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6/11/2022
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Il 4 Capitolo dei Promessi Sposi Il capitolo si apre introducendo il lettore in una nuova dimensione spaziale, in quanto siamo sulla strada che da Pescarenico dove è situato il convento dei frati cappuccini conduce al paesello degli sposi. Manzoni sta introducendo il lettore in una nuova dimensione temporale, in quanto siamo alla mattina del 9 novembre 1628. Fra Cristoforo dopo essersi svegliato all'alba, molto presto, si dirige verso la casa di Lucia e Agnese. Mentre cammina, Manzoni ci descrive il paesaggio che lo circonda una natura malinconica, calma e serena su cui però gravano segni della carestia. A questo punto Manzoni si rivolge al lettore attraverso un'apostrofe (una figura retorica per la quale chi parla interrompe la forma espositiva del suo discorso per rivolgere direttamente la parola a concetti personificati, a soggetti assenti o scomparsi, o al lettore). Manzoni, infatti, introduce la figura di fra Cristoforo, parlando del suo passato, della sua storia. Fra Cristoforo non si è sempre chiamato così, infatti il suo vero nome di battesimo era LODOVICO. Era il figlio di un ricco mercante il quale, una volta raggiunta l'agiatezza, si vergognava di essere un mercante e voleva essere considerato a tutti costi un nobile. Per questo motivo fece educare come un vero e proprio nobile il figlio Lodovico. Quest'ultimo, una volta raggiunta l'età dell'adolescenza si...
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sente un nobile a tutti gli effetti e vuole trascorrere il tempo con i suoi pari. Tuttavia dal momento che non era un vero nobile, veniva respinto dagli altri. Così Lodovico inizia a soffrire per questo motivo e comincia a gareggiare con i nobili della città. Aveva erò indole buona che lo portava a proteggere i poveri, e respingere gli atti di ingiustizia e di sopraffazione. Tanto che a volte, disgustato della società, aveva meditato di farsi frate. Viveva però in una grande contraddizione: voleva essere dei nobili, ma intanto ne respingeva la mentalità e i pregiudizi. Tuttavia per difendere queste vittime e di conseguenza fare il bene, Lodovico doveva fare il male, in quanto per vincere un incontro doveva circondarsi dei bravi. Già da questo momento ludovico sente un conflitto interiore e più volte nel corso della sua giovinezza aveva pensato all'idea di farsi frate. LO SCONTRO Un giorno Lodovico cammina per strada insieme a due bravi e un fedele servitore di nome Cristoforo, già dipendente del padre e ora suo maestro di casa. Il giovane incontra un nobile della sua città, noto per la sua arroganza, che procede circondato anch'egli da quattro bravi: entrambi camminano rasente un muro, e poiché Lodovico lo sfiora con il fianco destro avrebbe diritto che l'altro gli cedesse il passo, mentre il nobile potrebbe esigere la stessa cosa in quanto aristocratico (dunque entrambi, stando ai codici cavallereschi del tempo, avrebbero ragione). Quando i due si trovano di fronte, il nobile intima imperiosamente a Lodovico di farlo passare e il giovane rifiuta in modo sdegnoso; segue un breve scambio di battute in cui i contendenti si scambiano tipici insulti cavallereschi (il nobile dà a Lodovico del "meccanico" e gli rinfaccia le sue origini borghesi, l'altro lo accusa di viltà), poi nasce un duello cui prendono parte anche i bravi di entrambe le parti. Lo scontro è molto violento e Lodovico viene ferito, quando il suo avversario gli piomba addosso con la spada: il servo Cristoforo protegge il suo padrone e viene colpito a morte, quindi Lodovico uccide a sua volta il nobile trafiggendolo con la sua lama. IL CONVENTO DEI CAPPUCCINI A questo punto i bravi di entrambi si danno alla fuga, mentre Lodovico rimane steso in strada, malconcio, accanto ai corpi di Cristoforo e del suo rivale. Attorno ai tre uomini si raccoglie una piccola folla di spettatori, i quali conoscono Lodovico come giovane per bene e il nobile ucciso come un noto prepotente, per cui non vogliono che Lodovico finisca nelle mani della giustizia o dei parenti del morto: lo conducono allora a un vicino convento di cappuccini, dove potrà essere curato e sarà al riparo da possibili ritorsioni (i luoghi sacri offrono asilo a chi vi si rifugia). Lodovico è rimasto profondamente turbato dalla morte di Cristoforo che si è sacrificato per lui, e soprattutto dalla vista dell'uomo che lui stesso ha assassinato; più tardi un padre del convento gli riferisce che il nobile, prima di spirare, lo ha perdonato e ha chiesto a sua volta perdono per il male commesso, il che accresce il rimorso per quanto ha fatto. Intanto i parenti del nobile ucciso, armati, giungono nei pressi del convento per reclamare la consegna di Lodovico, cosa che non possono ottenere essendo il convento un luogo sacro e inviolabile. LA DECISIONE DI LODOVICO Il giovane prega i cappuccini di riferire alla vedova di Cristoforo che provvederà lui alle necessità della famiglia, e matura la decisione di indossare la tonaca come espiazione del male commesso: annuncia la sua decisione al padre guardiano, il quale lo ammonisce dal prendere decisioni affrettate ma si dichiara disposto ad accoglierlo. Lodovico in seguito fa donazione di tutti i suoi averi alla vedova di Cristoforo. La monacazione del giovane può sembrare un'espiazione sufficiente per l'omicidio commesso, dunque la cosa potrà soddisfare i parenti del nobile ucciso che, del resto, non piangono la sua morte ma si sentono offesi nell'onore nobiliare. FRA' CRISTOFORO VUOLE OTTENERE IL PERDONO Il padre guardiano si reca dal fratello dell'ucciso e gli comunica la decisione di Lodovico, indicando la monacazione del giovane come risarcimento sufficiente per l'onore della famiglia, al che il gentiluomo protesta il proprio sdegno ma, alla fine, pone come unica condizione che il novizio lasci immediatamente la città. Il padre acconsente e lascia credere che si tratti di un gesto d'obbedienza, per cui la questione viene risolta con soddisfazione di tutti, specie di Lodovico che in tal modo potrà iniziare una vita. Ad appena trent'anni diventa dunque frate e assume il nome di Cristoforo, in modo da ricordarsi sempre del male commesso e accrescere l'espiazione di quella morte causata indirettamente da lui. IL PERDONO CONCESSO Fra Cristoforo dovrà compiere il noviziato (cioè il periodo di formazione per entrare a far parte di un ordine religioso) in un paese a sessanta miglia di distanza, ma il giovane chiede al padre guardiano di potersi prima recare dal fratello dell'ucciso a implorare il suo perdono per il gesto compiuto. Egli giunge così al palazzo, attraversa una grande sala piena di gente e si inginocchia ai piedi del fratello del nobile ucciso. Il frate parla con voce sincera e chiede perdono per il male commesso, suscitando un mormorio di approvazione da parte di tutti i presenti. Anche il padrone di casa è toccato e invita Cristoforo ad alzarsi, aggiungendo parole di conforto e riconoscendo i torti del fratello defunto; quindi concede il proprio perdono al frate. Tutti si felicitano con il novizio, al quale i servitori di casa offrono delicate vivande; il frate rifiuta con cortesia, limitandosi a chiedere solo un pezzo di pane con cui potrà rifocillarsi durante il viaggio che lo attende. Un cameriere gli porge così su un piatto d'argento del pane, che il frate mette nella sporta e di cui conserverà un pezzo come ricordo di quel memorabile giorno (il cosiddetto "pane del perdono"). FRA' CRISTOFORO OGGI L'autore non racconta la vita di padre Cristoforo negli anni seguenti, se non dicendo che il cappuccino esegue con obbedienza i doveri che gli sono imposti, anche se non rinuncia quando si presenta l'occasione a prendere le difese dei deboli contro le ingiustizie degli oppressori. Il contegno dell'uomo, infatti, abitualmente umile e posato, può diventare impetuoso e sdegnato quando assiste a qualche intollerabile ingiustizia. Ciò spiega la sua sollecitudine nel rispondere alla chiamata di Lucia, che il padre conosce come una giovane innocente e vittima di un'infame persecuzione da parte di don Rodrigo. In ansia per lei e per quanto può esserle accaduto, giunge infine alla casa della giovane e della madre Agnese, le quali lo accolgono con una benedizione.