La poesia di Eugenio Montale rappresenta una delle più profonde espressioni del disagio esistenziale del Novecento italiano.
"Il male di vivere" è uno dei temi centrali della raccolta "Ossi di seppia", pubblicata nel 1925. In questa opera, Montale esplora il senso di angoscia e disagio che caratterizza la condizione umana moderna. La poesia "Spesso il male di vivere ho incontrato" rappresenta l'emblema di questo malessere esistenziale, dove il poeta descrive il dolore dell'esistenza attraverso immagini concrete della natura: il fiume strozzato, il cavallo stramazzato, la foglia riarsa. Questi elementi naturali diventano simboli tangibili della sofferenza umana, creando un parallelismo tra il mondo naturale e quello interiore dell'uomo.
In "Meriggiare pallido e assorto", altra poesia fondamentale della raccolta, Montale sviluppa ulteriormente questa tematica. Il componimento descrive un momento di contemplazione nelle ore più calde del giorno, dove il poeta osserva la natura arida della Liguria. Le figure retoriche utilizzate - come le allitterazioni e le sinestesie - contribuiscono a creare un'atmosfera di immobilità e arsura che riflette il senso di impotenza dell'uomo di fronte al male di vivere. Il significato metaforico degli "Ossi di seppia" si manifesta proprio in questi residui scheletrici che il mare restituisce alla spiaggia, simbolo di ciò che resta della vita dopo che le illusioni sono state spazzate via, lasciando solo l'essenziale, il nucleo duro dell'esistenza.