Le guerre persiane rappresentano uno dei periodi più significativi dell'antica Grecia, caratterizzato da una serie di conflitti tra l'Impero persiano e le città-stato greche tra il 499 e il 449 a.C.
La scintilla che diede inizio ai conflitti fu la rivolta ionica, quando nel 499 a.C. le colonie greche dell'Asia Minore, guidate dalla colonia di Mileto, si ribellarono al dominio persiano. La rivolta di Mileto venne brutalmente repressa nel 494 a.C. con la battaglia di Lade, ma questo evento segnò l'inizio di un lungo periodo di ostilità. La prima guerra persiana (492-490 a.C.) vide il re Dario I tentare di punire Atene ed Eretria per il loro sostegno alla rivolta ionica. Nonostante la superiorità numerica persiana, i greci riuscirono a trionfare nella celebre battaglia di Maratona nel 490 a.C., dimostrando che l'impero persiano non era invincibile.
La seconda guerra persiana (480-479 a.C.) fu caratterizzata dall'imponente spedizione di Serse I, che mobilitò un esercito enorme per conquistare la Grecia. Dopo le iniziali vittorie persiane e il sacrificio degli spartani alle Termopili, la guerra si concluse con due decisive vittorie greche: la battaglia di Salamina, dove la flotta ateniese distrusse quella persiana, e la battaglia di Platea che pose fine alle ambizioni persiane in Grecia. Le conseguenze delle guerre persiane furono fondamentali: rafforzarono l'identità greca, consolidarono la supremazia di Atene che guidò la Lega delio-attica, e segnarono l'inizio dell'età d'oro della civiltà greca. Questi conflitti dimostrarono anche l'efficacia della falange oplitica greca e l'importanza della potenza navale nel Mediterraneo orientale.