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Riassunto completo ed esaustivo sul capolavoro di Alessandro Manzoni ovvero i Promessi Spo, Appunti di Italiano

15/9/2022

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Isili 16/10/2020
Alessandro Manzoni:
Eleonora Loi classe V sez. A
Da "Il Fermo e Lucia", a "I Promessi Sposi"
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| "Promessi

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Isili 16/10/2020 Alessandro Manzoni: Eleonora Loi classe V sez. A Da "Il Fermo e Lucia", a "I Promessi Sposi" Genesi dell'opera: | "Promessi Sposi" è il primo romanzo storico della letteratura italiana, nonché ritenuto il più famoso e il più letto della nostra cultura. Il capolavoro fu scritto da Alessandro Manzoni, il quale impiegò ben 21 anni per arrivare all'ultima e definitiva versione. La prima versione risale al 1827 e venne denominata il "Fermo e Lucia", tale edizione è spesso considerata un romanzo a sé. Rivista in seguito dallo stesso autore, soprattutto nell'ambito linguistico, fu ripubblicato nella versione iva fra il 1840 e il 1842, con il nome con il quale è conosciuto oggi, ovvero, "I Promessi Sposi". L'interesse per la storia, per il vero e per l'utile ("l'utile per iscopo, il vero per soggetto, l'interessante per mezzo"), sono sempre stati preminente in Manzoni, i quali sono l'essenza dei principi romantici. Dopo l'allontanamento dalle poetiche del Neoclassicismo, (che riteneva il romanzo un genere inferiore), come è dimostrato già con la composizione delle Odi civili e, soprattutto, delle due tragedie ("Il conte di Carmagnola" e "l'Adelchi"), le opere si basano su uno sfondo storico precisamente ricostruito ove si innestano vicende in parte fittizie (secondo il principio, tipico del romanzo storico europeo del verisimile). Ciò nasce dall'urgenza avvertita dallo scrittore...

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Didascalia alternativa:

di dedicare l'attenzione soprattutto alle masse popolari anonime, agli umili che non hanno voce nella storiografia tradizionale e sono tuttavia i protagonisti dell'agire storico, subendo tra l'altro assai spesso i soprusi dei potenti. Ecco nascere l'interesse a partire dal 1820 per il genere del romanzo di genere storico che aveva tutte le caratteristiche adatte per ciò che Manzoni aveva in mente, associato in particolare al periodo storico che l'Italia viveva in quegli anni (Periodo Risorgimentale). Lo scrittore non vuole più unicamente rivolgersi ad una casta chiusa, ma ad un vasto pubblico, e per cogliere l'interesse del lettore comune opta per una forma narrativa e un linguaggio accessibile, permettendo quindi l'esposizione di idee, precetti, nozioni storiche, ideali politici e principi morali, secondo la concezione pedagogica della letteratura (di derivazione illuminista). Sceglie di rappresentare il quotidiano, nella sua tragicità e nelle sue problematiche, i personaggi sono immersi nella storia e non più in uno sfondo astratto e fittizio. Descrive e rappresenta individui dalla personalità unica, inconfondibile, complessa e dinamica, caratteristiche tipiche della borghesia moderna. I modelli di riferimento: In Italia non era presente una tradizione e dei modelli autorevoli cui rifarsi, dal momento che l'esponente di spicco del genere in Europa era lo scozzese Walter Scott. Egli viene considerato il vero iniziatore del romanzo storico, cioè di un'opera narrativa in cui si combinano storia e invenzione, tuttavia, egli attribuiva sentimenti, linguaggio e atteggiamenti a lui contemporanei a protagonisti del passato. Manzoni, a differenza di Scott, che agiva talvolta con libertà e fantasia sulla ricostruzione storica per piegarla alla piacevolezza della narrazione, partendo da un'accuratissima ricostruzione, utilizza la Storia con funzione dimostrativa e non solo come ambientazione. Dall'Ottocento in poi il romanzo storico fu un genere molto adoperato: anche le Isili 16/10/2020 "Ultime lettere di Jacopo Ortis" (1817) di Ugo Foscolo, mostrano il problema della storia e di come essa si intrecci alle vicende personali del protagonista. Il quadro Storico: Il seicento L'ambientazione scelta da Manzoni è l'area lombarda dei primi decenni del 1600, che si trova sotto la dominazione spagnola. È un quadro fortemente polemico, infatti, l'autore vuole dimostrare le caratteristiche di un malgoverno con l'occhio critico di uno storiografo illuminista. Quello spagnolo in Lombardia è infatti «il governo più arbitrario combinato con l'anarchia feudale e l'anarchia popolare»> animato da «un'ignoranza profonda, feroce, pretenziosa»; infine martoriato da «una peste che ha dato modo di manifestarsi alla scelleratezza più consumata e svergognata, ai pregiudizi più assurdi e alle virtù più commoventi» (dalla lettera a Fauriel, novembre 1822). Inoltre, Manzoni comincia a scrivere questo romanzo proprio dopo il fallimento dei moti liberali del marzo 1821. Sceglie il romanzo per indagare le radici storiche dell'arretratezza italiana con l'intento di offrire alla borghesia progressista, come in un negativo fotografico, la futura società da fondare. Per contrasto, l'autore vuole proporre un rinnovamento sociale, una società ideale, che sia libera, con un saldo potere statale, una legislazione agile, razionale ed equa, e tutori della legge che non siano in connivenza con i potenti; le classi sociali devono essere in armonia tra loro, evitando le lotte fra esse. Quindi l'ambientazione storica non è solo lo sfondo su cui collocare in modo astratto i propri personaggi: è un elemento fondante e pieno di significato. I personaggi, di conseguenza, assumono un forte rilievo drammatico e, anche quando inventati, si armonizzano perfettamente al corso degli eventi narrati. I personaggi: I personaggi principali dei Promessi Sposi sono uomini e donne di umile origine (come Renzo, Lucia e Don Abbondio) o ricchi e potenti (come l'Innominato, il cardinale Borromeo, Gertrude, Don Rodrigo, Fra Cristoforo). Alcuni di questi sono figure di fantasia (i due promessi, il curato che si rifiuta di sposarli, il signorotto che li perseguita, il frate che li aiuta), altri sono personaggi storici (il cardinale) o possono essere identificati con persone realmente esistite (Gertrude con una monaca di Monza e l'Innominato con il feudatario Bernardino Visconti o con un brigante vissuto a Bagnolo Cremasco). Personaggi Storici Eleonora Loi classe V sez. A Il cardinale Borromeo La Monaca di Monza L'Innominato Personaggi Verisimili Renzo Lucia Fra Cristoforo Don Rodrigo Don Abbondio Isili 16/10/2020 Aristocrazia in funzione negativa in funzione positiva Eleonora Loi classe V sez. A Don Rodrigo Gertrude Il Cardinal Federigo L'iinominato, con la sua conversione Don Rodrigo e Gertrude rappresentano la funzione negativa dell'aristocrazia, che viene meno alle sue responsabilità ed usa il suo potere in modo oppressivo. Don Rodrigo è il signorotto del paese di Renzo e Lucia, un aristocratico che vive di rendita, egli è il rappresentante di quella aristocrazia oziosa e improduttiva che Manzoni critica spesso e che esercita soprusi sui deboli più per passatempo che per crudeltà gratuita. Gertrude è la monaca del convento di Monza dove si rifugiano Agnese e Lucia. Il personaggio è chiaramente ispirato alla figura storica di Marianna de Leyva (1575-1650), figlia di Martino conte di Monza, la quale fù costretta a farsi monaca dal padre contro la sua volontà. Manzoni modifica in parte la vicenda storica e la adatta alle esigenze narrative del romanzo, anche se rivela fin dall'inizio la storicità del personaggio L'autore tratteggia una figura tragicamente solenne e fa di Gertrude uno dei personaggi più affascinanti del romanzo descritta, con grande finezza e introspezione psicologica. La vicenda della monaca è anche esemplare del male insito nel mondo del potere e nella stessa condizione nobiliare, poiché l'imposizione del padre nasce da motivi che riguardano il decoro aristocratico e la necessità di lasciare intatto il patrimonio, mentre alla fine Gertrude è indotta ad accettare il velo pur di non perdere quegli stessi privilegi nobiliari a cui è in fondo attaccata Il Cardinale Federigo Borromeo, con la sua attività benefica incarna il modello positivo. È il cardinale arcivescovo di Milano che raccoglie la confessione dell'Innominato e ne favorisce la clamorosa conversione. Federigo Borromeo rappresenta nel romanzo l'unica eccezione fra tanti personaggi potenti i quali, per malvagità, incuria o incompetenza, si macchiano di gravi colpe, oltre ad essere praticamente l'unico esponente dell'alto clero a comportarsi in modo schietto e a non compromettersi col potere politico e aristocratico. L'Innominato, mediante la sua conversione, indica il passaggio esemplare dalla funzione negativa (abuso potere) a quella positiva (protettore degli umili). È il potente bandito cui si rivolge don Rodrigo perché faccia rapire Lucia dal convento di Monza in cui è rifugiata. Isili 16/10/2020 Il Popolo esempio negativo Eleonora Loi classe V sez. A esempio positivo Folla sediziosa di Milano Lucia Renzo, con la sua trasformazione Lucia rappresenta la rassegnazione cristiana, ella sembra possedere sin dall'inizio quella consapevolezza, per dono divino, della vanità dell'azione. In lei vi è uno spontaneo rifiuto verso la violenza, e un abbandono totale alla volontà di Dio. Per queste motivazioni viene spesso considerata un personaggio statico, ma in realtà, anche lei, attraversa un suo percorso di formazione. All'inizio dell'opera essa appare prigioniera di una visione ingenuamente idilliaca della vita, di quel pensiero che la Provvidenza pensi sempre a preservare i giusti. A Lucia manca quella consapevolezza del male, fondamentale per capire la vera natura della realtà umana. Attraverso le sue peripezie e le sue sofferenze, avverrà il superamento di quella visione idilliaca. Renzo, come già indicato, allo stesso modo dell'Innominato attraversa un suo percorso di trasformazione. Egli possiede, per l'autore, tutte quelle virtù che sono proprie del popolo contadino (ribelle, insofferente verso i soprusi). Ciò potrebbe portarlo a commettere atti violenti, e quindi, di conseguenza gli alienerebbero la benevolenza divina. Il suo percorso di formazione perciò consiste nella rassegnazione a Dio, evento scaturito da 2 momenti fondamentali: la notte passata presso l'Adda e il perdono di Don Rodrigo. L' Azzeccagarbugli è presentato come un personaggio buffo e sgraziato, rappresenta il decadimento e il degrado della giustizia nel XVII secolo; è anche l'esempio di un vile cortigiano e di un parassita che sfrutta don Rodrigo, mettendosi al servizio dei suoi propositi delittuosi. Don Abbondio è comunque una figura fondamentalmente positiva, sinceramente affezionato a Renzo e Lucia, anche se la sua paura e la sua debolezza lo spingono a comportarsi in modo scorretto e a farsi complice delle prepotenze altrui, al di là delle sue stesse intenzioni. Fra Cristoforo è un frate cappuccino, padre confessore di Lucia, è impegnato ad aiutare i due promessi contro i soprusi di don Rodrigo, non sempre con successo. Era un ricco borghese e da ciò scaturisce quell'antico orgoglio nobiliare, nonché la sua abitudine a trattare coi potenti. Isili 16/10/2020 I ceti medi esempio negativo Il Manoscritto: Eleonora Loi classe V sez. A esempio positivo Don Abbondio l'Azzeccagarbugli Fra Cristoforo Trama dell'opera: I Promessi sposi sono un romanzo storico ambientato nella Lombardia del 1628-1630, che ha per protagonisti i giovani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella il cui matrimonio viene impedito dal signorotto del loro paese, don Rodrigo, a causa di una futile scommessa col cugino Attilio. In seguito a un tentativo di rapimento della ragazza, i due fidanzati sono costretti a separarsi e a fuggire, andando incontro a una serie di disavventure (Lucia incontrerà la monaca di Monza, l'innominato, il cardinal Borromeo, mentre Renzo sarà coinvolto nei moti popolari a Milano il giorno di S. Martino del 1628 e dovrà rifugiarsi nel Bergamasco). La peste del 1630 farà in modo che i due promessi si ritrovino nel lazzaretto di Milano e, in seguito alla morte del loro persecutore a causa dell'epidemia, potranno infine sposarsi e trasferirsi nel territorio di Bergamo. In appendice alla seconda edizione (1840-1842) Manzoni pubblicò la Storia della colonna infame, saggio storico che ricostruisce il processo agli untori di Milano del 1630 di cui dà sommariamente conto nel cap. XXXII del romanzo. || romanzo di Alessandro Manzoni si apre con un'introduzione in cui il narratore spiega l'origine della storia che si accinge a raccontare. Egli sostiene di aver ritrovato un anonimo manoscritto del XVII secolo, che racconta una vicenda ricca di fatti tragici e orribili, ma anche di azioni virtuose. Una vicenda accaduta a persone di modesta condizione sociale. Tale espediente è un topos che nella letteratura mondiale era già stato utilizzato svariate volte, come nel caso Isili 16/10/2020 dell'Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo e dell'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. La storia è scritta in italiano seicentesco, cioè in una forma antiquata e non sempre corretta. La trama, tuttavia, lo convince tanto da decidere di trascriverla in un italiano più comprensibile, in modo da farla conoscere ad un pubblico più ampio. In realtà / Promessi Sposi sono frutto di fantasia di Manzoni e il ritrovamento di un antico manoscritto è soltanto un'invenzione dell'autore milanese. L'espediente letterario serviva al Manzoni per mantenere le distanze dalla storia che si accingeva a raccontare, quindi fare in modo che le critiche velate o manifeste alla dominazione spagnola fossero attribuite ad altri, così nessuno in epoca di dominazione straniera (quella austriaca contemporanea allo scrittore) potesse causare alla sua opera la censura. La seconda funzione del finto manoscritto è tutta stilistica: quella distanza contribuiva ad aumentare la verosimiglianza storica della vicenda di Renzo e Lucia. Manzoni riferisce al lettore dove, come e quando è avvenuto il ritrovamento, e trascrive il frammento iniziale del fantomatico documento. Tale frammento è anch'esso l'introduzione composta dal cronista seicentesco, il quale tiene a precisare che i protagonisti del suo racconto non saranno "Prencipi" e "Potentati" ma persone umili alle quali però sono capitati "fatti memorabili". Anche in questo passaggio Manzoni sottolinea, indirettamente, la sua intenzione di raccontare la storia da una prospettiva nuova, ovvero dare rilevanza alle masse anonime. Il Problema della Lingua: Manzoni, con la redazione definitiva del suo romanzo, diede una svolta incredibile anche in ambito linguistico. L'autore fornisce alla letteratura italiana un nuovo modello di lingua sul piano civile, indicandone anche il possibile utilizzo come lingua della futura Italia Unita. Per trattare i temi innovativi e contemporanei da lui scelti la lingua letteraria precedentemente utilizzata possedeva una grande inadeguatezza. Manzoni cerca un "codice" comune e egualmente conosciuto sia da chi scrive che da chi legge. Per tale scopo, nel 1827 andò a Firenze e lì trovò la soluzione: la lingua che stava cercando era quella fiorentina parlata dalle classi colte, <<viva, agile, reale» (Migliorini). Manzoni è consapevole che il popolo italiano aveva bisogno di una lingua unitaria, in cui riconoscersi. L'operazione poté dirsi conclusa con la pubblicazione della seconda edizione, nonché definitiva, del romanzo, tra 1840-1842. L'autore dopo l'edizione definitiva del suo romanzo ha voluto esporre le sue tesi legate al tema del lingua con diversi scritti: ● ● Eleonora Loi classe V sez. A Lettera a Giacinto Carena, 1847 "Sulla lingua italiana" 1856 "Saggio di vocabolario italiano secondo l'uso di Firenze", composto con Gino Capponi 1830 1859 trattato "Della lingua italiana", trattato con ben 5 redazione, ma resta manoscritto 1868 "Dell'unità della lingua e dei mezzi di diffonderla" Il 14 gennaio 1868 Alessandro Manzoni venne nominato dal Ministro della Pubblica Istruzione, Emilio Broglio, presidente della sezione milanese con Bonghi e Carcano di una commissione avente l'incarico: di fissare le regole, le forme, la pronuncia del corretto italiano e proporre i metodi per una sua diffusione "trasversale" all'interno della popolazione. Isili 16/10/2020 Eleonora Loi classe V sez. A Nel marzo 1868 lo scrittore espone la relazione "Dell'unità della lingua e dei mezzi di diffonderla" nella quale spiega la sua proposta di diffondere la lingua fiorentina con un vocabolario, che costituisse un punto di riferimento certo ed impiegando docenti fiorentini nelle scuole elementari. La Provvidenza e l'elemento religioso: Nel romanzo grandissima importanza assumono la visione religiosa, la concezione liberale e la fede nella Provvidenza divina da parte dell'autore. Questo ideale di società si nutre dei principi della nascente borghesia liberale; la componente laica si fonde indissolubilmente anche la componente religiosa. Il modello di una società giusta ma senza i conflitti fra le classi, in cui i privilegiati diano volontariamente a chi non ha, e i diseredatati sopportino pazientemente le loro miserie, secondo Manzoni è proposto dal Vangelo stesso. Nella sua prospettiva, la predicazione della Chiesa può avere un'efficacia immensa nel condurre alla realizzazione di quell'ideale di società, persuadendo le classi contrapposte a seguire i principi sociali del Vangelo. Si è visto che la visione religiosa porta Manzoni ad avere una concezione tragica e pessimistica della storia umana scaturita dal peccato originale. Lo scrittore è convinto che una ricostituzione della felicità originaria sia preclusa alle forze umane su questa terra; però non per questo ritiene che occorra assumere un atteggiamento di rassegnazione di fronte al male sociale, esiste secondo lui un margine per attenuare il male, per cui diviene un dovere per l'uomo agire per contrastare il negativo della società e della storia. Per questo il cattolicesimo manzoniano, arriva a fondersi con un progressismo moderato di impronta laica e liberale, distaccandosi nettamente dagli orientamenti della Chiesa nell'età della Restaurazione. La società che Manzoni vagheggia, agli albori delle lotte risorgimentali, dovrà ispirarsi sia al liberalismo borghese sia ai principi religiosi del cattolicesimo: solo cosi potrà evitare le degenerazioni giacobine, sperimentate durante la Rivoluzione francese. La concezione manzoniana della Provvidenza si basa sull'interpretazione provvidenziale della realtà, che nel romanzo viene sistematicamente affidata ai personaggi. Manzoni infatti ha una sua concezione più problematica e complessa rispetto a quella dei suoi umili personaggi. Lucia e Renzo presentano una concezione elementare ed ingenua della Provvidenza che viene identificata con virtù e felicità: per loro Dio interviene infallibilmente a difendere e a premiare i giusti. Nella superiore visione teologica di Manzoni, al contrario, virtù e felicità possono coincidere solo nella prospettiva dell'eterno, i buoni saranno premiati e i cattivi puniti. Nella sfera terrena la volontà divina, può anche infliggere sventure e sofferenze ai giusti, senza garantire il loro risarcimento. Per Manzoni la provvidenzialità dell'ordine divino del mondo consiste nel fatto che la sventura permetta la maturazione in essi delle più alte virtù e una più profonda consapevolezza. Solo alla fine Renzo e Lucia giungono a maturare questa più profonda visione della Provvidenza, rendendosi conto che la sventura può colpire anche le persone più innocenti. Sino a questa finale presa di coscienza che scaturisce dalla maturazione dei personaggi, vi è dunque una sfasatura tra la concezione della Provvidenza che è propria di Manzoni e quella dei suoi umili personaggi che guarda con una superiore benevolenza. Isili 16/10/2020 Differenze tra Il Fermo e Lucia e I Promessi Sposi: Distribuzione delle sequenze nell'intreccio Storia Caratterizzazione dei personaggi Digressioni Narratore Lingua Fermo e Lucia Dopo la separazione dei protagonisti sono trattate tutte le peripezie di Lucia e poi tutte quelle di Renzo La storia della Signora di Monza è trattata molto ampiamente, indugiando sui dettagli Lucia pensa e si esprime come una campagnola, Il conte del Sagrato è il tipico tiranno dell'epoca Ampie e impostate in modo saggistico Interviene con espliciti giudizi critici e polemici La base è un toscano letterario arricchito da francesismi e da apporti dialettali Eleonora Loi classe V sez. A I promessi Sposi Le peripezie di Renzo, dopo l'allontanamento dal paese, sono incastonate all'interno della narrazione delle vicende di Lucia Alcuni particolari della vicenda di Gertrude, come la relazione con Egidio e l'uccisione della conversa, sono passati in silenzio Il personaggio di Lucia è trattato in modo meno realistico e L'innominato ha una personalità più complessa e problematica Meno ampie e più strettamente legate alla fabula Interviene spesso e con giudizi meno netti e velati dall'ironia 1827: potenziamento della base toscana rispetto agli altri apporti 1840: toscano realmente parlato dalle classi colte del 1800 Il "Fermo e Lucia" è la prima redazione, seppur rimasta inedita per più di un secolo e pubblicata dagli studiosi con il titolo "Gli Sposi Promessi", venne redatta da Manzoni tra il 1821-1823. Essa rispetto alle due edizioni successive (2° edizione del 1827 e ultima e definitiva edizione del 1840), presenta differenze profonde e sostanziali riassunte nella tabella sopra riportata. In generale l'impostazione del racconto muta profondamente dalla prima redazione alle successive. Nel Fermo e Lucia, Manzoni ricorre più largamente al documento storico e realistico, con l'intento di fornire un quadro preciso dei costumi, intende trattare problemi storici, economici e culturali mediante digressioni di carattere saggistico. Tutto ciò è fortemente ridotto nell'ultima edizione dei Promessi Sposi come le posizioni critiche e polemiche dell'autore, che nella prima edizione sono più secche e meno velate. Infatti nella prima edizione vi è una più netta contrapposizione tra bene e male, ideale e reale, mentre nell'ultima edizione gli elementi sono più vicini. Il Sugo della storia: Il "Sugo" della storia, si manifesta alla fine del romanzo, quando i due protagonisti meditano sulle loro vicende. Lucia, insieme a Renzo, ha preso coscienza dell'incombere costante del male sulla realtà umana. La conquista spirituale è avvenuta grazie alle sventure patite e attraverso di esse i due protagonisti prendono coscienza della positività provvidenziale del male. Compare il concetto Isili 16/10/2020 Eleonora Loi classe V sez. A della "provida sventura”. Nella conclusione tratta dai due umili protagonisti sono presenti, anche se espressi in forma elementare, i cardini stessi della visione manzoniana. Innanzitutto il rifiuto dell'idillio inteso come vagheggiamento, come rappresentazione di una vita quieta, nell'ambito ristretto della sfera domestica, lontana dai tumulti della storia, ignara del male che in essa è inevitabilmente presente. Manzoni, come già detto, ha una visione tragica, che scaturisce dal suo pessimismo religioso, perciò, ogni rappresentazione idillica della realtà, è assolutamente difforme dalla verità e dal culto manzoniano del vero. Proprio nel "sugo" maturato alla fine dai due protagonisti si può trovare dunque l'espressione più chiara del rifiuto manzoniano dell'idilliaco. L'ironia nel Romanzo: Il romanzo si basa sulla finzione narrativa che Manzoni abbia ritrovato un anonimo manoscritto del Seicento. Questo ovviamente fa sì che nel romanzo vi siano due narratori, vale a dire l'anonimo e Manzoni, e il secondo è in una posizione privilegiata rispetto al primo perché conosce maggiori dettagli sullo scenario storico, può correggere o integrare le informazioni dello "scartafaccio" secentesco, interviene spesso con commenti e giudizi che riflettono le idee personali del romanziere dell'Ottocento. Questo secondo narratore, che è ovviamente l'io narrante del romanzo, è di tipo "onnisciente", spesso critica e condanna l'operato dei personaggi. La narrazione ha usualmente un andamento piano, di conversazione affabile e bonaria con un ideale uditorio, a cui spesso la voce narrante si rivolge direttamente. Questa dominante tonalità conversevole è spesso pervasa di sottile ironia, impalpabile e sfuggente, è anche difficile da definire. L'ironia, in generale, implica un atteggiamento di distacco da ciò di cui si tratta, ma può rivestire varie funzioni. Nel romanzo manzoniano vi può essere ad esempio l'autoironia, cioè momenti in cui il narratore guarda con distacco se stesso e la propria operazione di scrittura, cosi avviene nell'Introduzione, dove mette in dubbio l'utilità stessa della propria opera. Dietro a queste mosse ironiche si può scorgere la svalutazione dalla letteratura, sentita come qualcosa che, rischia di essere oziosa e inutile, in confronto alla ricostruzione storica o alla riflessione filosofica. A volte l'ironia è rivolta agli ipotetici lettori. Cosi avviene nelle pagine conclusive, dove il narratore si astiene dal raccontare la vita tranquilla e felice dei due sposi, poiché ritenuta noiosa. L'ironia, può essere riferita anche ai personaggi del romanzo. Nei confronti dei personaggi del popolo si tratta di un'ironia che segna la distanza del colto narratore dalla gente umile e sprovveduta, ma si tratta sempre di un'ironia affettuosa, che ha alla base la convinzione che nei personaggi semplici, vi sia comunque un tesoro di umanità che non può trovarsi nelle classi elevate. E l'ironia può colpire lo stesso protagonista, Renzo (mai Lucia, personaggio troppo sublime), a sottolineare i suoi errori e le sue ingenuità di ragazzo fondamentalmente buono ma impetuoso e imprudente. Talora l'ironia nei suoi confronti è affidata a commenti espliciti della voce narrante. In altri casi, invece, il narratore tace e l'ironia scaturisce oggettivamente dal contrasto che si crea fra le parole di Renzo e la realtà effettuale degli eventi. Per nulla bonaria e indulgente è l'ironia verso don Abbondio, e nei confronti dei potenti essa si trasforma in sarcasmo impietoso.