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Alessandro Manzoni e il Romanzo dell’Ottocento

21/11/2022

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Nato a Milano nel 1785 - POCO prima della rivoluzione francese
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VITA Nato a Milano nel 1785 - POCO prima della rivoluzione francese Ambiente illuminista Figlio di Giulia Beccaria, figlia di cesare Beccaria ("dei delitti e delle pene") Alessandro Manzoni sposata con Pietro Manzoni (conte) Relazione con Giovanni verri (forse vero padre di Alessandro) Giulia e Pietro, oltre alla differenza di età, hanno anche idee molto diverse (Pietro da conte vuole la monarchia, mentre Giulia frequentano il caffè sente aria di rivoluzione ed è contraria) si lasciano un anno dopo la nascita Alessandro Giovinezza passata in più collegi-▷ Istruzione derivata dall'ambito religioso Ambiente del collegio e famiglia del padre gli permettono numerosi contatti con personalità importanti حلم Giulia Beccaria convive a Parigi con CARLO IMBONATI (nobile milanese) Anche Manzoni inizia a frequentare Parigi UGO FOSCOLO ENRICHETTA BLONDEL VINCENZO MONTI (letterato italiano che fece la prima traduzione dell' Iliade) Neoclassicismo + illuminismo BA Filologia: come si struttura un testo (scienza) Incontra letterati, filosofi e scienziati "Tragedie" -D scrive un poemetto in endecasillabi "carme in morte di carlo imbonati" alla sua morte Ambiente illuminista Dateo e più forte di quello italiano 1810 Si trasferiscono a Milano Hа come precettore parini CLAUDE FAURIEL (letterato) Futura moglie origini svizzere Da questo incontro nasce l'interesse per la filosofia e la critica letteraria A Claude è indirizzata una lettera sulle caratteristiche della letteratura (come va fatta) calvinista 1 In seguito al matrimonio Manzoni si converte al cattolicesimo (insieme alla moglie) -▷ Non...

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Didascalia alternativa:

è più interessato alla razionalità Prima era interessato alla critica letteraria, ora inizia scrivere letteratura cambia tipo di produzione letteraria ES "Inni sacri": poesie per la liturgia delle principali feste religiose Riforma romantica sulla tragediografia Letteratura mette in evidenza la sua conversione alla spiritualità 1821: inizio insurrezioni in Italia Risorgimento italiano Fanno parte di questo periodo: Tra 27 e 40 va a Firenze Influenzati dalle idee del romanticismo Odi Marzo 1821 5 Maggio Progetto de 'I promessi sposi Inizia a circolare l'idea che possa esistere un Italia unificata e una lingua italiana COSA È LETTERATURA? Il fiorentino del suo tempo non è uguale a quello di Dante In che lingua vanno scritti i promessi sposi? Qual è l'italiano? va in Toscana a Firenze dove si forma sulla lingua usata da Dante In questo periodo entra in contatto con il gabinetto vissieux C. CAPONI, P. GIORDANI Manzoni viene nominato senatore del regno d'Italia appena nato composta da due parti Revisione del 1840 ha una revisione linguistica in un fiorentino contemporaneo Ultimi impegni riguardano Punificazione linguistica dell'Italia Patriottismo, spirito del popolo, attenzione al particolare rispetto all'universale Lingua più Toscana di quella di Dante perché è la letteratura che si rifaceva a Dante ma la lingua contemporanea pariata è diversa Manzoni risponde in due occasioni 22 maggio 1873 muore D In suo onore Giuseppe verdi compone la massa da Requiem 21-23 Fermo e Lucia 1827 prima edizione 'I Promessi Posi La ventisettana 1840 edizione definitiva 1823 cesare aveva ripubblico Pinno sacro di Manzoni "la Pentecoste" - 1846 la lettera viene resa pubblica semenza l'autorizzazione di Manzoni ● Lettere a Monsieur chauvet D Tragediografia ● A cesare d'Azeglio "Sul Romanticismo" -▷ Privata, non pensata per la pubblicazione nel 1870 fa uscire l'edizione rivista della lettera Manzoni risponde con questa lettera Esce come era stata scritta in prima battuta Destruens, in cui dice cosa secondo lui non è la letteratura e cosa non è il romanticismo construens, da' la sua idea Letteratura secondo Manzoni è ● Utile Riguarda la verità Genera interesse T 10 Culti pagani aclovano e rispellano cose terrene come passioni, piaceri, come se esse fossero un fine L₂ cio può accadere anche a chi vion crede negli dei pagani. Vivendo cos e come se lo facesse ↓ Elfetto della mitologia e di viportare a quelle idee e chi ne scrive le promuove e le sostiene 5 IO ->Letteratura deve avere una morale e trattare della verita" (non came Ariosto o Tasso che per un inse, gnamento parlano 20 anche di cose Pantastiche) > questo perche' i lelovi devono essere istruiti si devono usave il Ivevo stovico e il vero morale 15 La realto e la veva fonte di bellezza di mantenere i simboli, le espressioni, le formule dei sentimenti che Egli ha inteso distruggere; di farci lasciar da canto" i giudizii ch'Egli ci ha dati delle cose, il linguag- gio che è la vera espressione di quei giudizii, per ritenere le idee e i giudizii del mondo pagano. Né può dirsi che il linguaggio mitologico, adoperato come è nella poesia, sia indifferente alle idee, e non si trasfonda in quelle che l'intelletto tiene risolutamente e avvertitamente ¹8. E perché dunque si farebbe uso di quel linguaggio, se non fosse per affezione ¹9 a ciò che esso esprime? se non fosse per produrre un assentimento, una simpatia 20? A che altro fine si scrive e si parla? E volendo pure ammettere che quel di persone che puo 25. linguaggio sia indifferente, senza effetto, che fare allora del grande argomento dei propugnatori della mitologia, che la vogliono appunto per l'effetto che essa può fare? Sia dunque benedetta la guerra che le si è fatta e che le si fa [...]. Vi e' solo una nicchia apprezzare certi argamenti pevche li ho studiati a scuola (iliade e odissea) Per questo gli avgamenti, per essere accessibili a tull: (borghesi) 30 devono essere presi do cio' che puo' essere incontrato nella quotidioneita: 35 Mi limiterò ad esporle quello che a me sembra il principio generale a cui si possano ridurre tutti i sentimenti particolari sul positivo romantico22. Il principio, di necessità tanto più indeterminato quanto più esteso, mi sembra poter esser questo: che la poesia, e la letteratura in genere debba proporsi l'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo. Debba per conseguenza scegliere gli argomenti pei quali la massa dei lettori ha o avrà, a misura che diverrà più colta, una disposizione di curiosità e di affezione, nata da rapporti reali, a preferenza degli argomenti, pei quali una classe sola di lettori ha una affezione nata da abitudini scolastiche, e la moltitudine una ri- verenza non sentita né ragionata, ma ricevuta ciecamente23. E che in ogni argomento debba cercare di scoprire e di esprimere il vero storico e il vero morale24, non solo come fine, ma come più ampia e perpetua sorgente del bello25: giacché e nell'uno e nell'altro ordine di cose, il falso può bensì dilettare, ma questo diletto, questo interesse è distrutto dalla cognizione del vero26; è quindi temporario e accidentale27. Il diletto mentale non è prodotto che dall'assentimento28 ad una idea; l'interesse, dalla speranza di trovare in quella idea, contemplandola, altri punti di assentimento, e di riposo: ora ^> cio' che e' Polso / fon = quando un nuovo e vivo lume ci fa scoprire in quella idea il falso, e quindi l'impossi- 40 bilità che la mente vi riposi e vi si compiaccia, vi faccia scoperte, il diletto e l'interesse spariscono. Ma il vero storico e il vero morale generano pure un diletto, e questo diletto è tanto più vivo e tanto più stabile, quanto più la mente che gusta è avanzata nella cognizione del vero29: questo diletto adunque debbe la poesia e la letteratura proporsi ³0 di far nascere. Sul Romanticismo da Sul Romanticismo, lettera del 22 settembre 1823 a Cesare d'Azeglio tastico place, ma solo fino a quando non si torna alla 45 realta Nel luglio del 1823, il marchese Cesare d'Azeglio ripubblica La Pentecoste sulla rivista << Amico d'Italia» e invia il fascicolo a Manzoni. Nella missiva di accompagnamento, d'Azeglio accenna al fatto che Manzoni ha giocato un ruolo importante «nella gran lite coi classici », cioè nel dibattito sul Romanticismo innescato dal celebre articolo di Madame de Staël, Sulla maniera e l'utilità delle traduzioni, nel quale la scrittrice francese aveva esortato i letterati italiani ad abbandonare i temi mitologici e a «tradurre diligentemente assai delle recenti poesie inglesi e tedesche»: e insomma rinnovarsi e a sprovincializzarsi. Nel ringraziarlo, Manzoni prende spunto da queste poche parole e dichiara le sue teorie sul Romanticismo. La lettera non è destinata alla pubblicazione e, infatti, rimane privata fino al 1846, quando viene stampata a Parigi, contro la volontà dell'autore. Manzoni la ristamperà nel 1870 con alcune modifiche, ma qui riproponiamo il testo che fu effettivamente inviato a d'Azeglio. Nel seguente brano Manzoni tocca due problemi per lui cruciali. Da un lato spiega perché ha sempre lottato contro l'uso, da parte dei letterati moderni, della mitologia classica; e dall'altro argomenta le sue idee su "che cos'è" e (soprattutto) "che cosa deve essere" la let- teratura, idee che si riassumono in una frase diventata celebre: la letteratura deve << proporsi l'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo». cio' che invece stimola l'intelletto place semple L> piu' cose vex si sanno, La ragione per la quale principalmente io ritengo detestabile l'uso della mitologia, e utile quel sistema¹ che tende ad escluderla, non la direi certamente a chichessia², per non provocare delle risa che precederebbero e impedirebbero ogni spiegazione; ma non lascerò³ di sottoporla a Lei, che, se la trovasse insussistente, saprebbe addirizzarmi³ senza ridere. Tale ragione per me è che l'uso della favola è vera idolatria. Ella sa molto meglio di me che questa' non consisteva soltanto nella credenza di alcuni fatti naturali o soprannaturali; i fatti non ne erano che la parte storica; ma la parte morale, e molto della parte dogmatica (se mi è lecito applicare ad un tal caso una parola associata alle idee più sante), questa parte tanto essenziale era fondata nell'amore, nel rispetto, nel desiderio delle cose terrene, delle passioni, de' piaceri, portato fino all'adorazione, nella fede in quelle cose come se fossero il fine, come se potessero dare la felicità, salvare ¹0. L'idolatria in questo senso può sussistere anche senza la credenza alla parte storica, senza il culto; può sussistere pur troppo anche negli intelletti persuasi della vera Fede" [...]. L'effetto generale della mitologia ¹2 non può essere che di trasportarci alle idee di que' tempi in cui il Maestro ¹3 non era venuto, di quegli uomini che non ne avevano la predizione e il desiderio, di farci parlar tuttavia come se Egli non avesse insegnato ¹5, piv si prova piacere a vaggiungere la revita" lellevatura e poesia devono puntare a questo Analisi del testo ►PARS DESTRUENS: IL RIFIUTO DELLA MITOLOGIA Nelle posizioni del Romanticismo Manzoni distingue una pars destruens, ovvero gli argomenti volti a combattere le idee degli avversari, e una pars construens, ovvero gli argo- menti che invece propongono idee nuove e costruttive. La prima parte del testo (rr. 1-27) riguarda la pars destruens. La mitologia è stata uno dei punti di scontro tra classicisti e romantici: i primi ne approvavano l'uso, i secondi lo rifiu- tavano. La posizione di Manzoni è basata sulle proprie con- Cavano. La vinzioni religiose. Ogni altra considerazione, che possa essere fatta in merito, è per lui di rango inferiore e, anzi, superflua. La mitologia è una delle espressioni della religione pagana. Continuare a usare la mitologia significa favorire la diffusione non certo della religione pagana, ma della visione del mon- do che avevano i pagani. Il linguaggio mitologico non può essere considerato un insieme di parole vuote: esso veicola delle idee. Attraverso questo linguaggio si esalta, quindi, il desiderio delle cose, delle passioni, degli amori terreni. Dopo gli insegnamenti di Cristo, tutto ciò non è più possibile: come si sono rifiutate le forme esterne del paganesimo, così biso- gna allontanare quel linguaggio che è intriso di paganesimo. LE ODI struttura metrica: Forma dell'ode nasce in Grecia Manzoni Numero variabile di strope NO endecasillabo versi più brevi ►PARS CONSTRUENS: L'UTILE, IL VERO E L'INTERES- SANTE Nella seconda parte del testo (rr. 28-48) Manzoni dichiara alcuni principi a cui la letteratura si dovrebbe attene- re. È diventata famosa l'espressione «<l'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo» (rr. 31-32). Il poeta latino Orazio (I secolo a.C.) aveva proposto per primo una mescolanza di utile e di piacevole («<miscere utile dulci >>; leggi miscére). Da allora in poi, nel corso dei secoli, queste parole deste parole sono state al centro della riflessione sulla letteratura: alcuni hanno messo l'accento sul primo termine, altri sul secondo, ma il recinto in cui si muovevano le teorie letterarie era lo stesso. Manzoni riprende solo in parte la coppia di concetti oraziani: il dulce oraziano diventa l'interessante in Manzoni. È vero che ciò che è interessante è piacevole, ma è una pia- cevolezza solo dell'intelletto e non dei sensi o dell'immagi- nazione. Per esempio, i versi che raccontano di Rinaldo nel giardino di Armida nella Gerusalemme liberata di Torquato Tasso (1544-1595) o degli amori di Adone e Venere nell'Ado- ne di Giovan Battista Marino (1569-1625) possono rientrare nel dulce oraziano, non nell'interessante manzoniano. sunce manzoma A questi due elementi Manzoni aggiunge il vero: dal punto di vista grammaticale è, al pari di utile e interessante, l'equi- valente del genere neutro latino, e va inteso come "ciò che è vero", "le cose vere". Manzoni chiede dunque allo scrittore di restare aderente ai fatti così come la storia li tramanda (« il vero per soggetto »), ma di narrare questi fatti in modo che chi legge impari qualcosa di moralmente utile («<l'utile per iscopo») e di concentrarsi soprattutto su quei temi che cose fle Autori latini: orazio, catullo carattere CELEBRATIVO - CINQUE MAGGIO In Italia vengono usati dal '500 - Grande portuna dal '700 (es parini) Argomento impegnato -Temi politici, civili e morali Autore più pamoso è PINDARO ● MARZO 1821 - IL 5 MAGGIO - per i sonetti invece l'argomento principale è l'amore ● Fino a verso 60: Napoleone pubblico Bernardo Tasso e Gabriella chiabrera Definizione più attuale, in passato non era necessariamente celebrativo Dedicata ad una auspicata (mai concretizzatasi) rivolta antiaustriaca, nella primavera del 1821 Morte di Napoleone Imprese, conquiste ecc carattere celebrativo possono essere attuali e vivi per i lettori contemporanei («<l'interessante per mezzo >>). ● Inizio e chiusura hanno lo stesso tema (la sua morte) ● In mezzo vi è una parte sulle imprese e una sull'esilio ● Prima parte lessico del coraggio, della guerra, della battaglia seconda parte ha più clama, permezza ►LA RICERCA DEL BELLO Gli scrittori devono dunque scegliere argomenti che attraggano la massa dei lettori. Val notata l'attenzione verso un pubblico vastissimo: è un'at- tenzione che unisce l'interesse per il popolo, tipico del Ro- manticismo, a quello cristiano per gli umili, che vanno con- fortati, guidati e convertiti. Ogni volta che qualche artista si riferisce a un pubblico vasto, la prima obiezione che gli può essere fatta è questa: la massa ha interessi rozzi e non ha un gusto educato. Manzoni previene l'obiezione e cerca di ribatterla spostando il problema nel futuro: scrittore deve interpretare i gusti che la massa avrà man mano che diventerà più colta (la posizione presterebbe il fianco a ul- teriori critiche: in che modo diventerà più colta? quando?). Vengono così eliminati tutti quei soggetti classici e mitolo- gici che piacciono solo a un'élite di lettori, quelli che hanno fatto buone scuole. Gli altri lettori provano soggezione, ma anche disinteresse e antipatia, verso di essi. In ogni argo- mento lo scrittore deve cercare quanto è vero dal punto vista storico e dal punto di vista morale: solo da questo tipo di vero nasce, infatti, la bellezza. Ciò che è falso può dare piacere e interesse, ma non appena il lettore scopre che l'argomento è falso, il piacere e l'interesse vengono meno. Il «<diletto mentale» (si noti l'aggettivo) si produce quando un'idea ci convince: ma quando scopriamo che questa idea ha in sé del falso, il diletto sparisce. «Il vero storico e il vero morale»>, invece, danno un diletto tanto più vivo quanto più aumenta la conoscenza del vero. Perciò, è questo il vero che lo scrittore deve perseguire. chiusura: area semantica della pede Lettura di Napoleone filtrata dalla visione di Manzoni-D Argomento impegnato: valore della fede e della provvidenza struttura ad anello o ricomposizione MOVimento maggiore Romantico e cattolico Riflessione sulla sua vita che conduce poi a Dio Anche Napoleone in punto di morte può essere toccato dalla fede e da un sentimento religioso Nonostante la magnificenza della vita pubblica, nel privato è inevitabile essere toccati dalla fede T no Ascolto 3 metonimia Cs arma per intendere UOMO 5 yon sa quando un altro IO uomo del genere colpestera" la sua polvere insanguinata mette in evidenza "Lui" come nello stuofa anastrofe Elifavismo adatto all'argomento > Parma si adatta all'argomento come Dante Il cinque maggio da Odi { Dopo la sconfitta di Waterloo (18 giugno 1815), Napoleone viene recluso a Sant'Elena, piccola isola nell'Atlantico meridionale a circa 2000 chilometri dalla costa dell'Angola. Il 5 maggio 1821 Napoleone muore. La notizia raggiunge l'Europa con due mesi di ritardo e di- venta di dominio pubblico solo il 17 luglio (Manzoni la apprende quasi per caso, leggendo la << Gazzetta di Milano»). Manzoni scrive l'ode in pochi giorni, tra il 17 e il 19, e il 26 luglio la sottopone alla censura per ottenere il permesso di pubblicazione. Il permesso è negato, ma l'ode viene letta ugualmente grazie alle copie manoscritte che circolano subito. L'anno successivo viene stampata in Germania con la traduzione Go e poi, dopo un altro anno, a Torino in un'edizione pirata. Lui eelato e morto • Similitudine Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore, orba di tanto spiro, privato così percossa, attonita la terra al nunzio sta, muta pensando all'ultima ora dell'uom fatale; Lui folgorante in solio né sa quando una simile → orma di piè mortale (della la sua cruenta polvere a calpestar verrà. ->titolo collega l'ode a Napoleone senza lorne il nome -D Terva, colpito e altonita (senza pavole) sto al nunzio Metro: ode di nove strofe doppie di settenari con schema abcbdx (con acd sdruccioli e x' tronco). La rima x lega le strofe a coppie (che per questa ragione si dicono doppie). Manzoni sceglie di raddoppiare la strofa doppia in tre casi (strofe 1-4, 5-8, 15-18): per tre volte, quin- di, quattro strofe sono legate dalla mede- sima rima (-à, -ar, -ò). - occasione per pensare alla morte di ognuno 1. Ei fu: egli è morto. 1-6. Siccome... sta: come la salma (spo- glia) rimase immobile senza coscienza (immemore), esalato l'ultimo respiro vitale («<dato il mortal sospiro»), privata (orba) di uno spirito tanto grande («< di tanto spi- cruenta: latinismo spivito poetico P vide il mio genio e tacque; - a l'ha celebrato quando lo vide codere, giacere vivasave 15 quando con vece assidua cadde, risorse e giacque, di mille voci al sonito mista la sua non ha: (=insanguinata europa in situazione di conflitto DA 2 a 2 hanno stessa vima ci sono tanti che hanno parlato di Napoleone ma lui no ro»), così la terra, all'annuncio (nunzio) (della morte), rimane colpita e attonita. 7-8. muta... fatale: pensando, muta, all'ul- tima ora di vita dell'uomo la cui vicenda era stata decisa dal destino (fatale è latinismo). 9-12. né sa ... verrà: (la terra, v. 6) non sa quando un'orma umana («di piè morta- le»>) paragonabile alla sua (simile) tornerà a calpestare la sua polvere mescolata con il sangue (delle recenti guerre napoleoni- che); cruenta è latinismo. 13-14. Lui... tacque: la mia ispirazione (« il mio genio ») ha visto Napoleone (Lui) sul trono imperiale (in solio) sfolgorante di gloria, ma tacque, cioè non lo esaltò, si astenne dal farne l'elogio. Ei A scuola impariamo che il pronome soggetto di terza persona singolare maschile è egli, e che quello di terza persona plurale maschile è essi. Ma egli ed essi non si usano quasi più, o solo per iscritto, in contesti molto formali, e sono stati sostituiti da lui e da loro (oggi diciamo e scriviamo "lui ha detto che verrà", "loro partecipano", e non "egli ha detto che verrà", "essi partecipano"). Ebbene, l'italiano antico conosceva, sia per la terza persona singolare sia per la terza persona plurale, anche le forme elli ed ei (che a volte si trova apocopato: e'): « ed elli a me, come persona accorta» (Dante, Inferno, III, v. 13); <<ma ei non stette là con essi guari» (Dante, Inferno, VIII, v. 113). Tali forme restarono a lungo nell'uso poetico, specie nei testi d'intonazione più solenne com'è appunto Il cinque maggio. 15-18. quando ... ha: («il mio genio »>, v. 14) non ha mescolato la propria (voce) al suono (sonito) delle voci di mille altri poe- ti e scrittori quando, con avvicendamento ininterrotto («<con vece assidua»), cadde, si risollevò e ricadde definitivamente. Nel v. 16, i tre verbi riassumono le vicende sto- riche di Napoleone: la sconfitta di Lipsia nel 1813, a cui fece seguito l'abdicazione e l'esilio all'Elba (cadde); la fuga dall'Elba e il regno dei Cento giorni nel marzo-giugno del 1815 (risorse); la sconfitta di Waterloo, il 18 giugno 1815, cui seguì l'esilio a Sant'Elena (giacque). Nei vv. 17-18 Manzoni sottolinea la propria indipendenza intellettuale dal potere napoleonico. ripreso dopo Sintassi ampla → 20 25 Dall'Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno; scoppiò da Scilla al Tanai, dall'uno all'altro mar. 30 ← 35 non marchiato vergin di servo encomio e di codardo oltraggio, improw.so sorge or commosso al subito metafora, paragonato sparir di tanto raggio; of sole e scioglie all'urna un cantico che forse non morrà. -> volite della poesia 40 Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza: nui ole maiestatico (intende "10") chiniam la fronte al Massimo Fattor, che volle in lui del creator suo spirito più vasta orma stampar. procella tempesta La procellosa e trepida gioia d'un gran disegno, l'ansia d'un cor che indocile serve, pensando al regno; e il giunge, e tiene un premio ch'era follia sperar; 19-20. vergin ... oltraggio: non macchia- to (vergin) da lodi di servitore (servo enco- mio) e da offese di codardo (codardo ol- traggio). I servi avevano lodato Napoleone quando era in auge e i codardi lo avevano biasimato quando era in disgrazia. 21-23. sorge... cantico: ora (la mia ispira- zione, «il mio genio», v. 14) si alza (sorge) turbata (commosso) dall'improvvisa mor- te (subito sparir) di un personaggio così grande (tanto raggio) e indirizza (scioglie) un canto alla sua tomba (urna). Manzoni ha taciuto, non si è unito al coro delle lodi quando Napoleone era potente, né si è unito al coro di chi lo oltraggiava quando cadde in disgrazia (vv. 13-20); ora che si è spento può scrivere di quell'«< uom fatale >> riflettendo liberamente sulla sua vita e sul- le sue azioni. estremi dell'es. ponsionis mo nopoleonico 24. che... morrà: che forse resterà immor- tale. Gli uomini, anche grandi, muoiono; la poesia, invece, ha la possibilità di essere immortale. Questo è uno dei topoi ("luo- ghi comuni") più diffusi fin dall'antichità: la poesia è eternatrice, cioè rende immor- Napoleone a Sant'Elena in una stampa ottocentesca. -> viconosce in lui to stampo di Dio deve vestove servitore tali sia il poeta (Orazio scrive per esem- pio: «Non omnis moriar»>, "Non morirò completamente") sia chi viene cantato nella poesia (Ovidio scrive: «Est quoque carminibus meritas celebrare puellas / dos mea; quam volui, nota fit arte mea. / Scindentur vestes, gemmae frangentur et aurum; / carmina quam tribuent, fama perennis erit»>, "La mia ricchezza consiste nel celebrare con le mie poesie le ragazze che lo meritano: grazie alla mia arte posso far diventare celebre la ragazza che scelgo. I vestiti diventeranno logori, le gemme e l'oro si romperanno; è eterna la fama che la poesia può dare"). 25-26. Dall'Alpi... Reno: Manzoni elenca le campagne napoleoniche: quelle d'Ita- lia nel 1796 e nel 1800 (Alpi), d'Egitto nel 1798-1799 (Piramidi), di Spagna nel 1808- 1809 (il Manzanarre è il fiume che attra- versa Madrid), di Germania nel 1805-1806 e nel 1813 (Reno). 27-28. di ... baleno: l'effetto dell'impresa (il fulmine) di quell'uomo senza timore (securo è latinismo) seguiva subito la ra- pida decisione (baleno): non appena com- pariva sugli scenari politici e militari, le sue azioni erano immediate e dirompenti. 29. scoppiò ... Tanai: (il fulmine, cioè la sua rapidità) si manifestò (scoppiò) dallo stretto di Sicilia (Scilla) alla Russia (Tanai è l'antico nome del fiume russo Don). 30. dall'uno all'altro mar: dal mar Medi- terraneo all'oceano Atlantico. 31-32. Fu... sentenza: è difficile stabilire se sia stata vera gloria. La domanda non è affatto retorica: reso omaggio alla gran- dezza delle imprese di Napoleone, Manzo- ni si astiene però dal giudicarle, e rimanda questo giudizio ai posteri, agli uomini del futuro (noi), che vedranno le cose con il necessario distacco. 32-36. nui ... stampar: noi (nui) chinia- mo la testa a Dio (Massimo Fattor), che volle imprimere (stampar) in Napoleone un segno più evidente (più vasta orma) della sua potenza creatrice (del creator suo spirito). Per far tornare la rima con lui (v. 34), Manzoni adopera, al posto del nor- male pronome noi, la forma nui, che era in uso nella poesia siciliana del Duecento (e si era poi trasmessa anche ai più antichi rimatori toscani). 37-42. La procellosa ... sperar: inizia qui una lunga serie di complementi oggetto che, retti da ei provò (v. 43), specificano il termine tutto (sempre al v. 43): (egli pro- vò) la gioia tempestosa (procellosa) e im- paziente d'un grande progetto (disegno), l'ansia di un animo (cor) che è costretto controvoglia (indocile) a servire, deside- rando il comando («pensando al regno >>); e lo ottiene, e consegue un premio, che era folle sperare di conseguire. L'allusione è all'epoca in cui Napoleone era un ufficiale delle Armate rivoluzionarie francesi e già progettava la sua scalata al potere. Siulassi si accovola -> accelevazione 45 ✓ana fora maggiae solennità strofa di passaggio da pubblico a puivolo 50 55 60 Come l'ando si avvolge sulla testa del noufrago, pur alta e tesa su cui lo visto del misero Scave per cercare invono delle teve lontore, Cosi, sull'anima di Napoleone Soesevo le sue wenovie Ivicaordi on quante volle ho provato a 65 scrivere la sua biografia.... 70 tutto ei provò: la gloria maggior dopo il periglio, la fuga e la vittoria, la reggia e il tristo esiglio: due volte nella polvere, due volte sull'altar. autonomino imperatore si namino C affermo se slesso Ei si nomò: due secoli, l'un contro l'altro armato, sommessi a lui si volsero, come aspettando il fato; Ei fe' silenzio, ed arbitro s'assise in mezzo a lor. E sparve, e i dì nell'ozio chiuse in sì breve sponda, segno d'immensa invidia e di pietà profonda, d'inestinguibil odio e d'indomato amor. 43. tutto ei provò: egli sperimentò tutto. 43-44. la gloria ... periglio: la gloria più grande (maggior) dopo il pericolo (peri- glio) corso per conseguirla. 45. la fuga: l'allusione è alla rovinosa riti- rata di Russia del 1812. lui -> due secoli armati l'uno contro l'altro si volgano a depo essere stati sollowessi simit fudine Come sul capo al naufrago l'onda s'avvolve e pesa, l'onda su cui del misero, alta pur dianzi e tesa, scorrea la vista a scernere prode remote invan; 47. due volte nella polvere: due volte sconfitto: si fa riferimento all'esilio all'El- ba dopo la battaglia di Lipsia (ottobre del 1813) e all'esilio a Sant'Elena dopo la bat- taglia di Waterloo (giugno del 1815). Sia a Lipsia sia a Waterloo Napoleone è sconfit- to da un'alleanza di Paesi europei. 48. due volte sull'altar: due volte sul tro- chiosmo tal su quell'alma il cumulo delle memorie scese! Oh quante volte ai posteri narrar sé stesso imprese, e sull'eterne pagine cadde la stanca man! antitesi povolle lismo -> allontanato, non ucciso, perche' gli viene viconosciuta importanza . illuminismo us romanticismo vivoluzione vs antico regime vs vestaurazione -> figura polisemica, no (altar è sinonimo di solio, v. 13): indica il potere imperiale, che Napoleone detiene fra il 1804 e il 1814 e, di nuovo, durante i Cento giorni, dopo la fuga dall'Elba e pri- ma di Waterloo. 49. Ei si nomò: due possibili interpreta- zioni: "affermò se stesso" oppure "si auto- proclamò imperatore". Forse è migliore la prima, che ha un significato più ampio. 49-50. due... armato: il Settecento e l'Ot- tocento: le caratteristiche culturali dei due secoli sono talmente distanti da sembrare due eserciti in guerra. 51-52. sommessi... fato: dopo essersi sot- guewa tomessi a lui, si rivolsero verso di lui, come aspettando il compiersi di un destino. 53-54. Ei ... lor: egli impose il silenzio, e si mise in mezzo a loro come arbitro, come l'uomo, cioè, a cui toccava decidere quale dei due dovesse prevalere. 55. E sparve: eppure scomparve (in anti- tesi con Ei si nomò, v. 49). 55-56. e i di... sponda: e terminò (chiu- se) i suoi giorni nell'inattività (ozio), rele- gato in una piccola isola (breve sponda: è l'isola di Sant'Elena). 57-58. segno ... profonda: bersaglio (se- pogine numerose pagine dell'elamit-gno) di un'invidia smisurata e di un pro- fondo rispetto (pietà). 59-60. d'inestinguibil ... amor: di ine- sauribile odio e di amore indomabile. 61-66. Come... invan: come l'onda si frange (s'avvolve) e si richiude (pesa) sul- la testa del naufrago, la stessa onda che poco prima (pur dianzi) era alta e ben for- mata (tesa) e su cui la vista dello sventura- to (misero) si spingeva invano a cercare di distinguere (scernere) rive lontane (prode remote) nella speranza della salvezza. 67-68. tal... scese: così il peso (cumulo) dei ricordi (memorie) piombò sull'anima (alma) di Napoleone. 69-70. Oh... imprese: oh quante volte iniziò (imprese) a scrivere le proprie me- morie («<narrar sé stesso »>). 71. eterne pagine: due possibili interpre- tazioni: eterne perché interminabili, impos- sibili da completare, oppure - ed è l'ipotesi preferibile in quanto più immediata - per- ché raccontano di fatti memorabili. Quante volte allo fine di una gianala wola l'ha assalito il pensiero del passato " analova velocite vipeliticita viprende la domanda falta prima 75 Si conclude con un congedo vivolto alla Pede 80 85 90 95 100 105 Oh quante volte, al tacito luce degli uomini plotto morir d'un giorno inerte, chinati i rai fulminei, vag: occhi (metonimia) le braccia al sen conserte, stette, e dei dì che furono l'assalse il sovvenir! E ripensò le mobili tende, e i percossi valli, e il lampo de' manipoli, e l'onda dei cavalli, e il concitato imperio, e il celere ubbidir. -armi villettono la lice supposizione Ahi! forse a tanto strazio affonnato cadde lo spirto anelo, e disperò; ma lida venne una man dal cielo, e in più spirabil aere pietosa il trasporto; e l'avviò, pei floridi sentier della speranza, ai campi eterni, al premio a che i desideri avanza, sourabbondante vispetto a co dov'è silenzio e tenebre che si desidera 91-94. e l'avviò ... avanza: e lo indirizzò (l'avviò), attraverso i sentieri fecondi (flori- di) della speranza, verso i campi eterni del Paradiso, verso il premio (la vita eterna) che supera (avanza) tutti i desideri umani. 95-96. dov'è... passò: dove (in Paradiso) la gloria, che si è conseguita durante la vita e che è passata, è silenzio e tenebre, cioè diventa irrilevante. Nel mondo terreno, la gloria è fama e luce: nei campi eterni (v. 93) si trasforma nel contrario, cioè in silenzio e tenebre (riceve quindi una risposta indi- la gloria che passò. -> la gloria che ha conosciuto in vita, retta la domanda posta al v. 31, «Fu vera a confuento, e silenzio e leneble gloria?»: vera gloria è, per il cattolico Man- zoni, solo quella celeste). 97-98. Bella... avvezza!: o Fede benefica, bella e immortale, che sei abituata (avvez- za) a trionfare! 99. Scrivi ancor questo: annovera anche questo fra i tuoi trionfi. 100-102. ché... chinò: infatti (ché) mai (giammai) un uomo più superbo («<più superba altezza») si è chinato a Cristo, crocifisso sul monte Golgota con disonore di chi l'ha condannato («disonor del Gol- gota»). «I grandi predicatori francesi get- tano più di una volta nei loro discorsi l'op- probre de la croix [l'obbrobrio della croce], senz'altro temperamento [smorzamento di toni], perché s'intenda ch'è disonore, obbrobrio, improperio [insulto] agli occhi del mondo» (Manzoni, lettera a Giovan Battista Pagani, 15 novembre 1821). 103-104. Tu ... parola: tu (rivolto alla Fede) disperdi ogni parola disonesta e mal- vagia dalla salma di Napoleone, morto in una condizione di stanchezza per la vita (stanche ceneri). Bella Immortal! benefica Fede ai trionfi avvezza! - abituata a trionfave Scrivi ancor questo, allegrati; ché più superba altezza al disonor del Golgota giammai non si chinò. 73-74. al tacito ... inerte: sul finire silen- zioso di un giorno dominato dall'inattività. 75. rai fulminei: gli occhi mobili e temibi- li come fulmini. Viene tramandato questo aneddoto: «Una sera che il teatro alla Scala era onorato dell'intervento del primo Con- sole [Napoleone], Alessandro giovinetto di quindici anni [siamo nel 1800] stava sul palco della contessa Cicognara... Il Manzoni non poté staccare i suoi dagli occhi dell'eroe. Se Napoleone ha avuto questo pensiero, tu lide de vollegverti pevche nessun uomo più grande di lui si e' inchinalo a Cristo Tu dalle stanche ceneri sperdi ogni ria parola: il Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola, sulla deserta coltrice-> metonimia per solitudine accanto a lui posò. 79-80. le mobili tende: gli accampamenti sempre in movimento. 80. i percossi valli: le trincee calpestate. 81. il lampo de' manipoli: il lampeggiare delle armi dei soldati. 82. l'onda dei cavalli: da lontano, il mo- vimento dei cavalli in corsa sembra quello delle onde. 83. il concitato imperio: i comandi dati con fretta e affanno. 84. il celere ubbidir: l'obbedienza imme- diata. 85-87. forse ... disperò: forse lo spirito affannato (anelo) di Napoleone cadde al dolore straziante (provocato dai ricordi) e perse ogni speranza (disperò). 87. valida: utile e salda. "Che occhi diceva egli, parlandone una volta ad un amico nei suoi ultimi anni - che occhi aveva quell'uomo!". "Allora sono quegli occhi - disse l'amico celiando [scherzando] - che le hanno dettato quel verso chinati i rai fulminei". "Proprio così" rispose Alessandro >>. 76. al sen conserte: raccolte al petto. 77. stette: rimase immobile. 77-78. dei dì... sovvenir: lo assalì il ricor- do dei giorni passati. 89-90. in più... trasportò: con compassio- ne (pietosa) trasportò il suo spirito in un'aria più respirabile (<< in più spirabil aere»), cioè nell'atmosfera della speranza in Dio. 105. atterra e suscita: distrugge e innalza gli uomini. 107. sulla deserta coltrice: sul letto di morte, abbandonato da tutti. 108. posò: si pose. TRAGEDIE Rottura con la tradizione italiana Teatro è potenzialmente il genere più popolare (può raggiungere il maggior numero di persone) POSSono essere visti ascoltati quindi anche gli spettatori scarsamente alfabetizzati possono capire la trama e le idee fondamentali Lettere a Monsieur chauvet Victor chauvet aveva pubblicato una recensione della tragedia di Manzoni "il conte di carmagnola" Manzoni enuncia la sua poetica teatrale anticlassica Riflessione sulla distinzione fondamentale tra "vero storico" e "vero poetico" criticava l'abbandono da parte di Manzoni delle unità di tempo e luogo Testo di autocritica / auto difesa -▷ Unità aristoteliche di spazio, tempo considerate troppo restrittive Fatti storici devono essere condensati in tempi più brevi e questo non è istruttivo Introduzione del coro La trama di una tragedia avrebbe dovuto svolgersi in un unico giorno e in un unico luogo oltre ad avere un'azione unitaria (priva di episodi) opinioni che le Tradizioni abbiano effetti deleteri viene già espresso nella lettera sul romanticismo considerate, insieme a quella d'azione, obbligatoria dalle teorie letterarie di natura classicistica (da Aristotele) cita autori da oltralpe che hanno fattolo stesso (shakespeare e Goethe) Entrambe le tragedie di Manzoni si svolgono in luoghi differenti e anni differenti CONTE DI CARMAGNOLA Quelle di Manzoni sono Tragedie storiche >> A differenza di Alfieri non tralascia la base storica Fondamentale ricostruire gli eventi da un punto di vista storico, perché deve avere una unzione istruttiva Letterato può indagare nelle passioni ma non deve inventare i fatti Non parla di eroi antichi ma moderni →si ispira a shakespeare -▷ Esisteva già ella tragedia greca ma era stata eliminata in quella contemporanea Nella tragedia greca riassume eventi che non potevano essere rappresentati V In quella di Manzoni serve a mostrare le opinioni dello scrittore per essere sicuro di far passare il proprio messaggio Nell'800 non era considerato un grande autore, Manzoni è uno dei primi a prenderlo come spunto, soprattutto per le tragedie storiche Tra 1816 e 1820 Protagonista è Francesco Bussone, capo di un gruppo di mercenari per invidia, il duca di Milano lo destituisce da generale passa al servizio della repubblica di venezia In una battaglia con la repubblica di Milano si mostra troppo clemente nel liberare prigionieri di guerra Accusato di essersi fatto corrompere dai milanesi -D condannato a morte vuole dimostrare che la ragione di Stato non va d'accordo con la morale / onestà individuale Pessimismo storico ADELCHI - 1822 Storia umana come trionfo del male Elemento ricorrente anche nell'adelchi e ne I promessi sposi Discorso sopra alcuni punti della storia longobarda (700-800) ✓ caduta dei longobardi per mano di carlo magno studia questo periodo e sulle sue ricerche basa l'opera La trama L'azione si svolge tra il 772 e il 774. La penisola italiana è occupata quasi per intero dai Longobardi: il loro re, Desiderio, si impadronisce di alcuni territori dello Stato della Chiesa e ne minaccia l'indipendenza; papa Adriano chiama allora in soccorso i Franchi di Carlo Magno. • Atto I Ermengarda, figlia di Desiderio data in sposa a Carlo Magno, sta per giungere a Pavia: il marito l'ha ripudiata. Desiderio, sdegnato per l'affronto, vuole dichiarare guerra ai Franchi. Suo figlio Adelchi non approva l'azione del padre ai danni di papa Adriano e tenta, ma invano, di convincere Desiderio ad abbandonare i suoi progetti. Atto II Carlo Magno è accampato con il suo esercito a ovest di Torino: non riesce a entrare nella Pianura padana perché Adelchi presidia una strettoia naturale, e il valico montano è bloccato dalla neve. Martino, diacono inviato dal vescovo di Ra- venna, giunge non visto al campo dei Franchi. Pur inesperto dei luoghi, ha compiuto un percorso tra i monti: evidentemente è Dio che lo guida. I Franchi potranno fare il medesimo tragitto e cogliere di sorpresa i Longobardi. • Atto III Adelchi, in un colloquio con l'amico Anfrido, lamenta di dover agire se- condo le indicazioni di suo padre, che lui giudica contrarie alla giustizia. Arriva la notizia che i Franchi sono riusciti ad aggirare il blocco dell'esercito longobardo e che lo stanno attaccando alle spalle. Adelchi tenta di organizzare la resistenza, ma l'eser- cito si dà alla fuga; alcuni duchi longobardi passano dalla parte dei Franchi. Adelchi si rifugia a Verona, Desiderio a Pavia. • Alla fine del terzo atto c'è il primo coro: «Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti>> [► T6]. • Atto IV Ermengarda si è chiusa in un monastero a Brescia, dove trova consolazione parlando con la sorella badessa. Alla notizia che Carlo è passato a nuove nozze, Er- mengarda cade in delirio e muore. Intanto, a Pavia, alcuni traditori longobardi fanno entrare le truppe di Carlo Magno in città. . Al termine della prima scena del quarto atto c'è il secondo coro: «Sparsa le trecce morbide» (la morte di Ermengarda) [► T7]. • Atto V Dopo la caduta di Pavia, Desiderio è prigioniero di Carlo Magno, che sta assediando Verona. Adelchi si getta con alcuni fedelissimi in un'ultima disperata battaglia, mentre la maggior parte dei Longobardi si arrende. Il re sconfitto chiede a Carlo Magno clemenza per Adelchi, incolpevole esecutore dei progetti paterni. Men- tre i due sovrani sono a colloquio, viene portato in scena Adelchi, ferito a morte. opposizione tra personaggi politici/ pragmatici (desiderio e carlo magno) e personaggi ideali (ermengalda e adelchi) 6 Morale Ragion di Stato Baltaglia sta per iniziare → Franchi stanno per arrivare dai Longobardi →Fronchi e Longobardi non sono eviginavi della penisola, quelli sono i Latini C pensano di approfittarsene per liberarsi dai Longobardi conquistati prima dai Longobardi poi dai Franchi T 6 Peviodo del Risorgimento L> vibadisce l'idea che l'Italia deve essere liberata →vitmo veloce 5 C> posso dei militari IO Dal sogno di riscatto alla realtà della servitù sospesa la scena, entra il cavo e commento le azioni da Adelchi, atto III, coro Si mescolano la fierezza antica per le proprie Daisguardi dubbiosi, dai pavidi volti, chioso origini e le sofferenze similitudine qual raggio di sole da nuvoli folti, traluce de' padri la fiera virtù: attuali →vipresi termini in tempi brevi > fuella per l'ovvivo Come abbiamo accennato nella premessa alle tragedie, nel Conte di Carmagnola e nell'A- delchi Manzoni recupera dalla tragedia greca l'idea del coro, cioè di uno spazio in cui l'autore può parlare «in persona propria» e orientare l'interpretazione dell'opera appro- fondendone alcuni motivi e, soprattutto, giudicando l'azione che sin lì ha narrato. Nell'A- delchi i cori sono due. Quello che segue è il primo, al termine del terzo atto. L'esercito longobardo è in rotta e i Franchi dilagano nella pianura; Anfrido, il più fedele degli amici di Adelchi, viene ucciso; Adelchi e Desiderio fuggono verso Pavia. Manzoni immagina che il popolo dei Latini faccia da spettatore a questa lotta tra Franchi e Longobardi, sperando che i primi lo liberino dalla dominazione dei secondi, senza pensare che non la libertà ma un nuovo padrone si profila all'orizzonte. ingressi dei palai pieni di muschio piazza-latinismo Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti, buyciale officine dai boschi, dall'arse fucine stridenti, dai solchi bagnati di servo sudor; un volgo disperso repente si desta, intende l'orecchio, solleva la testa, percosso da novo crescente romor. vonche Metro: ode di undici strofe di schema AABCCB. I versi sono doppi senari. La rima Bè tronca. nonostante si trovino tra rovine (glavia di vana vidolta al nulla) quando sentono arrivale : franchi si visollevano -> umore delle truppe ne' guardi, ne' volti, confuso ed incerto si mesce e discorda lo spregio sofferto col misero orgoglio d'un tempo che fu. ossimovo 1. atrii muscosi: gli ingressi degli antichi palazzi sono ormai abbandonati e rico- perti di muschio (atrii è latinismo); fori cadenti: piazze in rovina (fori è latinismo); 5. intende: tende. 6. novo crescente romor: il romor è quel- elimologico: antenati lo dei Longobardi in fuga; è crescente per- ché si sta avvicinando, ed è novo perché per la prima volta i Longobardi vengono sconfitti. i fori, un tempo il centro della vita civile romana, ora sono in uno stato di abban- dono. 4. volgo disperso: popolo disunito; ma il termine volgo (latinismo), riferito ai Latini, è di per sé spregiativo; repente si desta: improvvisamente si sveglia (dall'intorpidi- mento della schiavitù). 2. arse fucine stridenti: officine infuoca- te, piene dei rumori fragorosi prodotti dai lavoratori. 3. solchi ... sudor: solchi della terra colti- vati dagli schiavi. 7-9. Dai guardi ... virtù: l'orgoglioso va- lore guerresco (fiera virtù) degli antenati (padri), cioè i Romani, trapela (traluce) da- gli sguardi (guardi) interrogativi e dai volti impauriti (pavidi) come (qual) un raggio di sole dalle nuvole fitte. 10-12. ne' guardi ... fu: negli sguardi, nei volti, il disprezzo (spregio) subito con sofferenza (sofferto) si mescola (si mesce) e contrasta (discorda), confuso e incerto, con il povero orgoglio del tempo passato. Si intende il "disprezzo" espresso dai Lon- gobardi nei confronti del popolo latino; l'orgoglio è definito misero (con ossimoro) perché basato su una gloria ormai passata. Lotini osservono le azioni dei Longobardi ļ (19) li vedono cercare dei nascondigli 15 20 dame pallide guardano pensose i figli altrettanto persosi 25 30 35 40 S'aduna voglioso, si sperde tremante, per torti sentieri, con passo vagante, fra tema e desire, s'avanza e ristà; e adocchia e rimira scorata e confusa truppo de' crudi signori la turba diffusa, che fugge dai brandi, che sosta non ha. melonimia per Franchi inpowile bestie con pelo iv to Ansanti li vede, quai trepide fere, similitudine (come bestie cecono pouvo irsuti per tema le fulve criniere, le note latebre del covo cercar; e quivi, deposta l'usata minaccia, le donne superbe, con pallida faccia, tutto in antitesi i figli pensosi pensose guatar.fome morfologiche palilolo: stesso parola in 2 forme diverse (es io/me) L> femminile e spada maschile E i fuggenti, con avido brando, sopra quai cani disciolti, correndo, frugando, da ritta, da manca, guerrieri venir: li vede, e rapito d'ignoto contento, con l'agile speme precorre l'evento, e sogna la fine del duro servir. intervento del narratore verso i latini - Novratove onniscente S (levatoio) ~> (turba) controllano Udite! Quei forti che tengono il campo, (di bolaglia) che ai vostri tiranni precludon lo scampo, son giunti da lunge, per aspri sentier: sospeser le gioie dei prandi festosi, assursero in fretta dai blandi riposi, chiamati repente da squillo guerrier. 13. S'aduna voglioso: si raduna desidero- so (di libertà); il soggetto sottinteso è "il popolo latino". toto pensosi / pensose: la stessa parola è ripetuta a breve distanza in ruoli sintattici diversi (l'aggettivo è prima riferito al com- plemento oggetto, figli, poi al soggetto, donne). L'infinito guatar, come il verbo cercar (v. 21), è retto da li vede (v. 19). 25-27. E sopra ... venir: e (vede, v. 19) da destra (da ritta) e da sinistra (da manca) delle tone per nascon = avventarsi i guerrieri sopra coloro che fuggono (fuggenti) con spada desidero- sa di sangue (avido brando), correndo e cercando (frugando) come (quai) cani sguinzagliati all'inseguimento della preda (disciolti). devsi 28. d'ignoto contento: di contentezza sco- nosciuta. 29. con... l'evento: con la speranza, im- magina che l'evento sia già compiuto (cioè scambia ciò che desidera per ciò che è realmente). La speranza è detta agile, cioè "veloce", perché fa sì che la mente si lasci andare ai sogni circa un futuro che non si realizzerà. 30. duro servir: dolorosa schiavitù. Lasciàr nelle sale del tetto natio le donne accorate, tornanti all'addio, preghiere a preghi e consigli che il pianto troncò: han arca la fronte de' pesti cimieri, han poste le selle sui bruni corsieri, volaron sul ponte che cupo sonò. 14. torti: tortuosi; vagante: incerto. 15. tema e desire: timore (degli antichi padroni) e desiderio (di vederli sconfitti); ristà: si ferma. 16. adocchia e rimira: guarda e osserva. 16-18. scorata... ha: la massa dispersa (turba diffusa), scoraggiata (scorata) e smarrita (confusa), dei crudeli (crudi) si- gnori, che fugge dalle spade (brandi) (dei Franchi), che non ha sosta. 19-21. Ansanti ... cercar: li vede ansi- manti (Ansanti), i capelli rossi (fulve crinie- re) dritti (irsuti) per il terrore (per tema), cercare, come (quai) animali impauriti Potiche dei Franchi • similitudine con animali (trepide fere), i noti nascondigli (latebre, latinismo) della tana (covo). Al v. 20 («<ir- suti per tema le fulve criniere») è presente un accusativo di relazione: l'aggettivo ir- suti si riferisce al soggetto e dall'aggettivo dipende il sostantivo criniere; significa che i Longobardi meritano l'aggettivo irsuti in relazione alle loro criniere, cioè avevano "le criniere irsute" (i capelli scompigliati di uomini rudi, abituati alle fatiche e non ai lussi). 22. deposta... minaccia: abbandonato l'a- bituale atteggiamento minaccioso. 23. superbe: altere; pallida: a causa della paura. 24. i figli... guatar: guardare preoccupa- te i figli preoccupati. Da notare il polip- (> disprezzo dei lotivi nei confronti ei entrambi 31. Udite!: apostrofe improvvisa, inaspet- tata, che richiama il popolo dei Latini dai sogni e dalle speranze alla dura realtà: i Franchi non hanno certo fatto tutta que- sta strada per liberarli (vv. 55 e seguenti); forti: i Franchi (aggettivo sostantivato); tengono: occupano. 32. tiranni: i Longobardi; precludon lo scampo: impediscono la salvezza. 33. lunge: lontano; aspri sentier: percorsi impervi (perché hanno dovuto attraversa- re le Alpi). 34. prandi: pranzi, banchetti (latinismo). 35. assursero: si alzarono; blandi riposi: tranquilli ozi. 36. repente: improvvisamente; squillo guerrier: il segnale dato dalle trombe guer- riere. 37. Lasciar: lasciarono; tetto: casa (sined- doche). 38. accorate: preoccupate, dolenti; tor- nanti all'addio: che tornano ripetuta- mente a dire addio, cioè non riescono a lasciare i propri mariti. 39. a preghi... troncò: alle preghiere (preghi) e alle raccomandazioni (consigli) che il pianto interruppe (troncò). 40. han... cimieri: hanno carica la testa (fronte) del peso degli elmi (cimieri) am- maccati (pesti) dai colpi ricevuti in bat- taglia. Il "cimiero" era un ornamento che veniva portato sopra l'elmo; il termine, per sineddoche, prende qui il significato di "elmo". 41. corsieri: cavalli da corsa. 42. ponte: ponte levatoio; cupo sonò: ri- suonò cupamente. 31: Interuzione narratore queste & strole descrivono Franchi Sintassi via via più stretta L> velocizza il vitmo per dove la sensazione delle tuppe in marcia Secondo voi Latini, Franchi hanno affrontato tutto cio- per aiutare voi ? →non cambia nulla 45 50 qua pero non c'e' visoluzione Vincitovi e vinti si mescolevan no dominando assieme 60 nemmeno le parole dell'autore squadre A torme, di terra passarono in terra, cantando giulive canzoni di guerra, ma i dolci castelli pensando nel cor: per valli petrose, per balzi dirotti, vegliaron nell'arme le gelide notti, membrando i fidati colloqui d'amor. 65 comp, ogg. pevicoli Gli oscuri perigli di stanze incresciose, sentien peregusi per greppí senzorma le corse affannose, il rigido impero, le fami durâr; sopportavano 58. superbe ruine: le grandiose rovine della passata civiltà latina. Accostato a ruine, l'aggettivo superbe ha un suono sar- castico: sono rovine, perché il tempo ha consumato l'impero dei Latini, ma sono le testimonianze di un grande passato, e possono ancora illudere il «volgo disper- 55 E il premio sperato, promesso a quei forti, (combattent) so» circa la sua (ormai spenta) grandezza. sarebbe, o delusi, rivolger le sorti, 59. opere imbelli: attività pacifiche. Im- belli vuole anche dire che i Latini non for- giano armi, cioè non sanno combattere. contro gli invasori. d'un volgo straniero por fine al dolor? Tornate alle vostre superbe ruine, all'opere imbelli dell'arse officine, ai solchi bagnati di servo sudor. tema del PESSIMISHO STORICO ·anche vel 5 maggio: "e'veva gloria?" 43. A torme: a squadre. 44. giulive: allegre. 46. petrose: rocciose; balzi dirotti: mon- tagne scoscese. 47. nell'arme: rimanendo armati. 48. membrando: ricordando; fidati: in- timi. 49-51. Gli ... durâr: sopportarono (durâr) honno vegliato durante gelide notti vestidi da guara si vider le lance calate sui petti, inizio battaglia a canto agli scudi, fåsente agli elmetti, udiron le frecce fischiando volar. viprende verso 4 vengono a Pere guerra ma pensono a casa lovo ► UNA STORIA DI SERVITÙ Nelle tre strofe iniziali (vv. 1-18) l'attenzione è concentrata sul volgo disperso dei Latini, un popolo senza unità politica. I Latini sono la popo- lazione autoctona dell'Italia, erede della grande tradizione romana. Nello sguardo hanno qualche traccia della fierezza antica e della virtù degli antenati, ma agiscono con paura: vorrebbero raccogliersi in un unico organismo politico, per sfruttare lo scompiglio dei Longobardi, ma non hanno la forza di realizzare le loro intenzioni. Le due strofe che formano la seconda parte (vv. 19-30) met- tono a fuoco il terrore dei Longobardi, su cui i Franchi inva- sori si gettano senza pietà. La fuga porta i Latini a sperare che la servitù stia per finire. La terza parte (vv. 31-54) si apre con un invito a riflettere sulle dure fatiche che i Franchi stanno patendo. Hanno la- sciato le case e le spose, soffrono fame e freddo, rischiano la vita E quale sarebbe il loro premio per essersi sottoposti a queste fatiche? Con questa domanda inizia l'ultima parte (vv. 55-66). Sono giunti in Italia per liberare i Latini? Ov- viamente no. I due popoli invasori trovano un accordo, si spartiscono la terra e i Latini tornano a essere un popolo senza unità, in balia degli occupanti. antitesi La vicenda bellica descritta a tinte fosche. I Latini sono piegati e sconfitti; i Longobardi terrorizzati e in fuga. Ma anche per i Franchi non esiste alcuna gioia per la vittoria e per il bottino, tantomeno per la strage: sono sottoposti a durezze e sofferenze, che Manzoni descrive minutamente. chiasmo chi vinceva mescolera Il forte si mesce col vinto nemico, col novo signore rimane l'antico; l'un popolo e l'altro sul collo vi sta. tuppe Dividono i servi, dividon gli armenti; fermano si posano insieme sui campi cruenti ->latinismo d'un volgo disperso che nome non ha. prende prima strofa) composizione ad anello chiasmo i pericoli (perigli) ingloriosi (oscuri) di so- ste disagevoli (stanze incresciose), le corse affannate attraverso pendii mai percorsi da essere umano («greppi senz'orma >>), i duri ordini (rigido impero) e la fame. 52. calate: abbassate, puntate contro il petto. 53-54. a canto... volar: udirono le frecce ►STORIA LONGOBARDA E STORIA CONTEMPORA- NEA In tre punti del testo si può avvertire il sarcasmo dell'autore: ai vv. 28-30 («<li vede, e rapito d'ignoto conten- to, / con l'agile speme precorre l'evento, / e sogna fine del duro servir »), in cui i Latini sognano di liberarsi dal gio- go solo grazie all'intervento militare altrui; ai vv. 55-57, con l'interrogativa retorica («<E premio sperato, promesso a quei forti, / sarebbe, o delusi, rivolger le sorti, / d'un volgo straniero por fine al dolor?»); al v. 58 («< Tornate alle vostre superbe ruine»). volare, fischiando, accanto agli scudi, vici- no (rasente) agli elmi. 55-57. E il premio ... dolor?: e la ricom- pensa (premio) sperata, promessa a quei valorosi (forti, i Franchi), sarebbe, o illusi, capovolgere la condizione («<rivolger le sorti>>), porre fine al dolore di un popolo straniero, liberarlo? Un simile coinvolgimento emotivo dell'autore non si spie- gherebbe se egli stesse trattando di una storia vecchia di mille anni. In realtà, Manzoni rivede nelle vicende dell'VIII secolo la condizione dell'Italia del XIX secolo: forza i limiti cronologici della vicenda e ne indirizza l'interpretazione verso l'attualità. Manzoni sta pensando agli italiani del pri- mo Ottocento: un volgo disperso, orgoglioso di i un passato oramai remoto, desideroso di liberarsi dalla dominazione austriaca, senza il coraggio di combattere, in attesa che un popolo straniero- in particolare Napoleone e i francesi, di- scendenti dei Franchi - lo liberi. 61. Il forte... nemico: i Franchi (Il forte) si 60. solchi ... sudor: si riprende il v. 3. uniscono con i Longobardi (vinto nemico), e si accordano per spartirsi l'Italia (ed è il punto che sta a cuore a Manzoni, perché questa sarà, per buona parte, la storia ita- liana fino all'Ottocento: una storia di oc- cupazione e di servitù agli stranieri). 62. col novo... l'antico: insieme ai nuovi padroni, i Franchi (novo signore), rimango- no i Longobardi (l'antico). 63. l'un... sta: entrambi i popoli vi oppri- mono. 64. Dividono: si spartiscono; armenti: mandrie. 65. cruenti: insanguinati (latinismo). 66. nome non ha: il popolo che abita la penisola italiana non si può più chiamare latino e non si può ancora (né si potrà, per secoli) chiamare italiano; ritorna, alla fine del coro, l'epiteto che Manzoni aveva usato al v. 4: « un volgo disperso »>. ► METRO E STILE Ogni scrittore ha il problema di organiz- zare il contenuto all'interno del contenitore formale che si è scelto: i capitoli di un romanzo, le strofe di una lirica. In questo coro, Manzoni evita di far coincidere gli snodi del contenuto - il cambio c d'argomento o di protagonista - con la fine delle strofe: evita, cioè, una suddivisione in blocchi. I Longobardi, a cui sono dedicate le c strofe 4 e s. vengono introdotti alla fine JALLA Franchi che della terza. I Franchi, che hanno spazio nelle strofe 6-9, sono www. BATMAN ai Latini. presenti nella quinta esta "morbidezza" nei passaggi, i versi Contrariamente a i do farti acconti down sono scanditi da forti accenti, da un ritmo monotono, mar- e di aniont www ziale, quasi privo di enjambements. Anche la sintassi è semplice, spesso dominata da paralle- lismi, sia nei complementi («Dagli atrii muscosi, dai foril cadenti, / dai boschi, dall'arse fucine stridenti, / dai solchi bagnati di servo sudor», vv. 1-3) sia nelle proposizioni («<in- tende l'orecchio, solleva la testa», v. 5; «S'aduna voglioso, si sperde tremante»>, v. 13). Lingue romanze = neolatine Romance loqui parlare in volgare ROMANZO -Antico francese Rivoluzione francese Fino al '600/700 leggere romanzi non è da persone per bene si legge epica, poesia • sviluppo borghesia ● Rivoluzione industriale Il romanzo contrario: latine loqui Trа 700 e '800 alcuni fattori favoriscono sviluppo e diffusione del romanzo Argomento: Vita quotidiana - -▷ Romance = volgare > Testo qualsiasi > testo narrativo testo narrativo in prosa Trasmette idee non buone Tema della GIOVINEZZA combatte antico regime e quindi valori antichi (nobiltà, 3 Stati) Pubblico si orienta in base alle ideologie quindi prende altri libri Borghesia ha soldi perché produce (nuovo sistema di produzione gli permette una "scalata sociale") In questo periodo nasce l'idea che il letterato scriva per mestiere per vivere devono vendere i libri V Ritorno economico permette di comprare Più persone si possono permettere un istruzione, imparando a leggere e scrivere (nasce un pubblico borghese) Industria si sta sviluppando, premendo sulla produzione seriale ▷ obiettivo di produrre sempre di più produce anche beni editoriali Romanzo incontra ogni classe sociale e anche le donne (leggono di più) 6 valori espressi dall'epica (dipesa religione, nobiltà) Abbandono epica Bisogno di incontrare il gusto del pubblico (adeguare lingua, genere e argomento) Nascono i romanzi a puntate (appendici a riviste e giornali) Deve mantenere la suspense Borghesia può riconoscersi Perché destinato alla borghesia, un altro tema è la MOBILITÀ Livello di istruzione leggermente migliore A STILE E LINGUA adatti alla classe media (non troppo elevato o basso) Romanzi di formazione settore commerciale del libro Iniziano ad affermarsi scrittrici donne che rivendicano la loro indipendenza Raggiungimento di posizioni sociali migliori Non vi è più bisogno di luoghi esotici o avvenimenti straordinari Storie di ragazzi che crescono Mescolanza di elementi EDIZIONI I promessi sposi sono un romanzo storico -▷ Trama ambientata nella Lombardia del primo seicento I promessi sposi ● ● Mondo costruito da Manzoni è sempre realistico Il 24 aprile 1821 e il 17 settembre 1823 scrive il romanzo dal titolo "Fermo e Lucia" Lo sottopone a una riscrittura molto estesa Trama resta la stessa Titolo diventa "i promessi sposi" ● Diventa più compatto Personaggi non sono eroi o cavalieri ma gente del popolo, umili e incolti Elimina le pagine di taglio saggistico Elimina o riduce alcuni episodi cambia i nomi di alcuni personaggi (Fermo diventa Renzo) Approfondisce i caratteri dei personaggi Attenua le atmosfere cupe e gotiche Terminata la revisione il libro va in tipografia Trama sviluppata a partire da un lungo lavoro sulle ponti Prima edizione viene stampata a Milano da vincenzo Ferrario Negli anni seguenti continua a lavorare al romanzo I tre tomi vengono messi poi in vendita tutti insieme nel giugno del 1827 Revisione della lingua - scritto nel toscano letterario vuole riscriverlo nel fiorentino suo contemporaneo seconda edizione pubblicata a fascicoli negli anni 1840 1842 da una tipografia milanese Presenta delle illustrazioni La "ventisettana" TRAMA Prima sequenza: 7-10 novembre 1628 (capp. I-VIII) Due scagnozzi agli ordini di don Rodrigo intimano a don Abbondio, prete di un paesello di campagna nei pressi di Lecco, di non celebrare il matrimonio tra due suoi parrocchiani, Renzo e Lucia (cap. I). Il giorno seguente, don Abbondio accampa scuse con Renzo, ma il giovane riesce a carpirgli il nome di chi si oppone al matrimonio (cap. II). Su suggerimen- to di Agnese (la madre di Lucia), Renzo va a cercare aiuto presso un avvocato, il dottor Azzecca-garbugli, che, non appena sente il nome di don Rodrigo, lo scaccia (cap. III). Nel frattempo, Lucia manda a chiamare il suo confessore, padre Cristo- foro, un uomo che, volendo espiare un omicidio compiuto da giovane per questioni d'onore, si era fatto cappuccino (cap. IV). Renzo torna a casa di Lucia e vi incontra il frate, che promette di andare a parlare con don Rodrigo. Fra Cristoforo trova il signorotto a tavola, intento a discutere di argomenti futili (cap. V). Il colloquio tra i due ha un esito negativo. Nel frattempo, Agnese suggerisce a Renzo e a Lucia di sorprendere don Abbondio recitando la formula matrimoniale dinnanzi a lui e a due testimoni: il matrimonio sarebbe valido nonostante la contrarietà del prete. Renzo va a cercare i testimoni (cap. VI). Fra Cristoforo comunica alle due donne il fallimento della sua missione: Lucia acconsente al sotterfugio. Intanto, gli sgherri di don Ro- drigo si aggirano nei pressi della casa di Lucia per organizzarne il rapimento. I due giovani, i testimoni e Agnese vanno a casa di don Abbondio per realizzare il matri- monio a sorpresa (cap. VII). I due piani - il rapimento e il matrimonio - scattano in contemporanea, ma vanno a vuoto: don Abbondio riesce a interrompere la formu- la matrimoniale e gli sgherri non trovano Lucia in casa. È una baraonda generale: il campanaro, udite le urla del prete, suona l'allarme; i paesani accorrono intorno alla casa del prete; Renzo, Lucia e Agnese, avvertiti della presenza dei rapitori, fuggono verso il convento di padre Cristoforo a Pescarenico. Il frate, compresa la gravità della situazione, manda Renzo a cercare asilo in un convento di cappuccini di Milano, e Lucia e Agnese a Monza, presso un convento di monache (cap. VIII). "La Quarantana" Alla fine del capitolo 32 vi è la storia della colonna infame" riguardo le unzioni (contagio propagato volontariamente) 38 capitoli divisibili in 4 sequenze Seconda sequenza: 11-13 novembre 1628 (capp. IX-XVII) Lucia e Agnese giungo- no al convento. Qui Lucia viene invitata a colloquio da una monaca, Gertrude. Di famiglia nobile, Gertrude è stata costretta dal padre a entrare in convento. Una volta vestito l'abito, però, ha stretto una relazione amorosa (e sessuale) con Egidio, un uomo senza scrupoli. Per coprire questo scandaloso segreto i due arrivano a uccidere una giovane monaca (capp. IX-X). Intanto, a Milano, Renzo, mentre cerca il conven- to indicatogli da fra Cristoforo, si trova in mezzo a un tumulto popolare (cap. XI): la carestia, di cui Manzoni analizza le concause economiche e politiche, ha generato un malcontento che esplode proprio l'11 novembre: la folla, dopo aver saccheggiato le botteghe dei panettieri, si dirige verso la casa del vicario di provvisione, l'uomo politico incaricato di gestire l'afflusso delle derrate alimentari (cap. XII). Renzo si unisce alla massa pronta a linciare il vicario. Questi viene salvato all'ultimo istante da Ferrer, il governatore spagnolo che gode ingiustificata fiducia del popolo (cap. XIII). Renzo, eccitato dagli avvenimenti, arringa un piccolo gruppo di persone lamentando le ingiustizie e i soprusi dei potenti; poi va in un'osteria per cenare. Un poliziotto in borghese, che ne ha ascoltato i discorsi, lo induce a parlare facendolo bere (cap. XIV). La mattina dopo, Renzo viene sorpreso a letto e arrestato come uno dei capi del tumulto popolare. Mentre viene condotto in carcere, riesce a liberarsi grazie alla folla che è ancora in agitazione (cap. XV). Decide dunque di fuggire da Milano e di ri- fugiarsi presso un cugino, nel Bergamasco (cap. XVI). Dopo una giornata di cammino, giunge sulla sponda dell'Adda, che segna il confine del territorio di Milano. Trascorsa la notte in una capanna, riesce ad attraversare il fiume e a giungere dal cugino, che lo accoglie con benevolenza (cap. XVII). Terza sequenza: 13 novembre 1628 - febbraio 1629 (capp. XVIII-XXVII) Don Ro- drigo, saputo che Lucia è a Monza, decide di cercare aiuto per raggiungere un duplice obiettivo: rapire Lucia e allontanare dalla zona fra Cristoforo, che aveva contribuito a sventare i suoi piani (cap. XVIII). Lo zio di don Rodrigo (il cosiddetto «conte-zio»), in un colloquio con il padre provinciale dei cappuccini, ottiene che fra Cristoforo se ne vada dal convento di Pescarenico. Don Rodrigo va a trovare un potente fuorilegge. l'Innominato, che gode di un'immunità tale da poter compiere misfatti anche a Monza (cap. XIX). L'Innominato si assume l'incarico di rapire Lucia: se ne pente subito, mat alla fine dà ordini in tal senso. Con la complicità di Gertrude, Lucia viene quindi pre- levata e portata al castello dell'Innominato (cap. XX). L'Innominato va a vedere la gio- vane, che lo turba con la sua debolezza, le sue preghiere e le sue parole sul perdono di Dio. Durante la notte, l'Innominato ripensa con orrore al suo passato e si pente; Lucia fa voto di verginità alla Madonna, chiedendole di essere liberata (cap. XXI). La mattina seguente, l'Innominato decide di andare a conoscere il cardinale Federigo Borromeo, che si trova in visita pastorale nei dintorni (cap. XXII). Con umiltà e comprensione, il cardinale accoglie la conversione dell'Innominato. I due mandano don Abbondio al ca stello per liberare Lucia (cap. XXIII). Lucia viene accompagnata nella casa di un sarto, dove il cardinale si reca in visita. Agnese, che arrivando incontra don Abbondio, rivede - la figlia. L'Innominato dichiara ai suoi accoliti di voler cambiare vita e li lascia liberi di decidere il loro futuro: o si convertono o si allontanano dal castello (cap. XXIV). Il cardinale giunge al paese di Lucia: don Rodrigo, per evitare di doverlo omaggiare. come il suo rango richiederebbe, preferisce scappare a Milano. Borromeo affida Lucia a donna Prassede, una nobile dei dintorni, e inizia a rimproverare con durezza don Abbondio per essere venuto meno ai suoi doveri sacerdotali (cap. XXV). Alla fine del colloquio, don Abbondio sembra capire il suo errore. L'Innominato invia denaro al Cardinale come risarcimento per i misfatti commessi contro Lucia. Renzo è ricercato dalla giustizia, ma riesce a sfuggire ai controlli usando il falso nome di Antonio Rivolta (cap. XXVI). Renzo e Agnese riescono a stabilire un contatto epistolare grazie a inter- mediari che scrivono e leggono le lettere al posto loro (i due sono infatti analfabeti). Lucia vive con donna Prassede e il marito don Ferrante; biblioteca di quest'ultimo dà a Manzoni l'occasione di tracciare un memorabile (e divertentissimo) quadro del suo universo culturale (cap. XXVII). TEMI Storia amorosa in secondo piano Parla invece di altri tipi di sentimenti: Rapporto con la storia Rapporto con la storia reso esplicito nell'introduzione attraverso l'espediente del "manoscritto ritrovato" Manzoni si limiterebbe a riportare la storia raccontata in un manoscritto anonimo del seicento Ne modifica solo la lingua per renderla più comprensibile Due vantaggi: Esistenza umana nei momenti di crisi ● Religione Aura di veridicità storica Mantiene un certo distacco ● Forza dei potenti (don Rodrigo, Azzeccagarbugli) Affetto per il prossimo, anche quando è una canaglia ● Dolcezza e soprattutto virtù ● Indulgenza anche nei confronti dei peccatori più incalliti ● sacrificio di se stessi Quarta sequenza: marzo 1629-ottobre 1631 (capp. XXVIII-XXXVIII) Dopo l'assalto ai forni, la carestia non cessa e la povertà cresce sempre di più. Il passaggio dell'esercito tedesco, intento al saccheggio delle campagne, porta con sé il virus della peste: il conta- gio si diffonde con rapidità. Il lazzaretto di Milano, in cui erano stati riuniti gli accattoni per meglio soccorrerli, si trasforma in un luogo di raccolta dei malati (cap. XXVIII). Don Abbondio e la sua governante Perpetua cercano di scampare al passaggio dei lanziche- necchi rifugiandosi nel castello dell'Innominato, che dopo la sua conversione si dedica a opere di bene (cap. XXIX). Vi si fermano quasi un mese e, al ritorno al loro paese, lo trovano devastato: molti loro averi sono stati rubati (cap. XXX). La peste si diffonde e tutti i rimedi che vengono escogitati si rivelano inutili (cap. XXXI). Si scatena la caccia agli untori, cioè a coloro che si crede, fuorviati dalla paura diffondono il contagio volontariamente. Una processione religiosa, che ha lo scopo di invocare l'aiuto di Dio, sortisce l'effetto opposto: la diffusione della peste aumenta (cap. XXXII). Don Rodrigo, colpito dalla malattia, viene venduto dal Griso (il capo dei suoi sgherri) ai monatti, i figuri che raccolgono i cadaveri talvolta derubandoli degli ultimi averi. Renzo ha contratto la pe- ste, ma ne è guarito ed è dunque immunizzato. Torna al paese e incontra don Abbondio: ricevute notizie di Lucia, va a cercarla a Milano (cap. XXXIII). Entra in città e bussa alla porta di donna Prassede: gli rispondono che Lucia è al lazzaretto. Viene scambiato per un untore, ma scappa dalla folla inferocita saltando sul carro dei monatti (cap. XXXIV). Al lazzaretto, Renzo incontra fra Cristoforo, che si prodiga per i malati, nonostante sia anch'egli colpito dal morbo. Il frate gli mostra don Rodrigo morente e spinge il giovane, ancora carico di sentimenti di vendetta, a perdonare e a pregare per la salvezza di chi gli ha rovinato la vita (cap. XXXV). Renzo incontra Lucia, che gli rivela di aver fatto un voto di castità: i due cercano fra Cristoforo, che scioglie il voto (cap. XXXVI). Un violento temporale favorisce la scomparsa della peste. Renzo rintraccia Agnese e torna dal cugino: anche se la giustizia non lo cerca più, decide di trasferirsi nel Bergamasco. Lucia viene a sapere che Gertrude si è convertita a una vita degna dell'abito che porta; donna Prassede e don Ferrante sono morti (cap. XXXVII). Don Abbondio apprende la notizia della morte o e solo allora si convince a c rare le nozze tra Renzo e L . Nel paese. in cui Renzo, Lucia e Agnese si trasferiscono nasce qualche dissapore tra gli abitanti e i nuovi arrivati: i tre colgono allora un'occasione lavorativa offerta a Renzo e traslocano in un paese vicino, dove iniziano a condurre una vita felice (cap. XXXVIII). sotto tema della Giustizia Norme del vivere civile sembrano essere sospese e annullate sia per la cattiva volontà degli uomini, sia per l'accanirsi del destino Potere laico che diventa strumento di oppressione degli umili organi di giustizia ci sono ma non funzionano (corruzione e prevaricazione) Alla fine si sposano ma non grazie a ciò che loro fanno Neanche a livello umano c'è la possibilità di risolvere i problemi Don Abbondio vs Fra cristoforo Monaca di Monza vs cardinale Borromeo Anche il potere religioso è corrotto da quello laico Alcuni personaggi positivi che si dedicano alla cura degli oppressi (pra cristoforo, cardinale Borromeo che rappresentano la virtù cristiana) provvidenza ▷ Non c'è un intervento diretto (no deus ex machina) Emerge come circostanza storica (peste, contagio di don Rodrigo) Idea che Dio accompagni la storia, che abbia in mano le sorti dell'umanità in senso generale Pessimismo rispetto alla storia Non c'è riscatto Progetti umani piuttosto inconsistenti f L'aver fede appare come una consolazione Lucia non viene preservata dall'essere oggetto di oppressione solo perché è credente Male accade nonostante la pede T 22b Sicuramente provavano dolove a lasciare il lovo luogo ma qui i vicardi omavi avevano guastato vapporti con quel posto G Imoments brutti vovinano i luogh: che ce li vicovdano + Renzo e il cugino un Pilotoio in un altro paese comprano dou si tvovano meglio Stovio non ho un completo lieto fine L> A Bergamo hanno problemi -> Givono voci su Lucio e • Espediente nowativo del manoscritto del '600 vitrovato IO Renzo e Lucia: finalmente sposi felici? da I promessi sposi (edizione 1840), capitolo 38 Nei capitoli XXXVII e XXXVIII, Manzoni non vuole soltanto sistemare il destino dei suoi personaggi minori o collaterali: vuole anche raccontare ciò che capita a Renzo e Lucia una volta terminate le loro avventure. C> nonostante la brutta esperienza precedente, Renzo impara a persare prima all'effetto che avrebbero le sue azioni Dopo essersi finalmente sposati, i due decidono di lasciare il loro paese per andare nel Bergamasco, dove Renzo si era rifugiato dopo aver lasciato il paese natale. 15 Chi domandasse se non ci fu anche del dolore in distaccarsi dal paese nativo, da quelle montagne; ce ne fu sicuro: ché del dolore, ce n'è, sto per dire, un po' per tutto. Bisogna però che non fosse molto forte, giacché avrebbero potuto risparmiarselo, stando a casa loro [...]. Del resto, avevan tutti passato de' momenti ben amari in 20 sua poca belle770 5 quello a cui voltavan le spalle¹; e le memorie triste, alla lunga guastan sempre nella mente i luoghi che le richiamano². E se que'luoghi son quelli dove siam nati, c'è forse in tali memorie qualcosa di più aspro e pungente. Rento se lo prende 3* scorsa integrazione Tutto bene, allora? No. In questo nuovo paese sorgono subito dei problemi: <<Cosa direte ora, sentendo che, appena arrivati e accomodati nel nuovo paese, Renzo ci trovò de' disgusti [fa- stidi, problemi] bell'e preparati? Miserie; ma ci vuol così poco a disturbare uno stato felice!>>. Negli anni precedenti, i paesani hanno sentito parlare tanto di Lucia, e questi discorsi hanno creato delle aspettative su di lei. Credevano fosse una gran bellezza, e invece si trovano da- vanti << una contadina come tant'altre », e commentano: << di queste e delle meglio, ce n'è per tutto»>. Nessuno lo dice in faccia a Renzo, ma le voci girano e alla fine gli vengono riportate. Renzo, che ha sempre un carattere irritabile, se la prende: « E vedete un poco come alle volte una corbelleria [sciocchezza] basta a decidere dello stato d'un uomo per tutta la vita »>. Renzo inizia a trattare male tutti, «perché ognuno poteva essere uno de' critici di Lucia»: e in poco tempo «si sarebbe trovato, per dir così, in guerra con quasi tutta la popolazione». <<Ma si direbbe che la peste avesse preso l'impegno di raccomodar tutte le malefatte» di Renzo, scrive Manzoni. In un paese vicino, infatti, il padrone di un filatoio era morto, e l'erede aveva deciso di vendere. Bortolo e Renzo comprano l'opificio e Renzo trasferisce tutta la fami- glia. In questo paese, Lucia è finalmente apprezzata, con soddisfazione del marito. Non crediate però che non ci fosse qualche fastidiuccio anche lì. L'uomo (dice il nostro anonimo: e già sapete per prova che aveva un gusto un po' strano in fatto di similitudini; ma passategli anche questa, che avrebbe a esser l'ultima), l'uomo, fin che sta in questo mondo, è un infermo che si trova sur un letto scomodo più o meno, e vede intorno a sé altri letti, ben rifatti al di fuori, piani, a livello: e si figura che ci si deve star benone. Ma se gli riesce di cambiare, appena s'è accomodato nel nuovo", comincia, pigiando, a sentire qui una lisca che lo punge, lì un bernoccolo' che lo preme: siamo in somma, a un di presso, alla storia di prima. E per questo, soggiunge l'anonimo, si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio. È tiratas un po' con gli argani, e proprio da secentista; ma in fondo ha ragione. Per altro, prosegue, dolori e imbrogli della qualità e della forza di quelli che abbiam raccontati, non ce ne furon più per la nostra buona gente: fu, da 25 quel punto in poi, una vita delle più tranquille, delle più felici, delle più invidiabili; di maniera che, se ve l'avessi a raccontare, vi seccherebbe a morte. E anche del dispiacere che [Renzo] aveva provato nell'altro paese, gli restò un utile ammaestramento. Prima d'allora era stato un po' lesto nel sentenziare³, e si lasciava andar volentieri a criticar la donna d'altri, e ogni cosa. Allora s'accorse che le parole fanno un effetto in bocca, e un altro negli orecchi; e prese un po' più d'abitudine d'ascoltar di dentro le sue, prima di proferirle. Da quest'ultima sua esperienza Renzo impara a non trinciare giudizi e a essere più ac- corto. Anche nel nuovo paese, tuttavia, non mancano fastidi, ma l'essere umano - scrive Manzoni attraverso la finzione del manoscritto - non riesce mai a trovare una pace com- pleta. Pensa sempre che si possa stare meglio e che, di fatto, gli altri (o almeno alcuni altri) 1. in quello ... spalle: nel paese che stavano per lasciare. 2. che le richiamano: che riportano alla mente i cattivi ricordi. 3. sentenziare: esprimere giudizi. 4. a livello: lisci, e dunque comodi. 5. accomodato nel nuovo: sistemato nel nuovo letto. 6. lisca: scheggia. 7. bernoccolo:bitorzolo, prominenza tondeggiante. 8. E tirata: il soggetto sottinteso è la similitudine e anche la mo- rale della storia. 9. vi seccherebbe: vi annoierebbe. Birberia -> imparare a leggere e scrivere (> definita cost pevche Renzo era stato ingannolo più volte cos 30 35 40 45 Le e' capitato del male nonostante non avesse falto nulla ->disovventure avvivono se te le voi a cercare non sono peor evitabili, comportandosi bene "50 S fede sene a consolare, non a evitare le sventure (non e sufficiente) (> può far vedere i 55 lot: positivi. tvarne degli insegnament siano in una condizione migliore della sua. Nonostante questa insoddisfazione di fondo e alcuni affanni, Renzo e Lucia hanno una vita felice, allietata da molti bambini. I promessi sposi finiscono così. Prima che finisse l'anno del matrimonio, venne alla luce una bella creatura; e, come se fosse fatto apposta per dar subito opportunità a Renzo d'adempire quella sua ma- gnanima promessa ¹0, fu una bambina; e potete credere che le fu messo nome Maria. Ne vennero poi col tempo non so quant'altri, dell'uno e dell'altro sesso: e Agnese affaccendata a portarli in qua e in là, l'uno dopo l'altro, chiamandoli cattivacci, e stampando loro in viso de' bacioni, che ci lasciavano il bianco per qualche tempo. E furon tutti ben inclinati"; e Renzo volle che imparassero tutti a leggere e scrivere, di- cendo che, giacché la c'era questa birberia 1¹2, dovevano almeno profittarne anche loro. Il bello era a sentirlo raccontare le sue avventure: e finiva sempre col dire le gran cose che ci aveva imparate, per governarsi meglio in avvenire. «Ho imparato, - dice- va, - a non mettermi ne' tumulti: ho imparato a non predicare in piazza: ho imparato a guardare con chi parlo: ho imparato a non alzar troppo il gomito: ho imparato a non tenere in mano il martello delle porte ¹3, quando c'è lì d'intorno gente che ha la testa calda: ho imparato a non attaccarmi un campanello al piede, prima d'aver pen- sato quel che possa nascere». E cent'altre cose. Lucia però, non che trovasse la dottrina falsa in sé, ma non n'era soddisfatta; le pareva, così in confuso, che ci mancasse qualcosa. A forza di sentir ripetere la stessa canzone, e di pensarci sopra ogni volta, «e io,» disse un giorno al suo moralista ¹5, «cosa volete che abbia imparato? Io non sono andata a cercare i guai: son loro che sono venuti a cercar me. Quando non voleste dire,» aggiunse, soavemente sorriden- do, «che il mio sproposito sia stato quello di volervi bene, e di promettermi a voi»>. Renzo, alla prima, rimase impicciato¹6. Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione ¹7; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando ven- gono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c'è parsa così giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo ¹8 di tutta la storia. La quale, se non v'è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l'ha scritta¹⁹, e anche un pochino a chi l'ha raccomodata20. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s'è fatto apposta. 10. quella promessa: la nobile (ma- gnanima) promessa che Renzo aveva fat- to, di chiamare la loro prima figlia Maria, in onore della Madonna. 11. ben inclinati: di buona indole, retti. 12. giacché... birberia: dato che questa furfanteria esisteva. 13. il martello delle porte: oggetto metallico che, montato su una porta, si impugna per bussare. Il riferimento è al capitolo 34 del romanzo, in cui Renzo, che si è recato a casa di don Ferrante per cercare Lucia, indugia attaccato al batac- chio del portone e viene scambiato per un untore. 14. così in confuso: in maniera un po' con- fusa, cioè senza riuscire bene a spiegarsi. 15. al suo moralista: a Renzo, che si affan- nava a trovare una morale nelle avventure che avevano vissuto. 16. alla ... impicciato: in un primo mo- mento, restò in imbarazzo. 17. perché ... cagione: perché uno se li è andati a cercare. 18. il sugo: il succo. 19. chi l'ha scritta: l'anonimo estensore del manoscritto, che Manzoni finge di se- guire nel suo racconto. 20. chi l'ha raccomodata: Manzoni stes- so, che l'ha sempre nella finzione - "ag- giustata" a uso dei lettori suoi contempo- ranei. accusato di essere appestato ► IL PANE DEL PERDONO Fra Cristoforo si preoccupa del- la vita matrimoniale che Renzo e Lucia stanno per iniziare. Li avvisa che i coniugi sono due compagni di viaggio, ma il viag- gio terminerà con un gran dolore: uno dei due morirà prima dell'altro. Non è dunque la vita terrena che loro devono avere in mente, ma quella ultraterrena. Il frate ribadisce a Renzo e a Lucia l'insegnamento del Van- gelo: gli uomini devono amarsi e perdonarsi. Come nell'ul- tima cena di Cristo (e poi nella messa), il pane si carica di un significato spirituale. Cristoforo, appena vestito l'abito dei cappuccini, aveva chiesto e ottenuto un pane dalla famiglia di colui che aveva ucciso in un duello insensato («si degni di farmi portare un pane, perché io possa dire d'aver goduto la sua carità, d'aver mangiato il suo pane, e avuto un segno del suo perdono»,> T17, rr. 63-65). Il frate consegna ai giovani una parte di quel pane del perdono come un padre lascia un'eredità ai figli, o come un sacerdote che comunica i fedeli. ►IMPARARE DALL'ESPERIENZA Si impara qualcosa dalla vita? Renzo ha imparato che alcuni comportamenti vanno evi- tati, ha imparato cioè che cosa non fare (l'avverbio non è ripetu- to in cinque insegnamenti su sei). Come chi, di fronte a un bivio, sbagli strada e, di conseguenza, impari che l'altra è quella giusta, Renzo ha capito come comportarsi almeno in alcune partico- lari situazioni. Queste sono le parole che più esplicitamente certificano la crescita intellettuale e morale di Renzo attraverso le vicende che gli sono capitate: a esse si fa riferimento quando si parla di Bildungsroman ("romanzo di formazione") di Renzo. Lucia è insoddisfatta: sono insegnamenti giusti, ma limitati alla pratica e lontani da quella prospettiva spirituale che lei sente, seppure in confuso, come esigenza. I due sposi riflet- tono ancora e traggono una conclusione più articolata, che Manzoni propone come succo della storia. La vita è piena di guai: ci piombano addosso sia che agiamo in modo sconsi- derato o avventato (come ha fatto Renzo) sia che ci com- portiamo con cautela e intelligenza. La sola cosa che l'uomo può fare è avere fede in Dio: se l'uomo crede che i guai siano prove che Dio ci sottopone in vista della vita eterna, allora riesce a sopportarli con pazienza e rassegnazione. Era necessaria la gran macchina del romanzo per arrivare a questa conclusione? La fatica, la pazienza, l'attenzione richieste allo scrittore e al lettore sono adeguate a questa conclusione? È da credere che la sproporzione tra il sugo e la storia fosse ben evidente anche a Manzoni. Che cosa dobbiamo pensare? Forse Manzoni vuole dire che tanto le avventure eccezionali quanto le vicende consuete portano allo stesso insegnamento e alla stessa verità. Ed è una verità semplice, a cui arrivano autonomamente anche i "semplici" come Renzo e Lucia: è la verità del Vangelo, un libro per tut- ti, che tutti possono leggere o ascoltare.