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29/11/2022
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Giovanni Pascoli: Giovanni Pascoli nasce a San Mauro il 31 dicembre 1855 in una famiglia benestante. Quarto di dieci figli, resta orfano di padre a soli dodici anni, quando l'uomo viene assassinato con una fucilata mentre tornava a casa (evento centrale nella poesia X agosto); i responsabili del delitto rimangono ignoti. Alla perdita del padre segue quella di quattro fratelli e della madre, per un attacco cardiaco. Questi lutti segnano enormemente il poeta, che stringe un legame sempre più stretto con le sorelle Ida e Maria. la poetica del Fanciullino: Nel poeta vive un fanciullino, una creatura ancora pura, sensibile, vitale, non incatenata dai meccanismi della razionalità. Per questa sua naturalezza nell'essere, il fanciullino entra in contatto col mondo attraverso l'immaginazione, l'intuizione, e può dunque conoscere il mondo che lo circonda in modo autentico, genuino. È dai sogni, dalle esperienze e dalla voce del fanciullino che è dentro il poeta che nasce la poesia, la quale si esprime con un linguaggio tutto suo, che trasmette emozioni universali, simboli e immagini potenti. Lo scopo della poesia non è quello educativo o divulgativo; la poesia mette in comunione, in comunicazione, gli esseri umani, che si parlano e si riconoscono tramite la voce interiore del fanciullino. Ecco che il poeta, tramite la poesia, risveglia il fanciullino negli uomini. X agosto: Il 10...
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agosto del 1867, il padre Ruggero Pascoli veniva assassinato da due sicari appostati sul luogo dove stava passando con il suo carretto, sulla via del ritorno a casa. Le motivazioni che spinsero i due a sparare sono rimaste ignote: probabilmente si trattò di un attacco di brigantaggio ai danni dell'uomo. le figure retoriche: Il testo è ricco di metafore."gran pianto" (v. 3), usata per indicare il fenomeno atmosferico delle stelle cadenti, "concavo cielo" (v. 4), che fa riferimento all'orizzonte del cielo notturno, o ancora "cielo lontano" (v. 10), impiegata per mettere in luce indifferenza di Dio nei riguardi della sofferenza degli esseri sulla terra. Ancora, tra le più significative del componimento, segnaliamo "quest'atomo opaco del Male", riferito alla Terra, (v. 24) e "anche un uomo tornava al suo nido" (v. 13), con cui, estendendo il nido anche come metafora della casa, Pascoli porta al culmine il parallelismo tra la rondine e il padre. Il nido, tra l'altro, è un elemento fondamentale della poetica pascoliana: visto come rifugio caldo e accogliente, fatto di legami di sangue strettissimi, contro un mondo esterno di incomprensione, dolore e solitudine. Parallelismi e similitudini: il poema si regge sul parallelismo tra la rondine e il padre di Pascoli, entrambi uccisi sulla via del rientro a casa, entrambi recanti in dono qualcosa per i propri piccoli, ed entrambi rimasti a tendere il dono, sdraiati a terra, verso un cielo indifferente. Non solo: la rondine morta è stesa sul suolo "come in croce" (v. 9). Si crea così una similitudine tra la rondine e Gesù Cristo, anch'egli innocente e ucciso e, per proprietà transitiva, trao Gesù Cristo e Ruggero Pascoli. Questo espediente serve al poeta per mostrare l'assoluta innocenza del padre: il caso non sarà mai risolto e Pascoli non avrà mai una spiegazione sul motivo che spinse i due uomini appostati a uccidere il padre. Arano: Il componimento, costruito con immagini fortemente evocative e raffinatezza pittorica, presenta un quadro di idillica vita campestre, tratteggiato con i colori malinconici dell'autunno (la vite al v. 1 infatti già sta diventando rossa), e in cui il lavoro dei contadini, descritto nella seconda terzina, si caratterizza per la placida armonia con il ritmo della Natura -fonosimbolismo -realtà percepita ad impressioni: colori e suoni L'assinolo Questa poesia, pubblicata per la prima volta nel 1897, fa parte di Myricae. Un paesaggio notturno, fremiti misteriosi di piante e animali, un lieve chiarore lunare, fanno da cornice al richiamo lugubre e lamentoso dell'assiuolo che costituisce il motivo conduttore della poesia. Il canto lamentoso dell'uccello notturno, il cui verso chiude ogni strofa, suscita inquetudine, evoca dolori lontani, racchiude in sé il mistero della morte. Attraverso il paesaggio notturno e le immagini della natura il poeta esprime la propria realta interiore, da forma alla proria visione della vita come doloroso procedere verso la morte. Pascoli si interroga quindi sul mistero che incombe sul nostro universo e sul destino dell'uomo, votato alla morte senza rimedio. La figura retorica più caratterizzante di questo componimento è l'onomatopea, utilizzata dal poeta per rendere il verso dell'assiuolo, chiù, che chiude ogni strofe con un sinistro presagio di sventura. Questo è un tratto caratteristico del fonosimbolismo pascoliano, ovvero della sensibilità del poeta per quegli elementi della natura che combinano al tempo stesso fascino e paura. Novembre: è una delle poesie che compongono la raccolta Myricae di Giovanni Pascoli sin dall'edizione del 1891. È un testo assai rappresentativo della poetica di Pascoli, in cui si concentrano la sensibilità pascoliana nella descrizione del mondo naturale, la presenza sotterranea del dolore della vita, la ricerca stilistica, soprattutto sul piano fonosimbolico. In Novembre il poeta descrive quanto sia precaria la felicità a cui l'essere umano può aspirare ricorrendo ad un paragone con il mondo naturale, che, nell'ultima strofa del testo, dimostra la propria illusorietà. Pascoli descrive infatti, nella prima strofa, una primavera attraverso una serie di immagini solari e caratterizzate positivamente. La prima strofa si chiude tuttavia con una nota cupa, segnata da una sensazione olfattiva: si sente nel cuore "l'odorino amaro" (v. 3) di un prunalbo. Nella seconda strofa si infittiscono i segnali negativi: il mondo, prima apparentemente aperto a nuova vita, è attraversato da segnali di morte ("secco il pruno", "stecchite le piante”, v. 5; “nere trame”, v. 6; “vuoto il cielo", v. 7), che il poeta coglie soprattutto con lo sguardo. Questi amari indizi vengono confermati dalla terza strofa, in cui predominano le sensazioni uditive: regna il "silenzio" (v. 9), mentre le "ventate" portano solo il rumore di "foglie" (v. 11) morte che cadono. Il ritorono alla vita, tanto atteso e sperato, si rivela essere quello dell'estate "dei morti" (v. 12). Pascoli concentra così in questa poesia alcune tematiche ricorrenti della sua produzione poetica: il fascino ambiguo del paesaggio naturale, l'ossessiva presenza del tema della morte connessa alla violazione del nido, il tentativo assillante di ricostruire una realtà familiare protetta, al riparo dalle mille insidie percepite nel mondo esterno. figure retoriche, tipiche della poesia di Pascoli, come l'ossimoro de "l'estate | fredda" (vv. 11-12) e la metonimia di "cader fragile" (v. 11) Temporale: è uno dei componimenti più tipici ed esemplari della poesia di Giovanni Pascoli. In questo testo viene descritto in pochi versi e attraverso rapide impressioni acustiche e visive l'inizio di un temporale. La poesia fu inserita per la prima volta nella terza edizione di Myricae, risalente al 1893. La presenza di moltissime Figure retoriche, che contribuiscono a creare il senso e a evocare un'atmosfera cupa e di mistero, quali: Bubbolio" (v.1): onomatopea. La parola riproduce il suono così come esso si sente, è come se il poeta dipingesse una sensazione uditiva; questo contribuisce a calare il lettore nell'atmosfera che si vuole creare; la cura al registro dei suoni è evidente anche attraverso l'allitterazione della lettera "o", che ricorre in tutta la poesia e contribuisce alla creazione di un'atmosfera cupa. "Come affocato" (v.3): similitudine. Si ha una similitudine ogni volta che due termini sono accostati attraverso espressioni che indicano un paragone ("come", "simile a", "sembra", "più che"). "Nero di pece" (v.4), "stracci di nubi chiare" (v.5): metafora. La metafora consiste nel sostituire una parola con un'altra parola appartenente a un campo semantico diverso, ma che è sentita come simile grazie ad alcune qualità condivise. In questo caso si usa “stracci” per indicare che le nubi sono stralciate in tanti piccoli pezzi, come fossero degli stracci bianchi nel cielo, mentre la "pece" viene presa per il suo colore scuro. l'importanza della natura nell'opera di Pascoli. Il mondo della natura è presente nella poesia di Pascoli in due forme: in modo assoluto, svincolato da tutto il resto (eventi atmosferici, paesaggi, animali); in rapporto con l'uomo e quindi nella descrizione del mondo contadino e rurale. L'uomo in Temporale diventa una parte del paesaggio naturale, all'interno del quale le sue azioni assumono un senso nuovo. Il modo in cui Pascoli rappresenta la natura e il mondo contadino risponde alla poetica del fanciullino, che intende vedere le cose come per la prima volta, con stupore e meraviglia, al fine di scoprire in esse significati nuovi e ricostruire i simboli e la rete di corrispondenze presenti nella natura. I simboli: Il casolare su cui incombe il temporale rimanda a uno dei miti fondanti della poesia di Pascoli, il nido, la sua famiglia, su cui si è abbattuto il male del mondo, che qui è rappresentato dal temporale che sta per scatenarsi. L'ala rimanda a un'idea di protezione e non a caso è accostata per mezzo dell'analogia al casolare. Il riferimento è di nuovo al nido familiare; la coincidenza simbolica tra il casolare e l'ala rafforza la funzione della figura retorica dell'analogia e ci mostra come essa contribuisca a creare il senso generale della poesia. L'altro simbolo che evoca l'ala è quello del volo come liberazione dalle sofferenze della vita. Anche i colori hanno in questa poesia una valenza simbolica: il rosso e il nero evocano male e l'angoscia, mentre il bianco indica una speranza e si lega, attraverso il riferimento all'ala, al volo. Il Campo: Si tratta di una lirica connotata dalle sensazioni visive, in cui la caduta di un lampo, che illumina il panorama circostante squassato dalla pioggia, diventa il pretesto per rievocare le sensazioni suscitate in Pascoli dalla notizia della morte del padre. Notizia che si è abbattuta con la potenza del fulmine e la cupezza del temporale sulla casa dell'autore, turbandone irrimediabilmente gli equilibri e tranquillità. Questo intento simbolico appare esplicito soprattutto negli ultimi versi del componimento, dove un occhio si apre per l'ultima volta, stupito, sgomento, davanti alla consapevolezza dell'abisso. Ma sono tutti i dettagli visivi della lirica a richiamare il dolore del poeta: la terra agonizza sotto i colpi della pioggia, i movimenti delle zolle ricordano infatti piccoli e continui sussulti, e il cielo, squarciato da fulmini e coperto di nuvole, si mostra intento a combattere una battaglia che è destinato a perdere. Anche il climax ascendente con cui sono inseriti gli aggettivi riferiti a questi due elementi contribuisce a sottolineare una crescita esponenziale di sofferenza e inquietudine. L'unico dato rassicurante è rappresentato dalla "casa", bianchissima e in radicale contrapposizione rispetto al nero della notte, e che funge da richiamo alla tematica pascoliana del "nido": Ma quest'impressione di tranquillità si rivela precaria, destinata com'è a essere inghiottita dalla notte. La morte del padre viene così rappresentata nei termini di un'intrusione violenta e terribile del mondo esterno all'interno della dimensione familiare, violata definitivamente. Il lampo rappresentaallora l'evento che porta la luce su una realtà negativa: da un lato, esso permette di prenderne coscienza del male del mondo ma dall'altro determina un decisivo sovvertimento della calma e sicura consuetudine affettiva. Il tuono: è strettamente legato alle liriche Temporale e Il lampo. Le tre poesie presentano, oltre all'evidente legame tematico e cronologico, la stessa forma metrica (ballata) e un identico schema rimico. Notiamo inoltre che il primo verso, separato tipograficamente, costituisce la ripresa de Il lampo, che inizia con il verso dall'analogo ritmo "E cielo e terra si mostrò qual era". Ovviamente l'autore voleva destare nel lettore la sensazione mimetica della sequenza lampo-tuono. Tuttavia, a differenza delle altre due poesie citate, nelle quali si trova un accumulo di riferimenti visivi, qui si insiste fortemente sui richiami uditivi. il poeta vuole descrivere in forma sonora lo scatenarsi dello spaventoso fenomeno atmosferico che rompe la misteriosa quiete notturna. Nel finale compare il tema pascoliano per eccellenza, l'immagine del nido distrutto da un evento improvviso e immotivato. La madre che consola il piccolo, il padre assente, sono figure costanti della lirica pascoliana. descrizione di una natura spaventosa e onnipotente è vicina alla poetica leopardiana, di cui Pascoli fu ammiratore, ma anche critico Il gelsomino notturno: è una poesia scritta da Giovanni Pascoli nel 1903 in occasione delle nozze di un amico, Gabriele Brignati. Il componimento contiene delle immagini allusive alla sessualità, ambito della vita che il poeta non ha mai vissuto. In questa poesia emerge uno dei temi cardine di Pascoli: il confronto tra la natura che lo circonda e ciò che prova, la sensibilità acuta e l'inquietudine esistenziale che traspaiono dalle sue poesie. Già a partire dal titolo, questa poesia fa degli evidenti ma delicati riferimenti all'erotismo. Il poeta contempla la casa in cui l'amico si appresta a consumare la prima notte di nozze, introducendo una tematica sessuale in modo tale che risulti evidente quanto il poeta si senta estraneo ed escluso da questo tipo di piacere. Il tema sessuale viene sviluppato grazie a una serie di immagini liberamente riprese dalla natura che in quel momento circonda il poeta. Così Pascoli fa riferimento ai fiori notturni, i gelsomini, che hanno la precisa peculiarità di aprirsi al calare della notte per poi richiudersi con l'arrivo del sole. La seconda e terza strofa esprimono la tranquillità del momento in cui la giornata volge al termine e la sera sta arrivando, spezzata però dall'arrivo di qualcosa di misterioso che si sente nell'aria, come l'odore di fragole rosse. Questa è la sinestesia che Pascoli utilizza per alludere all'atto sessuale che il suo amico sta per compiere e che a lui, invece, è precluso e sconosciuto. In questo frangente Pascoli si sente come l'ape tardiva che, quando arriva, trova tutto l'alveare occupato. A questo punto lo sguardo del poeta osserva tristemente le luci nella casa che si accendono e si spengono nelle varie stanze, fino ad arrivare in camera da letto, dove la luce del lume che lascia definitivamente spazio al buio della notte: la prima notte di nozze sta per essere consumata dagli sposi. Nell'ultima strofa la notte è passata, e la felicità nuova data dal matrimonio consumato - così come lo sono i petali del gelsomino - è giunta. Negli ultimi versi, Pascoli contrappone la vita ala morte “urna (fa riferimento sia alla morte che ad una futura gravidanza) molle e segreta"