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Dante Alighieri

21/10/2022

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DANTE ALIGHIERI
Dante Alighieri nasce a Firenze, tra il maggio e il giugno del 1265. Rimasto orfano di madre
a 6 anni Dante trascorre la sua

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DANTE ALIGHIERI Dante Alighieri nasce a Firenze, tra il maggio e il giugno del 1265. Rimasto orfano di madre a 6 anni Dante trascorre la sua adolescenza della città Toscana. Intorno a 18 anni egli manifesta i primi segni della vocazione letteraria, iniziando a scambiare poesie con i maggiori poeti del suo tempo. A parte alcune prove minori, scrive versi amorosi per una donna chiamata Beatrice. Gli anni dell'amore per lei e della stesura della Vita nuova corrispondono alla partecipazione di Dante al movimento stilnovista. A vent'anni sposa Gemma Donati, dal matrimonio nasceranno 3 figli, Pietro, Iacopo e Antonia. Tra il 1286 e il 1267 si trasferisce a Bologna. L'IMPEGNO POLITICO Nel 1289 Dante prende una parte alla battaglia di Campidoglio contro i ghibellini di Arezzo. Fra il 1295 e il 1334 si impegna attivamente nella realtà politica di Firenze. Dante, poi, si iscrisse alla corporazione de medici e dei farmacisti, pur non avendo nessuna competenza in tale campo. Dopo aver ricoperto vari incarichi, Dante viene eletto tra i priori dal 15 giugno al 15 agosto 1300. In questo ruolo Dante cerca di comportarsi in modo imparziale: per ottenere la pacificazione della vita politica cittadina, manda in esilio i capi principali delle due fazioni. Tra di loro c' è anche Guido Cavalcanti. Nel 1301 le pesanti ingerenze...

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Didascalia alternativa:

di Papa Bonifacio VIII nella politica di Firenze inducono Dante a schierarsi con i bianchi, e a superare la posizione di neutralità mantenuta fino ad allora. Nello stesso anno il poeta viene inviato a Roma presso il pontefice con l'incarico di scongiurare un grave pericolo per l'autonomia del Comune: L'arrivo di Carlo di Valois. Ufficialmente quest'ultimo ha il compito di mettere pace tra fazione in lotta. GLI ULTIMI ANNI, L'ESILIO E LA MORTE Sulla strada del ritorno dalla missione diplomatica a Roma, Dante apprende di essere condannato il 27 gennaio all'esilio per due anni. é stato accusato di baratteria, ovvero di aver tratto illeciti guadagni dagli incarichi ricevuti dal Comune. Non essendosi presentato alla discolpa, una successiva sentenza lo condanna a morte e alla confisca di tutti i beni. Nel 1304, il poeta chiude definitivamente con i Bianchi, probabilmente deluso dall'esito disastroso di una iniziativa militare, ovvero la Battaglia di Lastra. Nel 1310 la discesa in Italia dell'imperatore Arrigo VII di Lussemburgo, riaccende in Dante la speranza di poter Tornare a Firenze, ma la morte improvvisa di Arrigo nel 1331 spegne ogni sua speranza. Al ritorno da una ambasciata a Venezia, il poeta muore a Ravenna, probabilmente di malaria, tra il 13 e il 14 settembre del 1321. LE OPERE VITA NUOVA La prima opera dantesca fu la vita nuova, nella quale il poeta raccoglie le rime composte per Beatrice. CONVIVIO Fra il 1324 e i 1304-1307 Dante scrive due tratti: il primo in volgare il secondo in latino sulla lingua volgare. Il Convivio è un'enciclopedia dottrinale dove comprende 15 tratti, il primo di introduzione agli altri. L'opera però non viene condotta al termine, venne interrotta la quarto tratto. Nel Convivio muta radicalmente la motivazione dell' opera, qui si tratta della celebre conoscenza. Già il titolo allude a un banchetto si sapienti ai piedi della quale Dante si colloca per appropriarsi delle briciole del loro sapere e renderle fruibili. struttura Nel primo tratto l'autore dichiara lo scopo dell'opera: fornire le basi della conoscenza a tutti coloro ai quali siano stati impediti gli studi da occupazioni civili o familiari. I successivi tre tratti sono contraddistinti da una lettura allegorica e interpretazione è precisamente teorizzata nel secondo tratto dove parla della dell'universo, dei cieli, delle gerarchie angeliche, dell'immortalità dell'anima. Nel terzo tratto si trova una sorta di inno alla sapienza. Infine, nel quarto tratto si affronta una problematica di grande attualità all'epoca di Dante: la vera natura della nobiltà. Sempre nel quarto tratto è presente una digressione sulla necessità dell'impero universale al fine di garantire all'umanità ordine e pace duraturi. Accanto alla finalità divulgativa del tratto, nel Convivio, è anche quello di difendere sé stesso dalle accuse infamanti seguite alla condanno e all'esilio. Il Convivio si distingue dalle affini opere enciclopediche medievali per il fatto che qui il "banchetto di sapienza” è imbandito da un poeta. Il sapere è investito dalla fantasia e dal sentimento di Dante, che è appunto, prima di tutto un poeta. DE VULGARI ELOQUENTIA Il De vulgari eloquentia è un tratto in latino di cui Dante scrive solo il primo e parte del secondo. Nel primo libro l'autore descrive il proprio ideale linguistico, trattando innanzitutto dell'origine del linguaggio, dalla creazione di Adamo alla distruzione della torre di Babele, e soffermandosi poi a considerare gli idiomi derivati in particolare dal latino: soprattutto il provenzale (d'oc), il francese (d'oil) e l'italiano (sì). All'interno di quest'ultimo Dante distingue i 14 dialetti che allora erano parlati in Italia, ma giunge alla conclusione che nessuno di essi possiede le qualità proprie di quel volgare che egli chiama "illustre". Occorre, a suo giudizio, che tale "volgare illustre" venga parlato in tutta la penisola. Ma bisogna sgomberare il campo da un possibile equivoco: Dante non parla di una lingua per la comunicazione quotidiana, ma della lingua della produzione letteraria. In sintesi, il volgare illustre, da lui immaginato deve essere il cardine, ovvero di riferimento per gli altri volgari, aulico e curiale. Nel secondo libro Dante indica i modi in cui il "volgare illustre” va utilizzato in poesia. Poiché per gli antichi ogni particolare tipologia di contenuto tematico presupponeva un suo specifico stile, egli sviluppa una precisa distinzione: stile tragico, stile comico e stile elegiaco. La forma metrica preferibile è la canzone, in quanto più ampia e articolata rispetto al sonetto. Il De vulgari eloquentia è un'opera per specialisti, per letterati. Da qui la scelta di scrivere l'opera in latino. E' un'operazione che indica il pubblico di riferimento: un pubblico dotto. DE MONARCHIA Il De monarchia è un tratto in latino. L'opera è divisa in 3 libri. Nel primo libro viene affermata la necessità della monarchia universale per il benessere del mondo. Nel secondo libro Dante sostiene che il popolo romano è per elezione divina il depositario del potere imperiale. Nel terzo libro si afferma la reciproca indipendenza tra Impero e Papato. Dante contesta così le tesi più diffuse ai suoi tempi in merito alla questione dei rapporti tra Chiesa, Impero e regioni nazionali: la tesi teocratica, quella imperialistica e quella realista. Sempre nel terzo libro di Dante contesta la legittimità della Donazione di Costantino. Il De monarchia è un'opera di notevole coerenza teorica, con la quale Dante mostra la sua cultura e capacità di riflessione filosofica. Dante intuisce perfettamente che l'avvento di una monarchia universale è di difficile realizzazione in quei tempi. Come il Convivio, anche il De monarchia è un'opera che mira all'indottrinamento di una nuova classe dirigente. RIME La raccolta delle Rime contiene componimenti poetici giovanili non entranti nella Vita nuova. Nel complesso si tratta di 54 testi, tra sonetti, ballate e canzoni. Nelle Rime Dante svolge una ricerca letteraria ad ampio raggio, spesso caratterizzata da una forte tendenza sperimentale. Nell'ambito di tale amplissimo ventaglio troviamo temi e toni molto diversi tra loro. Un gruppo ben individuabile di rime è quello delle cosiddette petrose, scritte per una Pietra o per una donna dura come la pietra, una figura femminile crudele. Allo stesso periodo risalgono probabilmente i sonetti della tenzone con l'amico Forese Donati. Dante e Forese si rimproverano e rinfacciano in sei sonetti, e lo fanno con parole molto dure, ma si tratta di una pratica letteraria. Nei componenti petrosi Dante ricerca un'espressività più aspra, opposta a quello dolce dello stilnovo. ALTRE OPERE MINORI Di Dante ci rimangono anche 13 epistole in latino. Abbiamo poi, 2 Egloghe, il Fiore e il Detto d'amore. I GRANDI TEMI: i sentimenti stilnovistici: amore e amicizia Dante inizia a poetare guittoniani, ma presto l'influsso di Guido Guinizzelli e Cavalcanti, lo orienta versa la poetica stilnovistica. L'adesione allo Stilnovo rappresenta per Dante un fondamentale momento di apprendimento poetico e raffinamento stilistico. Non a caso tra i migliori amici di Dante troviamo: Cavalcanti, Lapo Gianni, e il musico Casella. Sono principalmente due i principali temi che sviluppa Dante nella fase stilnovista della sua carriera poetica: l'amore e l'amicizia. L'amore per Dante è un'esperienza di conoscenza e di perfezionamento interiore. Dante vede in questo sentimento il senso di una profonda comunanza spirituale e una possibilità di arricchimento umano. GUIDO, I'VORREI CHE TU E LAPO ED IO Questo sonetto evidenzia l'importanza dei legami di amicizia tra i membri del cenacolo fiorentino. IL NATURALE DESIDERIO DI CONOSCERE Nel brano introduttivo del Convivio Dante definisce la cultura come naturale desiderio dell'essere umano e si propone di avvicinare a essa chi ora ne sente il bisogno. LA VISIONE POLITICA Eletta ad assemblee e magistrature nel 1300, l'impegno politico vissuto in prima persona fa di Dante uno dei protagonisti della vita civile di Firenze. Pur escluso dalla vita attiva di Firenze, Dante non rinuncia a coltivare il proprio pensiero politico, che si indirizza sempre più verso il rifiuto della frammentazione causata dall'esperienza dei Comuni e l'affermazione di un modello universalistico. Tale orientamento è ben visibile al tempo dell'elezione di Arrigo VII. Infatti all'annunciata discesa di Arrigo, volta a restaurare il decaduto potere imperiale in Italia, Dante reagisce con un rinnovato interesse per la vita politica e con nuove speranze per la rifioritura del potere imperiale. Secondo la concezione dantesca la restaurazione del potere imperiale farà si che anche il papato possa rinnovare il suo ruolo di guida spirituale. Dante auspica un ritrovato equilibrio tra i due soli, in grado di riportare la penisola italica allo splendore dell'impero romano. Così egli matura la visione della storia secondo cui la Chiesa aveva distrutto la pace del gli uomini. Solo una monarchia universale avrebbe potuto ristabilire le condizioni perdute. Questa concezione non viene meno quando la morte di Arrigo pone fine alle speranze che l'imperatore aveva suscitato. E' a questo punto che il pensiero politico di Dante prende forma definitivamente e assume una sistemazione organica nel De monarchia. Egli si chiede la ragione dei malanni d'Italia e la individua nelle sistemazioni tra diverse entità statali in cui è divisa la penisola. Al centro del pensiero di Dante c'è la concezione di un doppio dovere dell'uomo: verso se e verso gli altri uomini. Fine dell'uomo è la conquista della duplice felicità: perciò Dio gli ha dato due guide. Tutta via dante concepisce la felicità terrena come meta indicata da Dio, come un dovere morale e religioso. LA DISCESA DI ARRIGO VII E' una lettera in cui esorta Arrigo a non temporeggiare più e a stroncare una volte per tutte la resistenza di Firenze. L’ESPERIENZA DELL'ESILIO La coerenza con cui Dante cerca di mettere in pratica i propri ideali politici, gli costerà la condanna a un esilio dal quale non tornerà più in patria. L'esilio è però un avvenimento capitale non soltanto per la sua biografia: infatti quest'esperienza condizionerà nettamente lo svolgimento del suo pensiero della sua poesia. La "dolorosa povertade" lo costringe ad approfittare della generosità dei vari principi. Per alcuni anni spera forse di essere richiamato in patria, e a tale scopo cerca sia di discolparsi con lettere e altri scritti dall'accusa di essere ghibellino, sia per incrementare la propria fama di dotto. La condizione di Dante è pressapoco dell'uomo di corte. Essere uomo di corte significa vivere a contatto con i principi umani più disparati. Infine che la parabola biografica di Dante può essere vista come esemplare del mutamento della condizione degli intellettuali. L'AMAREZZA DELL'ESULE Dante spera di poter tornare a Firenze richiamato dai cittadini riconciliatisi con lui dopo l'esilio. Lui afferma di voler tornare per finire i suoi sogni, ma sappiamo che questo desiderio non si realizzerà mai. LA QUESTIONE DELLA LINGUA E' stato calcolato che il novanta percento del lessico fondamentale dell'italiano in uso oggi è già presente nella Divina Commedia. Ma Dante ha conquistato anche moltissimi termini specialistici, gettando le basi del lessico intellettuale. Il suo influsso sulla lingua letteraria posteriore è stato enorme, a cominciare da quello esercitato su Petrarca, che un famoso saggio pone come iniziatore di una linea linguistico-letteraria alternativa a Dante. L'una e l'altra linea produrranno fino al Novecento: Dante iniziatore della linea plurilinguistica, invece Petrarca iniziatore della linea monolinguistica. Tuttavia Dante non sarà mai veramente imitato, perché è stato autore di un'opera atipica. Dante, inoltre, afferma la necessità di una lingua illustre e afferma che tale lingua non corrisponde a quella che comunemente si parla in qualsiasi luogo d'Italia, ma è una lingua al di fuori delle contingenze pratiche. L'autore è consapevole della mancanza di una corte centrale che funga da catalizzatore culturale e linguistico: perciò prende in esame i dialetti, ipotizzando che proprio gli uomini di cultura saranno i soli in grado di elaborare il "volgare illustre". LO SPERIMENTALISMO STILISTICO Lo studioso tedesco Erich Auerbach considerò la lingua di Dante come un miracolo inconcepibile, l'autore della Divina Commedia conosce e impiega un numero totalmente inferiore di forme. In effetti la sua capacità si sperimentare registri stilistici differenti produce una pluralità di esperienze letterarie spesso lontane tra di loro. Dante si mette alla prova anche nell'ambito della poesia comica e giocosa. L'adozione di un linguaggio volutamente basso e crudo si può cogliere in una tenzone con l'amico Forese Donati. Il principio retorico che giustifica questi componimenti è la cosiddetta convenientia: tra stile e materia tratta vi deve essere una perfetta corrispondenza. Questa necessità si coglie soprattutto in un gruppetto di rime definite petrose, in quanto dedicate a una donna, Pietra. Quindi si notano differenze tra la poesia dedicata a Beatrice, una poesia dolce, e questa dedicata a Pietra, una poesia aspra. LA VITA NUOVA Si tratta di un racconto autobiografico, della cronistoria di un amore. Siamo tuttavia nell'ottica di una racconto di simbolismo. La Nuova Vita è ciò che potrebbe dirsi "lo stilnovo della prosa". L'opera si propone di parlare anche di una verità intellettuale a cui l'autore approda: l'amore diventa non più soltanto esperienza privata, bensì strumento di perfezionamento morale di sè. Inoltre essa fonda il mito di Beatrice essendo l'amore intenso come slancio conoscitivo. UN'OPERA PER BEATRICE STRUTTURA La Vita Nuova è un'opera in 42 capitoli, composti da 31 poesie. Si tratta di un prosimetro, cioè un misto tra prosa e versi. Il commento risponde a due scopi. Da una parte presenta le situazioni narrative, dall'altra offre una spiegazione dei versi. L'amore per Beatrice diventa a poco a poco, sempre più disinteressato e svincolato dall'interesse egoistico del possesso dell'amata. Il poeta riconosce un radicale rinnovamento spirituale, grazie al quale nascono le "nove rime". IL TITOLO Un primo significa di Vita Nuova è quello di giovinezza, ma alla fine in vero significato fù quello di vita rinnovata, non da Dio, ma dall'amore per Beatrice. LA TRAMA Dopo il proemio, la vicenda si apre con un tono sacrale. "Nove" è la prima parola: un numero simbolico e sacro destinato a conferire un carattere di predestinazione e di miracolo agli eventi. Alla fine del nono anno di vita Dante vede per la prima volta Beatrice. Ne consegue una prima rivelazione di amore. Nove anni più tardi Dante rivede Beatrice accompagnata da "due gentili donne". Amore toglie ogni vigore a Dante, tanto che i suoi amici si preoccupano per lui. In una Chiesa, si accorge che tra sè e Beatrice c'è una "donna di molto piacevole aspetto" che lo guarda, pensando che l'attenzione del poeta sia per lei (invece era per Beatrice). I presenti immaginano che sia questa donna l'oggetto d'amore di Dante, il quale non smentisce tale opinione per fare di lei "schermo de la veritate" e proteggere così Beatrice dai pettegolezzi. Di questa "donna dello schermo", il poeta si servirà per alcuni anni, dedicandole anche delle poesie. La figura delle donna schermo rinvia a un testo famoso, il tratto De amore. A questo punto, però, Beatrice nega il saluto a Dante, in seguito alle voci che lo accusano di essere noioso, cioè privo di cortesia. La negazione del saluto determina nel poeta una grande sofferenza, l'amore doloroso, dei capitoli 11-16. Nel capitolo 12 Amore, invita Dante ad abbandonare ogni finzione. Così finalmente inizio le rime rivolte a Beatrice. Esse sono espressione di amore tormentoso e inappagato. LA NUOVA POETICA DELLA LODE E LA MORTE DI BEATRICE Attraverso il colloquio con le "Donne che hanno intelletto d'amore", viene enunciata la nuova invenzione lirica: la beatitudine del poeta sta nelle parole che lodano la sua donna. La poetica della lode si esplica nei capitoli 18-27: i temi centrali sono la dolcezza e la gioia. Nella Vita nuova, sono prodigiosi gli effetti operati dalla presenza della donna. Nel capitolo 22 muore il padre di Beatrice; tali momenti funebri culminano nella visione apocalittica, una sorta di delirio del poeta durante una malattia della morte di Beatrice. La visione anticipatoria della dipartita di Beatrice si concretizza nel capitolo 22, con la morte effettiva della donna. Per distrarsi Dante scrive e dipinge, finchè una donna gentile are are pietà per lui. L'ultimo sonetto accosta Beatrice a uno sfondo di eternità celeste: essa ormai irraggiungibile per intelletto, anche se il suo ricordo rimane indelebile. Da qui l'annuncio dell'ultimo capitolo: la "mirabile visione". L'INTERPRETAZIONE Al centro dell'opera c'è Dante stesso, o meglio la storia del suo amore, un sentimento sopravvissuto alla scomparsa della donna e riconosciuto nelle sue varie fasi. Tuttavia l'interpretazione della Vita Nuova è ancora oggi controversa. La disputa critica è oggi essenzialmente tra chi pone l'accento sul carattere mistico-angiografico dell'opera e chi ne privilegia invece il carattere laico. L'INTERPRETAZIONE RELIGIOSA A sostegno della prima tesi si può notare l'alto numero di riferimenti biblici, espliciti e impliciti. A ciò si aggiungono anche altri elementi: le frequenti analogie cristologiche, temi come quello della salute, il tono agiografico con cui è rievocata la vita di Beatrice insieme con la certezza della sua gloria celeste. I sostenitori delle tesi mistico-agiografica non negano la realtà storica di Beatrice e dell'amore di Dante, ma interpretano il libro in senso anagogico. L'INTERPRETAZIONE LAICA Sul carattere laico e letterario insistono invece altri critici, che interpretano l'opera come una giustificazione di un amore umano e terreno che non andrebbe inteso come un semplice sentimento, ma come una vera e propria conquista intellettuale. Secondo la tesi, l'esaltazione di Beatrice è fine a se stessa, l'amore per lei trae forma dall'amore di Dio, ne assume i caratteri, ma non è assorbito dall'amore di Dio. E' vero che l'autoironia dell'amore umano dell'immaginazione poetica non appare. Il libro non si conclude con le rime della lode, ma con una nua crisi esistenziale e poetica che rivela a Dante il carattere effimero di ogni valore terreno. IL PRIMO INCONTRO Il primo incontro tra Dante e Beatrice avviene quando lei non ha ancora compiuto nove anni. Dante nonostante sia ancora un bambino, prova un'emozione fortissima della passione amorosa vera e propria, che sboccerà in età adulta. IL SECONDO INCONTRO Nove anni dopo il primo incontro con Beatrice, ha luogo il secondo. TANTO GENTILE TANTO ONESTA PARE E' uno dei componimenti più celebri della letteratura italiana che nella struttura della Vita nuova segna il culmine della poetica della lode a Beatrice. L'ARCHITETTURA DELL' ALDILÀ' L'universo secondo Dante: La descrizione dell'universo sviluppata da Dante riflette le sue conoscenze astronomiche, fondate sul sistema aristotelico-tolemaico e sulla tradizione araba. Secondo queste concezioni, la natura divina è condivisa in misura differente dai vari gradi dell'essere. Tale disuguale diffusione è spiegata attraverso la metafora della luna, che simboleggia la maggiore o minore presenza divina. L'aldilà è rappresentato dal poeta secondo un preciso schema architettonico. L'oltretomba si dispone intorno ad un asse ideale, che parte dal centro di Gerusalemme, e attraverso la voragine infernale, si giunge al centro della terra. Da qui, diventa l'asse di un tronco di cono, il Purgatorio, andando a terminare al centro di un piano, il Paradiso terrestre, collocato sulla sommità dello stesso monte del Purgatorio. Dalla lettura della Divina Commedia il lettore trae un'impressione apparentemente contraddittoria: quella di un mondo spirituale e fisico infinitamente vario e complesso, insieme a quella di una salda unità. L'INFERNO La discesa nell'inferno mette Dante nella condizione di vedere quale sia il destino dei peccatori, che egli incontra suddivisi in nove cerchi concentrici sempre più piccoli. L'inferno si presenta infatti come un cono rovesciato, formato dalla terra per evitare il contatto con Lucifero. I cerchi dell'inferno sono popolati dalle anime dei peccatori, che scontano una pena comminata sulla base della legge del contrappasso, per il quale esse subiscono un tormento che richiama il peccato compiuto. Tuttavia le pene infernali non sono solo di tipo materiale, ma anche di tipo morale. Dopo una zona comunemente chiamata Antinferno, troviamo in fiume Acheronte, presso le cui sponde si raccolgono tutte le anime dannate che poi il demone Caronte trasporta su una barca da una riva all'altra. Il Primo Cerchio è costituito dal Limbo, dove vi sono le anime dei bambini morti prima del battesimo e di coloro che vissero prima della venuta di Cristo. Dopo il Limbo ha inizio l'inferno vero e proprio, diviso in due parti: Alto inferno, sono puniti i peccati di incoerenza, poi il Basso Inferno, dove sono puniti i peccati di malizia. Nel Secondo Cerchio sono condannati i Lussuriosi. Nel Terzo Cerchio ci sono i golosi Nel Quarto Cerchio ci sono gli avari e i prodighi Nel Quinto Cerchio ci sono gli iracondi e gli accidiosi Nel Sesto Cerchio ci sono gli eretici e epicurei Nel Settimo Cerchio ci sono i violenti Nell'Ottavo Cerchio ci sono i fraudolenti Nel Nono e ultimo cerchio ci sono i traditori PURGATORIO Dopo la visione terribile di Lucifero, Dante e Virgilio passano attraverso il centro della Terra per approdare alla base della montagna del Purgatorio. L'isola è sorvegliata da Catone l'Uticense. Le anime passano in tutte le cornici ma si soffermano solo in quelle in cui devono scontare i peccati compiuti in vita. Il Purgatorio, ha caratteristiche "umane": vi scorre il tempo, vi è la condivisione delle esperienze, vi sono paesaggi realistici. Dopo che i due hanno visitato le sette cornici in cui è suddivisa la montagna, Virgilio deve abbandonare Dante perchè oltre non può andare. Sulla sommità del monte il poeta incontra Beatrice, che lo condurrà in Paradiso. Le sette cornici del Purgatorio sono precedute da un Antipurgatorio e sovrastante dal Paradiso. Nell'Antipurgatorio sono relegati quattro gruppi di peccatori negligenti a pentirsi. Le sette cornici possono essere raggruppate in tre specifici gruppi relativi alle caratteristiche delle colpe che vi espiano. Nella Prima Cornice espiano le loro colpe i superbi Nella Seconda Cornice sono puniti gli invidiosi Nella Terza Cornice espiano le loro colpe gli iracondi Nella Quarta Cornice sono gli Accidiosi Nella Quinta Cornice ci sono gli avari e i prodighi Nella Sesta Cornice ci sono i golosi Nella Settima Cornice ci sono i lussuriosi PARADISO E' proprio la potenza dello sguardo di Beatrice a consentirgli di essere trasportato di cielo in cielo, fino all'Empireo. Gli altri cieli girano su se stessi molto velocemente. Nel regno eterno è assente lo scorrere del tempo. Nel Primo Cielo le anime di coloro che vennero meno involontariamente ai voti religiosi appaiono Nel Secondo Cielo ci sono gli spiriti di coloro che operano virtuosamente per amore di fama Nel Terzo Cielo si trovano le luci degli spiriti amanti Nel Quarto Cielo si trovano gli spiriti sapienti Nel Quinto Cielo ci sono gli spiriti dei guerrieri Nel Sesto Cielo ci sono gli spiriti giusti Nel Settimo Cielo ci sono le luci degli spiriti contemplanti Nell'Ottavo Cielo Dante contempla il trionfo di Cristo e Maria Nel Nono Cielo il poeta vede i nove cori angelici che ruotano intorno a un punto luminoso che è Dio Nell'Empireo Dante ha finalmente la visione suprema di Dio e del mistero della Trinità. LE SIMMETRIE E LA NUMEROLOGIA Dante ha immaginato un mondo ultraterreno ordinato e coerente: tale armonia è lo specchio di quell'ordine cosmico di cui Dio stesso è garante Quest'ordine intrinseco alla creazione divina è reso dal poeta attraverso una serie di artifici narrativi, spesso giocati sulla simmetria. E' importante notare anche la fitta simbologia numerologica. I numeri fondamentali del poema sono l'1 e il 3: sono i numeri di Dio. Tali numeri vengono chiaramente ripresi nella struttura dell'opera: come ad esempio la terzina, le cantiche sono 3, i cantica in ogni canto sono 33 ecc... I PERSONAGGI E IL POETA Una folla di personaggi, mitici e storici, animano il poema Dantesco, cominciando da Virgilio, prescelto a rappresentare l'eredità della cultura classica della civiltà cristiana. Dante si professa esplicitamente erede della tradizione antica. Il suo viaggio nell'oltretomba si oppone a quello di Ulisse, il quale aveva varcato con i suoi compagni le colonne di Ercole, ovvero il limite del mondo allora conosciuto. Alla memoria classica risale gran parte degli orridi personaggi delegati a custodire il regno del male, ad esempio Caronte e Minosse. Tra i personaggi, si aggiungono nel poema figure storiche improntate di misticismo cristiano, come Manfredi e i santi revocati nel Paradiso. LA LINGUA La Divina Commedia si apre al lessico fiorentino quotidiano e popolare. Basse parole, plebee, idiomatiche, oscene si concentrano nell'Inferno. Al polo opposto troviamo molti latinismi, che raggiungono il massimo dispiegamento nel Paradiso. Accanto i latinismi troviamo anche i gallicismi, molte parole scientifiche come nell'ambito dell'astronomia, della medicina, e della geometria. Da un punto di vista linguistico, la Divina Commedia ha dato al volgare fiorentino la legittimazione per diventare la lingua letteraria degli italiani. Nell'eccezione Dantesca, il termine commedia indica un'opera che presenta una sostanziale mescolanza tra i diversi generi: lo stile basso dell'Inferno, lo stile medio del Purgatorio e lo stile alto del Paradiso. Mettiamo a confronto due momenti antitetici: il canto comico dei barattieri e il linguaggio di Beatrice. Nel primo troviamo un lessico estremamente concreto e realistico, incisivo ed espressivo. Il linguaggio di Beatrice è costituito da un lessico immateriale, spirituale e luminoso. Un'unica app per tutte le esigenze di Word, Excel, PowerPoint e PDF. https://aka.ms/officeandroidshareinstall Scarica l'app Office: