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Concetti essenziali della filosofia dell'Umanesimo e del Rinascimento; Montaigne, Ficino, Pico della Mirandola, Pomponazzi, Erasmo da Rotterdam, Martin Lutero, Telesio e Giordano Bruno

22/9/2022

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Umanesimo e Rinascimento: concetti essenziali La civilta rinascimentale: contesto socio-culturale e politico Umanesimo e Rinascimento E' fondamentale, per trattare di questa precisa finestra storica, distinguere i due termini Umanesimo e Rinascimento. Questi, spesso vengono utilizzati come sinonimi per indicare il periodo storico che abbraccia il Quattrocento e il Cinquecento, anche se, in realtà, non lo sono. Il termine Umanesimo è stato coniato a quell'epoca per indicare l'interesse rinato nei confronti delle humanae litterae e, in modo particolare, della filosofia antica (con Platone e Aristotele). Nel Medioevo, questi autori venivano studiati, anche se erano presi in considerazione perlopiù per le loro discipline metafisiche. Nel periodo umanistico, invece, vennero riprese anche le teorie sull'anima e i trattati politici dei due pilastri filosofici della classicità. Il termine Rinascimento, invece, fu coniato a posteriori, nel 1800, da studiosi che si erano resi conto del fatto che in quei secoli effettivamente ci fosse stata una rinascita dalle ceneri del Medioevo (guerre, carestie, peste nera). Il Rinascimento sanciva l'inizio della rinascita: si ritornava ad argomenti che prendevano le distanze dalla religione, dalla metafisica e dalla fede per esplorare altre visioni e altri mondi. Questo è tipico dell'essere umano: nei periodi di difficoltà si è più propensi a rivolgersi a Dio e a porsi domande "metafisiche", mentre nei periodi di ritrovato...

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Didascalia alternativa:

benessere ci si rende conto che la vita è tutta da assaporare e che c'è un mondo da esplorare. Questa rinascita si concretizza nella riscoperta delle arti (pittura, scultura, poesia, letteratura, filosofia) e nella spinta verso lo studio delle scienze e lo sviluppo di nuove tecnologie. Gli Umanisti avevano un duplice intento: riappropriarsi dello splendore di cui godevano nell'antichità i filosofi greci e ripartire da loro per progredire nel futuro. I cambiamenti nell'Umanesimo 1. Nascita e sviluppo di monarchie europee con nuovi assetti politici ed economici. Per quanto riguarda il contesto politico, l'Italia nel periodo rinascimentale era organizzata in autonomi stati regionali (Milano, Venezia, Firenze, Regno di Napoli, Stato della Chiesa) prima politicamente stabili (a seguito della pace di Lodi-1454), poi progressivamente in decadenza per via dell'occupazione spagnola (a seguito della pace di Cateau-Cambrésis-1559). A partire dalla penisola italiana, il Rinascimento prese forma e si diffuse rapidamente nel resto dell'Europa, costituita da un mosaico di piccoli regni. Per quanto riguarda il contesto sociale ed economico, nell'epoca rinascimentale assunse un ruolo centrale la borghesia, che diede vita ad un sistema economico vivace ed aperto. Scoperta dell'America. 2. 3. Invenzione della stampa, che favorì l'alfabetizzazione. A partire dal Quattrocento, l'uso della stampa permise una circolazione di idee notevole. La lingua che veniva utilizzata era il latino, con un intento progressista, e non "conservatore". Nel Duecento, infatti, la lingua utilizzata nella letteratura che fiorì grazie alla borghesia era il volgare. A partire dal Quattrocento, però, l'uomo sentì la necessità di staccarsene, per riportare in vita l'uso dell'elegante latino classico, utilizzato nell'Antica Roma. In aggiunta a questo, è necessario affermare che il latino classico era una sorta di “idioma internazionale", poiché era la lingua che tutti i dotti apprendevano nel loro percorso di formazione. 4. Invenzione della polvere da sparo. 5. Riforma protestante. Le caratteristiche dell'Umanesimo Ritorno alla cultura classica. → Laicizzazione della cultura. Nel Medioevo la Chiesa deteneva un potere fortissimo sui cittadini, che, disperati, si rivolgevano alla Chiesa stessa per ricevere conforto. Nel Quattrocento e Cinquecento, la cultura, sino a quel momento di dominio della Chiesa, venne svincolata dal credo religioso. Questo fu un fenomeno importantissimo nell'ottica del futuro sviluppo delle scienze. L'umanista era, dunque, un uomo appartenente alla borghesia cittadina o alla classe dirigente, un finanziere, un giurista. Con il passare del tempo poi questa figura assunse i tratti di un vero e proprio specialista assunto dalla corte, scelto da un potente signore che se ne adoperava per la realizzazione di opere artistiche o letterarie. Oltre alle corti, assunsero una rilevanza sempre maggiore nel Quattrocento e nel Cinquecento le accademie, poli di incontro tra acculturati ed eruditi di discipline affini e centri di elaborazione di alta cultura. Le accademie erano di tipo letterario, filosofico, teologico, archeologico e, nel Seicento, anche di tipo scientifico. Concezione di uomo. L'uomo non era più in balia degli eventi, sperduto e in cerca di conforto nella Chiesa come lo era nel Medioevo. L'uomo nel Rinascimento, rinasce, e, con lui, la sua dignità: homo faber ipsius fortunae suae (l'uomo è artefice del proprio destino). L'uomo cioè è libero e sovrano e artefice di sé stesso. Nel Medioevo, invece, l'uomo era completamente soggiogato da un piano divino. Paradossalmente, dal Quattrocento in avanti, Dio viene quasi collocato ai margini. Venne riscoperto il valore della vita, non più intesa come la passiva attesa del Paradiso (visto che l'Inferno era in terra a causa delle sopracitate epidemie e carestie). L'uomo, cioè, tende ad apparire al centro (antropocentrismo), mentre Dio sembra essere alla periferia. L'uomo, cioè, non è più considerato come un ospite di passaggio sulla Terra. Egli, al contrario desidera "giocarsi" le proprie opportunità, recuperando l'ideale greco di eudaimonia, cioè felicità intesa come realizzazione armonica e completa delle possibilità umane. L'uso della prospettiva storica. L'Umanista, nei confronti di un oggetto storico da analizzare, assume un atteggiamento di completo distacco. Il naturalismo. L'uomo non viene più considerato come un ospite della natura, ma come un elemento facente parte integrante di essa. Inoltre, il mondo sensibile non viene più concepito come una copia sbiadita di un mondo ideale trascendente, bensì come un entità di forze, che, agendo al suo interno, lo vivificano e lo animano. Il rapporto tra Medioevo e Rinascimento Riguardo al rapporto tra Medioevo e Rinascimento presero piede varie teorie: Quella di Burckhardt. Egli sosteneva che il Medioevo fosse trascendentista (teso all'aldilà), teocentrico (portato a vedere Dio al centro di tutto) e universalista (basato su istituzioni sovra-individuali come la Chiesa e l'Impero); sosteneva che il Rinascimento fosse immanentista (teso all'aldiquà), antropocentrico (portato a vedere l'uomo al centro del mondo) e individualista (basato sulle forze degli individui, dei gruppi e delle nazioni). Quella di Burdach. Egli rifiutava l'alone di leggenda che permeava il concetto di rinascita dalle ceneri. Sosteneva, quindi, la "teoria della continuità", sottolineando i nessi tra la civiltà medievale e quella rinascimentale e, soprattutto, individuando la genesi della rinascita nelle esigenze di rinnovamento religioso presenti. Quella di Garin. Egli proponeva una sintesi conciliarista tra le due teorie sopracitate, sostenendo l' "originalità nella continuità". Il Rinascimento, secondo Garin, è sicuramente dotato di una tipicità e di una caratterizzazione unica, ma, al tempo stesso, è immediatamente continuo al Medioevo. ܀ Montaigne L'opera principale di Montaigne è intitolata "Essais" (cioè "esperienze"). L'autore in questo scritto mette a confronto le esperienze espresse negli scritti di autori antichi e moderni con le proprie. Il tema principale trattato nell'opera è la condizione esistenziale umana. Per Montaigne l'esistenza dell'uomo è caratterizzata da instabilità e incertezza, per cui la vita non è altro che un inesauribile e continuo esperimento. L'uomo, secondo Montaigne, deve accettare in modo sereno e lucido questa condizione miserabile e, in modo particolare, la morte (elemento costitutivo di questa condizione). La visone della morte di Montaigne, è, dunque, socratica (si ricordi che per Socrate la filosofia non è altro che la preparazione alla morte attraverso l'esercizio della ragione). Un altro elemento della propria natura che l'uomo deve essere in grado di accettare riguarda i limiti in ambito conoscitivo. Montaigne, avvalendosi della prospettiva scettica (atteggiamento filosofico di chi nega o mette in dubbio le possibilità della conoscenza umana), afferma che la conoscenza umana si fonda sulla conoscenza sensibile. L'uomo, però, non dispone di uno strumento che gli permette di discernere le apparenze vere da quelle false, per cui il sapere umano è condannato all'inconcludenza. Ficino Ficino nasce nel 1433 e muore nel 1499. E' uno dei massimi esponenti dell'Accademia platonica fiorentina. Si dedica alla traduzione dei dialoghi di Platone e delle Enneadi di Plotino e alla scrittura di una Teologia platonica. Ficino afferma che la realtà è composta da gradi di perfezione: Dio, angeli, anima, qualità, corpo. Il grado massimo è Dio, perfezione assoluta. L'anima è il grado mediano. Platone esaltò l'anima nelle sue opere e analogamente Ficino sostiene che la grandezza dell'uomo risiede nella sua anima, sostanza incorporea che vivifica i corpi. L'anima è intesa come potenza creatrice, come nodo vivente della creazione, come ciò che congiunge l'uomo con Dio (mondo delle idee per Platone) e i gradi più bassi della realtà a quelli superiori, come "copula del mondo". Nel mondo c'è un'anima, che è posseduta dall'uomo. Ogni uomo è una parte dell'anima del mondo (emanazione di Plotino). L'anima del mondo è ciò che vivifica il mondo stesso, e l'uomo è parte di quest'anima. L'anima del mondo è amore, creazione, è ciò che porta equilibrio. Pico della Mirandola Pico della Mirandola è l'emblema del periodo rinascimentale fiorentino, è un autore che elabora una perfetta sintesi tra il mondo greco-romano e il mondo della scolastica (filosofia cristiana medievale), innestando nelle sue dottrine anche elementi platonici e aristotelici, nonché cabalistici. Gli scritti sono molti, tra cui i più importanti sono: De dignitate hominis. In questa orazione Pico della Mirandola esalta la superiorità dell'uomo rispetto alle altre creature. Sostiene che l'uomo sia giunto ad uno stato evolutivo elevatissimo, mai raggiunto prima dell'epoca, e, pertanto, è quasi alle soglie della divinità (seppur senza mai raggiungerla). E' l'uomo ad essere la creatura più vicina a Dio, nell'uomo c'è del divino perché Dio stesso ha lasciato nell'uomo delle capacità per elevarsi, per conoscere e crescere. Il compito dell'uomo, quindi, è quello di espandere sé stesso. L'uomo che non è né celeste né terreno, che sporca i suoi piedi con la terra ma che al tempo stesso tocca le nuvole con un dito, ha la possibilità di costruire armonia, di essere e di migliorare le cose. L'uomo è dotato di una sapienza originaria (capacità di riconoscere nell'uomo un altro uomo e non, ad esempio, un avversario di guerra o un mezzo di profitto; la possibilità di abbracciare un sapere universale; il valore dell'amicizia) che, sapientemente utilizzata, conduce alla pace e all'armonia. Nel De dignitate hominis Pico della Mirandola mette in risalto la possibilità di un accordo tra le varie dottrine e discipline. Heptalus. In quest'opera Pico della Mirandola esalta il fondamentale valore dell'interdisciplinarietà, cioè la possibilità di trovare un accordo tra le varie discipline (Platone, Aristotele, racconto biblico della creazione e cabala) e rifiuta alcune dottrine astrologiche. Pomponazzi Pomponazzi si colloca nel contesto della disputa tra platonici e aristotelici avvenuta nell'Umanesimo. Pomponazzi nasce nel 1462 e muore nel 1525, studia e insegna nelle università simbolo dell'aristotelismo rinascimentale: Padova e Bologna, due poli culturali egemonizzati dagli aristotelici. Nel 1516 pubblica il suo capolavoro, "Sull'immortalità dell'anima". Pomponazzi parte da un presupposto aristotelico: il cosmo e l'universo godono di un ordine razionale e necessario infuso direttamente da Dio. Le leggi che Dio ha dato al mondo sono razionali, e, per questo, Dio stesso non deve più intervenire e interferire con l'uomo. Negli "Incantamenti" muove una critica alla magia e soprattutto ai miracoli. Pomponazzi sostiene che quando l'uomo non conosce un fatto naturale che rientra nell'ordine razionale delle cose, cioè un fatto di cui egli fa un'esperienza saltuaria e di cui non riesce a coglierne le leggi, definisce questi come miracoli. Il nucleo tematico più importante del pensiero filosofico di Pomponazzi si concretizza nell'opera "Sull'immortalità dell'anima". Pomponazzi afferma che l'anima umana non può esistere né operare senza il corpo. L'anima sensitiva, per operare, ha bisogno del corpo e delle facoltà sensitive come soggetti. La parte sensitiva dell'anima necessita, cioè, del corpo per poter esercitare le sue funzioni. L'anima sensitiva, dunque, non può fare a meno del corpo come soggetto. L'anima intellettiva, a differenza dell'anima sensitiva, non ha bisogno del corpo come soggetto, bensì come oggetto. L'anima intellettiva opera su corpi naturali, su forme geometriche e su astri. L'anima intellettiva, dunque, non può fare a meno del corpo come oggetto. L'unica anima che non dipende dal corpo è l'intelligenza angelica, che, però, non è posseduta dall'uomo. L'anima umana, cioè, non è un'anima angelica. Per Pomponazzi, dunque, l'immortalità dell'anima è dubbia, poiché è indissolubilmente connessa al corpo che è mortale. Erasmo da Rotterdam Erasmo nasce a Rotterdam nel 1466 e si laurea in teologia a Torino nel 1506. errore L'opera più famosa di Erasmo è l'Elogio della Pazzia, nella quale si fa portatore delle posizioni dei protestanti, criticando la corruzione della Chiesa, generatasi all'interno delle corti, e in particolar modo la problematica delle indulgenze (possibilità del peccatore che ha confessato pentimento sincero il che è stato perdonato tramite il sacramento della confessione di cancellare una parte ben precisa delle conseguenze di un peccato). Erasmo sostiene, così come Lutero, la necessità che il Vangelo riacquistasse la purezza di cui godeva in origine e che la dottrina protestante fosse ripulita dalle dottrine filosofiche e dalle speculazioni teologiche tipiche della scolastica. Nonostante ciò, Erasmo giunge ad una divergenza di opinioni con Lutero. Erasmo, infatti, scrive nel De libero arbitrio (alla quale Lutero risponderà con il De servo arbitrio) che l'uomo è dotato della possibilità di compiere scelte liberamente. La salvezza dell'uomo, quindi, dipende dalla collaborazione tra l'uomo e Dio. Lutero sostiene, invece, la predestinazione: Dio onnisciente ha già stabilito se un uomo sarà salvo oppure no, senza che la volontà dell'uomo possa influire sulla sua scelta. Un'altra opera importante elaborata da Lutero è il Manuale del milite cristiano, nella quale pone a confronto il teologo/letterato con il fedele ("soldato" di cristo). Il primo deve essere dotato di una solida formazione in campo filosofico-teologico; il secondo, invece, mosso dalla fede religiosa, dispone di un' "arma" importante: la lettura e l'interpretazione della Bibbia, che costituisce l'originario messaggio di Cristo. Martin Lutero Il pensiero di Lutero esclude la ragione ("la ragione è il principale nemico di Dio"). Lutero sostiene, infatti, che dimostrare l'esistenza di Dio o dimostrare enunciati riguardanti Dio è una forma di tentazione ripugnante e assurda. Secondo Lutero l'uomo deve abbandonarsi completamente a Dio, avvalendosi solo ed esclusivamente della fede. Lutero, quindi, si fa promotore di una riforma che prevede l'abolizione della speculazione filosofica e teologica e dei sacramenti di cui non c'è traccia del Vangelo; rimasero, quindi, solamente il battesimo (nelle Sacre Scritture si racconta del battesimo di Gesù) e l'eucarestia (episodio dell'Ultima Cena). Il culmine di questa riforma si concretizza nel recupero del rapporto con Dio: non c'è bisogno della mediazione del sacerdote per essere fedeli e praticare la religione protestante. Le opere meritorie, cioè le opere buone (intese da Lutero genericamente come il lavoro che l'uomo compie per rendere migliore la società in cui si vive), non fanno raggiungere all'uomo il Paradiso. Dio lascia solamente una sorta di messaggio: se le opere civili sono buone, si ha accesso al Paradiso; altrimenti no. Le opere meritorie, cioè, sono il segno della salvezza, ma non la causa. Un'opera inerente a questo tema è il De servo arbitrio, nella quale Lutero sostiene la predestinazione: la salvezza di un uomo, così come la sua dannazione, è soltanto un'opera divina e l'uomo non ha voce in capitolo nella decisione presa da Dio (giustizia passiva). Telesio Telesio nasce a Cosenza e studia a Padova, uno dei centri culturali più importanti d'Europa. Il De rerum natura iuxta propria principia La fama di Telesio è legata all'opera "De rerum natura iuxta propria principia" ("La natura spiegata secondo i principi della natura stessa"). Il presupposto fondamentale su cui l'intera opera è intessuta riguarda la concezione della natura. Questa si regge solo ed esclusivamente su principi propri, che possono essere carpiti dall'osservazione sensibile. Ciò significa che, per spiegare la natura, bisogna essere completamente immersi nella natura stessa. Secondo Bernardino Telesio, alcuni formalismi logici di Aristotele (come i concetti di potenza e atto o di Dio come primo motore immobile), così concettualizzati, risultano essere inadeguati allo studio della natura. Questo perché sono accademismi concettuali che esulano dall'esperienza sensibile. Sono due le forze incorporee che regolano la natura: il caldo (ha sede nel Sole) e il freddo (ha sede nella Terra). Il caldo dilata le cose e le rende leggere, mentre il freddo condensa le cose e le rende pesanti e immobili. Il caldo e il freddo, forze incorporee, agiscono su una massa corporea (terzo principio naturale): dall'unione del caldo e del freddo ha origine la vita, dalla separazione del caldo e del freddo ha origine la morte. Emergono due concetti fondamentali che riguardano la natura: l'ilozoismo (tutto è vivo) e il pampsichismo (tutto è anima, tutto è dotato di sensibilità e coscienza). Telesio cioè sosteneva che tutta la natura fosse viva e senziente. La conoscenza umana è legata alla sensibilità, intesa come rivelazione che la natura fa di sé stessa a sé stessa e, conseguentemente all'uomo. La sensazione è il contatto che l'anima instaura con le cose esterne. La virtù si concretizza nell'equilibrio fra il piacere e il dolore. Il piacere e il dolore sono legate alla sensibilità: venendo a contatto con cose che provocano dolore o piacere, l'uomo impara a "gestirsi", a trovare un equilibrio comprendendo in quale ottica deve compiere le scelte migliori per sé. ❖ L'uomo si distingue da tutti gli altri esseri viventi poiché dispone di un'anima infusa direttamente da Dio, detta "forma superaddita", che gli consente di praticare la vita religiosa, che esula dalla natura e dall'esperienza fisica. Grazie a questa anima aggiuntiva, l'uomo può approcciarsi a un bene che non è conosciuto dai sensi e, quindi, a un mondo che non è quello sensibile. Dio, nella concezione propria di Telesio, si occupa di garantire l'ordine e l'autonomia della natura. * * * Giordano Bruno Giordano Bruno incarna, forse più di tutti gli altri pensatori dell'epoca, lo spirito rinascimentale. E' un personaggio eclettico: è un astronomo, un naturalista, uno scrittore di opere teatrali, è un conoscitore dell'arte lulliana della memoria e della magia. Dunque, non può essere considerato uno scienziato nel senso galileiano del termine. E' diventato il simbolo della libertà di pensiero, poiché morì per le sue idee: fu impegnato in una profonda lotta contro i cristiani e contro i luterani (che lo arsero vivo il 17 febbraio del 1600), sostenitori del geocentrismo a scapito dell'eliocentrismo copernicano. Per la Chiesa, difendere il geocentrismo significava non perdere quella centralità già andata a scemare con la caduta dell'Impero nel 1453. ❖ Giordano Bruno nasce nel 1548 a Nola, in Campania e muore nel 1600 a seguito del processo presso Campo dei Fiori. Ha una vita movimentata, poiché viaggia moltissimo: vive a Parigi, a Oxford, a Francoforte, a Wittenberg, a Venezia (dove fu attirato dall'inganno imbastito da Giovanni Mocenigo, che lo consegna all'Inquisizione a Roma). Giordano Bruno risulta essere una personalità filosofica di notevole spicco. Rifiuta l'aristotelismo e in modo particolare il geocentrismo e l'idea di un universo chiuso e limitato, elementi tipici della dottrina di Aristotele. Recupera, invece, il neoplatonismo di Cusano. E' un vero cantore della natura: è il poeta filosofico della natura per eccellenza. La forma poetica non è altro che la massima espressione dell'impeto lirico e religioso che muoveva Bruno stesso. E' un copernicano: esalta la rivoluzione eliocentrica promossa da Niccolò Copernico, e lo continua a fare addirittura quando quest'ultimo si rifiuta di farlo per paura di essere processato. Giordano Bruno è l'autore della moderna concezione di infinito. L'universo pensato da Bruno è uno spazio infinto, aperto, senza limiti, costituito da infiniti mondi. L'universo è governato da un principio primo, Dio, che è infinito e che è "mens super omnia", cioè "aldilà di ogni cosa" (trascendente). Da una causa infinita (Dio) non possono nascere effetti finiti (la natura), pertanto gli effetti (cioè la natura) sono infiniti. Dunque, anche la natura è infinita. Dio, essendo trascendente, inconoscibile e ineffabile è oggetto di fede. Dio, inoltre è anche "mens insita omnibus", cioè "dentro tutte le cose": Dio è l'Anima del mondo. E', cioè, principio, poiché è elemento costitutivo delle cose. Essendo principio immanente, Dio risulta essere accessibile alla ragione umana, dunque oggetto della filosofia. Nella concezione di Bruno, materia e forma coincidono: la materia non riceve passivamente le forme dall'esterno, ma le possiede già in se; non sono due sostanze separate, bensì sono due aspetti inscindibili della natura, sostanza infinta. L'universo è infinito, Dio è infinto. Dio coincide con l'universo infinito e l'universo infinito coincide con Dio. L'Universo e Dio coincidono. La natura è Dio, Dio è la natura. Dio, natura e universo infinito coincidono. Cioè, in ogni cosa c'è il rimando all'infinito e a Dio: la natura è divina e ogni cosa è un manifestazione di Dio (filosofia panteistica e pampsichistica). La religione panteistica della coincidenza di Dio con la natura, secondo Giordano Bruno, è la religione che abbracciano i sapienti. Il popolo, in quanto immerso in una condizione di ignoranza, di fragilità e di debolezza, è spinto verso religioni che impongono obblighi, divienti, punizioni e premiazioni perché non è in grado di abbracciare una religione così difficile da comprendere, ma al contempo così naturale e razionale. Le guerre di religione, per Giordano Bruno, sono delle manifestazioni della stupidità: amare Dio significa amare la natura e tutto ciò che ne fa parte. Giordano Bruno, per elaborare questa concezione di Dio, fa riferimento alle teorie del neoplatonico Cusano. Per quest'ultimo, Dio è "coincidentia oppositorum", cioè in Dio che è infinito, gli opposti non sono separati (il vicino e il lontano, ad esempio, coincidono).