Lo Stoicismo di Seneca e il Suicidio nell'Antica Roma
Lo stoicismo di Seneca rappresenta una svolta significativa nel pensiero filosofico romano, distanziandosi dal determinismo di Democrito per avvicinarsi alla concezione eraclitea del logos. Questa filosofia, pur mantenendo una visione politeistica, pone al centro l'idea del logos come forza ordinatrice dell'universo, che determina gli eventi e richiede all'uomo una profonda accettazione del destino.
Definizione: Il sapiens senecano incarna l'ideale dell'homo romanus, una figura che deve mettersi al servizio dello Stato per il miglioramento della società. Quando questo ruolo diventa impossibile, il saggio può scegliere la via del suicidio.
Il suicidio nell'antica Roma ha attraversato una profonda evoluzione concettuale. Durante il periodo repubblicano, rappresentava un atto di consacrazione alla città, un rituale propiziatorio per garantire la protezione divina in momenti di crisi. Nel periodo neroniano, invece, si trasforma in una scelta individuale, particolarmente significativa per l'aristocrazia che poteva così preservare il proprio patrimonio ed evitare lo scempio del cadavere.
Lo stile di Seneca riflette la complessità del suo pensiero. Definito "arena sine calce" da Caligola, si caratterizza per l'inconcinnitas, ovvero la mancanza di armonia che rispecchia il caos dell'epoca neroniana. Quintiliano, pur riconoscendolo come "egregius vitiorum insectator", ne critica lo stile per la sua influenza potenzialmente pericolosa sui giovani.