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10/9/2022
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A Silvia È una delle poesie più note di Leopardi e inaugura una nuova poesia e fa parte dei canti posano recanatesi e appartengono alla seconda fase del pensiero Leopardiano e non è nettamente distinto in fasi inconciliabili ma un evoluzione in cui motivi che si ritrovano in precedenza verranno rielabaorati e intrecciati con altri pensieri futuri. Viene composta a Pisa nell'aprile del 1828. In questo periodo, particolarmente felice per Leopardi abbiamo una ripresa della poesia perché prima del 1828 Leopardi mette da parte le poesie e si dedica alla prosa filosofica e scrive le operette morali. La prima poesia che attesta questa rinascita della poesia è il risorgimento ovvero la rinascita che egli sente in se è e viene attestata in una lettera che egli manda a sua sorella Paolina. Quando riprende la nuova poesia quei temi della poesia precedente vengo arricchiti con la consapevolezza del vero Silvia è un alter ego di Leopardi e rappresenta il periodo della giovinezza, periodo di spensieratezza e speranze che nn si compieranno e Silvia per questo diventa il doppio di Leopardi. È inutile chiedere chi sia stata realmente, molti dicono sia la figlia del cocchiere della tenuta Leopardi, Teresa morta molto giovane ma Silvia è qualcosa di molto più profondo e diventa un simbolo. [1] Silvia, rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale, quando beltà splendea negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, e tu, lieta e pensosa, il limitare di...
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gioventù salivi? [1] Silvia (apostrofe), ricordi (rimembri) ancora il (quel) tempo in cui eri ancora viva (tempo della tua vita mortale), quando la bellezza risplendeva nei tuoi occhi sorridenti (ridenti) e schivi (fuggitivi) e tu, lieta e pensosa (ossimoro - che prelude alla tragica morte della ragazza), stavi raggiungendo la soglia che immette nella giovinezza (il limitare di gioventù salivi: metafora in cui la vita viene paragonata ad una strada in salita che Silvia si appresta a percorrere - salivi è l'anagramma di Silvia). [7] Sonavan le quiete stanze, e le vie d'intorno, al tuo perpetuo canto, allor che all'opre femminili intenta sedevi, assai contenta di quel vago avvenir che in mente avevi. Era il maggio odoroso: e tu solevi così menare il giorno. [7] Risuonavano (Sonavan - con i verbi al passato delle strofe 2 e 3 Leopardi introduce una sorta di flashback in cui rievoca scene della loro infanzia comune) le [mie] stanze silenziose (le quiete stanze) e le vie che la circondano del tuo canto continuo (perpetuo canto), quando (allor che) eri occupata (intenta) nei lavori femminili (opre femminili) sedevi contenta di quel avvenire incerto (vago - bello di una bellezza indefinita) che sognavi. Era il mese di Maggio (mese che vuol rappresentare la primavera della vita) profumato (odoroso = rievoca l'immagine della primavera attraverso i suoi profumi): e tu eri solita trascorrere (menare) così le tue giornate. [15] lo gli studi leggiadri talor lasciando e le sudate carte, ove il tempo mio primo e di me si spendea la miglior parte, d'in su i veroni del paterno ostello porgea gli orecchi al suon della tua voce, ed alla man veloce che percorrea la faticosa tela. Mirava il ciel sereno, le vie dorate e gli orti, e quinci il mar da lungi, e quindi il monte Lingua mortal non dice quel ch'io sentiva in seno. [15] lo lasciando a volte (talor) gli studi piacevoli (leggiadri) e le fatiche letterarie (sudate carte - metonimia - faticose così da far sudare) in cui (ove) si consumava (si spendea) la mia giovinezza (il tempo mio primo) e la parte migliore di me, dai balconi (veroni) della casa paterna (paterno ostello) porgevo gli orecchi al suono della tua voce e al rumore del faticoso telaio (faticosa tela - metonimia) che velocemente veniva mosso dalla tua mano. Guardavo (Mirava) il cielo sereno, le strade illuminate dal sole (dorate), i giardini (orti, latinismo da hortus - indice di fertilità) e da qui (quinci assonanza con lungi) il mare in lontananza (da lungi) e da qui (quindi) le montagne. Le parole (lingua mortal - metonimia) non possono dire quello che provavo dentro di me (in seno). [28] Che pensieri soavi, che speranze, che cori, o Silvia mia! Quale allor ci apparia la vita umana e il fato! Quando sovviemmi di cotanta speme, un affetto mi preme acerbo e sconsolato, e tornami a doler di mia sventura. O natura, o natura, perché non rendi poi quel che prometti allor? perché di tanto inganni i figli tuoi? Tu pria che l'erbe inaridisse il verno, da chiuso morbo combattuta e vinta, perivi, o tenerella. E non vedevi il fior degli anni tuoi; non ti molceva il core la dolce lode or delle negre chiome, or degli sguardi innamorati e schivi; né teco le compagne ai dì festivi ragionavan d'amore. [28] Che (Che...che - anafora) pensieri dolci (soavi), che speranze, che cuori (cori = 'cuori' e per traslato 'sentimenti' nel senso che nel cuore hanno sede i sentimenti), o mia Silvia (apostrofe)! Come (Quale) ci apparivano allora la vita umana e il destino (fato) Quando mi ricordo (sovviemmi) di una così grande speranza (cotanta speme) mi opprime (mi preme) un sentimento (affetto) doloroso (acerbo) e disperato (sconsolato) e ricomincio a sentire tutto il dolore (tornami a doler) per la mia vita sventurata. O natura, o natura (apostrofe - attacco alla natura matrigna, crudele ingannatrice) perché (perché...perché - anafora) poi non dai (rendi) quel che prima (allor - in gioventù) prometti? Perché così tanto (di tanto) inganni i tuoi figli (figli tuoi = gli uomini - metafora)? Tu (Silvia) prima che l'inverno facesse seccare l'erba (pria che l'erbe inaridisse il verno - metafora per dire prima che arrivasse l'età matura) morivi (perivi), combattuta e vinta da una malattia invisibile (chiuso = oscuro, implacabile: la tisi), o povera creatura fragile (tenerella - apostrofe). E non conoscevi (vedevi) il megli dei tuoi anni (il fior degli anni tuoi - metafora per dire la giovinezza); non ti allietava (molceva) il cuore ascoltare le dolci lodi [rivolte] ora alla bellezza dei tuoi capelli neri (negre chiome), ora ai tuoi occhi che innamorano (innamorati - part. con senso attivo) e sfuggenti (per il primo turbamento d'amore); né le compagne con te (teco) discorrevano d'amore (ragionavan d'amore) nei giorni di festa (ai dì festivi). [49] Anche perìa fra poco la speranza mia dolce: agli anni miei anche negaro i fati la giovinezza. Ahi come, come passata sei, cara compagna dell'età mia nova, mia lacrimata speme! Questo è quel mondo? questi i diletti, l'amor, l'opre, gli eventi, onde cotanto ragionammo insieme? questa la sorte delle umane genti? All'apparir del vero tu, misera, cadesti: e con la mano la fredda morte ed una tomba ignuda mostravi di lontano. [49] Poco dopo (fra poco) moriva (peria) anche (Anche....anche - anafora) le mia dolce speranza (la speranza mia dolce): anche alla mia vita (agli anni miei) il destino (i fati) ha negato (negaro) la giovinezza. Ahi come (come, come la ripetizione evidenzia la drammaticità della perdita della speranza), sei passata, cara compagna (apostrofe) della mia giovinezza (età mia nova), mia compianta (lacrimata) speranza (speme - metafora: Silvia è diventata il simbolo della speranza). Questo (Questo....questi... questa - anafora) [che ora ho conosciuto] è quel mondo [tanto desiderato]? Questi i piaceri, l'amore, il lavoro, gli accadimenti (i diletti, l'amor, l'opre, gli eventi, - variazione del chiasmo con cui inizia il poema Orlando furioso di Ariosto), di cui parlammo (Leopardi si rivolge alla speranza) tanto insieme? Questa è la sorte degli uomini (umane genti - la riflessione da soggettiva diventa oggettiva e si estende a tutti gli uomini)? Tu povera (misera - apostrofe) [speranza] all'apparire della verità (all'apparir del vero = appena la vita si è rivelata per quello che è veramente), sei crollata: e con la mano indicavi (mostravi) allontanandoti (di lontano) la fredda morte e la tomba disadorna (ignuda). Analisi del testo Il tema riporta ai ricordi della giovinezza recanatese per sfociare nello svelamento della verità della condizione umana destinata al disinganno di ogni speranza. A Silvia non è una poesia d'amore ma una poesia emblematica sulle speranze della vita che vengono sempre tradite. E' incentrata su una coetanea di Leopardi, compagna di giochi che, morta precocemente, non è riuscita a vedere la maturità. Leopardi colloquia con lei, ricordando le esperienze parallele della loro giovinezza. Silvia viene rappresentata nel fiore dei suoi anni, in primavera, la sua morte avviene nell'inverno seguente. La scelta delle stagioni non è casuale ma ponderata in base al significato metaforico: la primavera rappresenta la stagione della giovinezza ed il tempo della speranza e della gioia, mentre l'inverno è la stagione della morte e della delusione. Leopardi si paragona a Silvia in quanto entrambi hanno sperimentato il tradimento delle speranze: per Silvia la fiducia di una vita futura è stata stroncata dalla morte prematura; Leopardi ha visto le sue aspettative giovanili deluse dal contatto con la vita adulta e dalla natura matrigna. E' una poesia del Leopardi maturo che mira a dimostrare l'infelicità costitutiva del genere umano. Si possono individuare due piani temporali: Il passato, lontano e indefinito, che corrisponde al tempo delle illusioni e delle speranze, quando Silvia era ancora in vita, fiduciosa, così come lo era anche il poeta, in un futuro felice anche se indefinito; il presente, prossimo e definito, che corrisponde al tempo del disinganno attraverso il momento della rievocazione in cui tutte le speranze risultano deluse. La realtà del futuro che si è realizzato è ben diversa dalle aspettative. La poesia si basa dunque sulla contrapposizione tra un prima illusorio e un dopo di disillusione, evidenziato anche attraverso l'alternanza di questo/quel in cui questo si riferisce al presente, tangibile e reale, e quel alla rievocazione delle passate speranze, inconsistenti e irrealizzate. 1)È il canto della rimembranza, memoria attuale, che richiama l'immagine di Silvia e la fa rivivere. Questa donna morta da tempo riacquista vitalità, si indirizza a silvia chiedendole se ricorda il suo tempo mortale e la sua bellezza in vita che deriva anche dal non sapere e dall'agente la fretta e la curiosità di vedere il proprio futuro. 2) Gli occhi sono fuggitivi per la modestia delle ragazze, la fuga indica l'inafferrabikita delle donne e il passaggio tra giovane e donna. 3) Silvia per il poeta è un alter ego, infatti qui Leopardi allude alla compartecipazione di una medesima situazione esistenziale: quella, della giovinezza, periodo sereno e carico di aspettative ottimiste per il futuro, e non ancora travagliato da egoismo, crudeltà e sofferenze. 4) Gli ultimi versi sono anche una chiara allusione alla posizione ideologica matura di Giacomo Leopardi (il pessimismo cosmico), ormai consapevole che il dolore del vero è inevitabile, che la Natura è una fonte inesauribile di delusioni e che la sofferenza dell'uomo è senza tempo. 5) C'è inoltre un PARALLELISMO tra Silvia e Leopardi: come le speranze di Silvia per il futuro sono cadute a causa della morte prematura, così le speranze del poeta sono diventate delusioni; questo parallelismo si può notare nelle strofe centrali del componimento, già a partire dalla seconda strofa. Il parallelismo è la figura retorica di ordine (sintattica) con la quale si sviluppa un'idea attraverso la successione simmetrica di brevi concetti. Il chiasmo Figura retorica consistente nella reciproca inversione del costrutto in due membri contigui. 6)le ripetizioni, sottolineate per tre volte, prima l'interrogativa sul mondo (un orizzonte vasto), poi la dissezione sui minuti aspetti della vicenda della vita umana (diletti, amor, opre, eventi), infine la domanda sulla universale sorte finale.