De vulgari eloquentia
Il De vulgari eloquentia è un trattato composto da Dante poco dopo il Convivio, tra il 1303/4 e il 1304/1305. Come il Convivio, anche quest'opera rimase incompiuta a causa dell'inizio della stesura della Divina Commedia.
Definizione: Il titolo "De vulgari eloquentia" significa "L'eloquenza volgare" ed è considerato provocatorio per l'epoca, in quanto unisce il concetto di "eloquenza" (associato alla letteratura latina) con "volgare" (la lingua del popolo).
Dante scrisse quest'opera in latino per conferire autorevolezza al suo argomento e renderlo accessibile agli studiosi di tutta Europa. Tuttavia, il suo scopo principale era difendere la dignità della lingua e della letteratura italiana.
Highlight: Per Dante, il volgare è superiore al latino in quanto lingua naturale e mutevole, mentre il latino è considerato artificiale e immutabile.
L'opera si concentra su tre temi principali:
- La lingua
- Le strutture retoriche
- La letteratura
Esempio: Dante definisce il volgare ideale come:
- Cardinale: comune a tutti gli abitanti
- Aulico: parlato nelle corti più nobili
- Curiale: le cui regole devono essere fissate dai saggi d'Italia
Nel primo libro, Dante offre una panoramica delle lingue europee e italiane, culminando in una "cartina linguistica" dell'Italia nel decimo capitolo. Nel sedicesimo capitolo, paragona il volgare illustre a una pantera, il cui profumo si sente ovunque ma che non si trova in nessun luogo specifico.
Vocabolario: Il "volgare illustre" è il modello di lingua italiana ideale secondo Dante, che appartiene a tutte le città italiane ma non è esclusivo di nessuna.