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appunto su TASSO, (vita, le Rime, l'Aminta)

18/6/2022

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Tasso
Lo scontro con il potere è Interiorizzato all'estremo fino a portare a crisi psicotiche. Il conflitto con
l'autorità penetra nella sua

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Tasso Lo scontro con il potere è Interiorizzato all'estremo fino a portare a crisi psicotiche. Il conflitto con l'autorità penetra nella sua personalità. Tasso presta consenso all'ideologia della controriforma perchè costretto, cerca di ribellarsi in nome della libertà di pensiero rinascimentale ma per senso di colpa si autodenuncia all'inquisizione. LA VITA Nasce a Sorrento nel 1544, ma la famiglia non è originaria di lì. Il padre Bernardo è un nobile impiegato presso il principe di Salerno Ferrante in Piemonte, quindi è sempre irraggiungibile. Tasso vive con la madre e la sorella prima a Sorrento, poi a Salerno e a Napoli dove frequenta la scuola dei gesuiti. A dieci anni ha la possibilità di ricongiungersi con il padre ma questo lo costringe a separarsi dalla madre che non rivedrà più e dalla sorella Cornelia. Prima il padre lo manda dai parenti a Bergamo, poi si ricongiungono a Urbino presso la corte dei Dalla Rovere, dove Torquato studia con il figlio del duca ricevendo una raffinata cultura. Si spostano a Venezia, Il padre pubblica il poema cavalleresco, l'Amadigi, e Torquato pubblica il Gierusalemme nel 62, prima stesura della sua opera maggiore. Stampa anche un poema cavalleresco, il Rinaldo. Tra il 1560 e il 1565 si dedica agli studi prima a Padova, poi a Bologna dove viene espulso dall'università per aver...

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Didascalia alternativa:

scritto una satira su professori e studenti e ritorna quindi a Padova. Si innamora di Lucrezia Benididio e poi di Laura Peperara. Nel 1565 svolta, entra al servizio del cardinale Luigi d'Este trasferendosi a Ferrara. Fa amicizia con le sorelle del duca Alfonso, Eleonora e Lucrezia e le sue qualità vengono stimolate. Vive un decennio di serenità in cui lavora alla stesura di un poema, il Goffredo. Tra il 70 e il 71 fa un viaggio in Francia al seguito del cardinale.al ritorno a Ferrara si congeda dall'incarico con il cardinale ed entra al servizio del duca Alfonso II. In questo periodo non ha incarichi e ha un buono stipendio. Si dedica all'attività letteraria scrivendo l'Amanita, 'favola boschereccia' e il poema sulla prima crociata nel 75. Nel 76 è nominato storiografo di corte, ma qui finisce l'equilibrio. La prima ragione del suo tormento è proprio il poema, del quale non è soddisfatto. Continua a chiedere opinioni e critiche, autodenunciandosi all'inquisizione. Corregge l'opera in modo febbrile tagliando varie parti. Un altro motivo della sua crisi sono i rapporti con la corte estense, cerca di passare al servizio dei Medici, loro nemici. Anche Alfonso è preoccupato che tasso possa scrivere qualcosa di non conforme ai canoni imposti dalla controriforma poiché teme che la chiesa interferisca con il suo stato. Ci sono anche vari incidenti, in uno dei quali tasso lancia un coltello contro un servitore di Lucrezia da cui si sente spiato. Alfonso fa chiudere tasso in un convento francescano, ma lui evade subito e parte alla volta di luoghi del suo passato. Arriva a casa della sorella a Sorrento, dove le si presenta travestito e le annuncia la propria morte.di fronte ad una reazione di grande dolore le si rivela soddisfatto. Nel 79 torna a Ferrara in occasione delle nozze di Alfonso, ma offende tutta la famiglia e il duca lo fa internare nell'ospedale di Sant'Anna, dove rimarrà sette anni. Li si dedica alla scrittura dei Dialoghi e scrive moltissime lettere, che testimoniano il suo bisogno di contatti con il mondo esterno. A tratti è lucido, ma spesso soffre di allucinazioni e crisi psicotiche. Cerca in tutti i modi di ottenere la liberazione da parte del duca, che alla fine intercede poiché il poeta ha raggiunto una vasta fama. Tuttavia questa stima viene dalla pubblicazione della prima edizione della Gerusalemme Liberata nell'80-81, alla quale lui non ha acconsentito. Nel 1584 pubblica una versione censurata. Nel 1586, libero, segue Vincenzo Gonzaga a Mantova, poi si sposta in diverse città: bergamo, Firenze, infine roma e Napoli. Nel 1592 pubblica l'ultimo rifacimento del poema, la Gerusalemme conquistata. Dedica gli ultimi anni a opere di argomento devoto, sotto la protezione di Clemente VIII. (giulio de medici) Pubblica le lacrime di maria vergine e le lacrime di Gesù cristo, poi le sette giornate del mondo creato. Clemente gli promette di incoronarlo in campidoglio, ma tasso si ammala e muore nell'aprile 1595. La fortuna critica che tasso riceve subito si mescola alla mitizzazione della sua vita. I contemporanei riconoscono la svolta impressa alla tradizione petrarchista e negli anni successivi saranno tensione ed eccesso ad essere ricercati. Nasce comunque una polemica attorno al poema maggiore. Si diffonde l'idea di una follia positiva e strumentale, suscitata dal clima di contrasti. LE RIME Tasso continua la produzione lirica in modo ininterrotto per tutta la vita, quindi i suoi testi lirici hanno grande varietà di temi e periodi. Non riesce a organizzare la sua opera in modo soddisfacente perchè durante la reclusione le opere circolavano in edizioni pirata e lui non è d'accordo con la pubblicazione di molte di esse. Cura un'antologia di 42 componimenti d'amore, le rime degli accademici eterei, nel 1567. Poi pubblica una selezione di componimenti in un'altra antologia ed infine un'edizione divisa in due parti (rime amorose e rime encomiastiche) seguite da una terza parte, pubblicata dopo la morte, di rime religiose. Tasso riflette molto sulla teoria della lirica: la poesia deve essere chiara facile e pura, ma nobile, unendo ricercatezza e naturalezza. La musica è l'anima della poesia e deve renderla piacevole. Semplicità inserita in un impianto formale complesso e raffinato. La musicalità in tasso è spesso affidata all'enjambement, si alternano parallelismo e asimmetria, con figure retoriche soprattutto di posizione, come il chiasmo. La lirica di Tasso si inserisce nella tradizione petrarchesca del Canzoniere, che tasso conosce e cita, ma lo riprende con una certa libertà, sottraendosi al modello bembesco utilizzando un Vocabolario più vasto. Tasso differisce da Petrarca mantenendo una tendenza centrifuga, evitando di identificare un motivo dominante, tasso indaga in molteplici direzioni. Oltre a sonetti e canzoni tasso scrive molti madrigali, dei quali i più riusciti sono quelli a tema erotico-galante, a volte dedicati a donne realmente amate dal poeta, spesso dedicati a donne legate alla vita di corte. Vengono rappresentate nuove situazioni che rispecchiano la voce vita di corte attraverso la descrizione dei vestiti, dei balli... La necessità di protezione porta tasso a scrivere vari testi encomiastici d'occasione, per elogiare i signori che lo hanno ospitato. Il più famoso è il componimento al Metauro. Nei componimenti di argomento devoto adatta le formule della poesia d'amore alla confessione e alla sofferenza spirituale. Qual rugiada o qual pianto Madrigale delle Rime, 1565 Tasso ritrova nella natura i segni della sofferenza causata dalla separazione dall'amata. Descrive un paesaggio notturno. Musicalità languida, enjambements e inversioni. Ricorre coppia aggettivo e sostantivo e viceversa. Sensazioni visive tattili e uditive intrecciate. Quattro interrogatuve, ritmo cullante e trasognato. L'AMINTA È un dramma pastorale o favola boschereccia, azione teatrale ambientata in un bosco. Scritta in poco tempo nella primavera 1573, nel periodo di massima serenità di tasso. È divisa in cinque atti, preceduti da un prologo. Ogni atto è concluso da un coro. Tasso la modifica più volte. Il pastore aminta è innamorato della Ninfa Silvia, ma lui è molto timido e lei oppone qualche resistenza, che però il pastore non sa gestire a causa dell'inesperienza. Due personaggi più maturi aiutano il congiungimento dei due, dafne parla con Silvia mentre Tirsi da consigli ad Aminta. Amanita si decide a recarsi dove silvia solitamente fa il bagno, ma la trova legata ad un albero con un satiro che sta per violentarla. Aminta la salva, ma silvia scappa senza considerarlo. A quel punto si creano diversi malintesi, ad Aminta viene detto che Silvia è stata sbranata da un lupo, allora lui tenta di uccidersi ma si salva perchè nel gettarsi da una rupe cade su un cespuglio. Silvia viene a sapere che lui è morto e cede all'amore per lui. I due poi si ricongiungono, lieto fine. Il legame con l'egloga pastorale è interrotto dal fatto che tasso si concentra molto più sull'aspetto teatrale che su quello sentimentale lirico. La complessità dell'opera è data dalla fusione di due generi, tragedia e commedia, e delle rispettive tradizioni, teatro e lirica d'amore. Tasso si ispira agli stilnovisti, a Petrarca, alla poesia cortigiana, e anche ai modelli antichi, euripide, virgilio, catullo, Ovidio, Lucrezio. In origine l'opera era vista come una parentesi di serenità assoluta, in realtà bisogna considerare lettura tragica perchè per raggiungere il lieto fine i protagonisti attraversano grandi sofferenze. Dietro al lieto fine c'è il rischio di morte. Non c'è una concezione unica dell'amore, ne sono presentate diverse visioni (opera polifonica) e il poeta non conferma nessuna di queste. Manca prospettiva dominante sull'argomento centrale. Un tipo di amore è quello saggio di tirsi e dafne, consapevole del potere distruttivo di un rapporto passionale, l'altro è quello di silvia e amanita, l'amore- passione. Il prologo è recitato da Amore personificato, che si dichiara motore dell'azione e propone un'utopia sociale in cui grazie ad esso tutti gli uomini sono uguali e il benessere non viene dalla ricchezza ma da un patto di solidarietà amorosa. Questa utopia corrisponde ad una riqualificazione del mondo umile, grazie ad amore si innalza al rango delle corti. In realtà tasso esprime il proprio scetticismo nei confronti di una riconciliazione sociale inserendo elementi di crisi e minaccia in un contesto allegorico, quello pastorale, generalmente privo di conflitti e sereno. l'elemento contrastante si trova nel monologo fatto dal satiro, che si giustifica con motivazioni sociali ed economiche: silvia non lo avrebbe mai considerato in quanto povero, quindi non ha altra scelta che la violenza. La raffinatezza e la nobiltà implicano quindi ingiustizia. Il satiro sostiene che l'età contemporanea sia l'età dell'oro nel senso che solo la ricchezza conta. Il mondo pastorale sarebbe in teoria evasione, ma si basa in realtà sui modelli della corte, anche perchè molti personaggi del mondo pastorale dell'aminta sono realmente esistiti. La corte è quindi idealizzata ma non senza mostrarne le ipocrisie. O bella eta de l'oro I pastori rimpiangono l'età dell'oro accusando l'onore di aver messo fine ad essa portando controllo e rigidità. L'età dell'oro non era tale per tutti gli aspetti positivi concreti, ma perchè quel valore fallace poi chiamato onore non si intrometteva nei fragili piaceri e gli uomini non conoscevano la sua legge crudele. La legge a loro nota era invece 'ciò che piace è lecito'. I pastori invocano l'onore chiedendogli di lasciare il loro mondo e di ritirarsi nelle corti. Tradizione laica ed edonistica contrapposta alla cultura bigotta.