e consiglia in ogni momento. Si tratta di un'opera antifrastica, quindi va preso il contrario di quello che l'autore dice. Il Giorno si rifà alla tradizione settecentesca dei poemetti didascalici, satirici e descrittivi, che rinnova con il tema dell'attualità, cioè la classe aristocratica. Si tratta di una satira sociale, che si rifà ai poemi epici classici e ad opere latine come Le Satire di Orazio e Le Georgiche di Virgilio e a poemi del Cinquecento che parlano di agricoltura, apicoltura ed allevamento. Il Giorno ha una struttura narrativa molto semplice, basata sulla successione cronologica delle azioni che compie un aristocratico dal mattino alla notte: il risveglio a tarda mattina, la colazione, gli incontri con i maestri di ballo, di musica e di francese, la vestizione, l'acconciatura, l'ornamento e il barbiere; poi l'uscita trionfale e l'incontro con la moglie di un altro, poi i preparativi per il pranzo con tanti commensali, il caffè, il gioco, la passeggiata in carrozza al tramonto, la visita ad un amico malato ed ad una dama e infine il ricevimento serale. Questa narrazione si svolge in una sola giornata, mentre la lentezza del succedersi degli eventi mette in luce quanto sia vuota la vita quotidiana degli aristocratici. Nella prima versione del Mattino (1763) Parini fa una dedica "alla Moda", che egli considera la vera dea del suo tempo. Il narratore è interno: è il precettore, che si rivolge direttamente al suo allievo per consigliarlo, lodarlo o dare suggerimenti. All'interno di questa narrazione ci possono essere alcune digressioni o favole eziologiche; ad esempio nel Mattino c'è la favola di Amore e Imene; nel Mezzogiorno c'è la Favola di Piacere e nella Notte c'è una favola che spiega la nascita del canapè (divano imbottito a più posti). LUOGHI E PERSONAGGI Nel Mattino e nel Mezzogiorno ci sono molte descrizioni di interni: la camera da letto, la sala da pranzo, il salotto... e anche alcune rappresentazioni di esterni nel Mezzogiorno, come le passeggiate in carrozza e la vita in società. I personaggi sono tutti anonimi senza individualità, come lo stesso signore aristocratico, che sembra un manichino inerte, incapace di prendere decisioni autonome; egli non fa altro che conformarsi alla moda ed ogni gesto che fa è sempre stato indicato prima dal suo precettore. IL METRO Parini dice di aver scelto l'endecasillabo sciolto per moda; egli rinuncia così alla rima. Sceglie un lessico classicheggiante e prezioso ed inserisce molte similitudini, perifrasi e personificazioni. L'originalità di Parini sta nell'uso che fa di un linguaggio ricercato per deridere l'ignoranza arrogante e l'inerzia dei nobili; egli fa, così, una critica pungente e astuta attraverso le figure retoriche, una sintassi artificiosa e un linguaggio aulico. I MODELLI OPPOSTI E L'IDEALE DI PARINI Parini mette in opposizione la vita vuota contemporanea degli aristocratici con quella dell'aristocrazia del passato. Nonostante questo egli ha fiducia in un cambiamento dell'aristocrazia; si tratta di una riforma dall'interno dell'aristocrazia stessa, perché Parini pensa che essa può ritornare ad avere un ruolo attivo e utile nel mondo civile. Ma questa fiducia svanisce con il passare degli anni. Oltre all'aristocrazia del passato, Parini prende un altro modello: i lavoratori manuali, agricoltori e artigiani, che descrive nel suo poema come figure indispensabili per la società. Infatti nel Giorno Parini contrappone la totale inutilità sociale di un aristocratico alla fisicità di contadini e fabbri. Da qui si capisce che Parini sostiene le teorie fisiocratiche del Settecento, sostenendo l'importanza dell'agricoltura per il mondo. Quindi egli elogia il lavoro e attraverso ciò denuncia il parassitismo dei nobili. Per esempio negli ultimi versi del Mezzogiorno il poeta sembra sottolineare la superiorità del signore, a cui tutti devono obbedire; infatti tutti lavorano per lui e lui ozia. Da questo Parini denuncia la sua assoluta inutilità come soggetto sociale. POLEMICA CONTRO IL CICIBEISMO Parini polemizza contro il cicibeismo, cioè una specie di adulterio tollerato. In pratica un nobile signore si offre come "cavalier servente" di una dama che non è sua moglie e intreccia con lei una relazione, ma il marito non interviene per impedire ciò. A sua volta, il marito è "cavalier servente" di un'altra donna e così via. Parini è religioso e quindi il tradimento non è accettabile, perché viola la sacralità del matrimonio; in più queste relazioni di pura apparenza, fatte solo di tradimenti, rivelano la totale mancanza di passione e riflettono un'umanità spenta e priva di vita. EGUALITARISMO ILLUMINISTA Nel suo poema Parini ci parla delle conversazioni del dopo pranzo fra gli aristocratici; essi parlano di libri alla moda o di filosofi francesi. Ovviamente questi commensali non parlano delle idee illuministe, ma sono interessati ai pettegolezzi. Il precettore esorta il suo allievo a fare come le api, che tra i fiori selezionano solo quelli che preferiscono; così come fanno le api, il Giovane Signore del pensiero illuminista deve scegliere gli aspetti che più gli piacciono; ad esempio deve disprezzare la religione perché è roba da plebe, oppure deve usare termini scientifici alla moda, o anche deve respingere tutte le idee di uguaglianza e solidarietà tra gli uomini. Verso la conclusione del Mezzogiorno del 1765 si afferma che con il calar della notte (ossia la morte) tutte le differenze si annullano e tutti diventano uguali. Questo è un richiamo al "Dialogo sopra la nobiltà".