Giovanni Pascoli è uno dei più importanti poeti italiani tra Ottocento e Novecento, la cui opera si colloca tra positivismo e decadentismo.
La vita di Pascoli è segnata da eventi tragici che influenzarono profondamente la sua poetica. Nato a San Mauro di Romagna nel 1855, perde il padre assassinato quando ha solo 12 anni. Questo trauma, seguito dalla morte della madre e di altri familiari, lo segna profondamente. Non si sposò mai e visse con le sorelle Ida e Maria, ricreando il "nido" familiare perduto. La sua esistenza fu dedicata all'insegnamento e alla poesia, fino alla morte avvenuta a Bologna nel 1912.
Le opere principali di Pascoli includono "Myricae" (1891), la sua prima e più celebre raccolta poetica, che prende il nome dalle tamerici, umili arbusti che simboleggiano la semplicità della sua poesia. Altre opere fondamentali sono "Canti di Castelvecchio", "Poemetti" e "Poemi conviviali". La sua poetica è caratterizzata dal "fanciullino", teoria secondo cui il poeta conserva dentro di sé lo sguardo puro e meravigliato del bambino. I temi ricorrenti sono la natura, osservata nei suoi aspetti più minuti, il dolore per i lutti familiari, il mistero dell'esistenza e la dimensione del ricordo. Il suo stile è innovativo, caratterizzato da onomatopee, fonosimbolismo e un uso sapiente del linguaggio che mescola termini aulici e popolari. Pascoli rappresenta un ponte tra la tradizione ottocentesca e le avanguardie del Novecento, influenzando profondamente la poesia italiana successiva.
La sua produzione poetica si distingue per l'attenzione ai dettagli della natura, l'uso di un linguaggio che mescola elementi colti e popolari, e una profonda sensibilità nel cogliere gli aspetti più nascosti della realtà. Le sue opere continuano a essere studiate e apprezzate per la loro capacità di esprimere sentimenti universali attraverso immagini semplici ma cariche di significato simbolico.