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ARIOSTO

16/9/2022

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La vita
- Ariosto nasce l'8 settembre 1474.
- Inizialmente studia giurisprudenza per volontà del padre, ma nel 1494 riesce a
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La vita - Ariosto nasce l'8 settembre 1474. - Inizialmente studia giurisprudenza per volontà del padre, ma nel 1494 riesce a dedicarsi per intero agli studi umanistici. Dal 1497 Ludovico è ufficialmente accolto nella corte estense. Le lettere L'epistolario di Ariosto è molto diverso di quello petrarchesco, infatti quest'ultimo è il frutto di una laboriosa elaborazione intellettuale e letteraria mentre quello di Ariosto si mostra ancorato a situazioni reali trattate nel modo più diretto possibile. - Dopo la morte del padre si apre un periodo di intensa attività legate alla vita di corte, con numerosi spostamenti e viaggi al servizio e per conto del cardinale Ippolito. Muore il 6 luglio 1533. - Quello di Ariosto non può nemmeno considerarsi un vero e proprio epistolario, poiché gli manca ogni requisito di organicità e costruzione letteraria. T1 -Una lettera dalla Garfagnana. Questa è una delle molte lettere inviate da Ariosto al duca di Ferrara Alfonso I d'Este, durante l'incarico di commissario in Garfagnana. Ariosto dovette far fronte a violente forme di brigantaggio, tuttavia seppe comportarsi con umanità e fermezza. Spesso, proprio come accade in questa lettera egli si lamenta di non essere appoggiato sufficientemente dal potere centrale. - L'epistolario ariostesco infatti non destò alcun interesse da parte di nessuno per tantissimo tempo. La produzione lirica La produzione lirica di Ariosto si può suddividere in due sezioni: una in latino...

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e l'altro in volgare. Queste 67 liriche latine appartengono quasi tutte agli anni della giovinezza. Prevalgono componimenti il tema erotico, ma non mancano epigrammi ed epitaffi, ossia alcuni testi più impegnativi di carattere più colto. Gli 87 componimenti che fanno parte della produzione lirica volgare risalgono al primo decennio del '500. (sonetti, mandrigali, canzoni, 2 eloghe...) In questa produzione si mostra sensibile al modello petrarchesco. - Costante è il riferimento ai modelli classici. Attento è anche il rapporto con la tradizione quattrocentesca. La libertà e l'apertura nella riutilizzazione di Petrarca consentono dei recuperi della lirica italiana più antica (stilnovistica e prestilnovistica) Si può notare l'utilizzo della retorica quando Ariosto risalta l'assurdità del comportamento del signore, senza mancare però di rispetto nei suoi confronti. T2 -Fingon costor che parlan de la Morte - In questo mandrigale il poeta non condivide la visione dominante della morte come qualcosa di terribile, e si immagina la propria morte come una conseguenza della bellezza della donna amata; quindi la morte per lui diventa la somma di tutta la felicità possibile. T3 -Chiuso era il sol da un tenebroso velo - Il sonetto descrive l'apparizione improvvisa dell'amata del poeta su una riva del Po in un giorno di maltempo. Questa ha il potere di cambiare le condizioni meteorologiche riportando dunque il sereno. - - L'orrido della tempesta rimanda alla pittura veneta cinquecentesca. L'apparizione femminile riporta la calma, ma il paesaggio rimane il cuore espressivo del sonetto. Le satire Queste costituiscono una delle opere più importanti di Ariosto. Il poeta si dedica a queste tra il 1517 e il 1525. - Scrisse sette satire, e traggono origine da eventi biografici. Queste sono rivolte a personaggi reali, infatti il poeta immagina di parlare con questi rispondendo alle loro domande, accuse o obiezioni. Ne deriva quindi una struttura dialogica e teatrale. La Satira I espone i motivi per cui Ariosto si rifiuta di seguire il cardinale Ippolito in Ungheria. - Nella Satira Il chiede un alloggio dignitoso a Roma e critica la corruzione del papa e del mondo ecclesiastico. Nella Satira III egli espone a suo cugino il suo ideale di vita, desiderando semplicemente una buona moglie e la pace della coscienza. - Nella Satira IV descrive la propria difficile vita ed esprime nostalgia per Ferrara e per la donna amata. La Satira V è rivolta sempre al cugino, in procinto di sposarsi, e tratta dunque dei rischi della vita matrimoniale. La Satira VI, rivolta a Pietro Bembo, cui Ariosto chiede consiglio per il figlio. L'ultima, la Satira VII è rivolta al cancelliere del duca Alfonso, e di nuovo descrive il proprio ideale di vita. - Ariosto ricorre alla terzina dantesca, ossia alla libertà stilistica resa possibile dalla tradizione di Dante per dare spazio ad una colloquialità diretta. La personalità ariostesca viene mostrata in queste satire, come in alcune lettere, orientata a difendere la propria libertà politica, ossia la possibilità di una vita autentica e riservata. T4 -Il poeta e i cortigiani Nel 1517 il cardinale Ippolito d'Este, presso il quale Ariosto lavorò per molti anni, dovette raggiungere la sede vescovile in Ungheria. Il poeta, che doveva seguire il signore, rifiutò rompendo i rapporti con lui. - La satira è indirizzata al fratello Alessandro e a Ludovico da Bagno, segretario del cardinale e amico personale del poeta, che decidono di accompagnare il cardinale. A loro il poeta esprime le ragioni della sua scelta, ribadendo il proprio amore per la libertà individuale e per un'esistenza serena e pacifica, e sottolinea i vizi di adulazione e ipocrisia che rendono impossibile la vita di corte. Il teatro - Dell'attività teatrale di Ariosto ci sono pervenute due commedie sia in prosa sia in versi e tre commedie solo in versi. - La sua prima opera teatrale ormai perduta fu la "Tragedia di Tisbe". Egli recuperò la commedia classica latina, infatti tradusse e diresse la rappresentazione delle commedie di Plauto e Terenzio. Quindi fuse nelle proprie opere il modello latino studiato con la presenza di fonti letterarie recenti, soprattutto quelle di Boccaccio. Due commedie in prosa sono per esempio la Cassaria e i Suppositi. La prima rappresenta il recupero di due giovani rapite e schiavizzate; in questa si nota la fedeltà al modello latino, in particolare plautino. La seconda ha la medesima struttura, e narra una serie di scambi di persona. - Nel 1520 fu rappresentata per la prima volta la commedia il Negromante, che narra i tentativi compiuti da un giovane per conquistare l'amata. La commedia probabilmente più riuscita di Ariosto fu però la Lena, una ruffiana non più giovane interessata solo ai beni materiali; attorno ad essa si svolge l'azione della commedia. Infine una terza commedia, anche se incompiuta, fu "I studenti". L'Orlando furioso - Il poema cavalleresco entra definitivamente a far parte della letteratura alta non appena uscì la prima redazione dell'Orlando furioso. Ariosto lavora per tutta la vita alla lavorazione di questo poema, pubblicando varie versioni di esso. Egli intreccia vicende di guerra (epiche) e vicende d'amore (romanzesche). Adotta il progetto encomiastico di Virgilio, infatti celebra la casata del proprio signore. (Nell'Eneide si esalta la famiglia Giulia, Ariosto invece esalta gli Este) Troviamo in esso due filoni: Il primo è quello epico, che riguarda tutti gli eroi del poema; Il secondo è quello delle vicende romanzesche, vissute da ogni cavaliere. (In particolare quella di Orlando e quella di Ruggiero). Una grande innovazione ariostesca fu l'invenzione di uno stile epico illustre; resa possibile da un'avvicinamento ai modelli epici, in particolare è molto presente Virgilio. Il Furioso è un romanzo epico, poiché afferma l'individualità dello stato estense, i suoi diritti, la giustezza della sua politica e delle sue alleanze. Ariosto pone dei forti limiti al carattere epico del Furioso. Infatti i valori dell'epica sono valori collettivi e popolari, infatti la classe sociale dominante impone a quelle subalterne, proprio come coinvolgono tutti i Greci nell'lliade oppure tutti i Romani nell'Eneide. I temi: la qûete, il labirinto, la follia, l'amore - Nel Furioso le quêtes vanno spesso a vuoto, infatti nel poema diventa l'inseguimento di un fantasma interiore. (Collegamento al palazzo di Atlante, labirinto compreso) Dunque, se nella quête il romanzo esprime il senso dell'esistere, per Ariosto è un inseguimento di un sogno, un affaticarsi in un labirinto. Il labirinto in Ariosto è inteso come rischio della perdita di un'identità tutta e solo umana e terrena. (Selva labirintica collegamento fuga di Angelica) La realtà delle cose del mondo per Ariosto è però mobile, variabile, plurale; il mondo non è riducibile al nostro singolo desiderio, ma piuttosto un continuo intreccio, o una selva intricata, dei desideri di tutti. - Questa selva, nel mondo del Furioso, è il luogo più simbolico di questo mettersi in gioco della vita degli uomini, ma in un mondo del tutto laico e terreno, in cui sembra che a dominare sia il rischio di illudersi di ritrovarsi spaesati nel caos. Questa follia viene dimostrata ripetutamente da Orlando, inizialmente tradisce Carlo Magno, successivamente resta vittima del caso, poi quando ascolta la testimonianza dell'amore di lei per Medoro. Quando infatti incontra la sua amata, Orlando, ormai impazzito, non la riconosce neppure. La quête che Orlando compie è dunque una pazzia: questa costituisce il nucleo tematico peculiare del romanzo intorno al quale ruota l'invenzione narrativa ariostesca. Orlando, che è già presentato come innamorato dal Boiardo, con un'infrazione al tradizionale profilo 'saggio' di questo eroe, diviene ora addirittura pazzo d'amore. La follia, culminante con la perdita del senno da parte di Orlando, geloso di Angelica, viene riassorbita grazie all'intervento di Astolfo che, volando sulla luna, ritrova il senno del paladino nel vallone dove si trovano le cose perdute dagli uomini. La forza che mette in moto l'azione romanzesca è l'amore, che Ariosto rappresenta in tutte le sue varietà. Questo può provocare la predita della ragione, e condurre alla follia. Questo modo di rappresentare l'amore, cioè quindi con la pazzia, è un qualcosa di nuovo rispetto a Petrarca ad esempio. Ma perché questa follia è così importante per Ariosto? C'è da dire che siamo in un periodo storico completamente diverso: mentre nel Medioevo il senso di tutto stava in Dio, nel Rinascimento il senso di tutto si trovava nella ragione umana che spesso era fragile, ricoperta dal caos. L'obiettivo di Ariosto dunque era quello di mettere equilibrio e riesce a farlo proprio grazie all'ironia. Questo distrae i cavalieri della guerra, un altro tema importante del Furioso: infatti Ariosto recupera i valori epici dell'eroismo. La duplice voce narrante - Ariosto si mette in scena fin da subito in duplice veste. La prima è quella del narratore onnisciente, ossia sa ogni cosa della vicenda narrata, e dall'alto muove e controlla i personaggi; egli infatti si presenta come il regista dell'azione. Questa formulazione insiste sulla capacità demiurgica del poeta, infatti secondo Platone e la filosofia umanistica a cui lui si ispira, il Demiurgo è l'artefice divino che plasma il mondo sensibile a immagine delle idee eterne e immutabili, ma non crea dal nulla. Infatti il Furioso è la continuazione di un testo preesistente (l'Innamorato), cui si lega. Ariosto dunque è un autore di una letteratura che si alimenta di altra letteratura. Inoltre diventerà nel corso dell'opera un vero e proprio personaggio. Armonia e ironia Ariosto ricerca un equilibrio, che sovrasti gli sconvolgimenti storici del suo tempo. - Questo è condizionato però dalla posizione sociale del letterato di corte. La sua arma dunque sarà l'ironia, un'ironia anche satirica, rivolta alla corte ma che comunque coinvolge l'universalità della vita umana. - Per rendersene conto basterà leggere la sequenza del viaggio di Astolfo sulla luna e il dialogo con san Giovanni, infatti quest'ultimo illustra ad Astolfo i rapporti tra letteratura e verità: i poeti mentono per farsi amici i potenti, mentre sono sciocchi i potenti che non vogliono conquistarsi l'amicizia e i servigi dei poeti. Lo scetticismo è radicale, infatti tocca pure Omero e Virgilio, poiché Augusto non fu quel nobile e buon principe che l'Eneide ci vuol far credere; mentre l'Odissea probabilmente racconta falsità. - Il poeta guarda con un sorriso scettico la propria opera, dunque questa ironia è uno strumento per raggiungere una possibile armonia, ovvero un difficile equilibrio tra la verità e la menzogna. La presentazione dell'opera La varietà delle storie e la presenza dei due grandi filoni è dichiarata subito dal proemio. Angelica diventa l'emblema dell'amore il realizzabile: è infatti inseguita da tutti, ma lei a sua volta sfugge tutti. Per quanto riguarda il contesto storico sullo sfondo appare la guerra santa. T2 -La fuga di Angelica Questo canto ha come protagonista Angelica, di cui sono innamorati sia Orlando sia il cugino Rinaldo. Angelica durante un momento di confusione generale decide di fuggire, e si rifugia in un bosco. Tutti i personaggi successivamente saranno implicati in un percorso di ricerca (la qûete cavalleresca) Quindi Angelica ha alle spalle Rinaldo che dapprima insegue lei, successivamente Baiardo, e continuano una serie di inseguimenti da parte dei vari personaggi. Tutto questo avviene in una selva labirintica. In questo canto viene messo in scena uno dei temi centrali nella riflessione cinquecentesca: il potere della fortuna e le possibilità di affermazione del valore umano, infatti questi compiono libere scelte, ma la forma di libertà più grande è quella dunque del narratore che osserva e intreccia i destini dei personaggi. T4 -Il palazzo di Atlante - Questo canto si svolge nel castello di Atlante, ossia un labirinto abbastanza intricato, ed una nuova magia di Atlante. - In questo palazzo si incontrano attirati dall'inganno i più celebri cavalieri cristiani e saraceni, alla ricerca dell'oggetto del proprio desiderio, che però non riusciranno mai ad avere. - Infine arriverà comunque Angelica dissolvere l'incantesimo del castello con il suo anello magico. - Questo palazzo dunque diventa un'allegoria del destino umano: gli uomini si affaticano in utilmente dietro le loro passioni e i loro desideri. T5 -Cloridano e Medoro - Cloridano e Medoro sono due soldati saraceni che decidono di recuperare il cadavere del loro re ormai deceduto. - Inoltre qua si ricongiungeranno i due protagonisti dell'opera Orlando e Ruggiero, entrambi all'inseguimento della donna che amano (Angelica e Bradamante). Questi protagonisti più che inseguire loro avventure, restano prigionieri di un meccanismo fatto apposta per mettere risalto le loro incapacità di conseguire un successo concreto. - T6 -Orlando pazzo per amore Tra le varie avventure, Orlando ha perso di vista il pagano Mandricardo, con cui deve battersi. Dunque giunge nel bosco dove si sono amati Angelica e Medoro, ma non vuole credere che l'iscrizioni tracciate dai due siano vere. Successivamente troverà un riparo in una casa vicino, ma il pastore gli narra della loro storia, e gli fa vedere il braccialetto donato ad Angelica. Quindi Orlando impazzisce e la sua furia si abbatte su ogni cosa. Nel testo emergono alcuni temi fondamentali di tutto il Furioso: L'avventura dell'errare e della qûete, spesso dominati dal caso della fortuna: Orlando giunge nel luogo eletto degli amanti Angelica e Medoro inseguendo, in realtà, il pagano il cui cavallo ha tenuto "strano corso". - Non appena però furono scoperti Cloridano si mette in salvo lasciando involontariamente solo Medoro, dunque ritorna indietro ma nella lotta contro i nemici muore mentre Medoro rimane gravemente ferito. Quest'episodio dell'Orlando furioso riprende un celebre brano del nono libro dell'Eneide di Virgilio; infatti non abbiamo intrecci e interruzioni bensì un racconto consequenziale e continuo, dunque Ariosto rispetto al modello virgiliano. Tuttavia Ariosto non rinuncia del tutto a note ironiche o insinuazioni scettiche. Il valore fondamentale che emerge dall'episodio è quello della fedeltà dovuta al signore. - L'amore: Orlando Si ritrova nel luogo in cui sono stati Angelica e Medoro, il quale reca le tracce delle gioie del loro vero amore. La follia: Orlando geloso e invidioso di questa felicità altrui esplode in una furia che distrugge ogni cosa che vede. L'illusorietà del desiderio: l'oggetto del desiderio di Orlando, ossia la sua amata, è illusorio e perduto per sempre. T7 -Astolfo sulla luna Il protagonista della vicenda è Astolfo che dopo svariate avventure in giro per il mondo, si ritrova nel Paradiso Terrestre, dove viene accolto da Giovanni l'Evangelista. - San Giovanni gli rivela che Dio vuole che Orlando riacquisti il suo senno, che ormai ha perso per colpa di Angelica. Il Santo così accompagna Astolfo sulla Luna con un carro, lo stesso che ha portato in cielo il profeta Elia. La Luna rappresenta il rovescio della Terra e contiene tutte quelle cose che gli uomini perdono. Astolfo così ritrova l'ampolla che contiene il senno di orlando e torna sulla Terra. Una parte del testo è occupata dalla descrizione minuziosa dal paesaggio lunare. La figura della Luna svolge un ruolo importante: Astolfo si rende conto di quanto grande sia da vicino, mentre tanto piccola sembrava vista dalla Terra. Quest'osservazione si ricollega al fatto che spesso la lontananza delle cose ne riduce la visibilità e l'importanza fino a farle sparire. T8 -Ruggiero e Rodomonte in duello - Ci troviamo nella corte di Carlo Magno durante le nozze tra Bradamante e Ruggiero. Improvvisamente interviene Rodomonte e accusa Ruggiero di aver tradito la fede musulmana. Così i due si scontrano duramente e Rodomonte si comporta in modo sleale, al contrario di Ruggiero che si mostra cortese e leale fino all'ultimo. - Quest'ultimo cerca di convincere l'avversario ad arrendersi, ma niente da fare, Rodomonte combatte fortemente e finisce per ucciderlo. - I due personaggi non sono altro che personificazioni della natura, quindi quella forza irrazionale, arrogante (nel caso di Rodomonte) e la personificazione della cultura (nel caso di Ruggiero che si mostra sempre rispettoso e leale). A questo proposito ci possiamo ricollegare a Enea, il guerriero Pius che sembra assomigliare a Ruggiero: anche lui è rispettoso dei valori e delle leggi umane e divine.