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Alessandro Manzoni

Alessandro Manzoni

 Alessandro Manzoni
VITA
Nasce a Milano nel 1785 in un ambiente prettamente illuminista
Figlio di Giulia Beccaria, la figlia di Cesare -> Au

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Alice Carniel

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vita, opere (Lettre a mons Chaveut, Sul romanticismo, 5 maggio, Conte di Carmagnola, Adelchi, I promessi sposi) e analisi dei testi (Sul romanticismo, 5 maggio, coro del terzo atto dell’Adelchi, il 38esimo capitolo de I promessi sposi)

 

4ªl/5ªl

Appunto

Alessandro Manzoni VITA Nasce a Milano nel 1785 in un ambiente prettamente illuminista Figlio di Giulia Beccaria, la figlia di Cesare -> Autore importante dell'illuminismo che scrisse 'Dei delitti e delle pene' Sposata con Pietro Manzoni, un conte più grande di lei di 26 anni Giulia stava, però, con Giovanni Verri, un esponente del caffè Ci starà dai 6 ai 16 anni Alessandro passa la sua giovinezza in più collegi ( Oltre alla differenza di età, hanno anche idee molto diverse: Pietro vuole la monarchia, mentre Giulia frequentando il caffè sente aria di rivoluzione ed è contraria Il loro matrimonio termina un anno dopo la nascita di Alessandro Gli danno una formazione religiosa Gli permettono numerosi contatti con personalità importanti come Vincenzo Monti (aveva effettuato la prima traduzione dell'Illiade) e Ugo Foscolo La madre va a convivere a Parigi con il nobile milanese Carlo Imbonati > Il suo precettore (maestro) fu Parini ( Alla sua morte, Alessandro scrisse un poemetto in suo onore: 'Carme in morte di Carlo Imbonati' Anche Manzoni frequenta gli ambienti parigini -> Immersione nell'ambiente illuminista Fede e ragione sono due concetti distinti Incontra letterati, filosofi e scienziati Claude Fauriel - letterato che gli farà nascere l'interesse per la filosofia e per la critica letteraria Alessandro gli indirizza una lettera su come si debba fare letteratura Alessandro incontra Enrichetta Blondel,...

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una calvinista svizzera, che diventerà la sua amante e futura moglie In seguito al matrimonio Alessandro si converte al cattolicesimo 1810 - si trasferiscono a Milano e lui cambia tipo di produzione letteraria 1821 - inizio dei moti insurrezionali in Italia influenzati dalle idee del romanticismo - risorgimento italiano -> Prima era interessato alla critica letteraria, ora inizia a scrivere letteratura e comincia a farsi influenzare dall'aria di romanticismo Scrive Inni sacri, fa un progetto di componimenti poetici che dovrebbero servire per la liturgia delle feste religiose, e scrive tragedie > Patriottismo, attenzione al particolare al posto dell'universale, la nazione, lo spirito del popolo (volkgeist) Scrive delle odi quali 'Marzo 1821' e Maggio' Scrive un romanzo: 'I promessi sposi' -> 3 fasi redazionali - 1821/3 'Fermo e Lucia' Muore il 22 maggio 1873 -> 1827 'I promessi sposi' (la ventisettana) 1840 'I promessi sposi' Idea che possa esistere un'Italia unificata, una lingua italiana -> Qual è la lingua italiana? 1785-1873 Manzoni si reca a Firenze a scopo di revisione linguistica -> Vuole riscrivere 'I promessi sposi' nella lingua di Dante ļ Entra in contatto con il gabinetto Vissieux - un gruppo di letterati Ma il toscano del 1830 non è la lingua di Dante —› La letteratura si rifà a Dante, ma Manzoni si rifà al toscano contemporaneo qui conosce Caponi e Pietro Giordani, degli amici di Giacomo Leopardi Manzoni sarà nominato Senatore del regno d'Italia neo-nato —› I suoi ultimi impegni saranno relativi alla riunificazione, anche linguistica, dell'Italia In suo onore Giuseppe Verdi compone la messa da requiem (brani musicali) CHE COSE LA LETTERATURA? Manzoni risponde in due occasioni T 10 i culti pagani adovano e vispettano le cose tereve come passioni, Piacevi come fossero un fine l'effetto della mitologia é di viportare chi la legge a quelle idee e chi ue scrive le promove e le Sostiene 5 • Lettre a mons chaveut - tragediografia • A Carlo d'Azeglio - lettera sul romanticismo -> Privata, non pensata per la pubblicazione -> 1823 - Carlo aveva ripubblicato l'inno sacro di Manzoni "la Pentecoste"> Manzoni risponde con questa lettera > 1846 - la lettera viene resa pubblica senza l'autorizzazione di Manzoni -> Esce come era stata scritta in prima battuta IO 1870 - Manzoni fa uscire l'edizione rivista della lettera ->Composta da due parti Destruens - dice cosa secondo lui non è la letteratura e cosa non è il romanticismo •Construens - dà la sua idea —> La letteratura secondo Manzoni è utile, riguarda la verità e genera interesse Sul Romanticismo da Sul Romanticismo, lettera del 22 settembre 1823 a Cesare d'Azeglio Nel luglio del 1823, il marchese Cesare d'Azeglio ripubblica La Pentecoste sulla rivista << Amico d'Italia» e invia il fascicolo a Manzoni. Nella missiva di accompagnamento, d'Azeglio accenna al fatto che Manzoni ha giocato un ruolo importante «nella gran lite coi classici», cioè nel dibattito sul Romanticismo innescato dal celebre articolo di Madame de Staël, Sulla maniera e l'utilità delle traduzioni, nel quale la scrittrice francese aveva esortato i letterati italiani ad abbandonare i temi mitologici e a «tradurre diligentemente assai delle recenti poesie inglesi e tedesche»: e insomma a rinnovarsi e a sprovincializzarsi. Nel ringraziarlo, Manzoni prende spunto da queste poche parole e dichiara le sue teorie sul Romanticismo. La ragione per la quale principalmente io ritengo detestabile l'uso della mitologia, e utile quel sistema¹ che tende ad escluderla, non la direi certamente a chichessia², per non provocare delle risa che precederebbero e impedirebbero ogni spiegazione; ma non lascerò³ di sottoporla a Lei, che, se la trovasse insussistente", saprebbe addirizzarmis senza ridere. Tale ragione per me è che l'uso della favola è vera idolatria. Ella sa molto meglio di me che questa' non consisteva soltanto nella credenza di alcuni fatti naturali o soprannaturali; i fatti non ne erano che la parte storica; ma la parte morale, e molto della parte dogmatica (se mi è lecito applicare ad un tal caso una parola associata alle idee più sante), questa parte tanto essenziale era fondata nell'amore, nel rispetto, nel desiderio delle cose terrene, delle passioni, de' piaceri, portato fino all'adorazione, nella fede in quelle cose come se fossero il fine, come se potessero dare la felicità, salvare ¹0. L'idolatria in questo senso può sussistere anche senza la credenza alla parte storica, senza il culto; può sussistere pur troppo anche negli intelletti persuasi della vera Fede¹¹ [...]. L'effetto generale della mitologia ¹2 non può essere che di trasportarci alle idee di 15 que' tempi in cui il Maestro ¹3 non era venuto, di quegli uomini che non ne avevano la predizione ¹4 e il desiderio, di farci parlar tuttavia come se Egli non avesse insegnato¹5, La lettera non è destinata alla pubblicazione e, infatti, rimane privata fino al 1846, quando viene stampata a Parigi, contro la volontà dell'autore. Manzoni la ristamperà nel 1870 con alcune modifiche, ma qui riproponiamo il testo che fu effettivamente inviato a d'Azeglio. Nel seguente brano Manzoni tocca due problemi per lui cruciali. Da un lato spiega perché ha sempre lottato contro l'uso, da parte dei letterati moderni, della mitologia classica; e dall'altro argomenta le sue idee su "che cos'è" e (soprattutto) "che cosa deve essere" la let- teratura, idee che si riassumono in una frase diventata celebre: la letteratura deve << proporsi l'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo >>. di mantenere i simboli, le espressioni, le formule dei sentimenti che Egli ha inteso distruggere; di farci lasciar da canto¹7 i giudizii ch'Egli ci ha dati delle cose, il linguag- gio che è la vera espressione di quei giudizii, per ritenere le idee e i giudizii del mondo pagano. Né può dirsi che il linguaggio mitologico, adoperato come è nella poesia, sia indifferente alle idee, e non si trasfonda in quelle che l'intelletto tiene risolutamente e avvertitamente ¹8. E perché dunque si farebbe uso di quel linguaggio, se non fosse per affezione ¹⁹ a ciò che esso esprime? se non fosse per produrre un assentimento, una Vie solo unen nicchia di persone simpatia20? A che altro fine si scrive e si parla? E volendo pure ammettere che quel argomenti perché li ha 25 linguaggio sia indifferente, senza effetto, che fare allora del grande argomento dei studiati a scuola (illiadelodissea) propugnatori21 della mitologia, che la vogliono appunto per l'effetto che essa può fare? che puo apprezzare certi Sia dunque benedetta la guerra che le si è fatta e che le si fa [...]. la letteratura deve avere una morale e trattare della verità (you come Aviasto o Tasso che per un insegnamento 20 Parlano di cose fantastiche) -> Mauzoui cerca degli argomenti che siano Mi limiterò ad esporle quello che a me sembra il principio generale a cui si possano accessibil: a tulti (borglesi) ridurre tutti i sentimenti particolari sul positivo romantico22. Il principio, di necessità -> quotidianità 30 tanto più indeterminato quanto più esteso, mi sembra poter esser questo: che la poesia, e la letteratura in genere debba proporsi l'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo. Debba per conseguenza scegliere gli argomenti pei quali la massa dei lettori ha o avrà, a misura che diverrà più colta, una disposizione di curiosità e di affezione, nata da rapporti reali, a preferenza degli argomenti, pei quali una classe sola di lettori ha una affezione nata da abitudini scolastiche, e la moltitudine una ri- verenza non sentita né ragionata, ma ricevuta ciecamente23. E che in ogni argomento debba cercare di scoprire e di esprimere il vero storico e il vero morale²4, non solo come fine, ma come più ampia e perpetua sorgente del bello25: giacché e nell'uno e -> cio' che stimola l'intelletto nell'altro ordine di cose, il falso può bensì dilettare, ma questo diletto, questo interesse Piace sempre i letton devous esseve istiti dalla lettura vero storico e vero morale la realtà e la vera foute 35 di bellezza -> cio' che e fantastico picace solo fino a quando non si torna alla realtà 40 più' cose vere si Samo, più si piacere a vaggiungere la verità letteratura e poesia puntano a questo 45 è distrutto dalla cognizione del vero²6; è quindi temporario e accidentale²7. Il diletto mentale non è prodotto che dall'assentimento²8 ad una idea; l'interesse, dalla speranza di trovare in quella idea, contemplandola, altri punti di assentimento, e di riposo: ora quando un nuovo e vivo lume ci fa scoprire in quella idea il falso, e quindi l'impossi- bilità che la mente vi riposi e vi si compiaccia, vi faccia scoperte, il diletto e l'interesse spariscono. Ma il vero storico e il vero morale generano pure un diletto, e questo diletto è tanto più vivo e tanto più stabile, quanto più la mente che gusta è avanzata nella cognizione del vero29: questo diletto adunque debbe la poesia e la letteratura proporsi ³0 di far nascere. PARS DESTRUENS: IL RIFIUTO DELLA MITOLOGIA Nelle posizioni del Romanticismo Manzoni distingue una pars destruens, ovvero gli argomenti volti a combattere le idee degli avversari, e una pars construens, ovvero gli argo- menti che invece propongono idee nuove e costruttive. La prima parte del testo (rr. 1-27) riguarda la pars destruens. La mitologia è stata uno dei punti di scontro tra classicisti e romantici: i primi ne approvavano l'uso, i secondi lo rifiu- tavano. La posizione di Manzoni è basata sulle proprie con- vinzioni religiose. Ogni altra considerazione, che possa essere fatta in merito, è per lui di rango inferiore e, anzi, superflua. La mitologia è una delle espressioni della religione pagana. Continuare a usare la mitologia significa favorire la diffusione non certo della religione pagana, ma della visione del mon- do che avevano i pagani. Il linguaggio mitologico non può essere considerato un insieme di parole vuote: esso veicola delle idee. Attraverso questo linguaggio si esalta, quindi, il desiderio delle cose, delle passioni, degli amori terreni. Dopo gli insegnamenti di Cristo, tutto ciò non è più possibile: come si sono rifiutate le forme esterne del paganesimo, così biso- gna allontanare quel linguaggio che è intriso di paganesimo. PARS CONSTRUENS: L'UTILE, IL VERO E L'INTERES- SANTE Nella seconda parte del testo (rr. 28-48) Manzoni dichiara alcuni principi a cui la letteratura si dovrebbe attene- re. È diventata famosa l'espressione «l'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo» (rr. 31-32). Il poeta latino Orazio (I secolo a.C.) aveva proposto per primo una mescolanza di utile e di piacevole («<miscere utile dulci»; leggi miscére). Da allora in poi, nel corso dei secoli, queste parole sono state al centro della riflessione sulla letteratura: alcuni hanno messo l'accento sul primo termine, altri sul secondo, ma il recinto in cui si muovevano le teorie letterarie era lo stesso. Manzoni riprende solo in parte la coppia di concetti oraziani: il dulce oraziano diventa l'interessante in Manzoni. È vero che ciò che è interessante è piacevole, ma è una pia- cevolezza solo dell'intelletto e non dei sensi o dell'immagi- nazione. Per esempio, i versi che raccontano di Rinaldo nel giardino di Armida nella Gerusalemme liberata di Torquato Tasso (1544-1595) o degli amori di Adone e Venere nell'Ado- ne di Giovan Battista Marino (1569-1625) possono rientrare nel dulce oraziano, non nell'interessante manzoniano. A questi due elementi Manzoni aggiunge il vero: dal punto di vista grammaticale è, al pari di utile e interessante, l'equi- valente del genere neutro latino, e va inteso come "ciò che è vero", "le cose vere". Manzoni chiede dunque allo scrittore di restare aderente ai fatti così come la storia li tramanda (« il vero per soggetto »), ma di narrare questi fatti in modo che chi legge impari qualcosa di moralmente utile («<l'utile per iscopo »>) e di concentrarsi soprattutto su quei temi che possono essere attuali e vivi per i lettori contemporanei («<l'interessante per mezzo >>). LA RICERCA DEL BELLO Gli scrittori devono dunque scegliere argomenti che attraggano la massa dei lettori. Va notata l'attenzione verso un pubblico vastissimo: è un'at- tenzione che unisce l'interesse per il popolo, tipico del Ro- manticismo, a quello cristiano per gli umili, che vanno con- fortati, guidati e convertiti. Ogni volta che qualche artista si riferisce a un pubblico vasto, la prima obiezione che gli può essere fatta è questa: la massa ha interessi rozzi e non ha un gusto educato. Manzoni previene l'obiezione e cerca di ribatterla spostando il problema nel futuro: lo scrittore deve interpretare i gusti che la massa avrà man mano che diventerà più colta (la posizione presterebbe il fianco a ul- teriori critiche: in che modo diventerà più colta? quando?). Vengono così eliminati tutti quei soggetti classici e mitolo- gici che piacciono solo a un'élite di lettori, quelli che hanno fatto buone scuole. Gli altri lettori provano soggezione, ma anche disinteresse e antipatia, verso di essi. In ogni argo- mento lo scrittore deve cercare quanto è vero dal punto di vista storico e dal punto di vista morale: solo da questo tipo di vero nasce, infatti, la bellezza. Ciò che è falso può dare piacere e interesse, ma non appena il lettore scopre che l'argomento è falso, il piacere e l'interesse vengono meno. Il «<diletto mentale»> (si noti l'aggettivo) si produce quando un'idea ci convince: ma quando scopriamo che questa idea ha in sé del falso, il diletto sparisce. « Il vero storico e il vero morale»>, invece, danno un diletto tanto più vivo quanto più aumenta la conoscenza del vero. Perciò, è questo il vero che lo scrittore deve perseguire. LE ODI Struttura metrica • Numero variabile di strofe • Senza endecasillabi Versi più brevi Nascono in Grecia Pindaro ne è un esponente Orazio e Catullo ne sono degli autori latini In Italia vengono usate dal '500 Recupero dei classici Grande fortuna dal '700 (es. Parini) - Argomento impegnato: temi politici, civili e morali Carattere celebrativo - al tempo non aveva questo carattere, ora consideriamo ode un sinonimo di lode L'ambiente illuminista gli dà una visione del mondo - etica pragmatica Scopo della letteratura dev'essere morale -> Necessità di rispondere con la letteratura a esigenze reali - Non elitaria, non solo a quelli che hanno potuto studiare - grazie al cristianesimo perché è una religione per tutti che predica l'uguaglianza, la fratellanza Il pubblico è tutto il popolo, è vasto Come raggiunge questa vastità? Grazie alla lingua, ai contenuti e ai generi letterari Raffina le sue scelte - dagli inni, alle odi, alla tragedia, al romanzo Solo i Borghesi andavano a teatro, solo chi può permetterselo ci va È fatta per essere letta ma mantiene alcune caratteristiche/fattezze come dovesse essere rappresentata a teatro Innova la tragedia ma sembra una tragedia da salotto • Marzo 1821 - dedicata ad una auspicata rivolta antiaustriaca nella primavera del 1821 • 5 maggio - dedicata alla morte di Napoleone Fino al verso 60 parla del Napoleone pubblico tramite le sue imprese e conquiste L'inizio e la chiusura hanno lo stesso tema (la sua morte) - struttura ad anello o ricomposizione In mezzo vi è una parte sulle imprese e una sull'esilio La prima parte ha l'area semantica del coraggio, della guerra, della battaglia, mentre la seconda ha più calma, fermezza La chiusura ha area semantica della fede Napoleone rappresentato come romantico e cattolico - vi è una riflessione sulla sua vita che conduce poi a Dio Argomento impegnato: valore della fede e della provvidenza Anche Napoleone in punto di morte può essere toccato dalla fede e da un sentimento religioso Nonostante la magnificenza della vita pubblica, nel privato è inevitabile essere toccati dalla fede T n Ascolto 3 wetonimia orma como -> la terra non sa quando un altro nomo del genere calpestera la sua Polueve iaisauguічала IO 5 C mette in evidenu za 'Lui' Come wella 1ª strofa auastrofe 20 30 Il cinque maggio da Odi elitavisur -> la forma si adatta all'argomento 35 stette la spoglia immemore, pivaba di tanto spiro, 40 Dopo la sconfitta di Waterloo (18 giugno 1815), Napoleone viene recluso a Sant'Elena, piccola isola nell'Atlantico meridionale a circa 2000 chilometri dalla costa dell'Angola. Il 5 maggio 1821 Napoleone muore. La notizia raggiunge l'Europa con due mesi di ritardo e di- venta di dominio pubblico solo il 17 luglio (Manzoni la apprende quasi per caso, leggendo la «Gazzetta di Milano»). Manzoni scrive l'ode in pochi giorni, tra il 17 e il 19, e il 26 luglio la sottopone alla censura per ottenere il permesso di pubblicazione. Il permesso è negato, ma l'ode viene letta ugualmente grazie alle copie manoscritte che circolano subito. L'anno successivo viene stampata in Germania con la traduzione di Goethe e poi, dopo un altro anno, a Torino in un'edizione pirata. lui è stato e' morto Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, Senza memoria senza parole così percossa, attonita la terra al nunzio sta, uotiza 15 quando con vece assidua cadde, risorse e giacque, di mille voci al sonito mista la sua non ha: uou waccliato vergin di servo encomio e di codardo oltraggio, powiso muta pensando all'ultima la sua morte ora dell'uom fatale; decisa dal destino né sa quando una simile orma di piè mortale (deeea Terva) insanguinata la sua cruenta polvere a calpestar verrà. il titolo collega l'ode a Napoleone senza farue il nome 25 Dall'Alpi alle Piramidi, -> europa in una situazione di conflitto Sul trous Lui folgorante in solio vide il mio genio e tacque; cadere, giacere e huasceve you ha celebrato quando lo vide Similitudine sorge or commosso al subito cuetafora sparir di tanto raggio; Pavagone col Sole e scioglie all'urna un cantico che forse non morrà. dal Manzanarre al Reno, di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno; po scoppiò da Scilla al Tanai, dall'uno all'altro mar. tanti hanno parlato di Napoleone сла елі по tempesta La procellosa e trepida Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza: nui peale maiestatico (intlude "io") chiniam la fronte al Massimo Dio Fattor, che volle in lui del creator suo spirito -> viconosce in lui lo più vasta orma stampar. Stampo di Dio serve, pensando al regno; e il giunge, e tiene un premio ch'era follia sperar; gioia d'un gran disegno, controvoglia l'ansia d'un cor che indocile -> deve vestave servitove Ei A scuola impariamo che il pronome soggetto di terza persona singolare maschile è egli, e che quello di terza persona plurale maschile è essi. Ma egli ed essi non si usano quasi più, o solo per iscritto, in contesti molto formali, e sono stati sostituiti da lui e da loro (oggi diciamo e scriviamo "lui ha detto che verrà", "loro partecipano", e non "egli ha detto che verrà", "essi partecipano"). Ebbene, l'italiano antico conosceva, sia per la terza persona singolare sia per la terza persona plurale, anche le forme elli ed ei (che a volte si trova apocopato: e'): «<ed elli a me, come persona accorta» (Dante, Inferno, III, v. 13); << ma ei non stette là con essi guari» (Dante, Inferno, VIII, v. 113). Tali forme restarono a lungo nell'uso poetico, specie nei testi d'intonazione più solenne com'è appunto Il cinque maggio. la sintassi si accorcia -> accellera 2ione 45 aua fora maggiore solennità 50 ل Strofa di passaggio 55 da pubblico a privato 60 Come l'onda Si avvolge sules testa del naufrago, pur alta e lesa, su cui la vista del misero scovve per loutaue, cosí cercare invano delle teve 65 Sull'anima di Napoleone scesero le sue memovie/ ricordi 70 quante volte alla fine di una giornata vuota l'ha assalto il pensiero 75 del passato 80 per dare velocità e ripetiticita aua fora fa iutuive la sua 95 visposta alla domanda "Fu vera gloria?" congedo vivolto alla fede tutto ei provò: la gloria maggior dopo il periglio, la fuga e la vittoria, la reggia e il tristo esiglio: due volte nella polvere, sconfitto due volte sull'altar. uctove > incoronazione come imperatore nomino-> autonominio imperatore o affermo se stesso Ei si nomò: due secoli, l'un contro l'altro armato, sommessi a lui si volsero, come aspettando il fato; Ei fe' silenzio, ed arbitro s'assise in mezzo a lor. 105 Pericolo e di pietà profonda, d'inestinguibil odio e d'indomato amor. E sparve, e i dì nell'ozio alloutanato, non ucciso chiuse in sì breve sponda, ->ge: viene riconosciuta importanza segno d'immensa invidia anima tal su quell'alma il cumulo Ldelle memorie scese! Similitudine Come sul capo al naufrago l'onda s'avvolve e pesa, l'onda su cui del misero, alta pur dianzi e tesa, scorrea la vista a scernere prode remote invan; due secoli cucusti ('700 e '800) l'uno contro l'altro si volgond a lui dopo essere stati sottomessi chiasco autitesi parallelismo Oh quante volte ai posteri ha provato a scrivere la sua biografia narrar sé stesso imprese, e sull'eterne pagine cadde la stanca man! petto le braccia al sen conserte, stette, e dei dì che furono Oh quante volte, al tacito Piatto morir d'un giorno inerte, luce degli nomini chinati i rai fulminei, vassi fulmiciei = occhi (metonimia) 85 affammato Forte Supposizione di Mauzoui Ahi! forse a tanto strazio cadde lo spirto anelo, e disperò; ma valida venne una man dal cielo, e in più spirabil aere 90 pietosa il trasportò; l'assalse il sovvenir! Licordi pesauti- metafora della guerra Comando E ripensò le mobili tende, e i percossi valli, e il lampo de' manipoli, -> le avrai riflettow la luce e l'onda dei cavalli, e il concitato imperio, e il celere ubbidir. e l'avviò, pei floridi sentier della speranza, se pensi alla vita eterna in un modo, nella realtà e ancora ai campi eterni, al premio egeo-> Sovvabbondante che i desideri avanza, dov'è silenzio e tenebre la gloria che passò. rispetto a cio' che si desidera Bella Immortal! benefica Fede ai trionfi avvezza! abituata a trionfave Scrivi ancor questo, allegrati; 100 Perché più superba altezza al disonor del Golgot giammai non si chinò. la gloria che ha conosciuto in vita, a coufrouto, e silenzio e leuebre se Napoleone ha avuto questo Peusievo, tu fede devi rallegrarti perche" wessun uomo più grande di lui si é inchinato a Cristo L> Golgota - luogo di crocifissione di Cristo Tu dalle stanche ceneri sperdi ogni ria parola: il Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola, coperta sulla deserta coltrice -> metonimia per Solitudine accanto a lui posò. LE TRAGEDIE Rottura con la tradizione italiana Il teatro è potenzialmente il genere più popolare (perché può raggiungere il maggior numero di persone) ( Gli spettacoli possono essere visti e ascoltati, quindi anche gli spettatori scarsamente alfabetizzati possono capire la trama e le idee fondamentali LETTRE A MONSIEUR CHAUVET Manzoni enuncia la sua poetica teatrale anticlassica ( Fa una riflessione sulla distinzione fondamentale tra “vero storico" e "vero poetico" Victor Chaveut aveva pubblicato una recensione della tragedia di Manzoni "il conte di Carmagnola" criticando l'abbandono delle unità di tempo e luogo Venivano considerate obbligatorie dalle teorie letterarie di natura classicistica (da Aristotele) ->La trama di una tragedia avrebbe dovuto svolgersi in un unico giorno in un unico luogo oltre ad avere un'azione unitaria (priva di episodi) Lettre a Monsieur Chaveut è un testo di autocritica/autodifesa Considerava le unità aristoteliche di spazio e tempo troppo restrittive Cita autori oltralpe che hanno fatto lo stesso (Shakespeare e Goethe) Quelle di Manzoni sono tragedie storiche, a differenza di Alfieri non tralascia la base storica ( Era fondamentale ricostruire gli eventi da un punto di vista storico perché deve avere una funzione istruttiva Il letterato può indagare nelle passioni, ma non deve inventare i fatti Non parla di eroi antichi ma moderni Introduce il coro che esisteva già nella tragedia greca ma era stato eliminato in quella contemporanea ( Serve a mostrare le opinioni dello Riassume eventi che non potevano essere rappresentati scrittore per essere sicuro di far passare il proprio messaggio Si ispira a Shakespeare che nel 1800 non era considerato un grande autore, Manzoni è uno dei primi a prenderlo come spunto CONTE DI CARMAGNOLA Tra il 1816 e il 1820 Come Alfieri con Saul Parla della storia italiana ambientata nel 1400 (non argomento biblico o mitologico) Il protagonista è Francesco Bossone, il capo di un gruppo di mercenari Per invidia, il duca di Milano lo destituisce da generale e lui passa al servizio della repubblica di Venezia In una battaglia con la Repubblica di Milano, si mostrò troppo clemente nel liberare i prigionieri di guerra e venne accusato di essersi fatto corrompere dai milanesi > Condanna a morte -> Manzoni vuole dimostrare che la ragione di Stato non va d'accordo con la morale/onestà individuale -> Pessimismo storico – la storia umana come trionfo del male (₂ Elemento ricorrente anche nell'Adelchi e ne I promessi sposi ADELCHI 1822 Discorso sopra alcuni punti della storia longobarda (700-800) Studia questo periodo e sulle sue ricerche basa all'opera Caduta dei longobardi per mano di Carlo Magno Opposizione tra personaggi politici/pragmatici (Desiderio e Carlo Magno) e personaggi ideali (Ermengarda e Adelchi) (₂ (₂ Ragion di stato Morale La trama L’azione si svolge tra il 772 e il 774. La penisola italiana è occupata quasi per intero dai Longobardi: il loro re, Desiderio, si impadronisce di alcuni territori dello Stato della Chiesa e ne minaccia l'indipendenza; papa Adriano chiama allora in soccorso i Franchi di Carlo Magno. Atto I Ermengarda, figlia di Desiderio data in sposa a Carlo Magno, sta per giungere a Pavia: il marito l'ha ripudiata. Desiderio, sdegnato per l'affronto, vuole dichiarare guerra ai Franchi. Suo figlio Adelchi non approva l'azione del padre ai danni di papa Adriano e tenta, ma invano, di convincere Desiderio ad abbandonare i suoi progetti. • Atto II Carlo Magno è accampato con il suo esercito a ovest di Torino: non riesce a entrare nella Pianura padana perché Adelchi presidia una strettoia naturale, e il valico montano è bloccato dalla neve. Martino, diacono inviato dal vescovo di Ra- venna, giunge non visto al campo dei Franchi. Pur inesperto dei luoghi, ha compiuto un percorso tra i monti: evidentemente è Dio che lo guida. I Franchi potranno fare il medesimo tragitto e cogliere di sorpresa i Longobardi. Atto III Adelchi, in un colloquio con l'amico Anfrido, lamenta di dover agire se- condo le indicazioni di suo padre, che lui giudica contrarie alla giustizia. Arriva la notizia che i Franchi sono riusciti ad aggirare il blocco dell'esercito longobardo e che lo stanno attaccando alle spalle. Adelchi tenta di organizzare la resistenza, ma l'eser- cito si dà alla fuga; alcuni duchi longobardi passano dalla parte dei Franchi. Adelchi si rifugia a Verona, Desiderio a Pavia. ● ● Alla fine del terzo atto c'è il primo coro: «Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti»> [► T6]. Atto IV Ermengarda si è chiusa in un monastero a Brescia, dove trova consolazione parlando con la sorella badessa. Alla notizia che Carlo è passato a nuove nozze, Er- mengarda cade in delirio e muore. Intanto, a Pavia, alcuni traditori longobardi fanno entrare le truppe di Carlo Magno in città. Al termine della prima scena del quarto atto c'è il secondo coro: «Sparsa le trecce morbide» (la morte di Ermengarda) [► T7]. Atto V Dopo la caduta di Pavia, Desiderio è prigioniero di Carlo Magno, che sta assediando Verona. Adelchi si getta con alcuni fedelissimi in un'ultima disperata battaglia, mentre la maggior parte dei Longobardi si arrende. Il re sconfitto chiede a Carlo Magno clemenza per Adelchi, incolpevole esecutore dei progetti paterni. Men- tre i due sovrani sono a colloquio, viene portato in scena Adelchi, ferito a morte. la battaglia Sta per iniziare -> i franchi stanno per arrivare dai longobardi ● ● ● -> entrambi non sono originari della penisola, lo sons i Latini -> conquistati prima dai longobardi e poi dai franchi pensano di approfittare della battaglia per liberarsi (> periodo del visorgimento T 6 si mescolans la fierezza autica per le proprie origini e le sofferenze attual: vituo veloce -passo dei militan 5 Similitudine IO ma invano Dal sogno di riscatto alla realtà della servitù da Adelchi, atto III, coro Ls entra in scena e commenta le azoui Come abbiamo accennato nella premessa alle tragedie, nel Conte di Carmagnola e nell'A- delchi Manzoni recupera dalla tragedia greca l'idea del coro, cioè di uno spazio in cui l'autore può parlare «in persona propria » e orientare l'interpretazione dell'opera appro- fondendone alcuni motivi e, soprattutto, giudicando l'azione che sin lì ha narrato. Nell'A- delchi i cori sono due. Quello che segue è il primo, al termine del terzo atto. L'esercito longobardo è in rotta e i Franchi dilagano nella pianura; Anfrido, il più fedele degli amici di Adelchi, viene ucciso; Adelchi e Desiderio fuggono verso Pavia. Manzoni immagina che il popolo dei Latini faccia da spettatore a questa lotta tra Franchi e Longobardi, sperando che i primi lo liberino dalla dominazione dei secondi, senza pensare che non la libertà ma un nuovo padrone si profila all'orizzonte. ingressi dei pala.22i Pieni di muschio Piazza Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti, dai boschi, dall'arse fucine stridenti, dai ai solchi bagnati di servo sudor; Popolo velocemente un volgo disperso repente si desta, intende l'orecchio, solleva la testa, " percosso da novo crescente romor. nonostante si trovino tra rovine (geovia di Roma vidotta al unela) quando sentono arrivare i Frauch Si visollevaus delle truppe frauche itermini vengono ripresi in tempi brevi -> fretta per l'arrivo chiasmo timorosi Daisguardi dubbiosi, dai pavidi volti, qual raggio di sole da nuvoli folti, traluce de' padri la fiera virtù: in senso etimologico: autenati ne' guardi, ne' volti, confuso ed incerto si mesce e discorda lo spregio sofferto col misero orgoglio d'un tempo che fu. ossimoro i labini osservano le azioni de: longobardi ->e: vedono cercare dei uascou dige: * 15 cou pelo vitto per paura 20 delle vosse criniere oscurità della grotta doune pale de guardano pensose i fige: altrettauto peusosi -> temorizzati dall'arrivo dei Frauch descrizione dei franchi 35 40 45 Sintassi via via più stretta →velocizza il vituo per 50 dare la sensazione delle truppe in marcia Secondo voi latini, i Franchi hanno affrontato tutto cio per aiutare voi? ->you cambia uilla wemmeno le parole deee' autove S'aduna voglioso, si sperde tremante, per torti sentieri, con passo vagante, fra tema e desire, s'avanza e ristà; e adocchia e rimira scorata e confusa 25 E sopra i fuggenti, con avido brando, quai cani disciolti, correndo, frugando, da ritta, da manca, guerrieri venir: li vede, e rapito d'ignoto contento, con l'agile speme precorre l'evento, e sogna la fine del duro servir. 30 intervento del narratore (ouniscente) verso i latini controllaus Udite! Quei forti che tengono il campo, che ai vostri tiranni precludon lo scampo, son giunti da lunge, per aspri sentier: sospeser le gioie dei prandi festosi, assursero in fretta dai blandi riposi, giacigli, 020 tema del pessimismo Storico ->non c'è visoluzione 65 de' crudi signori la turba diffusa, Spade che fugge dai brandi, che sosta non ha. Similitudiue metonimia per i franchi con animal: per disprezzo dei latini uei coufrouti di entrambi icupourite beste *Ansanti li vede, quai trepide fere, irsuti per tema le fulve criniere, le note latebre del covo cercar; abituata. autitesi e quivi, deposta l'usata minaccia, le donne superbe, con pallida faccia, i figli pensosi pensose guatar. -> come beshe cercano delle taue per nascondersi morfologiche poliptoto: stessa parola in due forme diverse (es.io/we) C Femminile e Spada maschile .velocemente chiamati repente da squillo guerrier. trocuba -> (di battaglia) Lasciàr nelle sale del tetto natio le donne accorate, tornanti all'addio, a preghi e consigli che il pianto troncò: han carca la fronte de' pesti cimieri, pennacchio sopra han poste le selle sui bruni corsieri, volaron sul ponte che cupo sonò. (levatoio) l'elmo squadre allesve spaesamento A torme, di terra passarono in terra, cantando giulive canzoni di guerra, ma i dolci castelli pensando nel cor: per valli petrose, per balzi dirotti, vegliaron nell'arme le gelide notti, membrando i fidati colloqui d'amor. peudii Scoscesi vipensando intimi -> vengous a fave guerra ma pensano a casa lovo il rigido impero, le fami durâr; si vider le lance calate sui petti, a filo a canto agli scudi, rasente agli elmetti, udiron le frecce fischiando volar. -> licuuo vegliato duvoute gelide notti, vestiti da guerra pericoli Gli oscuri perigli di stanze incresciose, seutień wai Percorsi per greppi senz'orma le corse affannose, -> autilesi (cocubattenti) 55 E il premio sperato, promesso a quei forti, domanda latini vetorica sarebbe, o delusi, rivolger le sorti, destino d'un volgo straniero por fine al dolor? [Tornate alle vostre superbe ruine,) composizione ad anello all'opere imbelli dell'arse officine,vipveude la prima strofa 60v3[ai solchi bagnati di servo sudor. chia sao Siutattico ->inizio battaglia col novo signore rimane l'antico; l'un popolo e l'altro sul collo vi sta: Dividono i servi, dividon gli armenti; +wppe Formano si posano insieme sui campi cruenti [d'un volgo disperso che nome non ha. chi vincerc si mescolerc coi viuti -> dominierame assieme Il forte si mesce col vinto nemico, chiasmo Siutattico Sarcastica -> si sportivanno ie bottino ->wo libertà per i latiui UNA STORIA DI SERVITÙ Nelle tre strofe iniziali ▶STORIA LONGOBARDA E STORIA CONTEMPORA- (vv. 1-18) l'attenzione è concentrata sul volgo disperso dei NEA In tre punti del testo si può avvertire il sarcasmo Latini, un popolo senza unità politica. I Latini sono la popo- dell'autore: ai vv. 28-30 («<li vede, e rapito d'ignoto conten- lazione autoctona dell'Italia, erede della grande tradizione to, / con l'agile speme precorre l'evento, / e sogna la fine romana. Nello sguardo hanno qualche traccia della fierezza del duro servir »), in cui i Latini sognano di liberarsi dal gio- antica e della virtù degli antenati, ma agiscono con paura: go solo grazie all'intervento militare altrui; ai vv. 55-57, con vorrebbero raccogliersi in un unico organismo politico, per l'interrogativa retorica («<E il premio sperato, promesso a sfruttare lo scompiglio dei Longobardi, ma non hanno la quei forti, / sarebbe, o delusi, rivolger le sorti, / d'un volgo forza di realizzare le loro intenzioni. straniero por fine al dolor? »); al v. 58 (<< Tornate alle vostre superbe ruine>>). Le due strofe che formano la seconda parte (vv. 19-30) met- tono a fuoco il terrore dei Longobardi, su cui i Franchi inva- sori si gettano senza pietà. La fuga porta i Latini a sperare che la servitù stia per finire. La terza parte (vv. 31-54) si apre con un invito a riflettere sulle dure fatiche che i Franchi stanno patendo. Hanno la sciato le case e le spose, soffrono fame e freddo, rischiano la vita. E quale sarebbe il loro premio per essersi sottoposti a queste fatiche? Con questa domanda inizia l'ultima parte (vv. 55-66). Sono giunti in Italia per liberare i Latini? Ov- viamente no. I due popoli invasori trovano un accordo, si spartiscono la terra e i Latini tornano a essere un popolo senza unità, in balia degli occupanti. La vicenda bellica è descritta a tinte fosche. I Latini sono piegati e sconfitti; i Longobardi terrorizzati e in fuga. Ma anche per i Franchi non esiste alcuna gioia per la vittoria e per il bottino, tantomeno per la strage: sono sottoposti a durezze e sofferenze, che Manzoni descrive minutamente. Un simile coinvolgimento emotivo dell'autore non si spie- gherebbe se egli stesse trattando di una storia vecchia di mille anni. In realtà, Manzoni rivede nelle vicende dell'VIII secolo la condizione dell'Italia del XIX secolo: forza i limiti cronologici della vicenda e ne indirizza l'interpretazione verso l'attualità. Manzoni sta pensando agli italiani del pri- mo Ottocento: un volgo disperso, orgoglioso di un passato oramai remoto, desideroso di liberarsi dalla dominazione austriaca, senza il coraggio di combattere, in attesa che un popolo straniero - in particolare Napoleone e i francesi, di- scendenti dei Franchi - lo liberi. IL ROMANZO Lingue romanze = lingue neolatine Romance loqui - significa parlare in volgare -> Contrario - latine loqui Viene dalla zona della romanía Dall'antico francese -> Romance = volgare > testo qualsiasi > testo narrativo > testo narrativo in prosa (abbandona l'epica) Rivoluzione francese -> Combatte l'antico regime e quindi i valori antichi (nobiltà e i 3 stati) Sviluppo borghesia Rivoluzione industriale METRO E STILE Ogni scrittore ha il problema di organiz- zare il contenuto all'interno del contenitore formale che si è scelto: i capitoli di un romanzo, le strofe di una lirica. In questo coro, Manzoni evita di far coincidere gli snodi del contenuto il cambio d'argomento o di protagonista - con la fine delle strofe: evita, cioè, una suddivisione in blocchi. I Longobardi, a cui sono dedicate le strofe 4 e 5, vengono introdotti alla fine della terza. I Franchi, che hanno spazio nelle strofe 6-9, sono presenti nella quinta, insieme ai Latini. Fino al 600-700 i ragazzi per bene leggono epica -> La narrativa trasmette idee non buone, non vista di buon occhio Tra il '700 e '800 alcuni fattori favoriscono lo sviluppo e la diffusione del romanzo Contrariamente a questa "morbidezza" nei passaggi, i versi sono scanditi da forti accenti, da un ritmo monotono, mar- ziale, quasi privo di enjambements. Anche la sintassi è semplice, spesso dominata da paralle- lismi, sia nei complementi («Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti, / dai boschi, dall'arse fucine stridenti, / dai solchi bagnati di servo sudor »>, vv. 1-3) sia nelle proposizioni («<in- tende l'orecchio, solleva la testa », v. 5; «S'aduna voglioso, si sperde tremante», v. 13). Classe sociale che ha soldi perché li produce tramite il lavoro (nuovo sistema di produzione che permette una scalata sociale) › Gli stessi valori espressi dall'epica (difende religione e nobiltà) I valori dell'epica non sono più visti di buon occhio - si cerca altro Più persone si possono permettere un'istruzione, imparando a leggere e scrivere -> Nascita pubblico borghese Maggiore potere d'acquisto L'industria si sta sviluppando premendo sulla produzione seriale, ha l'obiettivo di produrre sempre di più - -> La borghesia chiede all'industria di produrre beni culturali -> Nascita dell'industria del libro In questo periodo il letterato comincia a farlo di mestiere - non è uno che può vivere di rendita, per vivere devono vendere libri (₂ Devono incontrare i gusti del pubblico - adeguazione della lingua, del genere e dell'argomento Nascita del romanzo a puntate - pubblicati come appendice dei giornali (la suspence dev'essere sempre alta) Il romanzo incontra ogni classe sociale e anche le donne (che leggono di più per il maggior tempo libero) ( Iniziano ad affermarsi scrittrici donne che rivendicano la loro indipendenza L'argomento dev'essere quotidiano - non di eroi, ma storie di ragazzi, uomini, in modo che la borghesia potesse riconoscersi Perché è destinato alla borghesia, un altro tema è la mobilità: i protagonisti sono in grado di raggiungere classi sociali migliori rispetto a dove sono partiti (nobiltà), non vi ho più bisogno di luoghi esotici o avvenimenti straordinari Tema della giovinezza - Bildungsroman, ovvero romanzo di formazione, tratta di ragazzini seguiti in tutta la loro crescita Stile e lingua adatta alla classe media - mescolanza di elementi spuri I PROMESSI SPOSI Romanzo storico -> Trama ambientata nella Lombardia del primo seicento REDAZIONI Tra il 24 aprile 1821 e il 17 settembre 1823 scrive il romanzo dal titolo "Fermo e Lucia" >Lo sottopone a una riscrittura molto estesa —> La trama resta la stessa Il titolo diventa "I promessi sposi" Il mondo costruito da Manzoni è sempre realistico, i personaggi non sono eroi o cavalieri ma gente del popolo, umili e incolti TEMI La prima edizione viene stampata a Milano da Vincenzo Ferrario, i tre volumi vengono messi in vendita nel giugno 1827 (“La ventisettana") Negli anni seguenti continua a lavorare al romanzo tramite una revisione linguistica - vuole riscriverlo nel fiorentino suo contemporaneo ( Era scritto nel toscano letterario (di Dante) L'ultima edizione ("La quarantana") viene pubblicata a fascicoli con le illustrazioni negli anni 1840-2 da una tipografia milanese Lo rende più compatto eliminando le pagine di taglio saggistico e riducendo alcuni episodi Cambia i nomi di alcuni personaggi Approfondisce i caratteri dei personaggi Attenua le atmosfere cupe e gotiche • La storia amorosa passa in secondo piano Parla di altri tipi di sentimenti come > L'affetto per il prossimo, anche quando è una canaglia > Dolcezza e virtù • Il rapporto con la storia è reso esplicito nell'introduzione attraverso l'espediente del “manoscritto ritrovato" > Veridicità storica ( • Forza dei potenti Indulgenza anche nei confronti dei peccatori più incalliti > Sacrificio di se stessi • Religione • L'esistenza umana nei momenti di crisi › Le norme del vivere civile sembrano essere sospese e annullate sia per la cattiva volontà degli uomini, sia per l'accanirsi del destino Manzoni si sarebbe limitato a riportare la storia raccontata in un manoscritto anonimo del seicento (modificando solo la lingua per rendere il romanzo più comprensibile) Don Rodrigo Azzeccagarbugli (forza nella cultura rispetto all'ignoranza di Renzo) 'Il potere laico diventa uno strumento di oppressione degli umili Sottotema della giustizia. —› Giudiziaria e umana —› Alla fine si sposano ma non grazie a ciò che loro fanno Neanche a livello umano c'è la possibilità di risolvere i problemi Gli organi di giustizia ci sono, ma non funzionano (corruzione e prevaricazione) Don Abbondio vs Fra Cristoforo Monaca di Monza vs Cardinal Borromeo Anche il potere religioso è corrotto da quello laico Ci sono alcuni personaggi positivi che si dedicano alla cura degli oppressi (fra Cristoforo e il cardinale Borromeo rappresentano la virtù cristiana) • Provvidenza -> Non c'è un intervento diretto (contrario di deus ex machina) →› Emerge tramite le circostanze storiche - idea che Dio accompagna la storia, che abbia in mano le sorti dell'umanità in modo generale ( Es. la peste e il contagio di don Rodrigo I progetti umani sono inconsistenti, fallimentari —› Pessimismo rispetto alla storia ( Non è una storia di riscatto → L'aver fede appare solo come una consolazione, il male accade nonostante la fede —> Lucia non viene preservata dall'essere oggetto di oppressione solo perché credente TRAMA Seconda sequenza: 11-13 novembre 1628 (capp. IX-XVII) Lucia e Agnese giungo- no al convento. Qui Lucia viene invitata a colloquio da una monaca, Gertrude. Di famiglia nobile, Gertrude è stata costretta dal padre a entrare in convento. Una volta vestito l'abito, però, ha stretto una relazione amorosa (e sessuale) con Egidio, un uomo senza scrupoli. Per coprire questo scandaloso segreto i due arrivano a uccidere una giovane monaca (capp. IX-X). Intanto, a Milano, Renzo, mentre cerca il conven- Prima sequenza: 7-10 novembre 1628 (capp. I-VIII) Due scagnozzi agli ordini di don Rodrigo intimano a don Abbondio, prete di un paesello di campagna nei pressi di Lecco, di non celebrare il matrimonio tra due suoi parrocchiani, Renzo e Lucia (cap. I). Il giorno seguente, don Abbondio accampa scuse con Renzo, ma il giovane riesce a carpirgli il nome di chi si oppone al matrimonio (cap. II). Su suggerimen- to di Agnese (la madre di Lucia), Renzo va a cercare aiuto presso un avvocato, il dottor Azzecca-garbugli, che, non appena sente il nome di don Rodrigo, lo scaccia to indicatogli da fra Cristoforo, si trova in mezzo a un tumulto popolare (cap. XI): (cap. III). Nel frattempo, Lucia manda a chiamare il suo confessore, padre Cristo- la carestia, di cui Manzoni analizza le concause economiche e politiche, ha generato foro, un uomo che, volendo espiare un omicidio compiuto da giovane per questioni un malcontento che esplode proprio l'11 novembre: la folla, dopo aver saccheggiato d'onore, si era fatto cappuccino (cap. IV). Renzo torna a casa di Lucia e vi incontra le botteghe dei panettieri, si dirige verso la casa del vicario di provvisione, l'uomo il frate, che promette di andare a parlare con don Rodrigo. Fra Cristoforo trova il politico incaricato di gestire l'afflusso delle derrate alimentari (cap. XII). Renzo si signorotto a tavola, intento a discutere di argomenti futili (cap. V). Il colloquio tra unisce alla massa pronta a linciare il vicario. Questi viene salvato all'ultimo istante i due ha un esito negativo. Nel frattempo, Agnese suggerisce a Renzo e a Lucia di da Ferrer, il governatore spagnolo che gode della ingiustificata fiducia del popolo sorprendere don Abbondio recitando la formula matrimoniale dinnanzi a lui e a due (cap. XIII). Renzo, eccitato dagli avvenimenti, arringa un piccolo gruppo di persone testimoni: il matrimonio sarebbe valido nonostante la contrarietà del prete. Renzo va lamentando le ingiustizie e i soprusi dei potenti; poi va in un'osteria per cenare. Un a cercare i testimoni (cap. VI). Fra Cristoforo comunica alle due donne il fallimento poliziotto in borghese, che ne ha ascoltato i discorsi, lo induce a parlare facendolo della sua missione: Lucia acconsente al sotterfugio. Intanto, gli sgherri di don Ro- bere (cap. XIV). La mattina dopo, Renzo viene sorpreso a letto e arrestato come uno dei drigo si aggirano nei pressi della casa di Lucia per organizzarne il rapimento. I due capi del tumulto popolare. Mentre viene condotto in carcere, riesce a liberarsi grazie alla giovani, i testimoni e Agnese vanno a casa di don Abbondio per realizzare il matri- folla che è ancora in agitazione (cap. XV). Decide dunque di fuggire da Milano e di ri- monio a sorpresa (cap. VII). I due piani - il rapimento e il matrimonio - scattano fugiarsi presso un cugino, nel Bergamasco (cap. XVI). Dopo una giornata di cammino, in contemporanea, ma vanno a vuoto: don Abbondio riesce a interrompere la formu- giunge sulla sponda dell'Adda, che segna il confine del territorio di Milano. Trascorsa la matrimoniale e gli sgherri non trovano Lucia in casa. È una baraonda generale: il la notte in una capanna, riesce ad attraversare il fiume e a giungere dal cugino, che lo campanaro, udite le urla del prete, suona l'allarme; i paesani accorrono intorno alla accoglie con benevolenza (cap. XVII). casa del prete; Renzo, Lucia e Agnese, avvertiti della presenza dei rapitori, fuggono verso il convento di padre Cristoforo a Pescarenico. Il frate, compresa la gravità della situazione, manda Renzo a cercare asilo in un convento di cappuccini di Milano, e Lucia e Agnese a Monza, presso un convento di monache (cap. VIII). Terza sequenza: 13 novembre 1628 - febbraio 1629 (capp. XVIII-XXVII) Don Ro- Quarta sequenza: marzo 1629 - ottobre 1631 (capp. XXVIII-XXXVIII) Dopo l'assalto drigo, saputo che Lucia è a Monza, decide di cercare aiuto per raggiungere un duplice ai forni, la carestia non cessa e la povertà cresce sempre di più. Il passaggio dell'esercito obiettivo: rapire Lucia e allontanare dalla zona fra Cristoforo, che aveva contribuito a tedesco, intento al saccheggio delle campagne, porta con sé il virus della peste: il conta- sventare i suoi piani (cap. XVIII). Lo zio di don Rodrigo (il cosiddetto «conte-zio»), gio si diffonde con rapidità. Il lazzaretto di Milano, in cui erano stati riuniti gli accattoni in un colloquio con il padre provinciale dei cappuccini, ottiene che fra Cristoforo se per meglio soccorrerli, si trasforma in un luogo di raccolta dei malati (cap. XXVIII). Don ne vada dal convento di Pescarenico. Don Rodrigo va a trovare un potente fuorilegge, Abbondio e la sua governante Perpetua cercano di scampare al passaggio dei lanziche- l'Innominato, che gode di un'immunità tale da poter compiere misfatti anche a Monza necchi rifugiandosi nel castello dell'Innominato, che dopo la sua conversione si dedica (cap. XIX). L'Innominato si assume l'incarico di rapire Lucia: se ne pente subito, ma a opere di bene (cap. XXIX). Vi si fermano quasi un mese e, al ritorno al loro paese, lo alla fine dà ordini in tal senso. Con la complicità di Gertrude, Lucia viene quindi pre- levata e portata al castello dell'Innominato (cap. XX). L'Innominato va a vedere la gio- trovano devastato: molti loro averi sono stati rubati (cap. XXX). La peste si diffonde e vane, che lo turba con la sua debolezza, le sue preghiere e le sue parole sul perdono di tutti i rimedi che vengono escogitati si rivelano inutili (cap. XXXI). Si scatena la caccia Dio. Durante la notte, l'Innominato ripensa con orrore al suo passato e si pente; Lucia agli untori, cioè a coloro che si crede, fuorviati dalla paura - diffondono il contagio fa voto di verginità alla Madonna, chiedendole di essere liberata (cap. XXI). La mattina volontariamente. Una processione religiosa, che ha lo scopo di invocare l'aiuto di Dio, seguente, l'Innominato decide di andare a conoscere il cardinale Federigo Borromeo, sortisce l'effetto opposto: la diffusione della peste aumenta (cap. XXXII). Don Rodrigo, che si trova in visita pastorale nei dintorni (cap. XXII). Con umiltà e comprensione, il colpito dalla malattia, viene venduto dal Griso (il capo dei suoi sgherri) ai monatti, i figuri cardinale accoglie la conversione dell'Innominato. I due mandano don Abbondio al ca- che raccolgono i cadaveri talvolta derubandoli degli ultimi averi. Renzo ha contratto la pe- stello per liberare Lucia (cap. XXIII). Lucia viene accompagnata nella casa di un sarto, ste, ma ne è guarito ed è dunque immunizzato. Torna al paese e incontra don Abbondio: dove il cardinale si reca in visita. Agnese, che arrivando incontra don Abbondio, rivede ricevute notizie di Lucia, va a cercarla a Milano (cap. XXXIII). Entra in città e bussa alla la figlia. L'Innominato dichiara ai suoi accoliti di voler cambiare vita e li lascia liberi porta di donna Prassede: gli rispondono che Lucia è al lazzaretto. Viene scambiato per di decidere il loro futuro: o si convertono o si allontanano dal castello (cap. XXIV). un untore, ma scappa dalla folla inferocita saltando sul carro dei monatti (cap. XXXIV). Il cardinale giunge al paese di Lucia: don Rodrigo, per evitare di doverlo omaggiare Al lazzaretto, Renzo incontra fra Cristoforo, che si prodiga per i malati, nonostante sia come il suo rango richiederebbe, preferisce scappare a Milano. Borromeo affida Lucia a donna Prassede, una nobile dei dintorni, e inizia a rimproverare con durezza don anch'egli colpito dal morbo. Il frate gli mostra don Rodrigo morente e spinge il giovane, Abbondio per essere venuto meno ai suoi doveri sacerdotali (cap. XXV). Alla fine del ancora carico di sentimenti di vendetta, a perdonare e a pregare per la salvezza di chi colloquio, don Abbondio sembra capire il suo errore. L'Innominato invia denaro al gli ha rovinato la vita (cap. XXXV). Renzo incontra Lucia, che gli rivela di aver fatto un Cardinale come risarcimento per i misfatti commessi contro Lucia. Renzo è ricercato voto di castità: i due cercano fra Cristoforo, che scioglie il voto (cap. XXXVI). Un violento dalla giustizia, ma riesce a sfuggire ai controlli usando il falso nome di Antonio Rivolta temporale favorisce la scomparsa della peste. Renzo rintraccia Agnese e torna dal cugino: (cap. XXVI). Renzo e Agnese riescono a stabilire un contatto epistolare grazie a inter- anche se la giustizia non lo cerca più, decide di trasferirsi nel Bergamasco. Lucia viene a mediari che scrivono e leggono le lettere al posto loro (i due sono infatti analfabeti). sapere che Gertrude si è convertita a una vita degna dell'abito che porta; donna Prassede Lucia vive con donna Prassede e il marito don Ferrante; la biblioteca di quest'ultimo dà e don Ferrante sono morti (cap. XXXVII). Don Abbondio apprende la notizia della morte a Manzoni l'occasione di tracciare un memorabile (e divertentissimo) quadro del suo di don Rodrigo e solo allora si convince a celebrare le nozze tra Renzo e Lucia. Nel paese universo culturale (cap. XXVII). in cui Renzo, Lucia e Agnese si trasferiscono nasce qualche dissapore tra gli abitanti e i nuovi arrivati: i tre colgono allora un'occasione lavorativa offerta a Renzo e traslocano in un paese vicino, dove iniziano a condurre una vita felice (cap. XXXVIII). T 22b Renzo e Lucia: finalmente sposi felici? da I promessi sposi (edizione 1840), capitolo 38 Sicuramente provavouo dolove a lasciare il loro luogo, ma qui i vicovdi ашалі амалсмо дuastato i rapporti con quel posto →i momenti brutti voviuauo i luoghi che ce li vicovdauo la storia non ha un completo lieto five -> a Bergamo givano voci su Chi domandasse se non ci fu anche del dolore in distaccarsi dal paese nativo, da quelle montagne; ce ne fu sicuro: ché del dolore, ce n'è, sto per dire, un po' per tutto. Bisogna però che non fosse molto forte, giacché avrebbero potuto risparmiarselo, stando a casa loro [...]. Del resto, avevan tutti passato de' momenti ben amari in 5 quello a cui voltavan le spalle¹; e le memorie triste, alla lunga guastan sempre nella mente i luoghi che le richiamano². E se que'luoghi son quelli dove siam nati, c'è forse in tali memorie qualcosa di più aspro e pungente. una contadina ->Reu2 se la preude e comincia a trattar cuale tutti Renzo e suo cugino compramo un filatoio in un altro paese ->wonostante la brutta Lucia e la sua poca bellezza Tutto bene, allora? No. In questo nuovo paese sorgono subito dei problemi: <<Cosa direte ora, 's coufroutata cou sentendo che, appena arrivati e accomodati nel nuovo paese, Renzo ci trovò de' disgusti [fa- stidi, problemi] bell'e preparati? Miserie; ma ci vuol così poco a disturbare uno stato felice!>>. Negli anni precedenti, i paesani hanno sentito parlare tanto di Lucia, e questi discorsi hanno creato delle aspettative su di lei. Credevano fosse una gran bellezza, e invece si trovano da- vanti << una contadina come tant'altre», e commentano: «di queste e delle meglio, ce n'è per tutto». Nessuno lo dice in faccia a Renzo, ma le voci girano e alla fine gli vengono riportate. Renzo, che ha sempre un carattere irritabile, se la prende: « E vedete un poco come alle volte una corbelleria [sciocchezza] basta a decidere dello stato d'un uomo per tutta la vita». Renzo inizia a trattare male tutti, «perché ognuno poteva essere uno de' critici di Lucia >>: e in poco tempo «si sarebbe trovato, per dir così, in guerra con quasi tutta la popolazione >>. <<Ma si direbbe che la peste avesse preso l'impegno di raccomodar tutte le malefatte» di Renzo, scrive Manzoni. In un paese vicino, infatti, il padrone di un filatoio era morto, e l'erede aveva deciso di vendere. Bortolo e Renzo comprano l'opificio e Renzo trasferisce tutta la fami- glia. In questo paese, Lucia è finalmente apprezzata, con soddisfazione del marito. esperienza precedente, Reuz impara a pensare Prima all'effetto che avrebbero avuto le sue azioni IO Nei capitoli XXXVII e XXXVIII, Manzoni non vuole soltanto sistemare il destino dei suoi personaggi minori o collaterali: vuole anche raccontare ciò che capita a Renzo e Lucia una volta terminate le loro avventure. espedieute uarrativo del manoscritto del '600 che Hauzoui avrebbe ritrovato 15 Dopo essersi finalmente sposati, i due decidono di lasciare il loro paese per andare nel Bergamasco, dove Renzo si era rifugiato dopo aver lasciato il paese natale. 20 walato. Non crediate però che non ci fosse qualche fastidiuccio anche lì. L'uomo (dice il nostro anonimo: e già sapete per prova che aveva un gusto un po' strano in fatto di similitudini; ma passategli anche questa, che avrebbe a esser l'ultima), l'uomo, fin che sta in questo mondo, è un infermo che si trova sur un letto scomodo più o meno, e vede intorno a sé altri letti, ben rifatti al di fuori, piani, a livello": e si figura che ci si deve star benone. Ma se gli riesce di cambiare, appena s'è accomodato nel nuovo5, comincia, pigiando, a sentire qui una lisca che lo punge, lì un bernoccolo' che lo preme: siamo in somma, a un di presso, alla storia di prima. E per questo, soggiunge l'anonimo, si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio. È tiratas un po' con gli argani, e proprio da secentista; ma in fondo ha ragione. Per altro, prosegue, dolori e imbrogli della qualità e della forza di quelli che abbiam raccontati, non ce ne furon più per la nostra buona gente: fu, da 25 quel punto in poi, una vita delle più tranquille, delle più felici, delle più invidiabili; di maniera che, se ve l'avessi a raccontare, vi seccherebbe⁹ a morte. l'vou e costantemente in felice, insoddisfatto E anche del dispiacere che [Renzo] aveva provato nell'altro paese, gli restò un utile ammaestramento. Prima d'allora era stato un po' lesto nel sentenziare³, e si lasciava andar volentieri a criticar la donna d'altri, e ogni cosa. Allora s'accorse che le parole fanno un effetto in bocca, e un altro negli orecchi; e prese un po' più d'abitudine d'ascoltar di dentro le sue, prima di proferirle. Da quest'ultima sua esperienza Renzo impara a non trinciare giudizi e a essere più ac- corto. Anche nel nuovo paese, tuttavia, non mancano fastidi, ma l'essere umano - scrive Manzoni attraverso la finzione del manoscritto - non riesce mai a trovare una pace com- pleta. Pensa sempre che si possa stare meglio e che, di fatto, gli altri (o almeno alcuni altri) 30 non parlar Prima che finisse l'anno del matrimonio, venne alla luce una bella creatura; e, come se fosse fatto apposta per dar subito opportunità a Renzo d'adempire quella sua ma- alegnanima promessa ¹0, fu una bambina; e potete credere che le fu messo nome Maria. Ne vennero poi col tempo non so quant'altri, dell'uno e dell'altro sesso: e Agnese affaccendata a portarli in qua e in là, l'uno dopo l'altro, chiamandoli cattivacci, e stampando loro in viso de' bacioni, che ci lasciavano il bianco per qualche tempo. E furon tutti ben inclinati"; e Renzo volle che imparassero tutti a leggere e scrivere, di- cendo che, giacché la c'era questa birberia, dovevano almeno profittarne anche loro.. Il bello era a sentirlo raccontare le sue avventure: e finiva sempre col dire le gran cose che ci aveva imparate, per governarsi meglio in avvenire. «Ho imparato, - dice- va, - a non mettermi ne' tumulti: ho imparato a non predicare in piazza: ho imparato a guardare con chi parlo: ho imparato a non alzar troppo il gomito: ho imparato a non tenere in mano il martello delle porte ¹3, quando c'è lì d'intorno gente che ha la testa calda: ho imparato a non attaccarmi un campanello al piede, prima d'aver pen- sato quel che possa nascere». E cent'altre cose. Reuzo accusato di essere appestato Lucia però, non che trovasse la dottrina falsa in sé, ma non n'era soddisfatta; le pareva, così in confuso ¹4, che ci mancasse qualcosa. A forza di sentir ripetere la stessa canzone, e di pensarci sopra ogni volta, «e io,» disse un giorno al suo moralista¹5, «cosa volete che abbia imparato? Io non sono andata a cercare i guai: son loro che sono venuti a cercar me. Quando non voleste dire,» aggiunse, soavemente sorriden- do, «che il mio sproposito sia stato quello di volervi bene, e di promettermi a voi>>. Renzo, alla prima, rimase impicciato ¹6. Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione ¹7; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando ven- gono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per -> la fede serve a consolave, una vita migliore. Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c'è parsa così wou a evitare le sventure giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo ¹8 di tutta la storia. beue 18 (wou sufficiente) 55 La quale, se non v'è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l'ha scritta¹9, e anche un pochino a chi l'ha raccomodata20. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s'è fatto apposta. Bivberia: imparare a leggere e 35 scrivere definita cosi perché Reuz era stato ingamato più volte 40 dall'istruzione Lucia e' stata colpita 45 dal male anche se non aveva fatto uulla siano in una condizione migliore della sua. Nonostante questa insoddisfazione di fondo e alcuni affanni, Renzo e Lucia hanno una vita felice, allietata da molti bambini. I promessi sposi finiscono così. -> le disavventure arrivano se te le vai a cercare e non sono evitabili comportandosi 50 IL PANE DEL PERDON Fra Cristoforo si preoccupa del- la vita matrimoniale che Renzo e Lucia stanno per iniziare. Li avvisa che i coniugi sono due compagni di viaggio, ma il viag- gio terminerà con un gran dolore: uno dei due morirà prima dell'altro. Non è dunque la vita terrena che loro devono avere in mente, ma quella ultraterrena. IMPARARE DALL'ESPERIENZA Si impara qualcosa dalla vita? Renzo ha imparato che alcuni comportamenti vanno evi- tati, ha imparato cioè che cosa non fare (l'avverbio non è ripetu- to in cinque insegnamenti su sei). Come chi, di fronte a un bivio, sbagli strada e, di conseguenza, impari che l'altra è quella giusta, Renzo ha capito come comportarsi almeno in alcune partico- Il frate ribadisce a Renzo e a Lucia l'insegnamento del Van- lari situazioni. Queste sono le parole che più esplicitamente gelo: gli uomini devono amarsi e perdonarsi. Come nell'ul- certificano la crescita intellettuale e morale di Renzo attraverso tima cena di Cristo (e poi nella messa), il pane si carica di le vicende che gli sono capitate: a esse si fa riferimento quando un significato spirituale. Cristoforo, appena vestito l'abito dei cappuccini, aveva chiesto e ottenuto un pane dalla famiglia di colui che aveva ucciso in un duello insensato («si degni di farmi portare un pane, perché io possa dire d'aver goduto la sua carità, d'aver mangiato il suo pane, e avuto un segno del suo perdono»>, T17, rr. 63-65). Il frate consegna ai giovani una parte di quel pane del perdono come un padre lascia un'eredità ai figli, o come un sacerdote che comunica i fedeli. si parla di Bildungsroman ("romanzo di formazione") di Renzo. Lucia è insoddisfatta: sono insegnamenti giusti, ma limitati alla pratica e lontani da quella prospettiva spirituale che lei sente, seppure in confuso, come esigenza. I due sposi riflet- tono ancora e traggono una conclusione più articolata, che Manzoni propone come succo della storia. La vita è piena di guai: ci piombano addosso sia che agiamo in modo sconsi- derato o avventato (come ha fatto Renzo) sia che ci com- portiamo con cautela e intelligenza. La sola cosa che l'uomo può fare è avere fede in Dio: se l'uomo crede che i guai siano prove che Dio ci sottopone in vista della vita eterna, allora riesce a sopportarli con pazienza e rassegnazione. Era necessaria la gran macchina del romanzo per arrivare a questa conclusione? La fatica, la pazienza, l'attenzione richieste allo scrittore e al lettore sono adeguate a questa conclusione? È da credere che la sproporzione tra il sugo e la storia fosse ben evidente anche a Manzoni. Che cosa dobbiamo pensare? Forse Manzoni vuole dire che tanto le avventure eccezionali quanto le vicende consuete portano allo stesso insegnamento e alla stessa verità. Ed è una verità semplice, a cui arrivano autonomamente anche i "semplici" come Renzo e Lucia: è la verità del Vangelo, un libro per tut- ti, che tutti possono leggere o ascoltare.

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Alessandro Manzoni

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Alice Carniel

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 Alessandro Manzoni
VITA
Nasce a Milano nel 1785 in un ambiente prettamente illuminista
Figlio di Giulia Beccaria, la figlia di Cesare -> Au

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vita, opere (Lettre a mons Chaveut, Sul romanticismo, 5 maggio, Conte di Carmagnola, Adelchi, I promessi sposi) e analisi dei testi (Sul romanticismo, 5 maggio, coro del terzo atto dell’Adelchi, il 38esimo capitolo de I promessi sposi)

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I promessi sposi

Riassunti capitolo 1 - capitolo 26

Alessandro Manzoni VITA Nasce a Milano nel 1785 in un ambiente prettamente illuminista Figlio di Giulia Beccaria, la figlia di Cesare -> Autore importante dell'illuminismo che scrisse 'Dei delitti e delle pene' Sposata con Pietro Manzoni, un conte più grande di lei di 26 anni Giulia stava, però, con Giovanni Verri, un esponente del caffè Ci starà dai 6 ai 16 anni Alessandro passa la sua giovinezza in più collegi ( Oltre alla differenza di età, hanno anche idee molto diverse: Pietro vuole la monarchia, mentre Giulia frequentando il caffè sente aria di rivoluzione ed è contraria Il loro matrimonio termina un anno dopo la nascita di Alessandro Gli danno una formazione religiosa Gli permettono numerosi contatti con personalità importanti come Vincenzo Monti (aveva effettuato la prima traduzione dell'Illiade) e Ugo Foscolo La madre va a convivere a Parigi con il nobile milanese Carlo Imbonati > Il suo precettore (maestro) fu Parini ( Alla sua morte, Alessandro scrisse un poemetto in suo onore: 'Carme in morte di Carlo Imbonati' Anche Manzoni frequenta gli ambienti parigini -> Immersione nell'ambiente illuminista Fede e ragione sono due concetti distinti Incontra letterati, filosofi e scienziati Claude Fauriel - letterato che gli farà nascere l'interesse per la filosofia e per la critica letteraria Alessandro gli indirizza una lettera su come si debba fare letteratura Alessandro incontra Enrichetta Blondel,...

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Didascalia alternativa:

una calvinista svizzera, che diventerà la sua amante e futura moglie In seguito al matrimonio Alessandro si converte al cattolicesimo 1810 - si trasferiscono a Milano e lui cambia tipo di produzione letteraria 1821 - inizio dei moti insurrezionali in Italia influenzati dalle idee del romanticismo - risorgimento italiano -> Prima era interessato alla critica letteraria, ora inizia a scrivere letteratura e comincia a farsi influenzare dall'aria di romanticismo Scrive Inni sacri, fa un progetto di componimenti poetici che dovrebbero servire per la liturgia delle feste religiose, e scrive tragedie > Patriottismo, attenzione al particolare al posto dell'universale, la nazione, lo spirito del popolo (volkgeist) Scrive delle odi quali 'Marzo 1821' e Maggio' Scrive un romanzo: 'I promessi sposi' -> 3 fasi redazionali - 1821/3 'Fermo e Lucia' Muore il 22 maggio 1873 -> 1827 'I promessi sposi' (la ventisettana) 1840 'I promessi sposi' Idea che possa esistere un'Italia unificata, una lingua italiana -> Qual è la lingua italiana? 1785-1873 Manzoni si reca a Firenze a scopo di revisione linguistica -> Vuole riscrivere 'I promessi sposi' nella lingua di Dante ļ Entra in contatto con il gabinetto Vissieux - un gruppo di letterati Ma il toscano del 1830 non è la lingua di Dante —› La letteratura si rifà a Dante, ma Manzoni si rifà al toscano contemporaneo qui conosce Caponi e Pietro Giordani, degli amici di Giacomo Leopardi Manzoni sarà nominato Senatore del regno d'Italia neo-nato —› I suoi ultimi impegni saranno relativi alla riunificazione, anche linguistica, dell'Italia In suo onore Giuseppe Verdi compone la messa da requiem (brani musicali) CHE COSE LA LETTERATURA? Manzoni risponde in due occasioni T 10 i culti pagani adovano e vispettano le cose tereve come passioni, Piacevi come fossero un fine l'effetto della mitologia é di viportare chi la legge a quelle idee e chi ue scrive le promove e le Sostiene 5 • Lettre a mons chaveut - tragediografia • A Carlo d'Azeglio - lettera sul romanticismo -> Privata, non pensata per la pubblicazione -> 1823 - Carlo aveva ripubblicato l'inno sacro di Manzoni "la Pentecoste"> Manzoni risponde con questa lettera > 1846 - la lettera viene resa pubblica senza l'autorizzazione di Manzoni -> Esce come era stata scritta in prima battuta IO 1870 - Manzoni fa uscire l'edizione rivista della lettera ->Composta da due parti Destruens - dice cosa secondo lui non è la letteratura e cosa non è il romanticismo •Construens - dà la sua idea —> La letteratura secondo Manzoni è utile, riguarda la verità e genera interesse Sul Romanticismo da Sul Romanticismo, lettera del 22 settembre 1823 a Cesare d'Azeglio Nel luglio del 1823, il marchese Cesare d'Azeglio ripubblica La Pentecoste sulla rivista << Amico d'Italia» e invia il fascicolo a Manzoni. Nella missiva di accompagnamento, d'Azeglio accenna al fatto che Manzoni ha giocato un ruolo importante «nella gran lite coi classici», cioè nel dibattito sul Romanticismo innescato dal celebre articolo di Madame de Staël, Sulla maniera e l'utilità delle traduzioni, nel quale la scrittrice francese aveva esortato i letterati italiani ad abbandonare i temi mitologici e a «tradurre diligentemente assai delle recenti poesie inglesi e tedesche»: e insomma a rinnovarsi e a sprovincializzarsi. Nel ringraziarlo, Manzoni prende spunto da queste poche parole e dichiara le sue teorie sul Romanticismo. La ragione per la quale principalmente io ritengo detestabile l'uso della mitologia, e utile quel sistema¹ che tende ad escluderla, non la direi certamente a chichessia², per non provocare delle risa che precederebbero e impedirebbero ogni spiegazione; ma non lascerò³ di sottoporla a Lei, che, se la trovasse insussistente", saprebbe addirizzarmis senza ridere. Tale ragione per me è che l'uso della favola è vera idolatria. Ella sa molto meglio di me che questa' non consisteva soltanto nella credenza di alcuni fatti naturali o soprannaturali; i fatti non ne erano che la parte storica; ma la parte morale, e molto della parte dogmatica (se mi è lecito applicare ad un tal caso una parola associata alle idee più sante), questa parte tanto essenziale era fondata nell'amore, nel rispetto, nel desiderio delle cose terrene, delle passioni, de' piaceri, portato fino all'adorazione, nella fede in quelle cose come se fossero il fine, come se potessero dare la felicità, salvare ¹0. L'idolatria in questo senso può sussistere anche senza la credenza alla parte storica, senza il culto; può sussistere pur troppo anche negli intelletti persuasi della vera Fede¹¹ [...]. L'effetto generale della mitologia ¹2 non può essere che di trasportarci alle idee di 15 que' tempi in cui il Maestro ¹3 non era venuto, di quegli uomini che non ne avevano la predizione ¹4 e il desiderio, di farci parlar tuttavia come se Egli non avesse insegnato¹5, La lettera non è destinata alla pubblicazione e, infatti, rimane privata fino al 1846, quando viene stampata a Parigi, contro la volontà dell'autore. Manzoni la ristamperà nel 1870 con alcune modifiche, ma qui riproponiamo il testo che fu effettivamente inviato a d'Azeglio. Nel seguente brano Manzoni tocca due problemi per lui cruciali. Da un lato spiega perché ha sempre lottato contro l'uso, da parte dei letterati moderni, della mitologia classica; e dall'altro argomenta le sue idee su "che cos'è" e (soprattutto) "che cosa deve essere" la let- teratura, idee che si riassumono in una frase diventata celebre: la letteratura deve << proporsi l'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo >>. di mantenere i simboli, le espressioni, le formule dei sentimenti che Egli ha inteso distruggere; di farci lasciar da canto¹7 i giudizii ch'Egli ci ha dati delle cose, il linguag- gio che è la vera espressione di quei giudizii, per ritenere le idee e i giudizii del mondo pagano. Né può dirsi che il linguaggio mitologico, adoperato come è nella poesia, sia indifferente alle idee, e non si trasfonda in quelle che l'intelletto tiene risolutamente e avvertitamente ¹8. E perché dunque si farebbe uso di quel linguaggio, se non fosse per affezione ¹⁹ a ciò che esso esprime? se non fosse per produrre un assentimento, una Vie solo unen nicchia di persone simpatia20? A che altro fine si scrive e si parla? E volendo pure ammettere che quel argomenti perché li ha 25 linguaggio sia indifferente, senza effetto, che fare allora del grande argomento dei studiati a scuola (illiadelodissea) propugnatori21 della mitologia, che la vogliono appunto per l'effetto che essa può fare? che puo apprezzare certi Sia dunque benedetta la guerra che le si è fatta e che le si fa [...]. la letteratura deve avere una morale e trattare della verità (you come Aviasto o Tasso che per un insegnamento 20 Parlano di cose fantastiche) -> Mauzoui cerca degli argomenti che siano Mi limiterò ad esporle quello che a me sembra il principio generale a cui si possano accessibil: a tulti (borglesi) ridurre tutti i sentimenti particolari sul positivo romantico22. Il principio, di necessità -> quotidianità 30 tanto più indeterminato quanto più esteso, mi sembra poter esser questo: che la poesia, e la letteratura in genere debba proporsi l'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo. Debba per conseguenza scegliere gli argomenti pei quali la massa dei lettori ha o avrà, a misura che diverrà più colta, una disposizione di curiosità e di affezione, nata da rapporti reali, a preferenza degli argomenti, pei quali una classe sola di lettori ha una affezione nata da abitudini scolastiche, e la moltitudine una ri- verenza non sentita né ragionata, ma ricevuta ciecamente23. E che in ogni argomento debba cercare di scoprire e di esprimere il vero storico e il vero morale²4, non solo come fine, ma come più ampia e perpetua sorgente del bello25: giacché e nell'uno e -> cio' che stimola l'intelletto nell'altro ordine di cose, il falso può bensì dilettare, ma questo diletto, questo interesse Piace sempre i letton devous esseve istiti dalla lettura vero storico e vero morale la realtà e la vera foute 35 di bellezza -> cio' che e fantastico picace solo fino a quando non si torna alla realtà 40 più' cose vere si Samo, più si piacere a vaggiungere la verità letteratura e poesia puntano a questo 45 è distrutto dalla cognizione del vero²6; è quindi temporario e accidentale²7. Il diletto mentale non è prodotto che dall'assentimento²8 ad una idea; l'interesse, dalla speranza di trovare in quella idea, contemplandola, altri punti di assentimento, e di riposo: ora quando un nuovo e vivo lume ci fa scoprire in quella idea il falso, e quindi l'impossi- bilità che la mente vi riposi e vi si compiaccia, vi faccia scoperte, il diletto e l'interesse spariscono. Ma il vero storico e il vero morale generano pure un diletto, e questo diletto è tanto più vivo e tanto più stabile, quanto più la mente che gusta è avanzata nella cognizione del vero29: questo diletto adunque debbe la poesia e la letteratura proporsi ³0 di far nascere. PARS DESTRUENS: IL RIFIUTO DELLA MITOLOGIA Nelle posizioni del Romanticismo Manzoni distingue una pars destruens, ovvero gli argomenti volti a combattere le idee degli avversari, e una pars construens, ovvero gli argo- menti che invece propongono idee nuove e costruttive. La prima parte del testo (rr. 1-27) riguarda la pars destruens. La mitologia è stata uno dei punti di scontro tra classicisti e romantici: i primi ne approvavano l'uso, i secondi lo rifiu- tavano. La posizione di Manzoni è basata sulle proprie con- vinzioni religiose. Ogni altra considerazione, che possa essere fatta in merito, è per lui di rango inferiore e, anzi, superflua. La mitologia è una delle espressioni della religione pagana. Continuare a usare la mitologia significa favorire la diffusione non certo della religione pagana, ma della visione del mon- do che avevano i pagani. Il linguaggio mitologico non può essere considerato un insieme di parole vuote: esso veicola delle idee. Attraverso questo linguaggio si esalta, quindi, il desiderio delle cose, delle passioni, degli amori terreni. Dopo gli insegnamenti di Cristo, tutto ciò non è più possibile: come si sono rifiutate le forme esterne del paganesimo, così biso- gna allontanare quel linguaggio che è intriso di paganesimo. PARS CONSTRUENS: L'UTILE, IL VERO E L'INTERES- SANTE Nella seconda parte del testo (rr. 28-48) Manzoni dichiara alcuni principi a cui la letteratura si dovrebbe attene- re. È diventata famosa l'espressione «l'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo» (rr. 31-32). Il poeta latino Orazio (I secolo a.C.) aveva proposto per primo una mescolanza di utile e di piacevole («<miscere utile dulci»; leggi miscére). Da allora in poi, nel corso dei secoli, queste parole sono state al centro della riflessione sulla letteratura: alcuni hanno messo l'accento sul primo termine, altri sul secondo, ma il recinto in cui si muovevano le teorie letterarie era lo stesso. Manzoni riprende solo in parte la coppia di concetti oraziani: il dulce oraziano diventa l'interessante in Manzoni. È vero che ciò che è interessante è piacevole, ma è una pia- cevolezza solo dell'intelletto e non dei sensi o dell'immagi- nazione. Per esempio, i versi che raccontano di Rinaldo nel giardino di Armida nella Gerusalemme liberata di Torquato Tasso (1544-1595) o degli amori di Adone e Venere nell'Ado- ne di Giovan Battista Marino (1569-1625) possono rientrare nel dulce oraziano, non nell'interessante manzoniano. A questi due elementi Manzoni aggiunge il vero: dal punto di vista grammaticale è, al pari di utile e interessante, l'equi- valente del genere neutro latino, e va inteso come "ciò che è vero", "le cose vere". Manzoni chiede dunque allo scrittore di restare aderente ai fatti così come la storia li tramanda (« il vero per soggetto »), ma di narrare questi fatti in modo che chi legge impari qualcosa di moralmente utile («<l'utile per iscopo »>) e di concentrarsi soprattutto su quei temi che possono essere attuali e vivi per i lettori contemporanei («<l'interessante per mezzo >>). LA RICERCA DEL BELLO Gli scrittori devono dunque scegliere argomenti che attraggano la massa dei lettori. Va notata l'attenzione verso un pubblico vastissimo: è un'at- tenzione che unisce l'interesse per il popolo, tipico del Ro- manticismo, a quello cristiano per gli umili, che vanno con- fortati, guidati e convertiti. Ogni volta che qualche artista si riferisce a un pubblico vasto, la prima obiezione che gli può essere fatta è questa: la massa ha interessi rozzi e non ha un gusto educato. Manzoni previene l'obiezione e cerca di ribatterla spostando il problema nel futuro: lo scrittore deve interpretare i gusti che la massa avrà man mano che diventerà più colta (la posizione presterebbe il fianco a ul- teriori critiche: in che modo diventerà più colta? quando?). Vengono così eliminati tutti quei soggetti classici e mitolo- gici che piacciono solo a un'élite di lettori, quelli che hanno fatto buone scuole. Gli altri lettori provano soggezione, ma anche disinteresse e antipatia, verso di essi. In ogni argo- mento lo scrittore deve cercare quanto è vero dal punto di vista storico e dal punto di vista morale: solo da questo tipo di vero nasce, infatti, la bellezza. Ciò che è falso può dare piacere e interesse, ma non appena il lettore scopre che l'argomento è falso, il piacere e l'interesse vengono meno. Il «<diletto mentale»> (si noti l'aggettivo) si produce quando un'idea ci convince: ma quando scopriamo che questa idea ha in sé del falso, il diletto sparisce. « Il vero storico e il vero morale»>, invece, danno un diletto tanto più vivo quanto più aumenta la conoscenza del vero. Perciò, è questo il vero che lo scrittore deve perseguire. LE ODI Struttura metrica • Numero variabile di strofe • Senza endecasillabi Versi più brevi Nascono in Grecia Pindaro ne è un esponente Orazio e Catullo ne sono degli autori latini In Italia vengono usate dal '500 Recupero dei classici Grande fortuna dal '700 (es. Parini) - Argomento impegnato: temi politici, civili e morali Carattere celebrativo - al tempo non aveva questo carattere, ora consideriamo ode un sinonimo di lode L'ambiente illuminista gli dà una visione del mondo - etica pragmatica Scopo della letteratura dev'essere morale -> Necessità di rispondere con la letteratura a esigenze reali - Non elitaria, non solo a quelli che hanno potuto studiare - grazie al cristianesimo perché è una religione per tutti che predica l'uguaglianza, la fratellanza Il pubblico è tutto il popolo, è vasto Come raggiunge questa vastità? Grazie alla lingua, ai contenuti e ai generi letterari Raffina le sue scelte - dagli inni, alle odi, alla tragedia, al romanzo Solo i Borghesi andavano a teatro, solo chi può permetterselo ci va È fatta per essere letta ma mantiene alcune caratteristiche/fattezze come dovesse essere rappresentata a teatro Innova la tragedia ma sembra una tragedia da salotto • Marzo 1821 - dedicata ad una auspicata rivolta antiaustriaca nella primavera del 1821 • 5 maggio - dedicata alla morte di Napoleone Fino al verso 60 parla del Napoleone pubblico tramite le sue imprese e conquiste L'inizio e la chiusura hanno lo stesso tema (la sua morte) - struttura ad anello o ricomposizione In mezzo vi è una parte sulle imprese e una sull'esilio La prima parte ha l'area semantica del coraggio, della guerra, della battaglia, mentre la seconda ha più calma, fermezza La chiusura ha area semantica della fede Napoleone rappresentato come romantico e cattolico - vi è una riflessione sulla sua vita che conduce poi a Dio Argomento impegnato: valore della fede e della provvidenza Anche Napoleone in punto di morte può essere toccato dalla fede e da un sentimento religioso Nonostante la magnificenza della vita pubblica, nel privato è inevitabile essere toccati dalla fede T n Ascolto 3 wetonimia orma como -> la terra non sa quando un altro nomo del genere calpestera la sua Polueve iaisauguічала IO 5 C mette in evidenu za 'Lui' Come wella 1ª strofa auastrofe 20 30 Il cinque maggio da Odi elitavisur -> la forma si adatta all'argomento 35 stette la spoglia immemore, pivaba di tanto spiro, 40 Dopo la sconfitta di Waterloo (18 giugno 1815), Napoleone viene recluso a Sant'Elena, piccola isola nell'Atlantico meridionale a circa 2000 chilometri dalla costa dell'Angola. Il 5 maggio 1821 Napoleone muore. La notizia raggiunge l'Europa con due mesi di ritardo e di- venta di dominio pubblico solo il 17 luglio (Manzoni la apprende quasi per caso, leggendo la «Gazzetta di Milano»). Manzoni scrive l'ode in pochi giorni, tra il 17 e il 19, e il 26 luglio la sottopone alla censura per ottenere il permesso di pubblicazione. Il permesso è negato, ma l'ode viene letta ugualmente grazie alle copie manoscritte che circolano subito. L'anno successivo viene stampata in Germania con la traduzione di Goethe e poi, dopo un altro anno, a Torino in un'edizione pirata. lui è stato e' morto Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, Senza memoria senza parole così percossa, attonita la terra al nunzio sta, uotiza 15 quando con vece assidua cadde, risorse e giacque, di mille voci al sonito mista la sua non ha: uou waccliato vergin di servo encomio e di codardo oltraggio, powiso muta pensando all'ultima la sua morte ora dell'uom fatale; decisa dal destino né sa quando una simile orma di piè mortale (deeea Terva) insanguinata la sua cruenta polvere a calpestar verrà. il titolo collega l'ode a Napoleone senza farue il nome 25 Dall'Alpi alle Piramidi, -> europa in una situazione di conflitto Sul trous Lui folgorante in solio vide il mio genio e tacque; cadere, giacere e huasceve you ha celebrato quando lo vide Similitudine sorge or commosso al subito cuetafora sparir di tanto raggio; Pavagone col Sole e scioglie all'urna un cantico che forse non morrà. dal Manzanarre al Reno, di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno; po scoppiò da Scilla al Tanai, dall'uno all'altro mar. tanti hanno parlato di Napoleone сла елі по tempesta La procellosa e trepida Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza: nui peale maiestatico (intlude "io") chiniam la fronte al Massimo Dio Fattor, che volle in lui del creator suo spirito -> viconosce in lui lo più vasta orma stampar. Stampo di Dio serve, pensando al regno; e il giunge, e tiene un premio ch'era follia sperar; gioia d'un gran disegno, controvoglia l'ansia d'un cor che indocile -> deve vestave servitove Ei A scuola impariamo che il pronome soggetto di terza persona singolare maschile è egli, e che quello di terza persona plurale maschile è essi. Ma egli ed essi non si usano quasi più, o solo per iscritto, in contesti molto formali, e sono stati sostituiti da lui e da loro (oggi diciamo e scriviamo "lui ha detto che verrà", "loro partecipano", e non "egli ha detto che verrà", "essi partecipano"). Ebbene, l'italiano antico conosceva, sia per la terza persona singolare sia per la terza persona plurale, anche le forme elli ed ei (che a volte si trova apocopato: e'): «<ed elli a me, come persona accorta» (Dante, Inferno, III, v. 13); << ma ei non stette là con essi guari» (Dante, Inferno, VIII, v. 113). Tali forme restarono a lungo nell'uso poetico, specie nei testi d'intonazione più solenne com'è appunto Il cinque maggio. la sintassi si accorcia -> accellera 2ione 45 aua fora maggiore solennità 50 ل Strofa di passaggio 55 da pubblico a privato 60 Come l'onda Si avvolge sules testa del naufrago, pur alta e lesa, su cui la vista del misero scovve per loutaue, cosí cercare invano delle teve 65 Sull'anima di Napoleone scesero le sue memovie/ ricordi 70 quante volte alla fine di una giornata vuota l'ha assalto il pensiero 75 del passato 80 per dare velocità e ripetiticita aua fora fa iutuive la sua 95 visposta alla domanda "Fu vera gloria?" congedo vivolto alla fede tutto ei provò: la gloria maggior dopo il periglio, la fuga e la vittoria, la reggia e il tristo esiglio: due volte nella polvere, sconfitto due volte sull'altar. uctove > incoronazione come imperatore nomino-> autonominio imperatore o affermo se stesso Ei si nomò: due secoli, l'un contro l'altro armato, sommessi a lui si volsero, come aspettando il fato; Ei fe' silenzio, ed arbitro s'assise in mezzo a lor. 105 Pericolo e di pietà profonda, d'inestinguibil odio e d'indomato amor. E sparve, e i dì nell'ozio alloutanato, non ucciso chiuse in sì breve sponda, ->ge: viene riconosciuta importanza segno d'immensa invidia anima tal su quell'alma il cumulo Ldelle memorie scese! Similitudine Come sul capo al naufrago l'onda s'avvolve e pesa, l'onda su cui del misero, alta pur dianzi e tesa, scorrea la vista a scernere prode remote invan; due secoli cucusti ('700 e '800) l'uno contro l'altro si volgond a lui dopo essere stati sottomessi chiasco autitesi parallelismo Oh quante volte ai posteri ha provato a scrivere la sua biografia narrar sé stesso imprese, e sull'eterne pagine cadde la stanca man! petto le braccia al sen conserte, stette, e dei dì che furono Oh quante volte, al tacito Piatto morir d'un giorno inerte, luce degli nomini chinati i rai fulminei, vassi fulmiciei = occhi (metonimia) 85 affammato Forte Supposizione di Mauzoui Ahi! forse a tanto strazio cadde lo spirto anelo, e disperò; ma valida venne una man dal cielo, e in più spirabil aere 90 pietosa il trasportò; l'assalse il sovvenir! Licordi pesauti- metafora della guerra Comando E ripensò le mobili tende, e i percossi valli, e il lampo de' manipoli, -> le avrai riflettow la luce e l'onda dei cavalli, e il concitato imperio, e il celere ubbidir. e l'avviò, pei floridi sentier della speranza, se pensi alla vita eterna in un modo, nella realtà e ancora ai campi eterni, al premio egeo-> Sovvabbondante che i desideri avanza, dov'è silenzio e tenebre la gloria che passò. rispetto a cio' che si desidera Bella Immortal! benefica Fede ai trionfi avvezza! abituata a trionfave Scrivi ancor questo, allegrati; 100 Perché più superba altezza al disonor del Golgot giammai non si chinò. la gloria che ha conosciuto in vita, a coufrouto, e silenzio e leuebre se Napoleone ha avuto questo Peusievo, tu fede devi rallegrarti perche" wessun uomo più grande di lui si é inchinato a Cristo L> Golgota - luogo di crocifissione di Cristo Tu dalle stanche ceneri sperdi ogni ria parola: il Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola, coperta sulla deserta coltrice -> metonimia per Solitudine accanto a lui posò. LE TRAGEDIE Rottura con la tradizione italiana Il teatro è potenzialmente il genere più popolare (perché può raggiungere il maggior numero di persone) ( Gli spettacoli possono essere visti e ascoltati, quindi anche gli spettatori scarsamente alfabetizzati possono capire la trama e le idee fondamentali LETTRE A MONSIEUR CHAUVET Manzoni enuncia la sua poetica teatrale anticlassica ( Fa una riflessione sulla distinzione fondamentale tra “vero storico" e "vero poetico" Victor Chaveut aveva pubblicato una recensione della tragedia di Manzoni "il conte di Carmagnola" criticando l'abbandono delle unità di tempo e luogo Venivano considerate obbligatorie dalle teorie letterarie di natura classicistica (da Aristotele) ->La trama di una tragedia avrebbe dovuto svolgersi in un unico giorno in un unico luogo oltre ad avere un'azione unitaria (priva di episodi) Lettre a Monsieur Chaveut è un testo di autocritica/autodifesa Considerava le unità aristoteliche di spazio e tempo troppo restrittive Cita autori oltralpe che hanno fatto lo stesso (Shakespeare e Goethe) Quelle di Manzoni sono tragedie storiche, a differenza di Alfieri non tralascia la base storica ( Era fondamentale ricostruire gli eventi da un punto di vista storico perché deve avere una funzione istruttiva Il letterato può indagare nelle passioni, ma non deve inventare i fatti Non parla di eroi antichi ma moderni Introduce il coro che esisteva già nella tragedia greca ma era stato eliminato in quella contemporanea ( Serve a mostrare le opinioni dello Riassume eventi che non potevano essere rappresentati scrittore per essere sicuro di far passare il proprio messaggio Si ispira a Shakespeare che nel 1800 non era considerato un grande autore, Manzoni è uno dei primi a prenderlo come spunto CONTE DI CARMAGNOLA Tra il 1816 e il 1820 Come Alfieri con Saul Parla della storia italiana ambientata nel 1400 (non argomento biblico o mitologico) Il protagonista è Francesco Bossone, il capo di un gruppo di mercenari Per invidia, il duca di Milano lo destituisce da generale e lui passa al servizio della repubblica di Venezia In una battaglia con la Repubblica di Milano, si mostrò troppo clemente nel liberare i prigionieri di guerra e venne accusato di essersi fatto corrompere dai milanesi > Condanna a morte -> Manzoni vuole dimostrare che la ragione di Stato non va d'accordo con la morale/onestà individuale -> Pessimismo storico – la storia umana come trionfo del male (₂ Elemento ricorrente anche nell'Adelchi e ne I promessi sposi ADELCHI 1822 Discorso sopra alcuni punti della storia longobarda (700-800) Studia questo periodo e sulle sue ricerche basa all'opera Caduta dei longobardi per mano di Carlo Magno Opposizione tra personaggi politici/pragmatici (Desiderio e Carlo Magno) e personaggi ideali (Ermengarda e Adelchi) (₂ (₂ Ragion di stato Morale La trama L’azione si svolge tra il 772 e il 774. La penisola italiana è occupata quasi per intero dai Longobardi: il loro re, Desiderio, si impadronisce di alcuni territori dello Stato della Chiesa e ne minaccia l'indipendenza; papa Adriano chiama allora in soccorso i Franchi di Carlo Magno. Atto I Ermengarda, figlia di Desiderio data in sposa a Carlo Magno, sta per giungere a Pavia: il marito l'ha ripudiata. Desiderio, sdegnato per l'affronto, vuole dichiarare guerra ai Franchi. Suo figlio Adelchi non approva l'azione del padre ai danni di papa Adriano e tenta, ma invano, di convincere Desiderio ad abbandonare i suoi progetti. • Atto II Carlo Magno è accampato con il suo esercito a ovest di Torino: non riesce a entrare nella Pianura padana perché Adelchi presidia una strettoia naturale, e il valico montano è bloccato dalla neve. Martino, diacono inviato dal vescovo di Ra- venna, giunge non visto al campo dei Franchi. Pur inesperto dei luoghi, ha compiuto un percorso tra i monti: evidentemente è Dio che lo guida. I Franchi potranno fare il medesimo tragitto e cogliere di sorpresa i Longobardi. Atto III Adelchi, in un colloquio con l'amico Anfrido, lamenta di dover agire se- condo le indicazioni di suo padre, che lui giudica contrarie alla giustizia. Arriva la notizia che i Franchi sono riusciti ad aggirare il blocco dell'esercito longobardo e che lo stanno attaccando alle spalle. Adelchi tenta di organizzare la resistenza, ma l'eser- cito si dà alla fuga; alcuni duchi longobardi passano dalla parte dei Franchi. Adelchi si rifugia a Verona, Desiderio a Pavia. ● ● Alla fine del terzo atto c'è il primo coro: «Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti»> [► T6]. Atto IV Ermengarda si è chiusa in un monastero a Brescia, dove trova consolazione parlando con la sorella badessa. Alla notizia che Carlo è passato a nuove nozze, Er- mengarda cade in delirio e muore. Intanto, a Pavia, alcuni traditori longobardi fanno entrare le truppe di Carlo Magno in città. Al termine della prima scena del quarto atto c'è il secondo coro: «Sparsa le trecce morbide» (la morte di Ermengarda) [► T7]. Atto V Dopo la caduta di Pavia, Desiderio è prigioniero di Carlo Magno, che sta assediando Verona. Adelchi si getta con alcuni fedelissimi in un'ultima disperata battaglia, mentre la maggior parte dei Longobardi si arrende. Il re sconfitto chiede a Carlo Magno clemenza per Adelchi, incolpevole esecutore dei progetti paterni. Men- tre i due sovrani sono a colloquio, viene portato in scena Adelchi, ferito a morte. la battaglia Sta per iniziare -> i franchi stanno per arrivare dai longobardi ● ● ● -> entrambi non sono originari della penisola, lo sons i Latini -> conquistati prima dai longobardi e poi dai franchi pensano di approfittare della battaglia per liberarsi (> periodo del visorgimento T 6 si mescolans la fierezza autica per le proprie origini e le sofferenze attual: vituo veloce -passo dei militan 5 Similitudine IO ma invano Dal sogno di riscatto alla realtà della servitù da Adelchi, atto III, coro Ls entra in scena e commenta le azoui Come abbiamo accennato nella premessa alle tragedie, nel Conte di Carmagnola e nell'A- delchi Manzoni recupera dalla tragedia greca l'idea del coro, cioè di uno spazio in cui l'autore può parlare «in persona propria » e orientare l'interpretazione dell'opera appro- fondendone alcuni motivi e, soprattutto, giudicando l'azione che sin lì ha narrato. Nell'A- delchi i cori sono due. Quello che segue è il primo, al termine del terzo atto. L'esercito longobardo è in rotta e i Franchi dilagano nella pianura; Anfrido, il più fedele degli amici di Adelchi, viene ucciso; Adelchi e Desiderio fuggono verso Pavia. Manzoni immagina che il popolo dei Latini faccia da spettatore a questa lotta tra Franchi e Longobardi, sperando che i primi lo liberino dalla dominazione dei secondi, senza pensare che non la libertà ma un nuovo padrone si profila all'orizzonte. ingressi dei pala.22i Pieni di muschio Piazza Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti, dai boschi, dall'arse fucine stridenti, dai ai solchi bagnati di servo sudor; Popolo velocemente un volgo disperso repente si desta, intende l'orecchio, solleva la testa, " percosso da novo crescente romor. nonostante si trovino tra rovine (geovia di Roma vidotta al unela) quando sentono arrivare i Frauch Si visollevaus delle truppe frauche itermini vengono ripresi in tempi brevi -> fretta per l'arrivo chiasmo timorosi Daisguardi dubbiosi, dai pavidi volti, qual raggio di sole da nuvoli folti, traluce de' padri la fiera virtù: in senso etimologico: autenati ne' guardi, ne' volti, confuso ed incerto si mesce e discorda lo spregio sofferto col misero orgoglio d'un tempo che fu. ossimoro i labini osservano le azioni de: longobardi ->e: vedono cercare dei uascou dige: * 15 cou pelo vitto per paura 20 delle vosse criniere oscurità della grotta doune pale de guardano pensose i fige: altrettauto peusosi -> temorizzati dall'arrivo dei Frauch descrizione dei franchi 35 40 45 Sintassi via via più stretta →velocizza il vituo per 50 dare la sensazione delle truppe in marcia Secondo voi latini, i Franchi hanno affrontato tutto cio per aiutare voi? ->you cambia uilla wemmeno le parole deee' autove S'aduna voglioso, si sperde tremante, per torti sentieri, con passo vagante, fra tema e desire, s'avanza e ristà; e adocchia e rimira scorata e confusa 25 E sopra i fuggenti, con avido brando, quai cani disciolti, correndo, frugando, da ritta, da manca, guerrieri venir: li vede, e rapito d'ignoto contento, con l'agile speme precorre l'evento, e sogna la fine del duro servir. 30 intervento del narratore (ouniscente) verso i latini controllaus Udite! Quei forti che tengono il campo, che ai vostri tiranni precludon lo scampo, son giunti da lunge, per aspri sentier: sospeser le gioie dei prandi festosi, assursero in fretta dai blandi riposi, giacigli, 020 tema del pessimismo Storico ->non c'è visoluzione 65 de' crudi signori la turba diffusa, Spade che fugge dai brandi, che sosta non ha. Similitudiue metonimia per i franchi con animal: per disprezzo dei latini uei coufrouti di entrambi icupourite beste *Ansanti li vede, quai trepide fere, irsuti per tema le fulve criniere, le note latebre del covo cercar; abituata. autitesi e quivi, deposta l'usata minaccia, le donne superbe, con pallida faccia, i figli pensosi pensose guatar. -> come beshe cercano delle taue per nascondersi morfologiche poliptoto: stessa parola in due forme diverse (es.io/we) C Femminile e Spada maschile .velocemente chiamati repente da squillo guerrier. trocuba -> (di battaglia) Lasciàr nelle sale del tetto natio le donne accorate, tornanti all'addio, a preghi e consigli che il pianto troncò: han carca la fronte de' pesti cimieri, pennacchio sopra han poste le selle sui bruni corsieri, volaron sul ponte che cupo sonò. (levatoio) l'elmo squadre allesve spaesamento A torme, di terra passarono in terra, cantando giulive canzoni di guerra, ma i dolci castelli pensando nel cor: per valli petrose, per balzi dirotti, vegliaron nell'arme le gelide notti, membrando i fidati colloqui d'amor. peudii Scoscesi vipensando intimi -> vengous a fave guerra ma pensano a casa lovo il rigido impero, le fami durâr; si vider le lance calate sui petti, a filo a canto agli scudi, rasente agli elmetti, udiron le frecce fischiando volar. -> licuuo vegliato duvoute gelide notti, vestiti da guerra pericoli Gli oscuri perigli di stanze incresciose, seutień wai Percorsi per greppi senz'orma le corse affannose, -> autilesi (cocubattenti) 55 E il premio sperato, promesso a quei forti, domanda latini vetorica sarebbe, o delusi, rivolger le sorti, destino d'un volgo straniero por fine al dolor? [Tornate alle vostre superbe ruine,) composizione ad anello all'opere imbelli dell'arse officine,vipveude la prima strofa 60v3[ai solchi bagnati di servo sudor. chia sao Siutattico ->inizio battaglia col novo signore rimane l'antico; l'un popolo e l'altro sul collo vi sta: Dividono i servi, dividon gli armenti; +wppe Formano si posano insieme sui campi cruenti [d'un volgo disperso che nome non ha. chi vincerc si mescolerc coi viuti -> dominierame assieme Il forte si mesce col vinto nemico, chiasmo Siutattico Sarcastica -> si sportivanno ie bottino ->wo libertà per i latiui UNA STORIA DI SERVITÙ Nelle tre strofe iniziali ▶STORIA LONGOBARDA E STORIA CONTEMPORA- (vv. 1-18) l'attenzione è concentrata sul volgo disperso dei NEA In tre punti del testo si può avvertire il sarcasmo Latini, un popolo senza unità politica. I Latini sono la popo- dell'autore: ai vv. 28-30 («<li vede, e rapito d'ignoto conten- lazione autoctona dell'Italia, erede della grande tradizione to, / con l'agile speme precorre l'evento, / e sogna la fine romana. Nello sguardo hanno qualche traccia della fierezza del duro servir »), in cui i Latini sognano di liberarsi dal gio- antica e della virtù degli antenati, ma agiscono con paura: go solo grazie all'intervento militare altrui; ai vv. 55-57, con vorrebbero raccogliersi in un unico organismo politico, per l'interrogativa retorica («<E il premio sperato, promesso a sfruttare lo scompiglio dei Longobardi, ma non hanno la quei forti, / sarebbe, o delusi, rivolger le sorti, / d'un volgo forza di realizzare le loro intenzioni. straniero por fine al dolor? »); al v. 58 (<< Tornate alle vostre superbe ruine>>). Le due strofe che formano la seconda parte (vv. 19-30) met- tono a fuoco il terrore dei Longobardi, su cui i Franchi inva- sori si gettano senza pietà. La fuga porta i Latini a sperare che la servitù stia per finire. La terza parte (vv. 31-54) si apre con un invito a riflettere sulle dure fatiche che i Franchi stanno patendo. Hanno la sciato le case e le spose, soffrono fame e freddo, rischiano la vita. E quale sarebbe il loro premio per essersi sottoposti a queste fatiche? Con questa domanda inizia l'ultima parte (vv. 55-66). Sono giunti in Italia per liberare i Latini? Ov- viamente no. I due popoli invasori trovano un accordo, si spartiscono la terra e i Latini tornano a essere un popolo senza unità, in balia degli occupanti. La vicenda bellica è descritta a tinte fosche. I Latini sono piegati e sconfitti; i Longobardi terrorizzati e in fuga. Ma anche per i Franchi non esiste alcuna gioia per la vittoria e per il bottino, tantomeno per la strage: sono sottoposti a durezze e sofferenze, che Manzoni descrive minutamente. Un simile coinvolgimento emotivo dell'autore non si spie- gherebbe se egli stesse trattando di una storia vecchia di mille anni. In realtà, Manzoni rivede nelle vicende dell'VIII secolo la condizione dell'Italia del XIX secolo: forza i limiti cronologici della vicenda e ne indirizza l'interpretazione verso l'attualità. Manzoni sta pensando agli italiani del pri- mo Ottocento: un volgo disperso, orgoglioso di un passato oramai remoto, desideroso di liberarsi dalla dominazione austriaca, senza il coraggio di combattere, in attesa che un popolo straniero - in particolare Napoleone e i francesi, di- scendenti dei Franchi - lo liberi. IL ROMANZO Lingue romanze = lingue neolatine Romance loqui - significa parlare in volgare -> Contrario - latine loqui Viene dalla zona della romanía Dall'antico francese -> Romance = volgare > testo qualsiasi > testo narrativo > testo narrativo in prosa (abbandona l'epica) Rivoluzione francese -> Combatte l'antico regime e quindi i valori antichi (nobiltà e i 3 stati) Sviluppo borghesia Rivoluzione industriale METRO E STILE Ogni scrittore ha il problema di organiz- zare il contenuto all'interno del contenitore formale che si è scelto: i capitoli di un romanzo, le strofe di una lirica. In questo coro, Manzoni evita di far coincidere gli snodi del contenuto il cambio d'argomento o di protagonista - con la fine delle strofe: evita, cioè, una suddivisione in blocchi. I Longobardi, a cui sono dedicate le strofe 4 e 5, vengono introdotti alla fine della terza. I Franchi, che hanno spazio nelle strofe 6-9, sono presenti nella quinta, insieme ai Latini. Fino al 600-700 i ragazzi per bene leggono epica -> La narrativa trasmette idee non buone, non vista di buon occhio Tra il '700 e '800 alcuni fattori favoriscono lo sviluppo e la diffusione del romanzo Contrariamente a questa "morbidezza" nei passaggi, i versi sono scanditi da forti accenti, da un ritmo monotono, mar- ziale, quasi privo di enjambements. Anche la sintassi è semplice, spesso dominata da paralle- lismi, sia nei complementi («Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti, / dai boschi, dall'arse fucine stridenti, / dai solchi bagnati di servo sudor »>, vv. 1-3) sia nelle proposizioni («<in- tende l'orecchio, solleva la testa », v. 5; «S'aduna voglioso, si sperde tremante», v. 13). Classe sociale che ha soldi perché li produce tramite il lavoro (nuovo sistema di produzione che permette una scalata sociale) › Gli stessi valori espressi dall'epica (difende religione e nobiltà) I valori dell'epica non sono più visti di buon occhio - si cerca altro Più persone si possono permettere un'istruzione, imparando a leggere e scrivere -> Nascita pubblico borghese Maggiore potere d'acquisto L'industria si sta sviluppando premendo sulla produzione seriale, ha l'obiettivo di produrre sempre di più - -> La borghesia chiede all'industria di produrre beni culturali -> Nascita dell'industria del libro In questo periodo il letterato comincia a farlo di mestiere - non è uno che può vivere di rendita, per vivere devono vendere libri (₂ Devono incontrare i gusti del pubblico - adeguazione della lingua, del genere e dell'argomento Nascita del romanzo a puntate - pubblicati come appendice dei giornali (la suspence dev'essere sempre alta) Il romanzo incontra ogni classe sociale e anche le donne (che leggono di più per il maggior tempo libero) ( Iniziano ad affermarsi scrittrici donne che rivendicano la loro indipendenza L'argomento dev'essere quotidiano - non di eroi, ma storie di ragazzi, uomini, in modo che la borghesia potesse riconoscersi Perché è destinato alla borghesia, un altro tema è la mobilità: i protagonisti sono in grado di raggiungere classi sociali migliori rispetto a dove sono partiti (nobiltà), non vi ho più bisogno di luoghi esotici o avvenimenti straordinari Tema della giovinezza - Bildungsroman, ovvero romanzo di formazione, tratta di ragazzini seguiti in tutta la loro crescita Stile e lingua adatta alla classe media - mescolanza di elementi spuri I PROMESSI SPOSI Romanzo storico -> Trama ambientata nella Lombardia del primo seicento REDAZIONI Tra il 24 aprile 1821 e il 17 settembre 1823 scrive il romanzo dal titolo "Fermo e Lucia" >Lo sottopone a una riscrittura molto estesa —> La trama resta la stessa Il titolo diventa "I promessi sposi" Il mondo costruito da Manzoni è sempre realistico, i personaggi non sono eroi o cavalieri ma gente del popolo, umili e incolti TEMI La prima edizione viene stampata a Milano da Vincenzo Ferrario, i tre volumi vengono messi in vendita nel giugno 1827 (“La ventisettana") Negli anni seguenti continua a lavorare al romanzo tramite una revisione linguistica - vuole riscriverlo nel fiorentino suo contemporaneo ( Era scritto nel toscano letterario (di Dante) L'ultima edizione ("La quarantana") viene pubblicata a fascicoli con le illustrazioni negli anni 1840-2 da una tipografia milanese Lo rende più compatto eliminando le pagine di taglio saggistico e riducendo alcuni episodi Cambia i nomi di alcuni personaggi Approfondisce i caratteri dei personaggi Attenua le atmosfere cupe e gotiche • La storia amorosa passa in secondo piano Parla di altri tipi di sentimenti come > L'affetto per il prossimo, anche quando è una canaglia > Dolcezza e virtù • Il rapporto con la storia è reso esplicito nell'introduzione attraverso l'espediente del “manoscritto ritrovato" > Veridicità storica ( • Forza dei potenti Indulgenza anche nei confronti dei peccatori più incalliti > Sacrificio di se stessi • Religione • L'esistenza umana nei momenti di crisi › Le norme del vivere civile sembrano essere sospese e annullate sia per la cattiva volontà degli uomini, sia per l'accanirsi del destino Manzoni si sarebbe limitato a riportare la storia raccontata in un manoscritto anonimo del seicento (modificando solo la lingua per rendere il romanzo più comprensibile) Don Rodrigo Azzeccagarbugli (forza nella cultura rispetto all'ignoranza di Renzo) 'Il potere laico diventa uno strumento di oppressione degli umili Sottotema della giustizia. —› Giudiziaria e umana —› Alla fine si sposano ma non grazie a ciò che loro fanno Neanche a livello umano c'è la possibilità di risolvere i problemi Gli organi di giustizia ci sono, ma non funzionano (corruzione e prevaricazione) Don Abbondio vs Fra Cristoforo Monaca di Monza vs Cardinal Borromeo Anche il potere religioso è corrotto da quello laico Ci sono alcuni personaggi positivi che si dedicano alla cura degli oppressi (fra Cristoforo e il cardinale Borromeo rappresentano la virtù cristiana) • Provvidenza -> Non c'è un intervento diretto (contrario di deus ex machina) →› Emerge tramite le circostanze storiche - idea che Dio accompagna la storia, che abbia in mano le sorti dell'umanità in modo generale ( Es. la peste e il contagio di don Rodrigo I progetti umani sono inconsistenti, fallimentari —› Pessimismo rispetto alla storia ( Non è una storia di riscatto → L'aver fede appare solo come una consolazione, il male accade nonostante la fede —> Lucia non viene preservata dall'essere oggetto di oppressione solo perché credente TRAMA Seconda sequenza: 11-13 novembre 1628 (capp. IX-XVII) Lucia e Agnese giungo- no al convento. Qui Lucia viene invitata a colloquio da una monaca, Gertrude. Di famiglia nobile, Gertrude è stata costretta dal padre a entrare in convento. Una volta vestito l'abito, però, ha stretto una relazione amorosa (e sessuale) con Egidio, un uomo senza scrupoli. Per coprire questo scandaloso segreto i due arrivano a uccidere una giovane monaca (capp. IX-X). Intanto, a Milano, Renzo, mentre cerca il conven- Prima sequenza: 7-10 novembre 1628 (capp. I-VIII) Due scagnozzi agli ordini di don Rodrigo intimano a don Abbondio, prete di un paesello di campagna nei pressi di Lecco, di non celebrare il matrimonio tra due suoi parrocchiani, Renzo e Lucia (cap. I). Il giorno seguente, don Abbondio accampa scuse con Renzo, ma il giovane riesce a carpirgli il nome di chi si oppone al matrimonio (cap. II). Su suggerimen- to di Agnese (la madre di Lucia), Renzo va a cercare aiuto presso un avvocato, il dottor Azzecca-garbugli, che, non appena sente il nome di don Rodrigo, lo scaccia to indicatogli da fra Cristoforo, si trova in mezzo a un tumulto popolare (cap. XI): (cap. III). Nel frattempo, Lucia manda a chiamare il suo confessore, padre Cristo- la carestia, di cui Manzoni analizza le concause economiche e politiche, ha generato foro, un uomo che, volendo espiare un omicidio compiuto da giovane per questioni un malcontento che esplode proprio l'11 novembre: la folla, dopo aver saccheggiato d'onore, si era fatto cappuccino (cap. IV). Renzo torna a casa di Lucia e vi incontra le botteghe dei panettieri, si dirige verso la casa del vicario di provvisione, l'uomo il frate, che promette di andare a parlare con don Rodrigo. Fra Cristoforo trova il politico incaricato di gestire l'afflusso delle derrate alimentari (cap. XII). Renzo si signorotto a tavola, intento a discutere di argomenti futili (cap. V). Il colloquio tra unisce alla massa pronta a linciare il vicario. Questi viene salvato all'ultimo istante i due ha un esito negativo. Nel frattempo, Agnese suggerisce a Renzo e a Lucia di da Ferrer, il governatore spagnolo che gode della ingiustificata fiducia del popolo sorprendere don Abbondio recitando la formula matrimoniale dinnanzi a lui e a due (cap. XIII). Renzo, eccitato dagli avvenimenti, arringa un piccolo gruppo di persone testimoni: il matrimonio sarebbe valido nonostante la contrarietà del prete. Renzo va lamentando le ingiustizie e i soprusi dei potenti; poi va in un'osteria per cenare. Un a cercare i testimoni (cap. VI). Fra Cristoforo comunica alle due donne il fallimento poliziotto in borghese, che ne ha ascoltato i discorsi, lo induce a parlare facendolo della sua missione: Lucia acconsente al sotterfugio. Intanto, gli sgherri di don Ro- bere (cap. XIV). La mattina dopo, Renzo viene sorpreso a letto e arrestato come uno dei drigo si aggirano nei pressi della casa di Lucia per organizzarne il rapimento. I due capi del tumulto popolare. Mentre viene condotto in carcere, riesce a liberarsi grazie alla giovani, i testimoni e Agnese vanno a casa di don Abbondio per realizzare il matri- folla che è ancora in agitazione (cap. XV). Decide dunque di fuggire da Milano e di ri- monio a sorpresa (cap. VII). I due piani - il rapimento e il matrimonio - scattano fugiarsi presso un cugino, nel Bergamasco (cap. XVI). Dopo una giornata di cammino, in contemporanea, ma vanno a vuoto: don Abbondio riesce a interrompere la formu- giunge sulla sponda dell'Adda, che segna il confine del territorio di Milano. Trascorsa la matrimoniale e gli sgherri non trovano Lucia in casa. È una baraonda generale: il la notte in una capanna, riesce ad attraversare il fiume e a giungere dal cugino, che lo campanaro, udite le urla del prete, suona l'allarme; i paesani accorrono intorno alla accoglie con benevolenza (cap. XVII). casa del prete; Renzo, Lucia e Agnese, avvertiti della presenza dei rapitori, fuggono verso il convento di padre Cristoforo a Pescarenico. Il frate, compresa la gravità della situazione, manda Renzo a cercare asilo in un convento di cappuccini di Milano, e Lucia e Agnese a Monza, presso un convento di monache (cap. VIII). Terza sequenza: 13 novembre 1628 - febbraio 1629 (capp. XVIII-XXVII) Don Ro- Quarta sequenza: marzo 1629 - ottobre 1631 (capp. XXVIII-XXXVIII) Dopo l'assalto drigo, saputo che Lucia è a Monza, decide di cercare aiuto per raggiungere un duplice ai forni, la carestia non cessa e la povertà cresce sempre di più. Il passaggio dell'esercito obiettivo: rapire Lucia e allontanare dalla zona fra Cristoforo, che aveva contribuito a tedesco, intento al saccheggio delle campagne, porta con sé il virus della peste: il conta- sventare i suoi piani (cap. XVIII). Lo zio di don Rodrigo (il cosiddetto «conte-zio»), gio si diffonde con rapidità. Il lazzaretto di Milano, in cui erano stati riuniti gli accattoni in un colloquio con il padre provinciale dei cappuccini, ottiene che fra Cristoforo se per meglio soccorrerli, si trasforma in un luogo di raccolta dei malati (cap. XXVIII). Don ne vada dal convento di Pescarenico. Don Rodrigo va a trovare un potente fuorilegge, Abbondio e la sua governante Perpetua cercano di scampare al passaggio dei lanziche- l'Innominato, che gode di un'immunità tale da poter compiere misfatti anche a Monza necchi rifugiandosi nel castello dell'Innominato, che dopo la sua conversione si dedica (cap. XIX). L'Innominato si assume l'incarico di rapire Lucia: se ne pente subito, ma a opere di bene (cap. XXIX). Vi si fermano quasi un mese e, al ritorno al loro paese, lo alla fine dà ordini in tal senso. Con la complicità di Gertrude, Lucia viene quindi pre- levata e portata al castello dell'Innominato (cap. XX). L'Innominato va a vedere la gio- trovano devastato: molti loro averi sono stati rubati (cap. XXX). La peste si diffonde e vane, che lo turba con la sua debolezza, le sue preghiere e le sue parole sul perdono di tutti i rimedi che vengono escogitati si rivelano inutili (cap. XXXI). Si scatena la caccia Dio. Durante la notte, l'Innominato ripensa con orrore al suo passato e si pente; Lucia agli untori, cioè a coloro che si crede, fuorviati dalla paura - diffondono il contagio fa voto di verginità alla Madonna, chiedendole di essere liberata (cap. XXI). La mattina volontariamente. Una processione religiosa, che ha lo scopo di invocare l'aiuto di Dio, seguente, l'Innominato decide di andare a conoscere il cardinale Federigo Borromeo, sortisce l'effetto opposto: la diffusione della peste aumenta (cap. XXXII). Don Rodrigo, che si trova in visita pastorale nei dintorni (cap. XXII). Con umiltà e comprensione, il colpito dalla malattia, viene venduto dal Griso (il capo dei suoi sgherri) ai monatti, i figuri cardinale accoglie la conversione dell'Innominato. I due mandano don Abbondio al ca- che raccolgono i cadaveri talvolta derubandoli degli ultimi averi. Renzo ha contratto la pe- stello per liberare Lucia (cap. XXIII). Lucia viene accompagnata nella casa di un sarto, ste, ma ne è guarito ed è dunque immunizzato. Torna al paese e incontra don Abbondio: dove il cardinale si reca in visita. Agnese, che arrivando incontra don Abbondio, rivede ricevute notizie di Lucia, va a cercarla a Milano (cap. XXXIII). Entra in città e bussa alla la figlia. L'Innominato dichiara ai suoi accoliti di voler cambiare vita e li lascia liberi porta di donna Prassede: gli rispondono che Lucia è al lazzaretto. Viene scambiato per di decidere il loro futuro: o si convertono o si allontanano dal castello (cap. XXIV). un untore, ma scappa dalla folla inferocita saltando sul carro dei monatti (cap. XXXIV). Il cardinale giunge al paese di Lucia: don Rodrigo, per evitare di doverlo omaggiare Al lazzaretto, Renzo incontra fra Cristoforo, che si prodiga per i malati, nonostante sia come il suo rango richiederebbe, preferisce scappare a Milano. Borromeo affida Lucia a donna Prassede, una nobile dei dintorni, e inizia a rimproverare con durezza don anch'egli colpito dal morbo. Il frate gli mostra don Rodrigo morente e spinge il giovane, Abbondio per essere venuto meno ai suoi doveri sacerdotali (cap. XXV). Alla fine del ancora carico di sentimenti di vendetta, a perdonare e a pregare per la salvezza di chi colloquio, don Abbondio sembra capire il suo errore. L'Innominato invia denaro al gli ha rovinato la vita (cap. XXXV). Renzo incontra Lucia, che gli rivela di aver fatto un Cardinale come risarcimento per i misfatti commessi contro Lucia. Renzo è ricercato voto di castità: i due cercano fra Cristoforo, che scioglie il voto (cap. XXXVI). Un violento dalla giustizia, ma riesce a sfuggire ai controlli usando il falso nome di Antonio Rivolta temporale favorisce la scomparsa della peste. Renzo rintraccia Agnese e torna dal cugino: (cap. XXVI). Renzo e Agnese riescono a stabilire un contatto epistolare grazie a inter- anche se la giustizia non lo cerca più, decide di trasferirsi nel Bergamasco. Lucia viene a mediari che scrivono e leggono le lettere al posto loro (i due sono infatti analfabeti). sapere che Gertrude si è convertita a una vita degna dell'abito che porta; donna Prassede Lucia vive con donna Prassede e il marito don Ferrante; la biblioteca di quest'ultimo dà e don Ferrante sono morti (cap. XXXVII). Don Abbondio apprende la notizia della morte a Manzoni l'occasione di tracciare un memorabile (e divertentissimo) quadro del suo di don Rodrigo e solo allora si convince a celebrare le nozze tra Renzo e Lucia. Nel paese universo culturale (cap. XXVII). in cui Renzo, Lucia e Agnese si trasferiscono nasce qualche dissapore tra gli abitanti e i nuovi arrivati: i tre colgono allora un'occasione lavorativa offerta a Renzo e traslocano in un paese vicino, dove iniziano a condurre una vita felice (cap. XXXVIII). T 22b Renzo e Lucia: finalmente sposi felici? da I promessi sposi (edizione 1840), capitolo 38 Sicuramente provavouo dolove a lasciare il loro luogo, ma qui i vicovdi ашалі амалсмо дuastato i rapporti con quel posto →i momenti brutti voviuauo i luoghi che ce li vicovdauo la storia non ha un completo lieto five -> a Bergamo givano voci su Chi domandasse se non ci fu anche del dolore in distaccarsi dal paese nativo, da quelle montagne; ce ne fu sicuro: ché del dolore, ce n'è, sto per dire, un po' per tutto. Bisogna però che non fosse molto forte, giacché avrebbero potuto risparmiarselo, stando a casa loro [...]. Del resto, avevan tutti passato de' momenti ben amari in 5 quello a cui voltavan le spalle¹; e le memorie triste, alla lunga guastan sempre nella mente i luoghi che le richiamano². E se que'luoghi son quelli dove siam nati, c'è forse in tali memorie qualcosa di più aspro e pungente. una contadina ->Reu2 se la preude e comincia a trattar cuale tutti Renzo e suo cugino compramo un filatoio in un altro paese ->wonostante la brutta Lucia e la sua poca bellezza Tutto bene, allora? No. In questo nuovo paese sorgono subito dei problemi: <<Cosa direte ora, 's coufroutata cou sentendo che, appena arrivati e accomodati nel nuovo paese, Renzo ci trovò de' disgusti [fa- stidi, problemi] bell'e preparati? Miserie; ma ci vuol così poco a disturbare uno stato felice!>>. Negli anni precedenti, i paesani hanno sentito parlare tanto di Lucia, e questi discorsi hanno creato delle aspettative su di lei. Credevano fosse una gran bellezza, e invece si trovano da- vanti << una contadina come tant'altre», e commentano: «di queste e delle meglio, ce n'è per tutto». Nessuno lo dice in faccia a Renzo, ma le voci girano e alla fine gli vengono riportate. Renzo, che ha sempre un carattere irritabile, se la prende: « E vedete un poco come alle volte una corbelleria [sciocchezza] basta a decidere dello stato d'un uomo per tutta la vita». Renzo inizia a trattare male tutti, «perché ognuno poteva essere uno de' critici di Lucia >>: e in poco tempo «si sarebbe trovato, per dir così, in guerra con quasi tutta la popolazione >>. <<Ma si direbbe che la peste avesse preso l'impegno di raccomodar tutte le malefatte» di Renzo, scrive Manzoni. In un paese vicino, infatti, il padrone di un filatoio era morto, e l'erede aveva deciso di vendere. Bortolo e Renzo comprano l'opificio e Renzo trasferisce tutta la fami- glia. In questo paese, Lucia è finalmente apprezzata, con soddisfazione del marito. esperienza precedente, Reuz impara a pensare Prima all'effetto che avrebbero avuto le sue azioni IO Nei capitoli XXXVII e XXXVIII, Manzoni non vuole soltanto sistemare il destino dei suoi personaggi minori o collaterali: vuole anche raccontare ciò che capita a Renzo e Lucia una volta terminate le loro avventure. espedieute uarrativo del manoscritto del '600 che Hauzoui avrebbe ritrovato 15 Dopo essersi finalmente sposati, i due decidono di lasciare il loro paese per andare nel Bergamasco, dove Renzo si era rifugiato dopo aver lasciato il paese natale. 20 walato. Non crediate però che non ci fosse qualche fastidiuccio anche lì. L'uomo (dice il nostro anonimo: e già sapete per prova che aveva un gusto un po' strano in fatto di similitudini; ma passategli anche questa, che avrebbe a esser l'ultima), l'uomo, fin che sta in questo mondo, è un infermo che si trova sur un letto scomodo più o meno, e vede intorno a sé altri letti, ben rifatti al di fuori, piani, a livello": e si figura che ci si deve star benone. Ma se gli riesce di cambiare, appena s'è accomodato nel nuovo5, comincia, pigiando, a sentire qui una lisca che lo punge, lì un bernoccolo' che lo preme: siamo in somma, a un di presso, alla storia di prima. E per questo, soggiunge l'anonimo, si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio. È tiratas un po' con gli argani, e proprio da secentista; ma in fondo ha ragione. Per altro, prosegue, dolori e imbrogli della qualità e della forza di quelli che abbiam raccontati, non ce ne furon più per la nostra buona gente: fu, da 25 quel punto in poi, una vita delle più tranquille, delle più felici, delle più invidiabili; di maniera che, se ve l'avessi a raccontare, vi seccherebbe⁹ a morte. l'vou e costantemente in felice, insoddisfatto E anche del dispiacere che [Renzo] aveva provato nell'altro paese, gli restò un utile ammaestramento. Prima d'allora era stato un po' lesto nel sentenziare³, e si lasciava andar volentieri a criticar la donna d'altri, e ogni cosa. Allora s'accorse che le parole fanno un effetto in bocca, e un altro negli orecchi; e prese un po' più d'abitudine d'ascoltar di dentro le sue, prima di proferirle. Da quest'ultima sua esperienza Renzo impara a non trinciare giudizi e a essere più ac- corto. Anche nel nuovo paese, tuttavia, non mancano fastidi, ma l'essere umano - scrive Manzoni attraverso la finzione del manoscritto - non riesce mai a trovare una pace com- pleta. Pensa sempre che si possa stare meglio e che, di fatto, gli altri (o almeno alcuni altri) 30 non parlar Prima che finisse l'anno del matrimonio, venne alla luce una bella creatura; e, come se fosse fatto apposta per dar subito opportunità a Renzo d'adempire quella sua ma- alegnanima promessa ¹0, fu una bambina; e potete credere che le fu messo nome Maria. Ne vennero poi col tempo non so quant'altri, dell'uno e dell'altro sesso: e Agnese affaccendata a portarli in qua e in là, l'uno dopo l'altro, chiamandoli cattivacci, e stampando loro in viso de' bacioni, che ci lasciavano il bianco per qualche tempo. E furon tutti ben inclinati"; e Renzo volle che imparassero tutti a leggere e scrivere, di- cendo che, giacché la c'era questa birberia, dovevano almeno profittarne anche loro.. Il bello era a sentirlo raccontare le sue avventure: e finiva sempre col dire le gran cose che ci aveva imparate, per governarsi meglio in avvenire. «Ho imparato, - dice- va, - a non mettermi ne' tumulti: ho imparato a non predicare in piazza: ho imparato a guardare con chi parlo: ho imparato a non alzar troppo il gomito: ho imparato a non tenere in mano il martello delle porte ¹3, quando c'è lì d'intorno gente che ha la testa calda: ho imparato a non attaccarmi un campanello al piede, prima d'aver pen- sato quel che possa nascere». E cent'altre cose. Reuzo accusato di essere appestato Lucia però, non che trovasse la dottrina falsa in sé, ma non n'era soddisfatta; le pareva, così in confuso ¹4, che ci mancasse qualcosa. A forza di sentir ripetere la stessa canzone, e di pensarci sopra ogni volta, «e io,» disse un giorno al suo moralista¹5, «cosa volete che abbia imparato? Io non sono andata a cercare i guai: son loro che sono venuti a cercar me. Quando non voleste dire,» aggiunse, soavemente sorriden- do, «che il mio sproposito sia stato quello di volervi bene, e di promettermi a voi>>. Renzo, alla prima, rimase impicciato ¹6. Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione ¹7; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando ven- gono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per -> la fede serve a consolave, una vita migliore. Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c'è parsa così wou a evitare le sventure giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo ¹8 di tutta la storia. beue 18 (wou sufficiente) 55 La quale, se non v'è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l'ha scritta¹9, e anche un pochino a chi l'ha raccomodata20. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s'è fatto apposta. Bivberia: imparare a leggere e 35 scrivere definita cosi perché Reuz era stato ingamato più volte 40 dall'istruzione Lucia e' stata colpita 45 dal male anche se non aveva fatto uulla siano in una condizione migliore della sua. Nonostante questa insoddisfazione di fondo e alcuni affanni, Renzo e Lucia hanno una vita felice, allietata da molti bambini. I promessi sposi finiscono così. -> le disavventure arrivano se te le vai a cercare e non sono evitabili comportandosi 50 IL PANE DEL PERDON Fra Cristoforo si preoccupa del- la vita matrimoniale che Renzo e Lucia stanno per iniziare. Li avvisa che i coniugi sono due compagni di viaggio, ma il viag- gio terminerà con un gran dolore: uno dei due morirà prima dell'altro. Non è dunque la vita terrena che loro devono avere in mente, ma quella ultraterrena. IMPARARE DALL'ESPERIENZA Si impara qualcosa dalla vita? Renzo ha imparato che alcuni comportamenti vanno evi- tati, ha imparato cioè che cosa non fare (l'avverbio non è ripetu- to in cinque insegnamenti su sei). Come chi, di fronte a un bivio, sbagli strada e, di conseguenza, impari che l'altra è quella giusta, Renzo ha capito come comportarsi almeno in alcune partico- Il frate ribadisce a Renzo e a Lucia l'insegnamento del Van- lari situazioni. Queste sono le parole che più esplicitamente gelo: gli uomini devono amarsi e perdonarsi. Come nell'ul- certificano la crescita intellettuale e morale di Renzo attraverso tima cena di Cristo (e poi nella messa), il pane si carica di le vicende che gli sono capitate: a esse si fa riferimento quando un significato spirituale. Cristoforo, appena vestito l'abito dei cappuccini, aveva chiesto e ottenuto un pane dalla famiglia di colui che aveva ucciso in un duello insensato («si degni di farmi portare un pane, perché io possa dire d'aver goduto la sua carità, d'aver mangiato il suo pane, e avuto un segno del suo perdono»>, T17, rr. 63-65). Il frate consegna ai giovani una parte di quel pane del perdono come un padre lascia un'eredità ai figli, o come un sacerdote che comunica i fedeli. si parla di Bildungsroman ("romanzo di formazione") di Renzo. Lucia è insoddisfatta: sono insegnamenti giusti, ma limitati alla pratica e lontani da quella prospettiva spirituale che lei sente, seppure in confuso, come esigenza. I due sposi riflet- tono ancora e traggono una conclusione più articolata, che Manzoni propone come succo della storia. La vita è piena di guai: ci piombano addosso sia che agiamo in modo sconsi- derato o avventato (come ha fatto Renzo) sia che ci com- portiamo con cautela e intelligenza. La sola cosa che l'uomo può fare è avere fede in Dio: se l'uomo crede che i guai siano prove che Dio ci sottopone in vista della vita eterna, allora riesce a sopportarli con pazienza e rassegnazione. Era necessaria la gran macchina del romanzo per arrivare a questa conclusione? La fatica, la pazienza, l'attenzione richieste allo scrittore e al lettore sono adeguate a questa conclusione? È da credere che la sproporzione tra il sugo e la storia fosse ben evidente anche a Manzoni. Che cosa dobbiamo pensare? Forse Manzoni vuole dire che tanto le avventure eccezionali quanto le vicende consuete portano allo stesso insegnamento e alla stessa verità. Ed è una verità semplice, a cui arrivano autonomamente anche i "semplici" come Renzo e Lucia: è la verità del Vangelo, un libro per tut- ti, che tutti possono leggere o ascoltare.