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ALESSANDRO MANZONI

21/9/2022

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Alessandro Manzoni
Vita e opere
Manzoni si lega all'illuminismo lombardo sia a livello culturale, sia consanguineo, era nipote da parte
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Alessandro Manzoni Vita e opere Manzoni si lega all'illuminismo lombardo sia a livello culturale, sia consanguineo, era nipote da parte di madre di Cesare Beccaria e il padre naturale era Giovanni Verri. Il padre legittimo era il conte Manzoni, che riconobbe il figlio. Manzoni nasce a Milano il 7 marzo 1785, nella giovinezza si mostrò insofferente a un padre che imponeva un'educazione retriva e repressiva. Momento di svolta è il 1805 quando l'autore raggiunse la madre che aveva divorziato a Parigi, in occasione della morte del nuovo compagno della madre Carlo Imbonati scrisse un componimento poetico, in cui mostra la tradizione Pariniana e illuministica lombarda. Frequenta ideologi illuministi e diventa amico di Fauriel, antinapoleonico liberale, fu per manzoni amico e collaboratore. Sempre nel periodo parigini seguiva in modi neoclassici, tuttavia l'anno della svolta fu il 1810 per 2 ragioni: 1) conversione religiosa 2) ritorno a Milano. Si converti al cattolicesimo anche se venne influenzato da istanze gianseniste, rilevante è l'episodio di quando a Parigi, in preda a una crisi di agorafobia perse la moglie Enrichetta Blondel e si rifugiò in una Chiesa. Quando invece ritornò a Milano lo stesso anno iniziò a pensare alla stesura degli Inni Sacri. Tra il 1815 e il 1825 si ebbe molta attività letteraria, con altrettanto entusiasmo creativo, sicuramente ciò grazie...

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Didascalia alternativa:

anche allo stimolo dei primi manifesti romantici, come II Conciliatore. Alla morte del padre eredita una cospicua somma che gli permise di vivere tranquillo nella letteratura, nonostante i molteplici figli. In questo clima nascono le due tragedie (Il conte di Carmagnola e il Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia), gli scritti di poetica come la Lettre a Monsieur Chauvet e la Lettera a Cesare d'Azeglio sul Romanticismo. Tra il 1821 e il 1823 c'è la prima redazione del Fermo e Lucia. Tra il 1825 e il 1827 pubblica la versione a titolo definitivo dei Promessi Sposi, la ventisettana. I suoi interessi dopo quest'ultima edizione diventano di tipo linguistico e filosofico, si dedica quindi alla revisione linguistica dell'opera, recandosi a Firenze per "risciacquare i panni in Arno", per apprendere il toscano vivo, l'unica lingua che fosse secondo lui comprensibile in tutta Italia, quindi l'unica che sarebbe potuta servire come base unitaria per una lingua letteraria. Nel 1833 muore la moglie, due anni dopo la primogenita, poi altri dieci figli, la madre e l'amico Fauriel. Un breve periodo di ripresa quando si sposa con Teresa Borri nel 1837, in questi tre anni lavorerà sulla revisione linguistica, si giunge quindi alla quarantana, l'edizione definitiva.Muore a Milano il 22 maggio 1873, un anno dopo Verdi comporrà la Messa di requiem nell'anniversario della sua morte. Gli scritti di poetica: la prefazione al Conte di Carmagnola, la lettera a Chauvet e quella a d'Azeglio Sul Romanticismo La lettere a Chauvet riprende temi e argomenti presenti nella prefazione del Conte di Carmagnola, in questa Manzoni dava una valutazione complessiva dell'arte e fece considerazioni relative alla tragedia. Manzoni è contrario alla enfatizzazione inutile dell'arte come un assoluto, sostiene che al primo posto occorre porre attività pratiche, che possano giovare alla felicità degli uomini. Questa è una critica alla centralità romantica dell'estetica. A questa critica ne segue una ulteriore: quella della teoria romantica dell'autonomia dell'arte, infatti Manzoni la respinge, evidenziando l'inseparabilità tra poesia è utilità pratico-morale. Sempre nella prefazione del Conte di Carmagnola enuncia le sue riflessioni sulla tragedia, riassumibili in 3 punti: 1) Come già aveva preannunciato Schlegel il precetto dell'unità di tempo è di luogo non ha fondamento in Aristotele, che si limitava a constatare un dato di fatto e non voleva canonizzare. Inoltre lo spettatore potrebbe tranquillamente ritenere verosimile un cambio di scena, di ambientazione e di tempo. 2) Secondo Manzoni, al contrario di autori religiosi del 600' è possibile ideare un dramma interessante è conducente a uno scopo morale. 3) Occorre ripristinare il coro in quanto personificazione dei pensieri morali che l'azione esemplifica, quasi come uno spazio dove il poeta possa parlare in prima persona. La Lettera al Signor Chauvet vuole essere una risposta alla recensione che nel 1820 lo stesso aveva dedicato al Conte di Carmagnola in cui si criticava il non rispetto dell'unità di tempo e di luogo. Manzoni sostiene che l'unità d'azione è indipendente dalle altre due. Dovendosi ispirare alla storia è al vero non può limitarsi alla storia e a un solo luogo con 24h di tempo. Inoltre Manzoni considera il rapporto fra storia e invenzione come un completamento dei fatti accaduti (i sentimenti, le sofferenze e le passioni), ovviamente bisogna ricreare fatti che siano verosimili. Leone de Castris mette in luce una contraddizione teorica irrisolta, quella per cui il vero si dovrebbe fondere con lo sviluppo degli avvenimenti. A queste posizioni si aggiunge la lettera a Cesare d'Azeglio Sul Romanticismo, che aveva definito superato il Romanticismo. Manzoni mette in luce le idee ragionevoli e razionali del romanticismo lombardo, talvolta definito razionale, differente dalle altre forme. Critica le forme neoclassiche 1) respingendo l'uso della mitologia, falsa e immorale 2) il concetto di imitazione e di rispetto dei canoni 3) la fede in un ideale immobile di bellezza sottratto alla storia. La sua proposta si riassume nella celebre frase l'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo. Le odi civili: Il cinque maggio Manzoni si interessa alle vicende politiche italiane, le sue odi nascono a caldo, appena si apre uno spiraglio di speranza per incoraggiare un movimento di unità nazionale. Il cinque maggio, scritto nel luglio 1821, dopo la morte di Napoleone ha movenze epiche (rievocazione momenti culminanti della vita), riprende il linguaggio lirico-religioso degli Inni Sacri, derivato da fonti bibliche e liturgiche, insieme a orazioni funebri. Da un lato si immagina l'approdo alla fede religiosa del potente umiliato e sconfitto, dall'altro la sua vicenda è inserita nel corso storico provvidenziale. Le scene e i particolari momenti epici della sua vita sono molto intensi, raccontano le vicende di un eroe. Anche se si sottolinea il momento religioso, entrano in gioco elementi metafisici, teologici e temporali. Il fascino che la terribilità del potere e le grandi personalità esercitano su Manzoni è in realtà tanto più violentemente negato quanto più vigorosamente è sentito e vissuto. Il problema della tragedia all'inizio dell'Ottocento: Il conte di Carmagnola e l'Adelchi All'inizio dell'800' la tragedia in Italia si ispirava ai principi classici, in Germania negli stessi anni si diffondevano gli ideali romantici, ci si ispirava a Shakespeare nel non rispettare le tre unità aristoteliche. Lo stesso Schlegel andava a teorizzare un nuovo tipo di dramma, ripreso poi dallo stesso Manzoni nel Conte di Carmagnola. Altro problema per la tragedia era il linguaggio aulico e letterario, adottando l'endecasillabo sciolto piegandolo a uno stile realistico e prosastico insieme all'uso di termini comuni. La tragedia racconta la storia di Francesco di Bartolomeo Bussone, dapprima militare del ducato di Milano, dopo sotto quello Veneziano, sconfisse l'esercito milanese senza però inseguirlo e liberandone i prigionieri. I veneziani sospettarono un tradimento e il conte venne condannato a morte. La vicenda si svolge nell'arco di 6 anni. Il protagonista è un personaggio storico, tuttavia non mancano i personaggi ideali. Si denuncia l'immoralità e l'ipocrisia politica della fredda Ragion di Stato. Il conflitto oppone il giusto all'ingiusto, facendolo poi divenire vittima, è un conflitto tra reale e ideale, questo conflitto non ha soluzione se non nella morte, sia del protagonista sia dell'amico Marco. Un analogo pessimismo circola anche nell'Adelchi, Manzoni opera un appello al pessimismo e al non fidarsi. Adelchi è un personaggio moderno è vive una doppia contraddizione tragica: quella interiore che oppone il desiderio di gloria alle possibilità reali è quella sociale, dovuta al suo ruolo pubblico di essere figlio di un re oppressore coltivando ideale di giustizia e fratellanza. La genesi dei Promessi sposi e le fasi della sua elaborazione; struttura, temi e linguaggio di Fermo e Lucia L'elaborazione del Fermo e Lucia avvenne in seguito a una fase di forti stimoli, portò la discussione sul dramma storico al romanzo storico. Manzoni decise di dare avvio nel 1821 alla stesura del romanzo portando con sé due testi di documentazione storica e della vicenda. La prima redazione si concluse nel 1823. La seconda fase inizia intorno al 1821, dando inizio a una profonda revisione del romanzo, modifica struttura e lingua, si ispira al toscano vivo, abolisce lunghe digressione e gli aspetti più espressamente gotico-romantici. Cambia il titolo in Promessi sposi. Insoddisfatto della ventisettana, Manzoni attraversa una terza fase di profonda rielaborazione linguistica, uniformandola al meglio verso il fiorentino in uso presso i toscani colti. Esce quindi nel 1840 la quarantana. Aggiunge al romanzo l'appendice intitolata Storia della colonna infame. L'argomento del romanzo trae spunto da vicende storiche svoltesi nella prima metà del 600'. L'ambientazione lombarda è scelta per somiglianza alla stessa nel 600', con il dominio spagnolo. Eleva a protagonisti gli umili. Per accrescere l'impressione di veridicità, mette in scena l'artificio del manoscritto ritrovato. Il Fermo e Lucia originariamente era diviso in 4 tomi, la struttura era lineare con impianto rigido. Diverse sono le digressioni narrative. Il linguaggio era ricco di francesismi e di lombardismi, ha una forte capacità di aderire all'inquietudine delle situazioni e delle psicologie. Il rapporto tra le due opere è di autonomia, la prima è scritta al ridosso degli insuccessi dei moti del 21, si nota delusione e pessimismo. La seconda è una riflessione più distaccata dagli eventi contingenti e dall'attualità. Il fascino della prima è dovuto agli squilibri e alle rigidità. Nella seconda si ha il fascino dell'arte realizzata. Nella prima la presenza della provvidenza non basta a controllare l'orrore che dilaga, nella seconda lo splendore della forma e l'ironia tipicamente manzoniana conferiscono una prospettiva più equilibrata. Dal Fermo e Lucia ai Promessi sposi del 1827 e del 1840 La ventisettana rivoluziona oltre alle digressioni narrative e morali, letterarie e storiche, anche la struttura: c'è una costruzione complessa ed equilibrata che si bilanciano e si armonizzano, c'è una struttura unitaria ora. Ci sono modifiche stilistiche e ideologiche che ricalcano istanze gianseniste che vengono soppresse o temperate. La provvidenza si illumina e si distoglie dall'atmosfera sinistra e di maledizione che si avvertiva nel Fermo e Lucia. Si modifica anche un atteggiamento politico che vede in modo ironico e distaccato i moti popolari. Si applica una profonda revisione linguistica verso il toscano vivo, che si compierà pienamente nella quarantana, unita anche da un bisogno di lingua nazionale. Violenza, fede mancata, destino tragico: la storia di Gertrude Gertrude è presentata come la vittima di un mono sociale inautentico e spietato, lo stesso mondo che fa ricercare nella fede un aiuto a Renzo, Lucia e Lodovico, mentre Gertrude la rifiuta, rifiuta la fede che le garantirebbe la ferma sopportazione del male. Tra Lucia e la Monaca c'è un legame oppositivo: Lucia è vittima del male e offre la sua sofferenza a Dio, Gertrude è altresì vittima, ma che si muta in carnefice, eserciterà lo stesso atteggiamento tirannico del padre nei confronti delle sue compagne, rappresenta l'ordine perverso che ha fatto la sua infelicità e la sua sventura. Gertrude diventerà strumento e operatrice del male. La conclusione: un romanzo senza idillio Nella conclusione di primo acchito il romanzo propone un lieto fine, eppure Manzoni si guarda bene dal proporci un finale bar Don Abbondio sempre Don ondio, il marchese che sostituisce DOn Rodrigo non li invita al loro tavolo, Renzo e Lucia devono lasciare il paese natio. Il finale denota come i Promessi sposi abbiano un finale senza idillio, la stessa morale non è totalmente positiva, sicuramente la vita dei due sarà tranquilla, ma resto il problema di saper guardare al male, conoscerlo nella sua realtà e costruire una vita che non se ne lasci macchiare. Il progetto manzoniano di società e i temi principali del romanzo La critica del potere è uno dei più grandi temi del romanzo. Quando l'autore descrive i potenti (il padre di Gertrude,Don Rodrigo) spicca di cattiveria stilistica nella rappresentazione dell'ipocrisia e del gesuitismo della diplomazia politica ridotta a difendere ristretti interessi di famiglia. L'ambientazione scelta si presta a un facile parallelo con quella di inizio 800', inoltre il 600' era preso di mira dagli stessi illuministi di ironia e rappresentazione del male storico. La storia è altresì uno dei grandi protagonisti del romanzo, impregna scene e psicologie. I protagonisti veri e propri manzoniano però sono Renzo e Lucia, che provengono dagli strati popolari, ovvero gli umali. Per la prima volta personaggi che non sono né nobili né borghesi vengono portati come eroi sulla scena etteraria, non travestiti da pastorelli arcaici o giudicati con ironia, rappresenta la loro umanità e talvolta come Lucia vengono indicati come modelli esemplari. Questa scelta si ricollega sia all'interesse romantico per il popolo, sia per la cultura cristiana. In prospettiva evangelica il povero sono prediletti da Dio, questa sfera democratica però resta limitata alla sfera religiosa, non in quella politica, infatti tutti gli uomini sono eguale e fratelli di fronte a Dio, e le disuguaglianze vengono combattute con la carità cristiana. I poveri devono avere fiducia nella Provvidenza e in una giustizia divina. Nel Romanzo Manzoni si batte anche in difesa del liberalismo economico, diffusosi in Inghilterra in ambienti illuministi. Nello stesso romanzo ci sarà 1) la polemica contro le autorità governative, responsabili di aver imposto un prezzo massimo sul pane (vuole il libero mercato) 2) la esplicita presa di posizione contro la mancanza di libertà dei commerci intralciata dalle leggi doganale assurde che facilitavano la carestia. Il pessimismo di Manzoni lo fa ricorrere a rimedi più sicuri: un progetto di ricristianizzazione della società, la mediazione della Chiesa e la carità dei buoni cristiani potranno alleviare l'egoismo economico. La sua posizione politica spiega la condanna alla politica antiliberista del governo spagnolo nei tumulti milanesi. La giustizia terrena per manzoni è vista a sfavore del povero e a favore del ricco, Perpetua dirà che contro i poveri c'è sempre giustizia. La giustizia religiosa invece è quella a cui si deve aspirare, e per superare le ingiustizie terrene bisogna far capo alla Provvidenza. L'ideologia religiosa; il problema del male e il tema della Provvidenza Manzoni critica il formalismo delle istituzioni religiose. In tale critica va colta la percezione di una natura umana perversa e delirante, la stessa natura che spinge all'errore e alla colpa, alla cecità, all'egoismo o alla sopraffazione. Alla storia, concepita come prodotto della natura umana, e quindi come serie di errori e di colpe, Manzoni contrappone un valore fisso e universale. Nella storia agisce la Provvidenza, ma vi agisce in modi enigmatici, imperscrutabili per la mente umana: la Provvidenza agisce sì nella storia ma non ne indirizza il senso in modo chiaro e univoco. Ogni cosa accade perché voluta da Dio, ma questa volontà è incomprensibile alla mente umana. Il Dio di Manzoni è il Dio di Pascal e dei giansenisti. Come sugo di tutta la storia il male non è interpretabile semplicemente come punizione divina e nemmeno come prova da superare, ma risponde a ragioni che la mente umana non può ricostruire. Il dolore non si spiega dentro la storia, la fiducia in Dio serve però a renderlo più sopportabile e magari utile per la salvezza dell'anima Si tratta di una conclusione niente affatto idillica.