Materie

Materie

Di più

Platone

29/6/2022

1825

69

Condividi

Salva

Scarica


1. LA VITA E LE OPERE
PLATONE
FILOSOFIA E POLITICA
Platone ha lasciato nella Lettera VII, una lettera di
carattere autobiografico, una testi

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

1. LA VITA E LE OPERE
PLATONE
FILOSOFIA E POLITICA
Platone ha lasciato nella Lettera VII, una lettera di
carattere autobiografico, una testi

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

1. LA VITA E LE OPERE
PLATONE
FILOSOFIA E POLITICA
Platone ha lasciato nella Lettera VII, una lettera di
carattere autobiografico, una testi

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

1. LA VITA E LE OPERE
PLATONE
FILOSOFIA E POLITICA
Platone ha lasciato nella Lettera VII, una lettera di
carattere autobiografico, una testi

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

1. LA VITA E LE OPERE
PLATONE
FILOSOFIA E POLITICA
Platone ha lasciato nella Lettera VII, una lettera di
carattere autobiografico, una testi

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

1. LA VITA E LE OPERE
PLATONE
FILOSOFIA E POLITICA
Platone ha lasciato nella Lettera VII, una lettera di
carattere autobiografico, una testi

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

1. LA VITA E LE OPERE
PLATONE
FILOSOFIA E POLITICA
Platone ha lasciato nella Lettera VII, una lettera di
carattere autobiografico, una testi

Iscriviti

Registrati per avere accesso illimitato a migliaia di appunti. È gratis!

Accesso a tutti i documenti

Unisciti a milioni di studenti

Migliora i tuoi voti

Iscrivendosi si accettano i Termini di servizio e la Informativa sulla privacy.

1. LA VITA E LE OPERE PLATONE FILOSOFIA E POLITICA Platone ha lasciato nella Lettera VII, una lettera di carattere autobiografico, una testimonianza in cui racconta di come la sconfitta nella Guerra del Peloponneso avesse portato a un netto cambiamento nella politica ateniese, con la caduta della democrazia che aveva portato Atene alla disfatta e la sua sostituzione con del governo dei Trenta tiranni. La situazione peggiora con la caduta dei Trenta tiranni e il ripristino della democrazia che condanna a morte Socrate. Di fronte a una situazione così compromessa, Platone vuole una nuova stabilità culturale e politica convinto che la crisi politica derivi da una crisi di tipo intellettuale e che la vita politica potrà migliorare solo se in futuro ci saranno cittadini migliori, soprattutto governanti migliori che devono essere educati tramite la filosofia, l'unica in grado di cambiare il modo di pensare. Partendo dall'insegnamento di Socrate, Platone si propone di sviluppare una filosofia in grado di riformare la politica e porre le basi della città giusta. A questo scopo fonda una scuola ad Atene, l'Accademia e tenta, senza successo, di realizzare il suo modello filosofico- politico a Siracusa presso il tiranno Dionisio il Giovane. OBBIETTIVI DI PLATONE 1. Trovare la definizione di giustizia 2. Come conciliare il concetto di essere di Parmenide e il concetto di divenire di Eraclito LA CONDANNA DELLA SCRITTURA Platone come Socrate ritiene che la...

Non c'è niente di adatto? Esplorare altre aree tematiche.

Knowunity è l'app per l'istruzione numero 1 in cinque paesi europei

Knowunity è stata inserita in un articolo di Apple ed è costantemente in cima alle classifiche degli app store nella categoria istruzione in Germania, Italia, Polonia, Svizzera e Regno Unito. Unisciti a Knowunity oggi stesso e aiuta milioni di studenti in tutto il mondo.

Ranked #1 Education App

Scarica

Google Play

Scarica

App Store

Knowunity è l'app per l'istruzione numero 1 in cinque paesi europei

4.9+

Valutazione media dell'app

13 M

Studenti che usano Knowunity

#1

Nelle classifiche delle app per l'istruzione in 11 Paesi

900 K+

Studenti che hanno caricato appunti

Non siete ancora sicuri? Guarda cosa dicono gli altri studenti...

Utente iOS

Adoro questa applicazione [...] consiglio Knowunity a tutti!!! Sono passato da un 5 a una 8 con questa app

Stefano S, utente iOS

L'applicazione è molto semplice e ben progettata. Finora ho sempre trovato quello che stavo cercando

Susanna, utente iOS

Adoro questa app ❤️, la uso praticamente sempre quando studio.

Didascalia alternativa:

filosofia sia una disciplina basata sull'interazione diretta tra colui che insegna e colui che apprende. Egli critica molto la scrittura dicendo che essa allontana le parole dal contesto in cui il maestro le esprime causando l'incomprensione. Inoltre la scrittura indebolisce la memoria perché conserva informazioni non esercitandola più e può ingannare dando l'impressione di possedere un sapere che in realtà non si possiede. Il testo scritto è una imitazione perfetta del linguaggio parlato. Inoltre egli utilizza molto i miti per spiegare la sua filosofia e tramite il mito di Er, nel Fedro, un dialogo platonico Socrate racconta che il sovrano egizio Thamus rifiuta il dono della scrittura che l'inventore Theuth gli offre ribadendo in questo modo i motivi per cui Platone non predilige la scrittura ribadendo la questione della memoria. LA FILOSOFIA COME DIALOGO Platone rifiuta di scrivere testi filosofici ma non rifiuta totalmente la scrittura perché ritiene che ci sia un genere testuale che si avvicina di più alla discussione orale intesa come ideale della pratica filosofica ossia il dialogo. Egli scrive infatti soprattutto dialoghi, la maggior parte dei quali hanno Socrate come protagonista. Platone inoltre ritiene che il dialogo scritto sia uno strumento ausiliario per la pratica filosofica perché la componente essenziale resta la discussione orale. I DIALOGHI E LA LORO CLASSIFICAZIONE Il corpus degli scritti di Platone comprende 36 scritti, 4 dialoghi, l'Apologia di Socrate e 13 lettere di cui 12 forse non sono scritte da lui e solamente una ovvero Lettera VII viene considerata autentica. I dialoghi di Platone sono divisi in tre gruppi: 1. dialoghi giovanili o socratici: i dialoghi scritti dal giovane Platone negli anni successivi alla morte di Socrate in modo tale da fornire un resoconto della vita e della dottrina del suo maestro. Fanno parte il Lachete, il Carmide, l'Eutrifone, lo Ione, il Critone, il Parmenide, l'Apologia di Socrate e altri ancora... 2. dialoghi della maturità: dialoghi scritti da Platone tra i quaranta e i sessant'anni in cui il protagonista resta Socrate, in cui non viene riportato solo il pensiero ma viene proposta una visione filosofica originale. In questi dialoghi Platone alla modalità narrativa del mito che supporta la ricerca filosofica quando questa si spinge ai confini del pensabile producendo effetti pedagogici. 3. dialoghi della vecchiaia o dialettici: Platone scrive questi dialoghi nei suoi ultimi vent'anni della sua vita e sviluppa la dialettica, il procedimento razionale di cui si avvale l'indagine filosofica, volto alla ricerca della definizione delle cose. Egli la utilizza per rivedere criticamente le dottrine esposte nelle opere precedenti e per affrontare le obiezioni che gli erano state sollevate 3. L'ONTOLOGIA: LA TEORIA DELLE IDEE MONDO SENSIBILE E MONDO INTELLIGIBILE La filosofia platonica si può considerare una sintesi tra la filosofia di Parmenide e la filosofia di Eraclito. Platone fa conciliare questi due concetti attraverso la teoria dualistica ovvero secondo il filosofo le osservazioni che effettuiamo con i nostri occhi non ci permettono di cogliere la vera realtà ma soltanto un'apparenza di realtà che egli definisce mondo sensibile in cui si trovano cose concrete delle quali facciamo esperienza tramite i sensi. Platone ritiene che le cose che si trovano nel mondo sensibile e gli avvenimenti che vi accadono siano configurati e organizzati secondo principi generali, le idee che si trovano a un livello superiore di realtà, che egli mondo intellegibile. Le cose del mondo sensibile sono entità materiali, mentre le idee no, sono immateriali e in più mentre le cose del mondo sensibile esistono in molteplici esemplari, le idee sono uniche. Infine mentre le cose del mondo sensibile sono osservabili medianti i sensi, le idee possono essere conosciute mediante l'intelletto. CHE COS'E UN IDEA, CONCETTO DI MIMESI Le idee platoniche sono idee immateriali, che esistono indipendentemente da quello che accade nelle singole menti, che hanno le caratteristiche dell'essere di Parmenide tranne sulla questione della molteplicità: non si trovano nello spazio attorno a noi, nemmeno nelle nostre menti anche se le nostre menti possono conoscerle tramite l'intelletto. Le idee esistono nel mondo intelligibile, che è al di fuori dello spazio e del tempo e sono pertanto eterne e immutabili, chiamato iperuranio. Inoltre le idee funzionano come modello o da paradigma per le cose, sono il modello perfetto da cui le cose imperfette traggono la loro forma, il loro essere. Quindi la relazione che lega il mondo sensibile al mondo intelligibile è una relazione di imitazione (mimesi) che secondo Platone porta in sé un grado di imperfezione perché non esiste un'immagine talmente precisa da coincidere perfettamente con l'oggetto raffigurato. PARTECIPAZIONE E PRESENZA Platone caratterizza la relazione tra idee del mondo intelligibile cose del mondo sensibile in termini di partecipazione e di presenza. La partecipazione (metessi) significa che le cose, in quanto imitazioni delle idee prendono parte all'esistenza delle idee. La presenza (parusia) significa che le cose, nell'imitare le idee e nel partecipare all'esistenza delle idee approssimandosi alle loro proscrizioni, rendono presenti nel mondo sensibile le idee stesse. IDEA DI BENE: pag 172 LA GERARCHIA DELLE IDEE Nell'ontologia di Platone, la sua teoria dell'essere, la realtà si articola in due livelli: un livello inferiore, il mondo sensibile, in cui si trovano le cose di cui facciamo esperienza con i nostri sensi; e un livello superiore, il mondo intelligibile, in cui si trovano le idee che possiamo conoscere soltanto mediante la facoltà dell'intelletto. 4. LA TEORIA DELLA CONOSCENZA Il mito della caverna Nella Repubblica, Socrate spiega al suo interlocutore Glaucone la differenza tra l'esperienza del mondo sensibile e la conoscenza del mondo intelligibile. Socrate chiede a Glaucone di immaginare dei prigionieri che vivono fin dalla nascita chiusi dentro una caverna e incatenati gambe e collo, in modo tale da restare fermi e guardare solo in avanti, senza poter girare il collo a causa delle catene. Alle spalle dei prigionieri c'è un fuoco che proietta luce sulla parete di fronte. Davanti al fuoco c'è un muro e nello spazio tra fuoco e muro si muovono degli uomini che portano oggetti di varie forme. Dunque, le uniche cose che i prigionieri percepiscono sono le ombre degli oggetti trasportati dagli uomini liberi invece che le cose come sono e dal loro punto di vista, il mondo delle ombre appare come se fosse il mondo vero. Socrate prosegue il suo racconto prospettando l'ipotesi di un individuo che si libera dalle catene che lo tenevano immobilizzato e che trova un'uscita verso l'esterno. All'inizio il prigioniero è in difficoltà, è abbagliato dalla luce ed è portato a giudicare più vere le ombre che vedeva prima rispetto alle cose che gli sono mostrate ora. Un po' alla volta, si abitua alla nuova condizione, passando dall'osservare delle ombre, a quella delle immagini riflesse nell'acqua, per poi guardare gli astri, la luna e il sole. Socrate spiega a Glaucone che il filosofo si trova in una situazione analoga a quella del prigioniero liberato. Il filosofo si distingue dalle persone comuni perché si libera dall'illusione che la realtà si riduca a quello che ci appare, e riconosce che a esistere realmente sono le idee. Inoltre, se per il prigioniero uscito dalla caverna il punto di arrivo del processo di liberazione è la scoperta del sole, dalla cui luce dipende l'esistenza e la conoscibilità di tutte le altre cose, per il filosofo, analogamente è la scoperta dell'idea di Bene, il vertice del mondo intelligibile, da cui dipende l'esistenza e la conoscibilità di tutte le altre idee. I presupposti della conoscenza I prigionieri rappresentano gli esseri umani imprigionati nel mondo sensibile e l'uscita dalla caverna è il processo che permette di accedere alla conoscenza del mondo intelligibile. Ma come è possibile che una persona che si trova nel mondo sensibile sia in grado di conoscere le idee che si trovano ne mondo intelligibile? Tali questioni sono affrontate nel Menone, nel Fedone e nella stessa Repubblica. Per Platone, l'anima non appartiene al mondo sensibile, sebbene si trovi imprigionata in un corpo che appartiene al mondo sensibile. L'anima è qualcosa di immateriale e immortale, come le idee e che prima di calarsi nel mondo sensibile incarnandosi in un certo corpo, ha avuto accesso al mondo intelligibile e ha conosciuto le idee. Tuttavia, una volta unitasi con il corpo, l'anima è distratta dalla molteplicità di cose che le si presentano nel mondo sensibile, e tende a dimenticare le idee che aveva contemplato nel mondo intelligibile ma il ricordo delle idee continua a rimanere nel profondo dell'anima, solo che deve essere riattivato. La conoscenza come reminiscenza Per Platone la conoscenza consiste proprio nella reminiscenza (anamnesi) ossia nella riattivazione, all'interno del mondo sensibile, del ricordo delle idee precedentemente contemplate nel mondo intelligibile. Una persona conosce perché le cose di cui fa esperienza nel mondo sensibile risvegliano nell'anima il ricordo delle idee contemplate nell'iperuranio, di cui le cose non sono che imitazioni. Quando viene ricordata un'idea questa suscita la ricerca e il ricordo delle altre e questo fenomeno si chiama innatismo ossia la teoria che afferma che la mente possiede fin dalla nascita conoscenze che le appartengono da sempre e che non sono acquisite nel tempo con l'esperienza. I gradi della conoscenza La teoria della reminiscenza spiega come conosciamo le idee del mondo intelligibile mentre le cose del mondo sensibile vengono percepite tramite i sensi. L'esperienza sensibile consente una forma di conoscenza imperfetta: l'opinione o doxa, una forma di conoscenza che nel mito della caverna è posseduta dai prigionieri. La conoscenza intellettiva riguarda invece il mondo immutabile ed eterno delle idee cui si accede tramite la reminiscenza e permette di raggiungere il livello della conoscenza vera e propria: la scienza o episteme che nel mito questa modalità di conoscenza è conseguita dal prigioniero liberato. Nella Repubblica Platone chiarisce come sia la doxa sia l'episteme si articolino a loro volta in vari livelli: ● Il grado più basso dell'esperienza sensibile è la congettura o immaginazione (eikasia) mediante la quale non entriamo in rapporto direttamente con le cose ma soltanto con le loro immagini. A un livello superiore si trova la credenza percettiva (pistis), mediante la quale si sperimenta attraverso i sensi le cose del mondo sensibile. Il grado più basso dell'esperienza intelligibile è la conoscenza discorsiva (dianoia) frutto di un discorso razionale che procede mediante ragionamenti deduttivi derivando conclusioni dalle premesse (sapere matematico). A un livello. superiore si trova la conoscenza intuitiva delle idee (noesis) che Platone giustifica con la teoria della reminiscenza. 5. LA PSICOLOGIA: NATURA E DESTINO DELL'ANIMA Anima e corpo Una persona non consiste soltanto di un corpo ma anche di un'anima che contempla direttamente le idee prima di incarnarsi nel corpo, e che una volta che si è incarnata, le apprende ricordando. Tuttavia il legame anima-corpo complica il processo della teoria della reminiscenza delle idee perché il corpo condiziona l'anima tramite bisogni, desideri, emozioni distraendola della sua funzione più importante ossia la conoscenza delle idee e per accedere al mondo intelligibile occorre che l'anima si purifichi dall'influenza del corpo. L'esigenza della purificazione dell'anima del corpo è uno dei temi centrali del Fedone, dialogo in cui Platone racconta le ultime ore di Socrate prima di morire in cui egli dichiara di non aver paura di morire perché la morte consiste nella separazione dell'anima dal corpo che la imprigiona ostacolandola nella ricerca del sapere. La filosofia può essere intesa come una preparazione alla morte in cui Socrate suggerisce che l'anima deve considerare la propria prigionia non come una punizione ingiusta ma come un'occasione per purificarsi e progredire nella conoscenza e che la morte costituisce solo un passaggio da una fase all'altra della sua esistenza. Immortalità e reincarnazione: il mito di Er Nel Fedone Platone supporta la tesi dell'immortalità dell'anima seguendo tre diverse linee argomentative: La prima sostiene che se l'anima ha la stessa natura delle idee, ovvero incorruttibili anche l'anima deve esserlo. ● La seconda sostiene che l'anima ha come principio di riferimento l'idea di vitae quindi non può trasformarsi in qualcosa di estraneo a ● questo principio ossia la morte (non può morire). La terza sostiene che le cose si generano dal proprio contrario e quindi la vita si genera dalla morte. Alla riflessione dell'immortalità si collega il destino e questo tema viene affrontato da Platone nella parte conclusiva della Repubblica tramite il mito di Er. Caduto in battaglia e risuscitato dopo dodici giorni, il soldato Er riferisce ai suoi commilitoni quello che ha visto nell'aldilà, spiegando che non sono gli dei a scegliere quale vita toccherà all'anima nella prossima incarnazione che la attende bensì la stessa anima. Gli dei sono lì soltanto per far sì che le anime compiano utonomamente la propria scelta. Poi Er assiste allo spettacolo delle singole anime intente a scegliere la propria vita consultando un vasto repertorio di modelli e dopo aver scelto, le anime sono invitate a bere l'acqua del fiun Lete, che fa loro dimenticare la cerimonia cui hanno partecipato prima di iniziare la propria esistenza terrena. Soltanto Er non beve in modo tale da raccontare, quando torna tra i vivi, l'accaduto senza aver dimenticato. Il mito mostra che il tipo di vita che una certa persona di ritrova a vivere è l'esito di una scelta che la sua stessa anima ha compiuto deliberatamente prima dell'incarnazione. Com'è fatta l'anima? L'anima non è un blocco unitario ma è formata da tre parti in tensione tra loro: l'impeto, la parte irascibile (thymos) è la sfera delle emozioni e delle passioni basate su nobili ideali perché incoraggia l'anima a compiere grandi azioni in nome di grandi ideali, spingendola verso il regno delle idee. Tuttavia è una componente emotiva e affinché il suo effetto sull'anima sia benefico, occorre che sia governato dalla forza della ragione. l'istinto, la parte concupiscibile (epithymia) è la sfera delle pulsioni e degli appetiti finalizzati al benessere del corpo. Essa rende possibile la sopravvivenza e la procreazione ma è dunque compito della ragione governare l'istinto affinché il suo effetto sull'anima sia benefico, non distogliendola dal suo obiettivo. la ragione, la parte razionale (logos) ha la funzione di guidare e indirizzare le altre due componenti dell'anima, evitando che la loro impetuosità o impulsività finisca per nuocere al benessere dell'anima nel suo complesso. Il mito della biga alata Nel Fedro, Socrate illustra la suddivisione dell'anima in tre parti ricorrendo all'immagine di una biga alata: un carro trainato da due cavalli muniti di ali capace di volare attraverso l'iperuranio. Il cavallo bianco, obbediente e fedele, rappresenta l'impeto, il secondo cavallo, quello nero, indocile, simboleggia invece l'istinto. Il compito dell'auriga, che raffigura ragione, consiste nel cercare di guidare la biga, tentando di favorire il più possibile il movimento del cavallo bianco, che spinge l'anima verso il mondo intelligibile, ma tenendo conto anche dei movimenti del cavallo nero, perché anch'esso fa parte dell'anima. Anche se l'obiettivo primario dell'anima è accedere al mondo intelligibile la soluzione non può consistere nel sopprimere il cavallo nero, cioè l'istinto, che tende a trascinare l'anima verso le cose concrete del mondo sensibile perché è una componente essenziale dell'anima tanto quanto lo è il cavallo bianco. La sfida che si presenta all'auriga consiste piuttosto nel mediare fra le due spinte contrapposte, cercando un equilibrio fra l'impeto e l'istinto, nell'interesse dell'anima nel suo complesso. Amore e bellezza Platone affronta il tema dell'amore nel Fedro e nel Simposio come mediazione razionale tra impeto e istinto. Nel Fedro Socrate usa l'immagine della biga alata per spiegare a Fedro in che cosa consiste l'esperienza dell'amore spiegando che l'auriga e il cavallo bianco siano trascinati dal cavallo nero verso la bellezza sensibile del corpo dell'amato. Quindi l'istinto dà avvio a una ricerca che si indirizza inizialmente verso i corpi del mondo sensibile ma che sotto la guida della ragione e tramite la forza dell'impeto, può essere reindirizzata verso l'idea di Bellezza che risiede nel mondo intelligibile. I miti dell'androgino e della nascita di Eros Il tema dell'amore è al centro anche del Simposio, un dialogo nel quale i vari convitati a un banchetto fanno un proprio discorso in onore di Eros, dio dell'amore. Aristofane Aristofane racconta come in origine l'umanità fosse divisa in tre generi: maschi, femmine e andrògini, creature composte di una parte maschile e di una femminile. Tutti questi esseri erano "doppi", avevano due teste, quattro braccia, quattro gambe, e tentavano di scalare l'Olimpo. Per questo motivo vennero puniti dagli dei, i quali divisero ciascuno di essi in due individui (maschio e femmina nel caso dell'androgino, entrambi maschi o femmine nel caso degli altri due esseri maschili e femminili) e da allora le due metà separate non trovano pace e vanno in cerca l'una dell'altra nel desiderio di ricongiungersi a formare la creatura originaria. Attraverso questo mito Aristotele descrive l'amore come la ricerca, da parte di ognuno della metà di cui risulta mancante. Socrate Socrate precisa la natura dell'amore come aspirazione verso ciò di cui si avverte la mancanza raccontando il mito della nascita di Eros, riferitogli da una sacerdotessa di nome Diotima. Secondo il mito, Eros, ha come padre Poro, il dio della scaltrezza e dell'ingegno, e come madre Penia, la personificazione della povertà che hanno concepito nel giorno della nascita di Afrodite. L'amore. nasce dunque da Penia, la povertà, e in tal senso è destinato a cercare di colmare una mancanza ma è anche figlio di Poro che è capace di ricorrere ai più ingegnosi espedienti al fine di procurarsi quello che gli manca. Infine, l'amore è stato concepito in concomitanza con la nascita di Afrodite, la dea dell'amore e della bellezza, e quindi quello che manca a Eros, ciò di cui egli va in cerca, è qualcosa di intimamente connesso all'idea di Bellezza. Platone chiarisce che la bellezza ha diversi livelli, cui si accede gradualmente. La vera bellezza cui l'amore deve tendere è l'idea di Bellezza. L'amore sensuale è il modo in cui si entra inizialmente in contatto, in maniera imperfetta, con l'idea di Bellezza ed è il modo in cui prende avvio quel processo di elevazione spirituale che conduce l'anima dal mondo sensibile al mondo intelligibile. 6. LA POLITICA: GIUSTIZIA, COLLETTIVITÀ, EDUCAZIONE Dalla conoscenza all'azione: il ritorno alla caverna Il prigioniero che ha imparato a vivere da uomo libero è tenuto a ornare nella caverna per aiutare anche gli altri prigionieri a liberarsi. Gli occhi del prigioniero liberato, ormai abituati alla luce del sole, fanno fatica a riadattarsi all'oscurità della caverna e inoltre gli altri prigionieri si oppongono al tentativo di liberarli, perché lo stato di incatenamento è la condizione cui sono abituati. Il Socrate della Repubblica paragona la condizione del prigioniero liberato a quella del filosofo che, pur avendo avuto accesso al mondo intelligibile, torna a occuparsi delle faccende del mondo sensibile per guidare gli altri uomini sulla via della virtù e del sapere, ma viene ricambiato con l'odio e con la morte. Eppure, anche a costo di mettere a repentaglio la propria vita, questo è ciò che il filosofo deve fare ossia tornare nella caverna, e cercare di condividere con gli altri suoi compagni esiti della propria ricerca. La virtù che deriva dal sapere consiste non nel rimanere isolati, costruire che i propri simili vivano nell'ignoranza, bensì nel renderli partecipi tale sapienza e nell'aiutarli a organizzare nel modo migliore la vita della collettività per far sì che lo Stato sia amministrato da persone che possiedono sapere al massimo grado e che dunque trasmetterlo agli altri. L'esito della ricerca sapere è la partecipazione alla vita pubblica, ovvero la vita politica. Dall'interrogativo sulla giustizia all'indagine sulla polis L'esistenza e il benessere della società dipendono dalla giustizia, tema principale della Repubblica. Con l'obiettivo di rispondere al quesito "che cos'è la giustizia?", Socrate procede come suo solito mettendo in crisi con obiezioni e domande i tentativi di definizione che i suoi interlocutori gli sottopongono, ma questa volta la ricerca della definizione non termina con un'aporia perché la teoria delle idee ha mostrato che c'è modo di scoprire che cosa sono realmente i valori. Per capire che cos'è la giustizia occorre focalizzarsi sulla collettività, su come le persone vivono insieme cercando di cooperare per favorire il benessere di tutti. Gli esseri umani si riuniscono a formare una comunità perché da soli non riescono a soddisfare i loro bisogni e desideri. Nella Repubblica, Socrate spiega che membri di una comunità si suddividono i compiti in modo da garantire tre attività fondamentali: agricoltura per fornire il cibo; la manifattura per fabbricare case, vestiti, calzature e attrezzi; il commercio per far circolare cibo e manufatti. Tuttavia non è abbastanza perché occorrono anche medici che si prendano cura delle debolezze fisiche custodi che facciano fronte ai cedimenti e delle loro anime. Socrate distingue due tipi di custodi: i governanti, che prendono decisioni sulla vita in comune, e i guerrieri, che, oltre a difendere dagli nemici esterni, vigilano affinché le decisioni prese dai governanti siano attuate e rispettate. Una comunità governata dai custodi prende il nome di Stato, e le persone che ne fanno parte sono i suoi cittadini. Lo Stato ideale è articolato da tre classi: 1. produttori ossia artigiani, agricoltori, commercianti e medici 2. guerrieri che difendono la comunità 3. governanti che svolgono funzioni di guida Per Socrate per capire l'idea di Giustizia bisogna esaminare il funzionamento di tale Stato ideale e capire come devono relazionarsi le tre categorie di cittadini. Il funzionamento ideale dello Stato Nel modello ideale di Stato descritto da Socrate nella Repubblica ogni classe sociale deve essere composta da individui con caratteristiche adatte alla funzione loro assegnata. I produttori hanno mansioni pratiche, i guerrieri si richiede forza e ai governanti si richiede l'eccellenza nel sapere. Socrate identifica la figura del governante con quella del filosofo. Governanti e guerrieri, in quanto custodi, sono esentati da attività produttive, e dunque i produttori sono tenuti a garantirne la sussistenza e il benessere. Perché lo Stato funzioni appropriatamente, i governanti guerrieri devono esercitare il potere sui produttori, in modo da evitare che le inclinazioni individualistiche ed egoistiche di questi ultimi nuocciano all'interno della comunità. Tuttavia governanti e guerrieri, in quanto custodi, devono esercitare il potere sui produttori esclusivamente nell'interesse della comunità e affinché ciò accada, spiega Socrate, occorre che i custodi non siano soggetti vincoli familiari e non posseggano beni materiali altrimenti potrebbero tentati di agire nell'interesse esclusivo della propria famiglia o per incrementare i propri beni La forma di governo migliore e le degenerazioni del potere Lo Stato ideale descritto nella Repubblica corrisponde a un'aristocrazia del sapere e della ragione. Nella Repubblica, Socrate individua quattro forme di degenerazione del potere: la timocrazia per cui l'ambizione e l'orgoglio soverchiano l'interesse comune; l'oligarchia per cui il potere si concentra nelle mani di una minoranza di cittadini all'avido accumulo di ricchezze; la tirannide per cui prevalgono i desideri smodati e l'arbitrio individuale di un unico individuo, il tiranno, che ha il dominio assoluto. La democrazia che si ha quando i detentori del potere non esercitano un'autorità sufficiente, cosicché la maggior parte dei cittadini persegue i La giustizia come armonia tra le parti L'idea di Giustizia: propri interessi particolari a scapito del bene comune. ● L'educazione come garanzia di giustizia Uno Stato è giusto soltanto se i suoi custodi sono uomini giusti, cioè in possesso del sapere che permette loro di esercitare la virtù. Un uomo che appartiene alla classe dei produttori potrebbe anche non agire in modo virtuoso, nel qual caso i custodi bloccherebbero e sanzionerebbero le sue azioni nocive. Se invece fossero i custodi ad agire in modo nocivo per lo Stato, allora non ci sarebbe nessun rimedio, dato che sono i custodi stessi a detenere il potere. Socrate spiega che i custodi devono essere devono essere sottoposti a una rigida disciplina che li induca ad apprezzare l'importanza dell'equilibrio e della bellezza. Nella prima fase dell'educazione le tre discipline fondamentali sono la ginnastica, l'arte e la matematica. La dialettica come vertice dell'educazione Il processo educativo dei custodi culmina con la dialettica che si articola in due procedimenti: ● a livello politico, è l'armonia fra le tre classi dello Stato e nasce se ognuna svolge il compito che le è proprio, sotto la guida dei custodi. a livello individuale è l'armonia fra le tre parti dell'anima sotto la guida della ragione. l'unificazione, consiste nel ricondurre situazioni particolari all'idea universale comune sottostante la suddivisione che consiste nell'articolare un'idea generale nelle sue parti La critica dell'arte L'arte può essere nociva per i cittadini quando distoglie i giovani dall'obiettivo principale della conoscenza. Inoltre può rappresentare un inganno, perché, riproducendo le cose naturali che a loro volta sono copia delle idee, risulta essere un'imitazione dell'imitazione. L'ULTIMA FASE DELLA RIFLESSIONE PLATONICA Nei dialoghi della vecchiaia Platone torna a riflettere su alcuni temi trattati nelle opere recedenti, concependo soluzioni innovative per le questioni che lasciavano aperte. I principali interrogativi di Platone sono: come è articolato il mondo delle idee e come può essere conosciuto? come si spiega la derivazione del mondo delle cose dal mondo delle idee? ONTOLOGIA E TEORIA DELLA CONOSCENZA Problemi per la teoria delle idee Platone aveva sostenuto che la realtà non si trova nelle apparenze mutevoli e transitorie del mondo sensibile me nelle idee eterne e immutabili del mondo intelligibile. Parmenide aveva sostenuto una posizione analoga, distinguendo tra l'ambito illusorio delle apparenze e il regno perfetto e immutabile dell'essere. Nel confronto con questo filosofo, Platone, impegnato nella revisione e nell'approfondimento del proprio pensiero, rileva alcune difficoltà nella teoria delle idee. Nel Parmenide Platone immagina l'incontro tra Socrate che propone la teoria delle idee e Parmenide che la critica, alla quale contrappone la sua concezione dell'essere. Nella discussione tre sono le obiezioni principali che Parmenide (e quindi Platone, in una prospettiva autocritica) solleva contro la teoria delle idee. 1. Secondo la teoria delle idee, il mondo intelligibile è formato da idee matematiche (come pari e dispari) e da idee-valore come Bene, Bellezza e Giustizia. Ma esistono anche altre idee come Uomo, Acqua, Fango o Sporcizia. Quindi anche le idee di cose di scarso valore, essendo anch'esse perfette in quanto idee e sarebbero incluse nel mondo ideale al pari delle più importati come se non ci fosse tra esse differenza: una prospettiva che risulta incompatibile con la concezione platonica delle idee. 2. Secondo la teoria delle idee, il mondo intelligibile configura il mondo sensibile tramite una relazione tra le idee e le cose caratterizzabile come imitazione, partecipazione e presenza. Parmenide non è d'accordo perché se un'idea fosse in relazione con le cose del mondo sensibile allora perderebbe quella peculiare unità che la costituisce come idea. 3. La relazione tra idee e cose si espone con l'argomento del terzo uomo. Parmenide osserva che la relazione tra un'idea e l'insieme delle cose che la illustrano è a sua volta un'idea. Ma lo stesso ragionamento si può ripetere all'infinito e in questo modo si introduce una moltiplicazione all'infinito delle idee che per Parmenide contraddice l'unità dell'essere. Soltanto l'essere è, in quanto unità perfetta, assoluta e impenetrabile. L'essere è e non può non essere, tutto il resto è illusione. Un mondo intelligibile composto da una molteplicità di idee che funzionano come modelli per le cose del mondo sensibile finirebbe per spezzare l'unità dell'essere, confondendolo con il non essere e generando incongruenze e assurdità. I generi sommi e l'articolazione del mondo intelligibile I problemi della teoria delle idee sono affrontati da Platone nel Parmenide, nel Sofista e nel Politico. In questi dialoghi Platone si sofferma sulla struttura del mondo intelligibile mostrando che esso non è un contenitore di idee alla rinfusa, come pensava Parmenide, e presenta invece una complessa articolazione interna. Le idee si possono ricondurre a cinque generi che Platone nel Sofista definisce generi sommi: Essere, Identità, Differenza, Stasi, Mutamento. L'Essere, L'Identità e la Differenza sono esemplificati da tutte le cose e da tutte le idee: qualunque cosa o idea, per il fatto di essere quello che è, esemplifica l'Essere. Inoltre qualsiasi cosa o idea esemplificata l'Identità, essendo identica a sé stessa; ed esemplifica la Differenza, essendo diversa dalle altre cose o idee. Essere, Identità e Differenza sono compatibili. Invece la Stasi e il Mutamento si escludono a vicenda, rappresentando condizione contrarie: se qualcosa sta mutando, allora non è statico e il contrario. Platone supera le aporie emerse nel Parmenide facendo coincidere l'idea di Differenza al non essere. Quando si dice che qualcosa non è, non si sta affermando che non esiste ma solo che è differente da qualcos'altro. Il non essere, inteso come Differenza, è ben distinto dal non essere inteso come nulla assoluto e questo si chiama "parmenicidio". Parmenide sosteneva che il non essere è il nulla mentre Platone mostra invece che il non essere va inteso come "differenza". Il problema della conoscenza e dell'errore Nei dialoghi precedenti Platone aveva cercato di spiegare come l'anima conosca le idee tramite la teoria della reminiscenza, nella fase successiva egli si pone invece l'obiettivo di definire la conoscenza stessa e lo affronta nel dialogo chiamato Teeteto. Inizialmente Teeteto propone di identificare la conoscenza con la sensazione perché sembra funzionare come fonte primaria di conoscenza. Socrate riconduce la proposta di Teeteto alla teoria del sofista Protagora per cui l'uomo è la misura di tutte le cose; tale teoria non è in grado di fornire una definizione soddisfacente della conoscenza, perché la riduzione di una forma dil relativismo, considerando soltanto sensazioni soggettive che riguardano esclusivamente l'interiorità di una singola persona, mentre la conoscenza è un sapere che è necessario condividere con gli altri, e che può essere oggetto di comunicazione e insegnamento. Teeteto propone allora un'altra definizione, secondo la quale la conoscenza non ha la natura di una sensazione soggettiva, bensì la forma di un giudizio comunicabile e condivisibile. La conoscenza è sostenere che una certa cosa ha una certa caratteristica che anche gli altri possono verificare. Teeteto perviene così a una terza definizione di conoscenza: un'opinione che non è solo vera, ma anche giustificata, cioè fondata su una giustificazione razionale (lógos). Tale indagine può essere condotta soltanto ricorrendo alla dialettica, la disciplina che permette di indagare le connessioni che sussistono tra le idee rivelando la struttura del mondo intelligibile. COSMOLOGIA La derivazione del mondo sensibile La questione della derivazione del mondo sensibile da quello intelligibile è affrontata da Platone in alcuni passaggi del Politico e del Filebo, e costituisce il tema principale del dialogo intitolato Timeo. Il protagonista, l'astronomo pitagorico Timeo, spiega a Socrate la derivazione del mondo sensibile dal mondo intelligibile servendosi di un mito. Al centro del racconto vi è il demiurgo che produce il mondo sensibile, ovvero il cosmo, prendendo come modelli le idee del mondo intelligibile e plasmando una materia informe preesistente, che inizialmente non è altro che uno spazio indeterminato chiamato chóra. Il demiurgo plasma la chóra per realizzare il mondo così come un vasaio plasma la creta. Egli, essendo buono e intelligente, modella il Cosmo in vista del Bene supremo, ed è per questo che nell'universo ogni cosa tende al meglio. Nella sua opera il demiurgo fa riferimento a un modello matematico, ispirandosi all'ordine che regna nel mondo delle idee, perfetto e caratterizzato da assoluta proporzione. Il cosmo plasmato dal demiurgo ha nel complesso una forma sferica, ma al suo interno si differenziano quattro elementi fondamentali: acqua, aria, terra e fuoco (ciascuno associato a una specifica forma geometrica) che egli combina in vari modi per creare la varietà delle cose esistenti. L'attività del demiurgo impone alla chóra non soltanto un ordine spaziale basato sulle forme geometriche, ma anche un ordine temporale. Il cosmo forgiato dal demiurgo è <<immagine»> dell'eternità in quanto plasmato sul modello delle idee eterne, ma è un'immagine «mobile»> perché al suo interno scorre il tempo.