La Filosofia di Cicerone: Opere e Pensiero nel Periodo di Ritiro Politico
La vita e opere di Marco Tullio Cicerone attraversò una fase cruciale tra il 45 e il 44 a.C., periodo in cui l'oratore si dedicò intensamente alla produzione filosofica. Questo momento coincise con il suo forzato ritiro dalla vita politica, trasformando la filosofia in uno strumento per mantenere il suo impegno civile e continuare a servire i concittadini romani attraverso la riflessione intellettuale.
L'opera "Academia" rappresenta il punto di partenza del pensiero filosofico ciceroniano, affrontando la questione fondamentale della teoria della conoscenza. Nei due libri sopravvissuti, Cicerone sviluppa una posizione epistemologica sofisticata, sostenendo l'impossibilità di stabilire criteri universalmente validi per distinguere il vero dal falso.
Definizione: Il probabilismo ciceroniano sostiene che la verità può essere avvicinata attraverso il ragionamento basato sulla probabilità e sulla persuasione razionale, piuttosto che su certezze assolute.
Nel "De finibus bonorum et malorum", Cicerone affronta la questione centrale della felicità umana, analizzando sistematicamente le principali scuole filosofiche del suo tempo. L'opera si struttura come un'analisi critica dell'epicureismo e dello stoicismo, con particolare attenzione alle loro concezioni del sommo bene. Nel primo libro, attraverso il personaggio di Torquato, presenta la dottrina epicurea che identifica il sommo bene nel piacere e il male nel dolore, per poi confutarla nel secondo libro. La discussione prosegue nei libri successivi con l'esame della filosofia stoica, rappresentata da Catone Uticense, che identifica invece il sommo bene con la virtù.