La letteratura francese e provenzale nell'Italia centro-settentrionale
Per lungo tempo in Italia si è continuato ad usare le lingue originali dei testi (narrativa = francese, lirica = provenzale) poiché le due lingue appaiono insostituibili. I trovatori (sia provenzali sia italiani) cantano sia l'amor cortese sia i fatti d'attualità politica, con cui i poeti esprimono le aspirazioni di potere dei loro signori. La letteratura francese in Italia, a partire dalla fine del XII secolo, influenzò l'immaginario popolare, diventando il tema ricorrente di affreschi, sculture e leggende. Persino ai figli vengono attribuiti i nomi degli eroi del ciclo carolingio e arturiano. Nella prima metà del XIII secolo, l'Italia settentrionale si trova ad accogliere i trovatori in fuga dalla Francia meridionale per effetto della violenta crociata indetta dal papa contro gli albigesi.
Il regno di Sicilia di Federico II di Svevia
Nei primi decenni del XIII secolo, il Sud dell'Italia è governato da Federico II di Svevia, il quale, nel suo regno, diede impulso a una scrittura poetica autonoma, in volgare siciliano. Per dare prestigio culturale al suo progetto statale, il sovrano promosse una poesia in lingua locale. La lingua ufficiale del regno rimane il latino, in cui si scrivono i documenti giuridici e politici, le opere di carattere storico, i trattati, ecc., ma il volgare cessa di essere una lingua soltanto parlata e si eleva a lingua letteraria. La lirica dei siciliani, insieme con la contemporanea poesia religiosa in volgare umbro, si colloca all'origine della letteratura italiana.
La scuola siciliana: Gli autori
I rimatori che operano alla corte di Federico II per mecenatismo costituiscono la cosiddetta scuola siciliana. Il termine "scuola" indica un gruppo di poeti uniti da un modo di fare letteratura e si raccolgono intorno alla figura unificante di un promotore (in questo caso Federico II). Gli autori non sono poeti per professione: sono giudici, notai, segretari che fanno parte dell'apparato di governo del sovrano. La loro attività di poeti è secondaria rispetto funzionari dello Stato. Nasce con i siciliani la figura del poeta giurista laico. Il principale autore della scuola siciliana è il «notaro» (notaio) Jacopo da Lentini, che inventa la forma metrica del sonetto.
Le differenze tra la lirica trobadorica e la poesia siciliana
I poeti siciliani leggono e consultano i codici della poesia trobadorica traendo da quel modello i temi, le situazioni e le immagini, che in seguito adattano alle proprie esigenze. Le principali differenze della poesia siciliana rispetto al modello provenzale sono:
- i poeti siciliani selezionano tra i temi dei trovatori unicamente quello amoroso, escludendo tutti i riferimenti politici e di cronaca presenti in quella letteratura;
- la trattazione del tema amoroso si sposta dall'oggetto dell'amore al soggetto che prova la passione, scompare anche il senhal con cui viene indicata la donna;
- viene meno lo stretto legame tra poesia e musica. Anche quando traducono nella propria lingua i testi provenzali, i poeti siciliani non trasferiscono nei propri testi la notazione musicale originaria;
- viene usato esclusivamente il volgare locale.
La trasmissione dei testi e la "rima siciliana"
Le poesie della scuola siciliana ci sono giunte attraverso tre codici del tardo Duecento che contengono i testi siciliani tradotti in volgare toscano; ciò non ci consente di ricostruire il carattere originario del volgare letterario siciliano, se non per alcuni frammenti pervenutici in un codice cinquecentesco. La traduzione ha dato origine a un fenomeno di alterazione linguistica chiamato "rima siciliana", in cui rimano tra loro imperfettamente parole che nella lingua originale costituivano rima perfetta.
La fine dell'esperienza siciliana
L'esperienza della scuola siciliana si esaurisce con la morte di Federico II, nel 1250, effetto del forte legame personale tra la scuola e il suo promotore, che aveva rivestito un ruolo determinante per la nascita di essa. Il centro letterario italiano si sposta in Toscana e il volgare di questa regione, con l'unione di elementi fonetici e lessicali del siciliano, diventa la nuova lingua nazionale della letteratura. Di Jacopo da Lentini ci sono pervenute scarse notizie biografiche. Per la funzione di notaio rivestita al seguito di Federico II è citato dai letterati contemporanei con il titolo «il Notaro» (e questo è il nome con cui Dante parla di lui nella Commedia). È considerato il poeta più illustre della scuola siciliana, e anche il probabile inventore del sonetto. Le sue poesie (14 canzoni e 24 sonetti) sono collocate.