Giovanni Pascoli è uno dei più importanti poeti italiani tra Ottocento e Novecento, noto per la sua poetica del "fanciullino" e per le sue opere innovative.
La vita di Giovanni Pascoli fu segnata da eventi tragici, in particolare l'assassinio del padre quando aveva solo dodici anni. Nato a San Mauro di Romagna nel 1855, visse gran parte della sua vita con le sorelle Ida e Maria, quest'ultima rimase con lui fino alla morte. Non si sposò mai, quindi non ebbe una moglie né figli. La sua carriera accademica lo portò a insegnare in diverse università italiane, culminando con la cattedra di letteratura italiana all'Università di Bologna, dove succedette a Carducci.
Tra le principali opere di Pascoli troviamo le raccolte poetiche "Myricae", "Canti di Castelvecchio" e "Poemetti", che rappresentano perfettamente il suo stile caratteristico. Il suo pensiero e poetica si basano sulla teoria del "fanciullino", secondo cui in ogni persona adulta sopravvive un bambino capace di vedere il mondo con meraviglia e stupore. Questa visione influenzò profondamente la sua produzione letteraria, caratterizzata da un linguaggio innovativo che mescola onomatopee, termini dialettali e precisi riferimenti alla natura. La sua poesia si distingue per l'attenzione ai dettagli del mondo naturale, l'uso di simbolismi e la capacità di trasformare elementi quotidiani in visioni cariche di significato esistenziale. La morte lo colse nel 1912 a Bologna, lasciando un'eredità letteraria che influenzò profondamente la poesia italiana del Novecento.
Il suo contributo alla letteratura italiana è fondamentale per la transizione tra la tradizione classica e le nuove forme poetiche del XX secolo. La sua poetica, che unisce elementi simbolisti a una profonda sensibilità per la natura e i ricordi dell'infanzia, ha creato un modello unico di espressione poetica che continua a influenzare la letteratura contemporanea.