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Karl Marx, vita e pensiero

10/2/2023

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KARL MARX
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KARL MARX LA VITA Karl Marx nasce in Germania nel 1818 da una famiglia ebrea. Per mezzo del padre, Marx riceve un'educazione a stampo razionalistico e liberale. Nel 1835-1836 si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza e studia a fondo la filosofia di Hegel. Si dedica al giornalismo politico e nel 1843 si trasferisce a Parigi, dove stringe amicizia con Friedrich Engels, un'amicizia che durerà tutta la vita. Sempre nel 1843 termina la stesura della Critica della filosofia del diritto di Hegel, in cui comincia a misurarsi con i problemi della filosofia politica moderna. Espulso dalla Francia, si trasferisce a Bruxelles, dove scrive La sacra famiglia con Engels. Nel 1848, su incarico della Lega dei comunisti, scrisse con Engels il "Manifesto del Partito comunista". Quando scoppiò la rivoluzione in Germania rientrò a Colonia come direttore del "Neue Rheinische Zeitung". Fallito il movimento rivoluzionario, ritornò a Parigi per poi rifugiarsi a Londra dove, nel 1864, ebbe un ruolo di primo piano nella fondazione dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori -AIL- (intellettuali, operai, contadini), sorta per coordinare la lotta anticapitalistica nel mondo. Morì a Londra nel 1883. LE OPERE PRINCIPALI • Manifesto del partito comunista (1848); ● Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica (1857/58); Per la critica dell'economia politica (1859); Il Capitale (1867). ● LE CARATTERISTICHE GENERALI DEL MARXISMO Parte fondamentale del pensiero di Marx è la...

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Didascalia alternativa:

sua irriducibilità alla dimensione puramente filosofica, sociologica o economica e il suo porsi come analisi globale della società e della storia. Un secondo contrassegno del marxismo è costituito dal suo legame con la prassi, ovvero dalla sua tendenza a fornire un'interpretazione dell'uomo e del mondo che sia nello stesso tempo anche impegno di trasformazione rivoluzionaria. Le influenze culturali che stanno alla base del marxismo sono tre: -la filosofia classica tedesca, da Hegel a Feuerbach; -l'economia politica borghese; -il pensiero socialista. LA CRITICA AL MISTICISMO LOGICO DI HEGEL L'hegelismo ha esercitato su Marx un notevole influsso anche quando Marx si allontanerà maggiormente da Hegel. Il primo testo in cui Marx si misura con il maestro è la Critica della filosofia del diritto di Hegel, formato da due momenti: filosofico-metodologico e storico-politico. Il primo momento colpisce il metodo di Hegel, cioè il suo modo stesso di filosofare. Secondo Marx lo stratagemma di Hegel consiste nel trasformare le realtà empiriche in manifestazioni necessarie dello Spirito. Ciò significa che, invece di limitarsi a constatare, ad esempio, la monarchia, Hegel afferma che lo Stato presuppone per forza una sovranità, la quale si incarna necessariamente nel monarca, poichè ciò che è necessario, per Hegel, è anche razionale, egli deduce la piena "logicità" della monarchia. Questo procedimento hegeliano è definito da Marx come misticismo logico, poiché in virtù di esso le istituzioni, anzichè comparire per ciò che di fatto sono, finiscono per essere allegorie o personificazioni di una re spirituale che se ne sta occultata dietro di esse. Marx arriva alla concl ione che essa è il risultato del capovolgimento idealistico tra soggetto e predicato, tra concreto e astratto. Marx oppone al metodo "mistico" di Hegel il proprio metodo trasformativo, che consiste nel riconoscere di nuovo ciò che è veramente soggetto e ciò che è predicato. LA CRITICA ALLO STATO MODERNO E AL LIBERALISMO Alla base della teoria di Marx vi è la critica globale della civiltà moderna e dello Stato liberale. Il punto di partenza del discorso di Marx è la convinzione che la categoria del moderno si identifichi con quella della "scissione", che prende corpo nella frattura tra società civile e Stato. Nel mondo moderno l'uomo è costretto a vivere due vite: una in terra come broghese, cioè nell'ambito dell'egoismo e l'altro in cielo come cittadino, ovvero nella sfera superiore dello Stato e dell'interesse comune. Il "cielo" dello Stato, secondo Marx, è puramente illusorio, poiché la sua pretesa di porsi come organo che persegue l'interesse comune è falsa. Infatti è la società civile che sussume in sé lo Stato, "abbassandolo" a semplice strumento degli interessi particolari. Lo Stato non fa che riflettere e sancire gli interessi particolari dei gruppi e delle classi. La civiltà moderna rappresenta la società dell'egoismo e, nello stesso tempo, la società della fratellanza e delle universalità "illusorie". Di conseguenza, commenta Marx, come i cristiani, pur essendo tutti disuguali in terra, si consolano pensando di essere tutti uguali in cielo, allo stesso modo gli individui dell'epoca borghese, pur essendo tutti disuguali nella società civile, si consolano pensando di essere tutti uguali di fronte allo Stato. Secondo Marx la falsa universalità dello Stato deriva dal tipo di società che si è formata nel mondo moderno. Marx scorge i tratti essenziali della civiltà moderna nell'individualismo e nell'atomismo, ossia nella separazione del singolo dal tessuto comunitario. Questo lo porta a rifiutare tutti gli aspetti della civiltà liberale, compresi il principio della rappresentanza e il principio della libertà individuale. Egli ha in mente un modello di democrazia "sostanziale" in cui esiste una sorta di compenetrazione perfetta tra individuo e comunità. L'unico modo per realizzare una comunità solidale è l'eliminazione delle disuguaglianze reali tra gli uomini e del fondamento di ogni diseguaglianza: la proprietà privata. L'arma alla quale ricorre è la rivoluzione sociale, il cui soggetto esecutore è il proletariato. LA CRITICA ALL'ECONOMIA BORGHESE Marx critica l'economia borghese poiché secondo lui fornisce un'immagine mistificata del mondo borghese, considerando il sistema capitalistico l'unico sistema economico applicabile. Essa inoltre non scorge la sostanziale conflittualità che la caratterizza, ovvero l'opposizione tra borghesia e proletariato, che lui identifica nell'alienazione. A differenza di Hegel e Feuerbach, che la considerano un'operazione di natura ideale e coscienziale, Marx la considera un processo reale e concreto, la condizione dell'operaio e del suo salario nel sistema capitalistico, causata dalla proprietà privata dei mezzi di produzione. L'alienazione dell'operaio è descritta tramite quattro aspetti: -Alienazione rispetto al prodotto della sua attività: l'operaio produce il capitale, che non appartiene a lui ma al capitalista. -Alienazione rispetto alla sua stessa attività: è il lavoro forzato nel quale l'uomo è uno strumento per fini estranei (profitto del capitalista), causando un rovesciamento dell'essenza dell'uomo, che si sente bestia quando dovrebbe sentirsi uomo (lavoro) e uomo quando dovrebbe sentirsi bestia (mangiare, bere e procreare). -Alienazione rispetto alla propria essenza (Wesen): l'operaio è costretto al lavoro forzato, mentre l'unica cosa che differenzi l'uomo dall'animale è proprio il lavoro libero e creativo. -Alienazione rispetto al prossimo: il prossimo dell'operaio è il capitalista, che lo tratta come mezzo, portando il rapporto con lui ad un rapporto necessariamente conflittuale. Il superamento dell'alienazione avviene con il superamento del regime della proprietà privata e con l'avvento del comunismo. La storia si figura come il luogo di perdita e riconquista dell'uomo della propria essenza (in Hegel la coscienza si perde in tante figure e ritrova se stessa nello Spirito Assoluto, in Marx l'uomo si perde nella civiltà di classe per poi ritrovarsi nella società comunista. IL DISTACCO DA FEUERBACH E L'INTERPRETAZIONE DELLA RELIGIONE IN CHIAVE SOCIALE Secondo Marx, la principale "rivoluzione teoretica" di Feuerbach consiste nella rivendicazione della naturalità e nel rifiuto dell'idealismo teologizzante di Hegel, che ha ridotto l'uomo ad autocoscienza e manifestazione di un soggetto spirituale infinito. In particolare, Feuerbach ha avuto il merito di teorizzare il "rovesciamento materialistico" di soggetto-predicato, concreto-astratto, che ha permesso la "demistificazione" della dialettica hegeliana. Tuttavia, allo stesso tempo, lo ammonisce perché pur avendo rilevato la naturalità dell'uomo ha perso di vista la sua storicità, non rendendosi conto che l'uomo, più che natura è società, e quindi storia. Di conseguenza rompendo con Feuerbach e con l'antropologia che parlava dell'uomo come di un'essenza atemporale, sostie che l'individuo è reso tale dalla società storica in cui egli vive, per cui non esiste "l'uomo” in astratto, ma l'uomo figlio e prodotto di una determinata società e di uno specifico mondo storico. In tal modo, Marx corregge Hegel con Feuerbach e Feuerbach con Hegel. Un secondo punto che unisce e divide Marx da Feuerbach è l'interpretazione della religione. Egli, pur avendo "scoperto" il meccanismo generale di alienazione religiosa dell'uomo, non è stato in grado, secondo Marx, di cogliere le cause reali del fenomeno religioso, nè di offrire dei validi mezzi per il suo superamento. Infatti, sostiene che le radici del fenomeno religioso non vanno cercate nell'uomo in quanto tale, ma in un tipo storico di società: Marx è andato elaborando la sua nota teoria della religione come Opium des Volks (=oppio dei popoli). La religione è il prodotto di un'umanità alienata e sofferente per causa delle ingiustizie sociali, che cerca nell'aldilà ciò che le è negato nell'aldiquà. L'unico modo per eliminarla non è la critica filosofica (come pensava Feuerbach), ma la trasformazione della società. La disalienazione religiosa ha dunque come suo presupposto la disalienazione economica. Al precedente materialismo speculativo di cui Feuerbach è rappresentante, Marx oppone un nuovo materialismo, ritenendo che la soluzione dei problemi non sia da ricercarsi nella speculazione, ma nell'azione. LA CONCEZIONE MATERIALISTICA DELLA STORIA L'ideologia appare come una falsa rappresentazione della realtà. L'intento di Marx è quello di svelare, al di là delle ideologie, la verità sulla storia, mediante il raggiungimento di un punto di vista obiettivo sulla società, che permette di descrivere non ciò che gli uomini “possono apparire nella rappresentazione propria o altrui, bensì quali sono realmente". Questo programma comporta, ovviamente, la distruzione della vecchia filosofia idealistica e l'inaugurazione di una nuova "scienza". La storia è un processo materiale fondato sulla dialettica bisogno-soddisfacimento. Alla base della storia vi è dunque il lavoro, che Marx intende come creatore di civiltà e di cultura e come ciò attraverso cui l'uomo si rende tale, emergendo dall'animalità primitiva e distinguendosi dagli altri esseri viventi. STRUTTURA E SOVRASTRUTTURA Nell'ambito di quella "produzione sociale dell'esistenza" che costituisce la storia, bisogna distinguere, secondo Marx, due elementi di fondo: le forze produttive e i rapporti di produzione. Forze produttive: tutti gli elementi necessari al processo di produzione, quindi: -gli uomini che producono (la forza-lavoro); -i mezzi utilizz per produrre (i m di produzione: terra, macchinari ecc.) -le conoscenze tecniche e scientifiche per migliorare la produzione. Rapporti di produzione: rapporti che si instaurano tra gli uomini nel corso della produzione e che regolano il possesso e l'impiego dei mezzi di lavoro. Forze produttive e rapporti di produzione costituiscono il modo di produzione. L'insieme dei rapporti di produzione costituisce la struttura, ovvero lo scheletro economico della società. Essa rappresenta il piedistallo concreto su cui si eleva una sovrastruttura. Il termine sovrastruttura indica che i rapporti giuridici, le forze politiche, le dottrine etiche, artistiche, religiose e filosofiche devono essere intesi come espressioni più o meno dirette dei rapporti che definiscono la struttura di una certa società storica. Secondo il materialismo storico di Marx, non sono le leggi, lo Stato, le forze politiche, le religioni e le filosofie a determinare la struttura economica della società, bensì è la struttura economica della società a determinare le leggi, lo Stato, le religioni, le filosofie ecc. Il termine "materialismo" indica che le vere forze motrici della storia non sono di natura spirituale, ma di natura socio-economica. LA DIALETTICA DELLA STORIA Marx ritiene che a un determinato grado di sviluppo delle forze produttive tendano a corrispondere determinati rapporti di produzione. Poiché le forze produttive si sviluppano più rapidamente dei rapporti di produzione, vi è una lotta tra le classi. Le nuove forze produttive sono sempre incarnate da una classe in ascesa, mentre i vecchi rapporti di proprietà sono sempre incarnati da una classe dominante al tramonto. Di conseguenza risulta inevitabile lo scontro. Alla fine, quasi sempre trionfa la classe che risulta espressione delle nuove forze produttive, la quale riesce a imporre la propria maniera di produrre. Nella Francia del Settecento vi fu uno scontro aperto tra la borghesia (espressione delle nuove forze produttive) e l'aristocrazia (espressione dei vecchi rapporti di proprietà). Vinse alla fine la borghesia, che riuscì a imporre i propri rapporti di proprietà e la propria visione del mondo. IL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA Il Manifesto del partito comunista (1848) rappresenta un'efficace sintesi della concezione marxista del mondo. I punti salienti sono: -l'analisi della funzione storica della borghesia; -il concetto della storia come "lotta di classe" e il rapporto tra proletari e comunisti; -la ritica dei socialismi non-scientifici. BORGHESIA, PROLETARIATO E LOTTA DI CLASSE Nella prima parte del Manifesto Marx descrive la vicenda storica della borghesia, sintetizzandone meriti e limiti. La borghesia, secondo Marx, non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione e tutto l'insieme dei rapporti sociali. Essa è una classe dinamica. Le moderne forze produttive si rivoltano contro i vecchi rapporti di proprietà, ancora sottomessi alla logica del profitto personale, generando crisi terribili. Dunque il proletariato, classe oppressa della società borghese, non può fare a meno di mettere in opera una dura lotta di classe. Il concetto della storia come lotta di classe è uno dei più significativi del Manifesto. Marx nel Manifesto individua come soggetto autentico della storia la lotta tra le classi. LA CRITICA AI FALSI SOCIALISMI Una delle sezioni più importanti del Manifesto è costituita dalla critica di Marx ai socialismi precedenti, che egli definisce falsi socialismi. Ci sono tre tendenze di fondo: -socialismo reazionario; -socialismo conservatore, o "borghese"; -socialismo e comunismo critico-utopistico. IL SOCIALISMO REAZIONARIO Il socialismo reazionario attacca la borghesia secondo parametri conservatori, rivolti al passato, piuttosto che secondo schemi rivoluzionari, rivolti al futuro. Esso presenta tre forme: feudale, piccolo-borghese e tedesca. Il socialismo feudale auspica l'abolizione della società capitalistica moderna e il recupero di un passato pre-rivoluzionario, pre-borghese e pre-industriale. Sebbene i feudali cerchino l'alleanza del proletariato, vi è un equivoco: mentre i feudali vogliono sostituire l'alienazione attuale con un'alienazione passata, il proletariato mira invece al superamento di ogni alienazione. Il socialismo piccolo-borghese esprime il punto di vista della piccola borghesia rovinata dal capitalismo industriale, che vorrebbe anch'essa il ritorno a una situazione pre-borghese, facendo rivivere il sistema corporativo per l'industria manifatturiera e l'agricoltura. Il socialismo tedesco parla più dell'Uomo che dei proletari. Inoltre finisce per sostenere governi tedeschi della reazione, opponendosi a quelle conquiste della borghesia liberale (Stato rappresentativo, libertà di stampa) che gli stessi operai avrebbero interesse a ottenere. IL SOCIALISMO CONSERVATORE Il socialismo conservatore, o borghese, è incarnato da quegli economisti che ritengono possibile rimediare agli "inconvenienti" sociali del capitalismo senza distruggere il capitalismo stesso. Infatti, nella loro mentalità, essi vorrebbero la borghesia senza il proletariato. IL SOCIALISMO UTOPISTICO Il socialismo utopistico è costituito dalla corrente di idee pre-marxiane portate avanti specialmente da Fourier e Owen. Essi hanno il limite, secondo Marx, di non riconoscere al proletariato una funzione storica e rivoluzionaria autonoma, e di fare appello a tutti i membri della società per una pacifica azione di riforme, muovendosi in tal modo in una dimensione moralistica e utopistica. Marx contrappone invece il proprio socialismo scientifico, basato su un'analisi critico-scientifica dei meccanismi sociali del capitalismo e sull'individuazione del proletariato come forza rivoluzionaria destinata ad abbattere il sistema borghese. IL CAPITALE Nel saggio intitolato Il capitale Marx si propone di mettere in luce i meccanismi strutturali della società borghese, al fine di "svelare la legge economica del movimento della società moderna". Il fatto che Il capitale abbia come sottotitolo la formula Critica dell'economia politica, rivela l'esplicita contrapposizione di Marx all'economia classica. Come si è già accennato, Marx si differenzia dai grandi teorici dell'economia borghese soprattutto per il suo metodo storicistico-dialettico. Infatti, a differenza di tali autori, egli è convinto che non esistano leggi universali dell'economia e che ogni formazione sociale abbia caratteri propri e leggi storiche specifiche. Marx ritiene inoltre che la società borghese porti in se stessa le contraddizioni strutturali che ne minano la solidità, ponendo le basi oggettive della sua fine. LA METODOLOGIA DEL CAPITALE Nel Capitale il filosofo intende cogliere generale, nella sua universalità. nza del mondo di produzione capitalistica in Nel Capitale, sulla base del materiale accumulato nelle descrizioni storico-economiche, Marx si propone di individuare gli elementi strutturali. Il filosofo finisce per considerare astratto ciò che a prima vista appare concreto, e concreto ciò che a prima vista appare astratto. Dunque "popolazione" risulta essere un concetto astratto se si prescinde dalle diverse classi sociali che la compongono. La concezione della scienza e la metodologia scientifica di Marx possono essere meglio comprese osservandone la concreta applicazione nel Capitale. Qui possiamo individuare tre tappe fondamentali: -la ricerca della documentazione; -I'analisi del materiale raccolto; -l'individuazione di un "principio generatore". Il Capitale non è soltanto un libro di economia, ma una sorta di riproduzione critica della civiltà capitalistica intesa come struttura complessiva. MERCE, LAVORO E PLUSVALORE Secondo Marx il sistema capitalistico di produzione, rispetto alle società precedenti, ha la caratteristica di essere una produzione generalizzata di merci «un'immane raccolta di merci». Per questo, la prima parte del Capitale è dedicata all'analisi del fenomeno "merce". Valore d'uso = una merce deve poter servire a qualcosa, ossia deve essere utile e venire incontro a determinati bisogni, sia che questi «provengano dallo stomaco o dalla fantasia >> Valore di scambio = garantisce la possibilità della merce di essere scambiata con altre merci. Marx come gli economisti classici crede nell'equazione: valore = lavoro. Tuttavia, tale valore non coincide con il prezzo, sul quale influiscono altri fattori contingenti. La consapevolezza che alla radice di tutto ci sia il lavoro porta Marx a contestare il cosiddetto feticismo delle merci cioè la circostanza per la quale la merce non è solo un oggetto fisico, ma assume un valore sociale o antropologico, come delle entità aventi valore di per sé, dimenticando che esse sono invece frutto dell'attività umana e di determinati rapporti sociali. Secondo Marx, la caratteristica peculiare del capitalismo è il fatto che in esso la produzione non risulta finalizzata al consumo, bensì all'accumulazione di denaro. Per cui, il ciclo capitalistico non è quello descrivibile con la formula pre - borghese M.D.M. (merce - denaro - merce), ma è piuttosto descrivibile con la formula schematica D.M.D' (denaro - merce - più denaro). Infatti, nella società borghese c'è un soggetto (= capitalista)che investe del denaro in una merce, per ottenere, alla fine più denaro. Marx ritiene che tale "più" monetario, ovvero Plusvalore, non debba essere cercato a livello di scambio di merci, bensì a livello della produzione capitalistica delle medesime. Infatti, nella società borghese il capitalista ha la possibilità di "comperare" e "usare" una merce particolare, che ha come caratteristica quella di produrre valore. Tale è la «merce umana»> ossia l'operaio. Il capitalista compra la sua forza - lavoro pagandola come qualsiasi merce, secondo il valore corrispondente alla quantità di lavoro socialmente necessario a produrla, che nel caso dell'operaio corrisponde al Salario. Tuttavia, l'operaio ha la capacità di produrre un valore maggiore di quello che gli è corrisposto col salario. Il plus-valore discende quindi dal plus-lavoro dell'operaio e si identifica con l'insieme del valore da lui gratuitamente offerto al capitalista. Plusvalore: ore in più non retribuite. Con questa teoria Marx intende fornire una spiegazione "scientifica” dello sfruttamento capitalistico, che egli identifica con la possibilità, da parte dell'imprenditore, di utilizzare la forza lavoro altrui a proprio vantaggio. Il capitalista dispone dei mezzi di produzione, mentre il lavoratore dispone unicamente della propria energia lavorativa. Dal plusvalore deriva il profitto. DISTINZIONE TRA CAPITALE VARIABILE E CAPITALE COSTANTE Il capitale variabile è quello che viene investito nei salari, mentre il capitale costante è quello investito nei macchinari e in tutto ciò di cui la fabbrica ha bisogno per funzionare efficacemente. Poiché il plusvalore nasce solo in relazione ai salari, ossia al capitale variabile, il saggio (o il tasso) del plusvalore risiede nel rapporto, espresso in percentuale, tra il plusvalore e il capitale variabile: plusvalore capitale variabile Saggio del plusvalore = Ma il capitalista, per poter dirigere la fabbrica, è costretto a investire non solo in salari (capitale variabile), ma anche in impianti (capitale costante). Pertanto il saggio del profitto non coincide con il saggio del plusvalore, ma scaturisce dal rapporto tra il plusvalore da un lato e la somma del capitale costante e del capitale variabile dall'altro: Saggio del profitto = plusvalore capitale costante + variabile Il profitto sono i soldi netti che prendo ed esso dipende dal mio guadagno e da quello che devo togliere dal guadagno ad esempio per rinnovare i macchinari. Di conseguenza, il saggio del profitto è sempre minore rispetto al saggio del plusvalore. TENDENZE E CONTRADDIZIONI DEL CAPITALISMO Il fine strutturale del capitalismo è la maggior quantità possibile di plusvalore, dunque il capitalismo è un tipo di società retto dalla logica del profitto privato, anziché della logica dell'interesse collettivo. Inizialmente il capitalista vuole accrescere il plusvalore aumentando la giornata lavorativa dei propri operai però la dilatazione di orario presenta dei limiti perchè, oltre a un certo numero di ore, la forza-lavoro dell'operaio non è produttiva. Dunque, invece di un prolungamento della giornata lavorativa, il capitalismo punta sulla riduzione di quella parte di giornata lavorativa necessaria a reintegrare il salario. Quindi, se l'operaio, anziché impiegare sei ore per guadagnare il proprio salario, ne impiega quattro, il plusvalore intascato dal capitalista sarà maggiore. Infatti vengono rinnovati i mezzi di produzione (macchine più veloci) per sfruttare la forza-lavoro in un tempo più breve ma con maggiore produttività dell'operaio. INDUSTRIA MECCANIZZATA La grande svolta del modo di produzione è la nascita dell'industria meccanizzata con l'introduzione nel ciclo lavorativo della macchina, capace di aumentare la quantità di merce prodotta nello stesso tempo con lo stesso numero di operai. CRISI DI SOVRAPPRODUZIONE Tuttavia, con l'aumento della produttività consentito dall'uso delle macchine, vi è una crisi di sovrapproduzione. Mentre nei secoli precedenti le crisi erano causate dalla scarsità di beni, nella società capitalistica vi è una sovrabbondanza di merci. Questo è dovuto dalla cosiddetta "anarchia della produzione", per cui i capitalisti si precipitano nei settori dove il profitto è più alto, facendo sì che si verifichi un eccesso di produzione rispetto alle esigenze di mercato, dunque producono le stesse merci. La necessità di un continuo rinnovamento tecnologico genera la caduta tendenziale del saggio del profitto. Marx indica quella legge per cui "accrescendosi smisuratamente il capitale costante rispetto al capitale variabile, diminuisce per forza il saggio di profitto". Dunque, in virtù della crescita smisurata del capitale costante, il profitto, per quanto elevato, risulta via via più scarso rispetto a tutto il capitale impiegato. Marx considera la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto come il vero "tallone d'Achille" del sistema capitalistico. LA RIVOLUZIONE E LA DITTATURA DEL PROLETARIATO Le contraddizioni della società borghese rappresentano la base della rivoluzione del proletariato, il quale dà avvio alla sformazione della veccl società, attuando il passaggio dal capitalismo al comunismo. La rivoluzione comunista cancella ogni forma di proprietà privata, di divisione del lavoro e di dominio di classe, dando origine a un'epoca nuova nella storia del mondo. Lo strumento tecnico è la socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio: il passaggio di questi ultimi dalle mani dei privati a quelle della comunità pone fine al fenomeno del plusvalore e dello sfruttamento di classe. Per quanto riguarda i metodi per accedere al potere, Marx ammette una serie di possibilità. Sebbene sia propenso a ritenere che la rivoluzione implichi sempre forme violente, negli ultimi anni appare disposto ad ammettere anche la possibilità di una via "pacifica" al socialismo. Violenta o pacifica che sia, la rivoluzione proletaria deve mirare all'abbattimento dello Stato borghese e delle sue forme istituzionali. Il compito del proletariato non è quello di impadronirsi della macchina statale borghese, ma quello di spezzarne, o distruggerne, i meccanismi istituzionali di fondo. Questa visione si lega alle teorie di Marx sullo Stato moderno, visto come sovrastruttura di una società civile pre-statale dominata dagli interessi di classe della borghesia. Lo Stato borghese non costituisce un insieme di tecniche che possano essere usate anche a vantaggio del proletariato. Lo Stato per Marx è sì una macchina, ma non una macchina che chiunque possa utilizzare a proprio piacimento, in quanto ogni classe dominante forgia un meccanismo statale che risponde alle proprie specifiche esigenze. Questo rifiuto delle forme istituzionali dello Stato borghese prende corpo nella dottrina della dittatura del proletariato elemento finale della lotta delle classi. La nozione "dittatura del proletariato" è il punto di arrivo di tutto il marxismo e della filosofia dello Stato. Il proletariato non può fare a meno di instaurare una propria dittatura che sarà la dittatura di una maggioranza di (ex)oppressi su una minoranza di(ex)oppressori La dittatura del proletariato si configura dunque come la misura politica fondamentale per la transizione dal capitalismo al comunismo. Secondo Marx, tuttavia, la dittatura del proletariato è solo una misura storica di transizione destinata a scomparire; essa mira al superamento di ogni forma di Stato. LE FASI DELLA FUTURA SOCIETA' COMUNISTA Nei Manoscritti Marx distingue tra un comunismo "rozzo" e un comunismo superiore e autentico. Nel primo tipo di comunismo (rozzo) la proprietà, anziché venire totalmente soppressa, viene trasformata in proprietà di tutti, mentre gli uomini sono tutti ridotti a operai, con un medesimo salario. La comunità viene così ad assumere il ruolo di un grande capitalista. Invece il comunismo autentico, cioè "l'effettiva soppressione della proprietà privata”, si realizza quando l'uomo cessa di intrattenere con il mondo rapporti di puro possesso e consumo. All'uomo ossessionato dall'avere, Marx contrappone quindi un "uomo nuovo", considerato come un essere "onnilaterale" e "totale", che esercita in modo creativo l'insieme delle sue potenzialità. Nella Critica del programma di Gotha Marx distingue invece due fasi della società futura. Nella prima fase abbiamo a che fare con una società comunista appena emersa dalla società capitalistica e che dunque porta ancora sotto ogni aspetto le "macchie" della vecchia società. In questa fase la società è l'unico datore di lavoro e trasforma tutti i lavoratori in salariati, che ricevono una quantità di beni equivalente al lavoro prestato. In quest'opera si realizza l'attesa società comunista: senza divisione del lavoro, senza proprietà privata, senza classi, senza sfruttamento, senza miseria, senza divisioni tra gli uomini e senza Stato.