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Giacomo Leopardi

30/9/2022

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VITA: GIACOMO LEOPARDI
Giacomo Leopardi nacque nel 1798 a Recanati, un borgo nelle
Marche, Recanati attuale mente in provincia di Macerata.

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VITA: GIACOMO LEOPARDI Giacomo Leopardi nacque nel 1798 a Recanati, un borgo nelle Marche, Recanati attuale mente in provincia di Macerata. In quel momento Recanati faceva parte dello Stato pontificio, luogo culturalmente isolato e restio alle novità. Nasce in un periodo di soffocamento, la sua famiglia restava in casa per paura di perdere tutto ciò che possedevano sia livello sociale che economico Giacomo fu il primo genito di una nobile casata, figlio del conte Monaldo e di Adelaide Antici. I fratelli sono complessivamente 10, ma solo alcuni superarono l'infanzia tra cui Carlo e Paolina. La madre austera e 7112 rigorosamente religiosa, è una donna poco incline alle manifestazioni d'affetto, ha un pessimo rapporto con Giacomo poiché ha difficoltà a dimostrare affetto sin da subito. Il padre è un bibliofilo, infaticabile intellettuale conservatore, difensore accanito della politica ecclesiastica; genitore affettuoso quanto possessivo, esercita da subito un'influenza fondamentale nel favorire l'inclinazione del figlio alle lettere: possiede infatti una notevole biblioteca ricca di opere classiche filosofiche e teologiche. A 10 anni componeva le prime Operette che recitava davanti alla famiglia. Il ragazzo ha un'intelligenza prodigiosa, nelle quattro stanze della biblioteca paterna, tappezzate da quasi 16.000 volumi, apprende il greco e l'ebraico, si cimenta nelle prime prove filologiche, immagina sui libri l'esistenza di una realtà viva lontana dal suo angusto e gretto mondo paesano. Gli anni di studio vanno dal 1809-1816, 7...

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Didascalia alternativa:

anni di "studio matto e disperatissimo" li definisce proprio così Leopardi. In questo periodo risalgono i primi componimenti, già espressioni di ampio interesse culturale: si spazia dai versi in latino a quelli in volgare di ispirazione classicistica o arcadica, dalle traduzioni poetiche agli studi filologici, dai trattati di argomento scientifico alle ricerche di stampo illuministico. Questi anni di studio incessante lo colpiscono fisicamente, aveva due gobbe e una salute cagionevole, la sua salute inizia ad essere veramente precaria, soffre anche di scogliosi, di febbri e di disturbi agli occhi; nel corso degli anni lo spazio angusto in cui viveva confrontato con i mondi che la letteratura gli apriva comincia a renderlo infelice, vede gli altri vivere, soffrendoci in modo esagerato poiché invece lui era isolato tra le mura della casa. Leopardi tra il 1816-1817 avvia un'amicizia epistolare con lo scrittore Pietro Giordani, diventando molto amici, in questo periodo avvenne la "conversione letteraria" ossia il passaggio dalla fase erudita a quella della composizione creativa. Grazie all'amicizia con Giordani, Leopardi al desiderio di uscire dall'anonimato e di abbandonare il paese; nel 1819 egli tenta invano una fuga da Recanati, spinto dal desiderio di sottrarsi alla noia e alla disperazione, il passaporto che segretamente si era fatto fare, finisce nelle mani del padre, dopo questo momento la situazione precipitò. Scrisse diverse lettere a Giordani dove diceva di sentirsi "mangiato dalla malinconia" e "senza nessun desiderio". Anche la fede non lo sorregge più: avviene qui la "conversione filosofica", che gli spirano nuova visione della vita, avversa ogni credo religioso è vicino alle tesi del materialismo settecentesco. Guardando sempre dai veroni (balconi), si innamora di una ragazza di nome Teresa Fattorini che tesseva e cantava, figlia del cocchiere che abitava nella casa davanti alla sua. Nei suoi scritti chiamo Teresa, Silvia, a cui intitolerà uno dei suoi scritti. Teresa fattorini a 16 anni muore a causa di una malattia respiratoria; Leopardi si pone quindi diverse domande. Nel novembre 1822 i genitori gli permettono di lasciare Recanati e coronare il sogno di conoscere nuovi posti con realtà differenti, va quindi a Roma dai parenti della madre, il clima che respira però è lo stesso, torna a Recanati nell'aprile 1823, cinque mesi seganti dalla profonda amarezza nel constatare la distanza tra la città immaginata e quella reale, straziato dalla propria infinita solitudine. Torna a Recanati per poi trasferirsi nuovamente: nel 1835 si reca a Milano, ma la precarietà della sua saluteb. Gli impedisce di guadagnarsi da vivere. Va quindi a Bologna dove si mantiene grazie a "importanti" lezioni private; dopo un'altra sosta a Recanati si reca a Firenze dove entra contatto con dei pensatori; Infine nel 182 soggiornerà a Pisa. Il 30 aprile 1830 giacomo saluta per l'ultima volta i genitori e Recanati che non vedrà mai più. Tornerà a Firenze dopo l'invito da parte di alcuni amici toscani, qui incontra una donna di cui si innamora Fanny Targioni Tozzetti, una nobildonna un po' svampita. Il sentimento che la donna suscita nel poeta è il più appassionato che egli abbia mai provato, ma la speranza che il suo amore sia ricambiato è breve; dopo la delusione di questa esperienza, lascia Firenze per sempre. Si trasferisce a Roma dove conosce Antonio Ranieri nel 1827 con il quale instaura un bellissimo rapporto di amicizia, i due decidono di trasferirsi a Napoli, ultima fase della vita di Leopardi, sempre più malato morirà il 14 giugno1837 proprio in quella città. Quando se ne andò da Recanati inizio a lavorare come traduttore. Il padre di Leopardi gli diede un assegno mensile per anni, poi smise di darglielo quando si trasferì a Napoli. I parenti di Leopardi alla sua morte hanno richiamato la salma a Recanati ma Ranieri impose che il corpo dovesse rimanere a Napoli. Parabola dei canti: dal pessimismo Storico al Pessimismo cosmico Nei canti c'è stato un progredire della visione della vita. Il tema centrale della sua meditazione è il problema della vita, si pone delle domande esistenziali "perché vivo?" "perché sono qua?" "perché sono io". Leopardi abbandona la fede cristiana nei limiti dottrinali, poiché è un materialista, guarda e vive la vita, poiché dopo la mote non ce nulla; sviluppa una religiosità laica (terrena) che concepire una presenza infinita che però non identifica in Dio. Per i materialisti l'uomo viene messo al mondo dalla Natura, viene concepita in due fasi: porta a 1. Pessimismo storico-> la prima fase, concepita come Madre, che mette al mondo i suoi figli, una madre concepita in modo amoroso, che ci ha creati per la felicità. La Natura genere illusioni (la libertà, patria, gloria e la bellezza) che cercai limiti dell'esistenza. Leopardi ardua a pensare che i popoli primitivi erano fortunati poiche non pensavano, vivendo unicamente a conta creatrice; progredendo Perù il genere umano ha messo l'uomo in difficoltà vedendolo evolvé dei limiti e delle illusioni. 2. Pessimismo cosmico -> nella seconda fase, 1824, l'idea della natura si sdoppia, è colei che mette al mondo ma diventa una forza fatale che mette l'uomo dentro a ciclo perenne di trasformazione della materia -> diventa un ciclo fatale. In questa fase si chiede perché una madre mette al mondo i suoi figli facendoli soffrire. La Natura è crudele mettendo al mondo l'uomo e non potrà mai essere felice, la Natura viene definita "Matrigna". L'uomo vive una lacerazione esistenziale. Si accorge che l'unico aggancio che lo può salvare è la poesia, lo strumento che gli permette di avvicinarsi alla felicità, vincendo il meccanismo crudele della Natura. Nelle operette morali scrisse: dialogo della Natura e di un'Anima Il dialogo della Natura e di un'Anima, venne composto dal 9 al 14 aprile del 1824. In questo dialogo, i protagonisti sono: la Natura e un'Anima, il tema principale del componimento è la sofferenza dell'uomo, che in questo caso si riferisce all'Anima. Infatti la Natura disse, alla figliola anima, di condurre una vita grande e infelice, proprio come quella degli uomini che per necessità nascono e vivono infelici. La Natura spiega che gli uomini più sono sensibili e intelligenti e più soffriranno e condurranno una vita ai limiti della tristezza e desolazione, poiché dotati di un maggior ingegno e quindi più lontani dagli animali "bruti". Questi uomini si porgeranno più domande e si allontaneranno dagli altri uomini conducendo una vita fatta di solitudine e tristezza, ma allo stesso tempo, dopo la morte vivranno na vita di successi e fama. L'anima, spaventata da un futuro infelice e pieno di sofferenze, supplica la natura di avere un destino diverso, preferendo un animo insensibile piuttosto che uno di alto ingegno e quindi rinuncia alla vita eterna per sempre; prega la madre Natura di velocizzare il più possibile la sua morte. Giacomo Leopard Riccardo Bertoncelli DIALOGO DELLA NATURA E DI UN'ANIMA Leopardini "Pessimismo Storico" e "Pessimismo Cosmico" La riflessione filosofica di Leopardi sulla condizione umana, si snoda lungo l'arco di tutta la sua esistenza, disegnando un itinerario in cui si possono riconoscere diverse fasi. Il percorso conoscitivo del poeta è infatti "aperto", non regolato da un'organizzazione o da un sistema, procedendo per aggiunte e negazioni, continuità e fratture, aggiustamenti e perfino contraddizioni. PERCHE VIVO? Leopardi non crede nella vita dopo la morte. La Natura mette in vita ed è la madre che mette al mondo i suoi figli e ci ha creati per la felicità. La Natura crea le illusioni che cercano di nascondere i limiti della realtà. Leopardi dice che i popoli primitivi erano fortunati perché non pensavano e quindi vivevano nella natura e si lasciavano trasportare. Quando l'uomo si evolve è più consapevole delle sue condizioni. L abbandono della fede cristiana → materialista → si chiama "religiosità laica": la sua religiosità è terrena L concepire una presenza infinita che però non è dio. PESSIMISMO STORICO -> La Natura non è amorosa, ma diventa una forza fatale che mette l'uomo in un ciclo perenne di trasformazione della materia. Il ciclo è fatale = non tiene conto dei desideri dell'uomo → uomo soffre → morte. Leopardi si chiede perché una madre vuole al mondo i suoi figli e li fa soffrire. la Natura è crudele } perché si scontra con il limite. mette al mondo →fa soffrire L'uomo vive una lacerazione esistenziale perché c'è uno strappo tra i desideri del cuore e la realtà. In tutto ciò solo la poesia può salvarlo perché gli permette di avvicinarsi alla felicità vincendo il meccanismo crudele delle Natura. L'uomo per Leopardi è in balia della forza della Natura e vive in un universo coinvolto in un moto incessante di trasformazione. L'uomo sente comunque un infinito dentro di sé e desidera superare il dolore ed essere felice (attraverso la poesia) PESSIMISMO COSMICO -> Nel 1830 va via da Recanati definitivamente e incontra intellettuali toscani (Firenze) e lombardi (Milano) e quindi cambia il suo modo di concepire la vita. La sua filosofia è pessimista e l'uomo ha una condizione a cui è condannato per forza: l'infelicità eterna. A Napoli fa delle escursioni sul Vesuvio e vede il fiore ginestra che nasce alle pendici del vulcano dove la terra è arida e si chiede come ciò sia possibile → paragone tra esistenza ginestra e esistenza uomo: se in una terra arida può nascere un fiore, allora anche nella vita dell'uomo può nascere qualcosa di bello: la fratellanza tra gli uomini che sono accomunati dal destino di infelicità che essendo comune, li rende fratelli ed è un modo per consolarsi a vicenda OPERE ZIZALCONE Scrisse un diario personale politico dove raccoglieva le sue emozioni e pensieri, venne pubblicato post mortem, questo diario si chiama: Zibaldone. " il termine zii Baldoni è un alterato di zabaione e indica una vivanda composta da una mescolanza di ingredienti diversi." Inizio a scriverlo nel 1817, è una raccolta di note appunti riflessioni estratti di letteratura, schemi e abbozzi di diverso tipo come: Osservazioni linguistiche Osservazioni filologiche Osservazioni filosofiche • Osservazioni psicologiche -> ricerca di se stesso Lo zibaldone è il cantiere delle sue opere, anche se è frammentato poiché i "passaggi" sono confusi. La conclusione di questa "confusione" è stata l'inizio delle operette morali. Come in un diario personale, nello zibaldone il poeta riserva e condensa i segmenti del suo pensiero. Il carattere frammentario dell'opera, sottolinea anche l'asistematicità di tutto il suo pensiero: è come se il poeta, nel rifiutare ogni schema fisso ordinato, avesse scelto di presentare proprio in questa forma singolarissima la molteplicità delle sue esperienze e la natura aperta e problematica del suo universo intellettuale. Nello Zibaldone elabora la Teoria del Piacere o del Desiderio, riprende l'edonismo; per Leopardi il piacere è sinonimo di felicità, si chiede quindi come l'uomo può raggiungere questa felicità. Nelle sue osservazioni afferma che nel cuore dell'uomo scatta il desiderio di felicità, questo desiderio però si scontra con il limite della realtà PENSIERI Il desiderio di felicità dell'uomo per Leopardi è infinito, aldilà dello spazio e del tempo che si scontrano con il reale. Allora la felicità consiste nel desiderare, che sta prima del raggiungimento, essere felici è il desiderio stesso, è il sentirsi vivo. La felicità sta dunque nel desiderare qualcosa e non quando si ottiene quella determinata cosa. In un passaggio dello Zibaldone dice che il cuore desidera e la mente immagino. VARIA FILOSOFIA E DELLA LETTERATURA GIACOND LEOPARDI VOLERE Pensieri filosofici attinenti alla sua poetica: modo di concepire la poesia e di conseguenza la vita <==> i filosofi elaborano un pensiero ma vivono la loro vita diversamente EDI FIRENZE 1909 I due grandi limiti dell'uomo sono: la morte la malattia Esempio di un passo dello Zibaldone: leopardi possiede un cavallo. Un ragazzo può desiderare un cavallo, disposto a contrapporsi alla realtà circostante (scontri con i genitori, o scontri economici), ma lo desidera così ardentemente che sembra che la sua vita dipenda da essere in possesso di quel cavallo. Leopardi ammette che l'uomo una volta entrato a contatto con il cavallo scatta l'insoddisfazione, poiché era il desiderio tenerlo in vita. In questo passo, la delusione è il termine chiave, è un'illusione di felicità. Nella vita dell'uomo secondo Leopardi si alternano momenti in cui prevale la ricerca per appagare il cuore, la felicità, e lo scoraggiamento ovvero quando si affronta la realtà. Leopardi nella sua vita, ricerca ciò che potesse corrispondere al desiderio che aveva nel cuore; si parla di pessimismo.dopo questa sua visione della vita e dopo essere cresciuto in un contesto religioso, decise di staccarsi e abbandonarlo per sempre. OPERETTE MORALI → la prima edizione è scritta tra il 1824 e il 1827, esce a Milano nel 1827 ed è composta da 20 racconti. Nel 1834 il libro è ristampato e sono aggiunti 5 testi. La versione definitiva comprende 24 testi ed è pubblicata nel 1845 dall'amico Antonio Ranieri. La stesura dei racconti si colloca in un periodo in cui il poeta concepisce la ragione come centrale nella vita dell'uomo perché è l'unico modo per capire il motivo del male che fa soffrire gli uomini. Tutto rimanda a una concezione di pessimismo materialistico perché la ragione fa capire all'uomo che non potrà mai conoscere i motivi per cui soffre. L'ispirazione in Leopardi nasce da un ricordo, da una riflessione, da favole o da miti, il tutto con un tono satirico e distaccato che è il denominatore comune a tutta l'opera. Egli accetta infatti le cose così come sono, l'uomo crede di essere il proprietario della sua vita, che invece appartiene alla natura. Leopardi ci illustra le verità che la vita gli ha mostrato delusione dopo delusione: la presunzione dell'esistenza; l'ingenuità degli individui che si credono al centro dell'universo, quando la natura li ignora; l'infelicità; la morte come cessazione della sofferenza. Le operette possono essere scritte in forma dialogica o narrativa. Leopardi approfondisce la fenomenologia dell'infelicità: solo contro il mondo, egli unisce nel dolore i casi e le vicende che mostrano la durezza e lo strazio della condizione umana. Si assiste alla presentazione del dolore dell'uomo dove alla fine c'è lo strazio. CANTI Leopardi Operette morali → sono l'opera più importante e rappresentano l'esperienza fondamentale dell'intera attività letteraria. Essi riflettono il suo doloroso percorso personale e offrono idee e prospettive di riflessione valide universalmente ancora oggi. Contengono una scommessa sull'uomo e sulla sua dignità che nemmeno la Natura può cancellare. NASCITA E SVILUPPO DELL'OPERA Leopardi riunisce la gran parte delle sue composizioni poetiche, scritte in un grande arco di tempo e apparse precedentemente in raccolte parziali. Il titolo ci dà l'idea di struttura aperta che libera e supera la rigidità in cui la poesia era stata imprigionata. A Leopardi stanno stretti i modi di scrivere già esistenti e perciò inventa la canzone libera per superare la 'prigione metrica' per dare spazio ai "moti del cor". I canti non sono una semplice raccolta, ma un libro costruito secondo un ordine significativo e non causale; è un libro in cui i diversi componimenti stanno in una relazione reciproca poiché sono ordinati sulla base di divisioni interne cronologiche, tematiche e di genere. STRUTTURA E TEMI CANZONI GIOVANILI (1818-1822)→ sono componimenti legati tra loro dalla tematica politica e patriottica. Il poeta vuole scuotere gli italiani dalla sonnolenza mostrando indignazione per la decadenza morale e civile dell'Italia. "All'Italia": la nazione divisa e ostaggio dello straniero è raffigurata come una donna bellissima, prostrata dalle ferite e dalle catene, sconfortata dall'abbattimento morale dei suoi abitanti che hanno sostituito la viltà alla virtù, la paura al coraggio. "Sopra il monumento di Dante" "Ad Angelo Mai": l'argomento politico è più sfumato e si colgono le espressioni poetiche dell'universo psicologico e ideologico di Leopardi. L'autore rievoca alcuni grandi italiani del passato ai quali lega aspetti fondamentali della propria poetica: tramite la figura di Petrarca, l'autore introduce i motivi della noia e della vacuità esistenziale con il personaggio di Colombo si affaccia il tema delle illusioni, poiché le sue scoperte non hanno reso l'uomo più felice, avendolo privato del gusto dell'ignoto a Tasso si rivolge con maggiore affetto, esplicitando un legame intimo, considerato vero e proprio alter ego per aver provato anch'egli l'inganno estremo, vale a dire la delusione amorosa. CANZOAL FILOSOFICHE (1821-1822)→ troviamo una più sofferta meditazione sul vero. "Bruto minore", "Ultimo canto di Saffo". In questi componimenti Leopardi riflette sull'infelicità dell'uomo moderno e individua la ragione prima in una motivazione storica, cioè nella caduta di quei valori che rendevano la vita degna di essere vissuta. Il poeta acquista consapevolezza che il dolore costituisce una condizione esistenziale che domina l'esistenza umana. I PICCOLI IBILL! (1819-1821)→ troviamo la parte più originale e vera delle meditazioni di Leopardi. Il termine "idillio" significa un piccolo quadro in cui è descritto qualcosa collegato alla vita. il poeta rielabora questo genere classico in modo personale e offre la rappresentazione di un aspetto del mondo esterno che viene cantato per il significato e per le risonanze che assume nell'animo del poeta mentre lo osserva. Ⓒ grasion volge ripply on Denia chore J E tu penden couple of ofter nebuloso. The mi sorrea 115 in quella delod to believe a le mie las che trawayise Hp Sono 5: "L'infinito", "La sera del dì di festa", "Alla luna", "I| sogno", "La vita solitaria". Attraverso lo scorrere libero della propria immaginazione, esplora lo spazio dell'interiorità e sperimenta un linguaggio lirico nuovo basato sulla musicalità del verso e sulla poetica del vago e dell'indefinito. Vuole sviluppare una mitologia personale che si alimenta grazie al ricordo, al disprezzo dell'amore, all'amarezza del disincanto e alle sensazioni che spaziano oltre il limite del conoscibile. I GRANDI IBILE! (1828-1830) → "Il risorgimento", "A Silvia", "Le ricordanze", "Canto notturno di un pastore errante dell'Asia", "La quiete dopo la tempesta", "Il sabato del villaggio", "Il passero solitario". La dolcezza dei ricordi è contenuta dal distacco determinato dalla ragione che sfata i miti e illusioni: il dolore e l'infelicità sono condizioni inevitabili della vita umana. Scompaiono i toni tragici, le ribellioni, lo sdegno e emerge uno stato d'animo che medita sul tradimento della Natura che è matrigna indifferente alla sorte dei suoi figli.Affiora il triste ricordo delle cose passate, la rievocazione della giovinezza, la nostalgia di una felicità perduta, la caduta di sogni e sentimenti. Nell'ultima fase della poesia leopardiana (1831-1837) egli compone le liriche del "ciclo di Aspasia". Sono 5 testi "Il pensiero dominante", "Amore e morte", "Consalvo", "A se stesso", "Aspasia" in cui esprime il disinganno amoroso seguito al tramonto definito "l'inganno estremo". In questi testi si nota un nuovo tono della poesia leopardiana più combattivo, polemico che è alla base di un atteggiamento eroico → il poeta accetta il destino rifiutando ogni passione consolatoria. Ne "La ginestra" Leopardi analizza la Natura e la società e lancia un messaggio di solidarietà tra gli uomini contro la natura matrigna: l'individuo è chiamato ad accettare la propria reale condizione e la tragica realtà dell'esistenza senza sottomettersi al destino, ma contrapponendosi a esso. Questo scritto è considerato un vero e proprio testamento poetico, messaggio individuale e insieme universale: attraverso lo strumento della ragione, il poeta smaschera con l'ironia le finzioni religiose, le illusioni spiritualistiche e le ipocrisie sociali. La ginestra è il simbolo della dignità dell'uomo offeso dalla natura, ma non rassegnato al suo potere. IL CICLO DI ASPASIA (1831-1837) → sono 5 testi che sono il pensiero dominante, amore e morte, con Salvo, a se stesso a aspasia. Inizia un nuovo tono, è come se volesse a tutti i costi trovare una soluzione, diventa più polemico sulla natura e sulla vita. Inizia a delinearsi un atteggiamento eroico che lo porterà ala ginestra (1836) poesia molto luna che deve essere considerata proprio come una sorta di testamento poetico perché in quella poesia c'è il messaggio individuale e al tempo tesso quello universale, come se volesse smascherare con ironia la Natura. I TESTI <<Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo, ove per poco l'anima L'INFINITO il cor non si spaura. E come il vento guarda odo stormir tra queste piante, io quello essenziale infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente nelle piante e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare.>> negativa) è bello in dolce . perchè hanno in comune la solitudine sottolinea la vicinanza fisica impedisce di guardare: la siepe è un ostacolo gerundio che indica lentezza del gesto si immagina: - interminati spazi → con la vista - sovrumani silenzi →→ con l'udito - profondissima quiete → con sono 3 superlativi per indicare l'immensità che è al centro della poesia, quindi ha un valore antitesi similitudine allitterazione m, n → morbido • sinalefe sarebbe la stagione vive e presente che sente Leopardi è dietro alla sua dimora dove la casa è delimitata da una siepe. Passeggia attorno alla casa e si ferma dietro la siepe. Recanati è divisa in due parti: la zona mare e la zona centro che è su una collina. Leopardi ha la casa nella zona centro perciò non vede ciò che c'è oltre. che si muovono si sente vivo Sono endecasillabi sciolti. Ci sono molte figure retoriche: enjambement → le inserisce per indicare che c'è una frattura, il limite tra la siepe e l'infinito che c'è oltre. La siepe non è solo un ostacolo, perché gli fa crescere il desiderio di immaginare ciò che c'è dopo che gli dà piacere. Questo è un meccanismo significativo: il limite ci blocca, è una paura che blocca e fa soffrire. Ma se guardiamo il limite e non scappiamo, possiamo andare oltre e sentirci bene. ossimoro anafora il naufragare (che solitamente è una cosa questo mare, si sente felice, è una sensazione s→ si insinua come se qualcosa stesse accadendo senza saperlo → ricorda quando si trovava a casa e dal balcone sentiva la voce di questa ragazza che cantava mentre tesseva, quindi era felice, a differenza di Leopardi che stava sempre sui libri. È una canzone libera composta da 6 strofe di varie misure. Scritta a Pisa nel 1828. A SILVA Que Silvia, rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale, quando beltá splendea età è bella negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, desideri e tu, lieta e pensosa, il limitare di gioventú salivi? Sonavan le quiete stanze, e le vie dintorno, al tuo perpetuo canto, allor che all'opre femminili intenta sogna sedevi, assai contenta consapevolezza di quel vago avvenir che in mente avevi. Era il maggio odoroso: e tu solevi cosí menare il giorno. lo, gli studi leggiadri talor lasciando e le sudate carte, ove il tempo mio primo e di me si spendea la miglior parte, d'in su i veroni del paterno ostello porgea gli orecchi al suon della tua voce, ed alla man veloce che percorrea la faticosa tela Mirava il ciel sereno, le vie dorate e gli orti, e quinci il mar da lungi, e quindi il monte. Lingua mortal non dice quel ch'io sentiva in seno. Che pensieri soavi, che speranze, che cori, o Silvia mia! Quale allor ci apparia la vita umana e il fato! Quando sovviemmi di cotanta speme, un affetto mi preme acerbo e sconsolato, e tornami a doler di mia sventura. O natura, o natura, perché non rendi poi quel che prometti allor? perché di tanto inganni i figli tuoi? tema del ricordo tempo della giovinezza tema della bellezza legata all'età giovanile→questa perché si sogna, si hanno passaggio dall'età giovanile all'età adulta che è l'altra grande epoca dell'età umana, quella in cui emerge la consapevolezza la voce di Silvia si sentiva ovunque cantava sempre gioia piena Nell'età dell'uomo c'è: - età gioventù dove si - età adulta dove c'è la . metonimia= si attribuisce un aggettivo che andrebbe all'uomo a un oggetto tema dell'ineffabilità (=che non si riesce a dire). L'uomo non riesce ad esprimere a parole ciò che prova, i suoi sentimenti. Questo arrendersi dell'uomo di non riuscire a dire ciò che prova è un tratto tipicamente romantico fase del pessimismo storico prima parte piena di esclamazioni -> nota dolente contra la natura tutto ci sembrava bello si rivolge alla Natura e la personifica. Non la tratta più come se fosse una madre - promessa che è stata vissuta in gioventù - inganno causato dalla consapevolezza nell'età adulta Tu, pria che l'erbe inaridisse il verno, da chiuso morbo combattuta e vinta, perivi, o tenerella. E non vedevi il fior degli anni tuoi; non ti molceva il core la dolce lode or delle negre chiome, or degli sguardi innamorati e schivi; né teco le compagne ai dí festivi ragionavan d'amore. Anche pería fra poco la speranza mia dolce: agli anni miei anche negaro i fati la giovanezza. Ahi, come, come passata sei, cara compagna dell'etá mia nova, mia lacrimata speme! Questo è quel mondo? questi i diletti, l'amor, l'opre, gli eventi, onde cotanto ragionammo insieme? Questa la sorte dell'umane genti? All'apparir del vero non ha mai potuto vivere il sentimento dell'amore e nemmeno l'amicizia ha avuto lo stesso destino: non ha più la speranza e non ha potuto vivere la giovinezza si fa domande sulla vita quando si stava realizzando la verità della vita, tu sei morta tu, misera, cadesti: e con la mano la fredda morte ed una tomba ignuda mostravi di lontano. Fa parte dei gradi idilli, venne composta a Pisa in cui riflette ad eventi passati e pensa a Teresa. CANTO NOTTurno a un PASTORE ERRANTE DELL'ASIA Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, silenziosa luna? Sorgi la sera, e vai, contemplando i deserti; indi ti posi. Ancor non sei tu paga di riandare i sempiterni calli? Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga di mirar queste valli? Somiglia alla tua vita la vita del pastore. Sorge in sul primo albore move la greggia oltre pel campo, e vede greggi, fontane ed erbe; poi stanco si riposa in su la sera: altro mai non ispera. Dimmi, o luna: a che vale al pastor la sua vita, la vostra vita a voi? dimmi: ove tende questo vagar mio breve, sappiamo, il tuo corso immortale? l'uomo non } serie di domande esistenziali similitudine antitesi tra albore-sera e breve-immortale spiega ciò che fa il pastore per Leopardi la vita è vagare con un'apparente privazione della meta → chiede qual è la meta: se non la vaghiamo come le greggi; senza un obiettivo cammina Fa parte dei Grandi Idilli (canzone lunga), scritta in 6 strofe endecasillabi e settenari che si mescolano. È stata scritta dopo aver letto un articolo in cui decidevano popoli nomadi dell'Asia. Essi avevano un modo di vedere diverso da lui, tutti i giorni portavano a pascolare il loro bestiame (PASTORE= solitudine), lo descrive nel momento in cui alza gli occhi e vede la luna. Leopardi immagina che il pastore chiede alla Luna perché è li, il pastore cosa ci fa sulla Terra. Ci sono una sere di domande. IL PASTORE é IL POETA. La Luna è indifferente, muta assiste e accompagna il cammino del pastore e quindi la vita dell'uomo. È SOLAMENTE UNA PRESENZA a cui rivolge le domande che per Leopardi è la possibilità di uscire dalla solitudine. Il fatto di avere qualcuno a cui rivolgere le domande. Critici letterari: -> Natalino Sepenio, per lui queste domande rivolte sono tipicamente adolescenziali Gli altri critici, invece, pensa che che si trattino di domande esistenziali cioè che a qualsiasi età la domanda è propria dell'uomo a cui deve sempre rispondere. Alcuni dicono che non avremmo mai risposte, ma in realtà no, quando si fa una domanda bisogna risponderai sempre). IL SABATO BEL VILLAGGIO La donzelletta vien dalla campagna, in sul calar del sole, col suo fascio dell'erba, e reca in mano un mazzolin di rose e di viole, onde, siccome suole, ornare ella si appresta dimani, al dí di festa, il petto e il crine. Siede con le vicine su la scala a filar la vecchierella, incontro lá dove si perde il giorno; e novellando vien del suo buon tempo, quando ai dí della festa ella si ornava, ed ancor sana e snella solea danzar la sera intra di quei ch'ebbe compagni dell'etá piú bella. Giá tutta l'aria imbruna, torna azzurro il sereno, e tornan l'ombre giú da' colli e da' tetti, al biancheggiar della recente luna. Or la squilla dá segno della festa che viene; ed a quel suon diresti che il cor si riconforta. I fanciulli gridando su la piazzuola in frotta, e qua e là saltando, fanno un lieto romore: e intanto riede alla sua parca mensa, fischiando, il zappatore, e seco pensa al dí del suo riposo. Poi quando intorno è spenta ogni altra face, e tutto l'altro tace, odi il martel picchiare, odi la sega del legnaiuol, che veglia nella chiusa bottega alla lucerna, e s'affretta, e s'adopra di fornir l'opra anzi il chiarir dell'alba. Questo di sette è il più gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier fará ritorno. tua vita. Garzoncello scherzoso, → anastrofe soave, cotesta etá fiorita è come un giorno d'allegrezza pieno, festa giorno chiaro, sereno, sia grave. fattore visivo: fanciulla + anziana anafora di "giorno" allitterazione della s come qualcosa che si insinua sta arrivando la sera ripetitività dell'azione presenza costante nelle poesie di Leopardi la campana è un richiamo a ciò che sta accadendo → positivo → legame con i promessi sposi quando arriva il cardinale Borromeo fattore uditivo: fanciulla+campana+zappatore tema del tempo anafora della e indica velocità antitesi riferimento ad Orazio "carpe diem" ossimoro che precorre alla festa di Godi, fanciullo mio; stato stagion lieta è cotesta. Altro dirti non vo'; ma la tua ch'anco tardi a venir non ti Leopardi si trova a Recanati I suo balcone, quello che descrive è il giorno pre-festivo,il sabato. Vede tutti li abitanti del villaggio che compiono azioni differenti ed è come se davanti a se vedesse scorrere la realtà alla quale lui è lontano ed isolato. I personaggi sono pieni di gioia nel pre-festivo, mentre nel giorno di festa sono tutti sommersi dalla noia, anche qui si intuisce come il desiderio è il momento della vera gioia e non quello dell'accaduto in se. • la DONZELLETTA -> torna dalla campagna, al tramonto, col suo fascio d'erba e porta un mazzolino di viole, si prepara ad ornare domani il giorno di festa, il suo petto e i suoi capelli. • la VECHIERELLA -> siede con le vicine di casa sulla scala a filare guardando il tramonto e racconta la sua giovinezza. Era solita ballare alla sera un mezzo ai suoi amici, compagni della sua gioventù Diventa buio, il cielo sereno azzurro diventa blu scuro e iniziano a vedersi le ombre che sembrano arrivare dai colli e dai tetti e la luna è apparsa nel cielo da poco. Tornare > ripetizione dell'azione. • la SQUILLA -> la campagna da il segno della festa che sta per arrivare, significa del richiamo a ciò che sta per accadere, segno assolutamente postivo. Legame chiarissimo con i promessi sposi, in particolare quando suonano le campane il giorno dopo che l'innominato premeditava il suo suicidio I sera prima. Le campagne avvertivano il popolo che il cardinale era arrivato in città. Leopardi al suono della campana si riconforta perché prova la sensazione di piacere nell risentire la campana. • i FANCIULLI -> a piccoli gruppi gridano e fanno un po' di rumore non fastidioso • Lo ZAPPATORE -> contadino che ritorna a casa sua e tra se pensa al giorno del suo riposo Quando è notte inoltrata e c'è il silenzio si sente il rumore di un martello ch picchia e una sega da falegname FALEGNAME -> è sveglio nella chiusa bottega per cercare di non dare fastidio. Si impegna a finire quel lavoro prima che giunga l'alba e non vuole dormire senza averlo finito Il tempo porterà tristezza e noia e ciascuno tornerà al proprio lavoro, non concretamente ma nella propria mente. Richiamo alla letteratura latina: si riferisce al fanciullo garzonciello scherzoso dicendogli questa età fiorita è come un giorno pieno di gioia, giorno chiaro e sereno che percorre alla festa della tua vita. La festa è la consapevolezza, Leopardo gli augura che gli sia lieve l'età matura. Collegamento con Orazio, carpe diem . Dialogo d'Ercole e di Atlante Venne scritto tra il 10 e il 13 febbraio del 1824. I personaggi del componimento sono Ercole e Atlante, e inizia con uno scambio di battute tra i due. Ercole viene inviato da Giove, affinché alleggerisca il peso che il padre Atlante porta sulle spalle da molto tempo (la terra); egli però gli confida che il mondo si è alleggerito e non porta più il peso di una volta. Ercole non capisce per quale ragione la terra sia più leggera e non faccia più rumore come molto tempo fa, quindi i due decidono di capire per quale ragione la terra sia caduta in questo torpore e decadimento, per quale ragione non si sente più nessuna forma di rumore e nessun movimento. Propongono quindi di giocare a palla con la terra, ma neanche quando accidentalmente Ercole la fa cadere con un tonfo assordante e violento, da dento non si sente nulla. "Non s'ode un fiato e non si vede muovere un'anima e mostra che tutti dormono come prima". Dopo questo inconveniente Atlante incita Ercole a prendere la sua clava e tornare dal Padre Giove a porgergli le sue più sentite scuse, poiché a questo punto, Atlante ha paura che da un momento all'altro gli "cada" addosso un fulmine facendolo trasformare in Etna. Giove sottolinea che ha sentito da un poeta che gli uomini anche se cadrà il mondo non si muoveranno e che ogni uomo è giusto e buono. Dialogo della Moda e della Morte Venne composto tra il 15 il 18 febbraio del 1824. I due personaggi principali sono la Moda e la Morte; la Moda all'inizio del componimento cerca di avvicinarsi alla morte per parlare e dopo diverse volte che quest'ultima si allontana, finalmente si ferma e ascolta cosa ha da dire la Moda. La Moda dice alla Morte che sono sorelle, poiché nate entrambe dalla Caducità. Successivamente la Moda sottolinea alla Morte un impegno comune che hanno sulla terra, ovvero quello di far soffrire, anche se in maniera differente. "Tu fino da principio ti gettasti alle persone e al sangue; io mi contento per lo più delle barbe, dei capelli, degli abiti, delle masserizie e di cose tali". La Moda indica una serie di usanze e tradizione in diversi popoli, con fini masochisti e dolorosi (tatuarsi con ferri roventi). La Moda è quindi accumunata con la Morte attraverso il dolore che reca a chi la usa, spesso porta anche a una morte gloriosa, seguendo i canoni che la moda porta. La moda ha addirittura eliminato il volere umano di essere immortale, spingendo quindi l'essere umano alla morte e non ha una vita eterna e felice. Dopo il discorso fatto dalla Moda, la Morte affascinata dall'imposizione che anche la Moda ha sugli uomini, decide di credere che siano sorelle e da quel momento in poi di "collaborare" e stare insieme. Dialogo della Natura e di un'Anima Il dialogo della Natura e di un'Anima, venne composto dal 9 al 14 aprile del 1824. In questo dialogo, i protagonisti sono: la Natura e un'Anima, il tema principale del componimento è la sofferenza dell'uomo, che in questo caso si riferisce all'Anima. Infatti la Natura disse, alla figliola anima, di condurre una vita grande e infelice, proprio come quella degli uomini che per necessità nascono e vivono infelici. La Natura spiega che gli uomini più sono sensibili e intelligenti e più soffriranno e condurranno una vita ai limiti della tristezza e desolazione, poiché dotati di un maggior ingegno e quindi più lontani dagli animali "bruti". Questi uomini si porgeranno più domande e si allontaneranno dagli altri uomini conducendo una vita fatta di solitudine e tristezza, ma allo stesso tempo, dopo la morte vivranno na vita di successi e fama. L'anima, spaventata da un futuro infelice e pieno di sofferenze, supplica la natura di avere un destino diverso, preferendo un animo insensibile piuttosto che uno di alto ingegno e quindi rinuncia alla vita eterna per sempre; prega la madre Natura di velocizzare il più possibile la sua morte.