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25/6/2022
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L'ETÀ GIOLITTIANA Alunna: Giani Costanza Classe: 3^D Disciplina: Storia L'Italia di Giolitti Il 1900 fu un anno drammatico per l'Italia con l'assassinio del re Umberto I, il 29 luglio, da parte dell'anarchico (contro ogni forma di governo) Gaetano Bresci, che volle vendicare le vittime della repressione avvenuta due anni prima a causa dell'aumento del prezzo del pane. In quel momento le soluzioni possibili erano due: • instaurare un governo autoritario; • attuare le riforme chieste dai lavoratori . Fu merito del nuovo sovrano, Vittorio Emanuele III, scegliere la seconda opzione. Vittorio Emaneule affidò l'incarico di Presidente del Consiglio a Giuseppe Zanardelli, riformatore famoso per aver abolito in passato la pena di morte. Ma l'uomo politico più importante di questi anni fu Giovanni Giolitti. AG Giolitti, durante un discorso tenuto al Parlamento, dichiarò quanto segue: • stipendi bassi operai lavoro non soddisfacente; non favoriscono l'economia; Paese arretrato; • Italia • Governo neutrale di fronte a scioperi. Questo periodo di riforme sarebbe passato alla storia con il nome di età Giolittiana (contemporanea alla belle époque). Il Partito Socialista era diviso in due componenti: quella riformista, che appoggiava Giolitti, e quella rivoluzionaria. I socialisti rivoluzionari vennero chiamati massimalisti perché aspiravano al risultato massimo ed erano guidati dal politico Filippo Turati. Giolitti si adoperò, inoltre, per migliorare le condizioni della classe operaia: • massimo ore giornaliere = 12 per le donne, 11 per i ragazzi; • età minima per il lavoro industriale = 12 anni; • età minima per il lavoro in miniera =...
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14 anni; • maternità per le donne incinte; • aumento degli stipendi; pensioni di invalidità e vecchiaia. Da molti anni esisteva un problema che Giolitti non seppe e non volle affrontare: la questione meridionale. Questo avvenne perché l'Italia fece molti progressi che riguardarono solo il Nord, soprattutto quello che si chiama triangolo industriale che comprende Milano, Torino e Genova, siccome Giolitti pensò fosse meglio investire le risorse dove c'erano già efficienti infrastrutture. La fine di Giolitti Giolitti fece approvare il suffragio universale maschile, nel 1912. Tutti i cittadini maschi potevano votare a partire dai trent'anni di età, mentre, chi avesse effettuato il servizio militare, anche dai ventuno anni. Giolitti si rese conto di non avere sufficienti voti per le elezioni; così decise di rivolgersi ai cattolici, che comprendevano buona parte della popolazione e che fino a quel momento non potevano votare (a causa del divieto chiamato "non expedit”). Con il loro rappresentante Vincenzo Ottorino Gentiloni stipulò il "patto Gentiloni" in base al quale i cattolici sarebbero stati inseriti nel suo partito. Giolitti vinse così le elezioni, ma, siccome non era contento dei risultati, diede le dimissioni lasciando il suo posto ad Antonio Salandra.