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Giuseppe Fenoglio

12/9/2022

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Beppe Fenoglio
Tra Resistenza e Langhe
Cenni biografici
Dai ricordi di Chiodi:
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1922: nasce ad Alba, da famiglia modesta (il padre,
antif

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Beppe Fenoglio Tra Resistenza e Langhe Cenni biografici Dai ricordi di Chiodi: ● ● 1922: nasce ad Alba, da famiglia modesta (il padre, antifascista, è prima garzone e poi padrone di macelleria; è il primo di tre fratelli, due maschi ed una femmina) lo avevo ventitré anni quando giunsi ad Alba per insegnare filosofia e storia al liceo classico. Fenoglio ne aveva allora diciotto. Per il ventotto ottobre era obbligatorio svolgere un tema ministeriale di elogio della marcia su Roma. Nell'ora precedente alla mia, il professore di italiano aveva dettato il solito insulso tema. Quando io entrai in classe notai subito uno studente nel primo banco con le braccia incrociate che guardava annoiato il foglio bianco. era Beppe Fenoglio. Lo invitai a scrivere, ma scuoteva la testa. Preoccupato per le conseguenze, feci chiamare il professore di Italiano: Era Leonardo Cocito. Parlottarono da complici. Ma non ci fu verso. La pagina rimase bianca (Chiodi, Fenoglio inedito, 1968) ● Frequenta il liceo classico Govone: nasce qui la sua passione per la letteratura inglese, di cui farà molte traduzioni; ha come professori Don Bussi (rettore del seminario), Cocito (italiano), Chiodi (storia e filosofia). Da questi ultimi due trarrà molto del proprio antifascismo (entrambi partigiani, Cocito morirà impiccato dai tedeschi, Chiodi diverrà partigiano dopo essere tornato dalla deportazione in Germania) O O si iscrive alla facoltà di Lettere, ma con scarso...

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Didascalia alternativa:

successo, e non la terminerà mai 1943: è soldato a Roma. Con l'armistizio dell'8 settembre torna a casa. Insieme al fratello partecipa ad un assalto alla caserma dei carabinieri per liberare i padri dei giovani che non vogliono arruolarsi con i fascisti, per questo il padre viene arrestato. Da gennaio 1944 diventa partigiano sulle Langhe. Quando in seguito Fenoglio e il fratello, entrambi disertori, si nascondono a casa e vengono scoperti, viene arrestata tutta la famiglia. Uscito, Beppe torna da partigiano in collina. Partecipa alla liberazione di Alba, tenuta dai partigiani dal 10 ottobre al 2 novembre 1944 in seguito ad un allontanamento volontario dei fascisti che si sentivano pressati dalla Resistenza langarola, ma che, riorganizzatisi, rioccuparono con una battaglia Alba dopo una ventina di giorni (i ventitrè giorni della città di Alba rievocati in un racconto dell'omonima raccolta). 1946: finita la guerra, vota il 2 giugno per la monarchia. Anni Cinquanta: O passa il tempo a scrivere, litigando continuamente con la madre perché non finisce gli studi e per il vizio del fumo. A lei che gli rimprovera, nonostante tutti i loro sforzi, di non mirare ad una laurea come il fratello, avrebbe risposto: "La mia laurea me la porteranno a casa, sarà il mio primo libro pubblicato". La laurea honoris causa in lettere gli è stata assegnata nel 2005. O Ai litigi con la madre si ispira il confronto di Ettore con la madre agli inizi del racconto "Ettore va al lavoro" (della raccolta "I ventitre giorni della città di Alba"): O 0000 O Ettore finì di fumare e gettò il mozzicone mirando il mucchietto di segatura in terra vicino alla stufa. Ma cadde prima, accanto ad un piede della madre [...] La donna fissò il figlio tendendo la pelle della fronte, poi abbassò gli occhi e calcò il piede sul mozzicone: - Spento- disse, e poi- Ti fa male fumare tanto. Ettore urlò: - Sei una giudea! Non è alla mia salute che pensi, è ai tuoi soldi. lo posso diventare tisico per il fumare e a te non te ne fa niente, ma sono i soldi che costano le sigarette...Sei una giudea! Lei chinò la testa e non disse più niente, solo sospirò in un modo che le portò avanti tutto il petto pubblica la raccolta / ventitré giorni della città di Alba o pubblica "La malora" (accolta da critica non favorevole, perché vista come troppo provinciale) con una pleurite iniziano i primi segni dei problemi ai polmoni Anche i personaggi di Fenoglio spesso fumano senza sosta e ne subiscono le conseguenze, come Milton in "Una questione privata": viene assunto in una ditta vinicola, prima come impiegato e poi come responsabile comincia a pubblicare racconti; diventerà amico di Calvino ● Poi sentì montargli in gola un grosso nodo di tosse e allora cacciò la testa nella curva del braccio, con la bocca quasi aderente al fango, per tossire il più sommessamente possibile. Tossì a scoppi, a schianti, con stelle e lampi rossi e gialli nel cielo nero degli occhi serrati, sussultando sul terreno come un serpe trafitto Anni Sessanta: o si sposa in comune O nasce la figlia Margherita (per la quale scrive anche "La favola delle due galline"). O I problemi ai polmoni peggiorano, finché gli viene diagnosticato un cancro. BEPPE FENOLIO PARTIGIANO ESTION 1922 193 1963: l'anno dopo muore all'ospedale di Torino, il 18 febbraio; nello stesso anno esce postumo Una questione privata Egli aveva detto di volere scritto sulla sua tomba di essere stato partigiano e scrittore, anche se pensava di avere fatto meglio quello di questo. 1968: viene pubblicato II partigiano Johnny Opere due temi narrativi Resistenza Langhe "Il partigiano Johnny", "Una questione privata" alcuni racconti de "I 23 giorni della città di Alba" "La malora", alcuni racconti de "I 23 giorni della città di Alba" la Resistenza non è celebrata né idealizzata, vissuta con individualismo romantico (alla Robin Hood); con ovvie proiezioni autobiografiche "Una questione privata" mondo di miseria da affrontare con dignità Stile più concreto, più dialettale per realtà dura da punto di vista di umili Stile più poetico e elevato (in particolare esperimento linguistico dell'inglese ne "Il partigiano Johnny") per alter ego colti di Fenoglio (es.da "Una questione privata": C'era invece molta nebbia, intasava i valloni e si stendeva in lenzuola oscillanti sui fianchi marci delle colline) (es. da "La malora": Mi stampai nella testa i campanili e le torri e lo spesso delle case, e poi il ponte e il fiume, la più gran acqua che io abbia mai vista, ma così distante nella piana che potevo soltanto immaginarmi il rumore delle sue correnti; quel fiume Tanaro dove, a sentir contare, tanti della nostra razza langhetta si sono gettati a finirla) Milton è un giovane partigiano che, tornato nei pressi della villa di Fulvia, ragazza torinese sfollata ad Alba durante la guerra, ricorda l'amore che aveva sentito germogliare, tra letture e musica, in quella casa che ora è abbandonata. Appreso dalla custode che la giovane era solita incontrare Giorgio, loro comune amico, Milton sprofonda nell'angoscia, per l'amore di Fulvia, per l'amicizia di Giorgio, che forse l'hanno tradito, e sente il bisogno ossessivo di conoscere la verità. E' così che, tra la nebbia della Langhe, tra il fango, Milton inizia la propria ricerca disperata della verità, ma scopre che Giorgio è stato catturato dai fascisti ad Alba; organizza allora uno scambio facendo prigioniero un sergente fascista, che poi però uccide in un momento di confusione. Determinato, ossessionato dal bisogno d'amore, turbato dallo spettro del tradimento, Milton non si rassegna e ritorna alla villa; s'imbatte invece in una colonna fascista che lo costringe ad una fuga disperata, in lotta con la natura e per la sopravvivenza, fino a crollare, in un finale aperto: Come entrò sotto gli alberi, questi parvero serrare e far muro e a un metro da quel muro crollò Morto? Ferito? Solo sfiancato dalla fatica? Non importa, perché la questione privata che dà il titolo al racconto è conclusa: Milton ha compreso che la verità è quella che ha sempre saputo e ora null'altro conta, per lui, quindi nemmeno per il lettore. https://www.youtube.com/watch?v=mm-02d8RKfU https://www.cameralook.it/web/amore-e-guerra-in-una-questione-privata-da-fenoglio-ai-fratelli- taviani/ Si tratta di un romanzo circolare perché inizia e termina alla villa di Fulvia, che però cambia in pochi giorni agli occhi di Milton (dai "muri candidi, senza macchie" a "grigiastri, i tetti ammuffiti") perché rappresentava l'idealizzazione di Fulvia e di un presunto amore probabilmente mai esistito, illusione morta con la presa di coscienza di Milton del "tradimento" di Fulvia e Giorgio. Tra le due soste alla villa, infatti, c'è la ricerca affannosa e vana di Milton della verità, un inseguimento di Giorgio che è in realtà inseguimento di Fulvia, del suo ricordo. In questo si vede la ripresa dell'Orlando furioso; infatti, Calvino, che tanto amò il poema ariostesco, definì il libro di Fenoglio un "romanzo di follia amorosa e cavallereschi inseguimenti", entro un percorso labirintico-simbolo della vita per Ariosto, per cui ognuno di noi vaga alla ricerca di qualcosa che non riesce a raggiungere- che sono i boschi delle Langhe avvicinabili alla selva del I canto del poema cinquecentesco. La follia è infatti l'altro elemento che accomuna Orlando e Milton, follia intesa non necessariamente come il furore pazzo in cui Orlando cade quando scopre dell'amore di Angelica e Medoro (tra l'altro confermato dal pastore presso cui i due innamorati avevano soggiornato, che può avere la stessa funzione della custode della villa di Fulvia), ma come l'amore in sé inteso come pazzia perché illude e procura un continuo autoinganno che fa perdere contatto con la realtà: Ma Milton non dormiva. Ripensava alla custode della villa di Fulvia e si sentiva disintegrare il cervello. -Ma io non ho sbagliato tutto? Non ho esagerato? Ho capito bene, interpretato bene? Ho il cervello disintegrato, ma bisogna che mi riconcentri. Che ha detto la custode? Ha proprio detto quelle parole riguardo a Fulvia e a Giorgio? Non me le sarò per caso sognate. Ma sì, le ha dette... - La follia/illusione amorosa allontana dalla "retta via", nel caso di Orlando e Milton l'impegno bellico. Ma se Orlando tornerà alla fine a combattere per Carlo Magno, rinsavito grazie al senno che Astolfo ha recuperato sulla luna, Milton "crolla" senza essere tornato alla lotta per la libertà, divenuto consapevole di avere sempre conosciuto la verità, cioè che Fulvia non l'abbia mai amato: - Ma che ci vado a fare? Stanotte ero pazzo, certo deliravo per la febbre. Non c'è nulla da chiarire, da approfondire, da salvare. Non ci sono dubbi. Le parole della donna, una per una, e il loro senso, il loro unico senso- Un altro elemento che accomuna i due testi è la presenza del locus amoenus, il luogo idealizzato che riflette l'idealizzazione della donna amata, che tanto perfetta di per sé non è, in quanto sia Fulvia che Angelica (il cui nome è una chiara ripresa ironica della donna angelo stilnovistica) sono capricciose e opportuniste. Se per Orlando il locus amoenus era il boschetto che scopre essere stato teatro dell'amore tra Angelica e Medoro, per Milton lo è la villa di Fulvia, quel luogo all'inizio perfetto, quasi un Paradiso Terrestre, un Eden in cui si era illuso di poter essere amato da Fulvia e da cui poi la guerra e la dura realtà l'hanno cacciato. Un modo ideale, dove poter scordare la dura realtà. Ma dove precisamente abitava a Torino? Non l'avrebbe chiesto né a lei né a Giorgio, il quale certamente sapeva l'indirizzo. Voleva ignorar tutto di Torino, riguardo a Fulvia. La loro storia si faceva unicamente nella villa sulla collina di Alba. Significativo in tal senso è che il nome di Milton richiami l'autore del Settecento inglese, John Milton, autore del poema intitolato proprio "Il paradiso perduto" (il che si ricollega anche all'amore che il protagonista del libro e Fenoglio condividono per la letteratura inglese). Interessante è il capitolo che apparirebbe quasi una digressione, una parentesi, sulla morte di due ragazzini partigiani, Riccio e Bellini, prigionieri dei fascisti e uccisi come rappresaglia per la morte del prigioniero eliminato da Milton. Il vero responsabile della loro esecuzione è alla fine Milton stesso (tra l'altro solo per risolvere la propria questione privata); in questo modo Fenoglio vuole dirci che la guerra civile italiana non ha innocenti e colpevoli, ma tutti sono responsabili del sangue versato, indipendentemente dalla nobiltà delle intenzioni. Inoltre, i partigiani descritti da Fenoglio sono un'umanità variegata, tra cui ci furono anche coloro che approfittarono della propria condizione o comunque esseri umani ben lontani dall'essere perfetti. Ne offre un esempio l'inizio del racconto "I ventitré giorni della città di Alba", dove l'ingresso trionfale dei partigiani nella città liberata dai fascisti ha ben poco di epico ed eroico, ma molto di umano ed ironico, tra vanità e molta incompetenza. Leggi le prime tre pagine del racconto, fino a "comunque deliberarono fino a notte". http://www.liceoxxvaprile.it/wp-content/uploads/2013/09/1-23-giorni-della-citta%CC%80-di- Alba.pdf Ciò non significa che Fenoglio giudichi negativamente tutta la Resistenza, e non rinnegò certo il proprio passato, ma presenta una dimensione UMANA ed ANTIEROICA del mondo partigiano. In ciò si vede una differenza con Calvino, che invece ne "Il sentiero dei nidi di ragno" faceva dire al capo del gruppo partigiano a cui si aggrega Pin, il bambino protagonista, che l'obiettivo ultimo dei partigiani, cioè un mondo migliore, giustificava le morti di cui essi erano responsabili: C'è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro [i fascisti] dall'altra. Da noi niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m'intendi? uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un'umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. LUOGHI FENOGLIANI Cascina del Pavaglione "La malora" Dietro un racconto che venne giudicato provinciale, si nasconde la drammaticità di un'esistenza votata alla sfortuna, alla disgrazia (in piemontese "malora") che accomuna, però, tanti umili della terra. ● Avvicinabili a questo racconto ce ne sono altri che descrivono la dura condizione delle Langhe tra guerra e primo dopoguerra. A tale proposito ricordiamo "Il gorgo". http://1911dc.blogspot.com/2010/01/il-gorgo-beppe-fenoglio.html ● Il protagonista de "La malora" è Agostino Braida, che ricorda i momenti più tragici della sua vita. La narrazione si apre con l'immagine del cimitero di San Benedetto Belbo, dove è sepolto il padre del ragazzo, e si dilata, nella memoria, agli avvenimenti che precedono e seguono il lutto. La famiglia Braida vive nell'alta Langa, una zona collinare povera di vegetazione e di acqua: la terra non è fertile ed il cibo è scarso. Quando la famiglia si impoverisce perché il padre si è indebitato per passare ad un'attività commerciale, Agostino abbandona la casa per andare a lavorare, come servitore, al Pavaglione, presso Tobia Rabino, mezzadro di un ricco farmacista di Alba, mentre il fratello Emilio è costretto ad entrare in seminario, dove Agostino lo rivedrà depresso, affamato ed ammalato di tisi. Fenoglio descrive un mondo di sfruttati, braccianti e affittavoli, abbrutiti dal lavoro ed accomunati dalla lotta per la sopravvivenza; difatti, anche i figli di Tobia non sfuggono alla dura realtà quotidiana della fatica perché il padre è interessato solo a comprare della terra.. Solo raramente, nel romanzo, si apre per i personaggi la possibilità di intravedere nella vita una speranza o una corrispondenza di affetti. ● Quando Agostino incontra Fede, la ragazza assunta come "serventa" per aiutare la padrona malata, la sua monotona esistenza si anima di attese, di sguardi e di momenti intensi, di emozioni quasi irreali, ma, proprio quando Agostino comincia ad immaginare una vita diversa per entrambi, la ragazza è costretta dai parenti ad un matrimonio d'interesse. Dopo la partenza di Fede, la vita al Pavaglione diviene insopportabile per Agostino; alla fine, però, la fortuna sembra, per una volta, volerlo aiutare: egli può tornare a casa, perché il fratello maggiore, Stefano, è assunto dagli zii come primo garzone.