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Arte Greca Arcaica Presentazione PowerPoint

6/2/2023

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L'ARTE GRECA
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L'ARTE GRECA ARCAICA Una presentazione di Emanuele Francesco Restivo L'ARCHITETTURA L'architettura dell'epoca Arcaica dell'antica Grecia, così come la conosciamo, prese tale forma a partire dal VII sec. a.C con la consolidazione delle prime polis. Senza l'avvento di questo complesso sistema di organizzazione, sarebbe stato impossibile sostenere lo sforzo fisico ed economico che richiedeva la realizzazione di un tempio. Quest'ultimo è infatti la rappresentazione della polis stessa: un organismo complesso, così come il linguaggio dell'architettura, che si traduce in uno strumento di competizione tra le varie città. Nel mondo Greco tuttavia il tempio non era indispensabile per le esecuzioni dei riti sacrificali, poiché l'incontro tra l'uomo e il divino poteva avvenire ovunque e in qualsiasi momento della cita quotidiana. 1 pide La forma del tempio deriva da un’evoluzione delle case aristocratiche di età geometrica. Questa ipotesi è supportata da alcuni aspetti antropologici e materiali rinvenuti nei templi stessi, infatti è stato accertato che in età protogeometrica nelle case del re potessero essere effettuati riti sacrificali. Intorno al VII sec. a.C lo sviluppo della produzione ceramica consente la realizzazione delle prime tegole, un'innovazione che permise una maggiore durevolezza e adattabilità alla planimetria dell'edificio. Questo nuovo sistema tuttavia richiese l'utilizzo di elementi portanti più resistenti, così avvenne il processo di "litizzazione", ossia il passaggio dal legno alla pietra. LA LITIZZAZIONE Il passaggio dal legno alla pietra determinò la trasformazione degli elementi architettonici. È stato ipotizzato che la colonna, le coperture e taluni...

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Didascalia alternativa:

elementi decorativi mantennero in larga misura l'aspetto che avevano nella loro versione lignea, come per esempio le scanalature delle colonne, ritenute una tipologia decorativa caratteristica della lavorazione del legno. L'introduzione delle tegole e l'impiego della pietra consentirono inoltre l'inserimento del frontone sui due lati brevi del tempio, innovazione che permise l'aggiunta di sculture monumentali al di sopra della trabeazione. Infatti, parallelamente al processo di litizzazione, i templi vennero ornati con apparati scultorei sempre più complessi. Inoltre a differenza dei monumenti più antichi, caratterizzati da pitture murali, nell'età Arcaica si verificò una "rivoluzione decorativa" consistente in uno spostamento degli apparati ornamentali dalla parte inferiore a quella superiore del tempio. I greci infatti chiamavano la parte superiore "kosmos", ossia ordine fisico e morale. In questo senso, la scultura e la pittura non sono una semplice componente aggiuntiva dell'edificio a cui KER appartengono, ma contribuiscono in maniera determinante al suo significato e alla sua funzione. LE TIPOLOGIE TEMPLARI In età arcaica la complessità delle strutture templari crebbe progressivamente. Queste sono le strutture principali: ● ● In antis, per via dei due pilastrini di muro protendenti verso l'esterno; Doppiamente in antis, che aggiunge sul lato posteriore uno spazio identico al pronao; Prostilo, quando nel tempio quattro colonne delimitano il pronao; Anfipròstilo, quando il vestibolo viene raddoppiato sul lato posteriore; Periptero, caratterizzato da un colonnato (peristasi) che circonda completamente la cella; Diptero, quando la peristasi raddoppia; A tholos, di pianta circolare e circondato da colonne. L'adozione di un basamento piuttosto basso di pochi gradini e l'aspetto aperto e arioso, entrambi comuni a tutte le tipologie confermano il desiderio di garantire un contatto molto stretto tra l'edificio e l'ambiente circostante. Il tempio Greco si definisce quindi da subito come uno spazio accessibile e luminoso, regolato da criteri di ordine, simmetria e proporzione. GLI ELEMENTI DEL TEMPIO GRECO trabeazione struttura orizzontale formata da architrave, fregio e cornice capitello elemento di rac- cordo tra colonna e architrave cornice elemento sporgente sago- mato che protegge il fregio e l'architrave mètopa elemento quadran- golare dipinto o scolpito in rilievo frontone elemento architettonico di forma triangolare, con funzione strutturale e decorativa, compo sto da timpano e cornice triglifo elemento quadrango- lare con tre scanalatu- re verticale timpano superficie triangolare racchiu- sa dalla cornice del frontone, spesso ornata da sculture rampa percorso processionale che guida verso il dio pronaos spazio porticato che precede il naos tetto copertura in tegole di terracotta antefissa elemento decorativo applicato alla testata del- l'ultima fila delle tegole capriata struttura lignea triangolare che sostiene il tetto colmo trave che collega i vertici superiori delle capriate Feed stilobate ultimo gradino del crepidoma, costi- tuisce il basamento vero e proprio sul quale poggiano le colonne naos stanza interna dove è custodita la statua della divinità; può essere divisa da file di colonne CHAL crepidóma basamento a gradoni su cui sorge il tempio acrotério elemento decorativo colloca- to sul tetto, in corrisponden- za degli angoli del frontone architrave elemento portante orizzon- tale che scarica il peso della trabeazione sulle colonne colonna fusto cilindrico composto da rocchi e sormontato dal capitello fregio fascia decorativa posta sopra l'architrave, composta da metope e triglifi alternati IL TEMPIO GRECO GLI ORDINI ARCHITETTONICI La codificazione degli ordini architettonici si fa risalire al VII sec. a.C. Gli ordini architettonici sono l'insieme degli elementi che compongono un organismo architettonico secondo precise regole stilistiche e proporzionali. È la regionalizzazione il tratto che contraddistingue i due principali ordini architettonici, il Dorico e lo lonico, nati rispettivamente nelle aree di influenza Dorica e lonica. Un discorso a parte spetta all'ordine Corinzio,sviluppatosi nel V sec. a.C. Nel processo di rinnovamento dell'arte Greca, fu significativa I'influenza dell'architettura Egizia conosciuta in via diretta dai mercanti e soldati greci. Tale influsso fu rilevante, in campo architettonico, nell'evoluzione delle tecniche di cantiere, particolarmente nel trasporto dei blocchi di pietra che giungevano dalla cava già sbozzati, nel loro sollevamento e nelle tecniche di alloggiamento e di giunzione con grappe. La sistemazione a secco dei blocchi di pietra veniva agevolata con l'uso di aste di metallo proprio come nei cantieri Egizi. Si ritiene inoltre che i Greci possano aver appreso la realizzazione di disegni e piante preperatori per la progettazione degli edifici. frontone comice trabeazione fregio architrave capitelio- colonna fusto stilobate sterebbate o crepidóma acroterio gocce trigifo métopa abaco echino scanalature frontone comice trabeazione fragia architrave capitello colonna fusto base sticbate stereobate a crepidóma -sima -dentela -fasce abaco valuta echino toro -trochio (o gola) frontone comice trabeazione tregio architrave capitello colonna- fusto base stobate- stereóbate a crepidoma -modiglione -dentello fogie d'acanto astragalo L'ORDINE DORICO L'architettura Dorica presenta forme massicce ed imponenti: la colonna poggia direttamente sullo stilòbate, senza l'ausilio di una base. Il fusto è rastremato verso l'alto e presenta un lieve rigonfiamento a circa 2/3 dell'altezza, detto èntasi. Questo rigonfiamento fa parte delle correzioni ottiche apportate nell'architettura Greca al fine di perseguire un risultato visivo di assoluta linearità e perfezione. Al contempo l'èntasi simula lo sforzo fisico dovuto al peso della copertura sulle colonne, esaltandone la funzione di sostegno e conferendo un effetto di ulteriore potenza e solidità all'edificio. Il fusto della colonna dorica, inizialmente monolitico e poi elevato con rocchi sovrapposti e uniti da un perno bronzeo centrale, è decorato con profonde scanalature a spigoli vivi ed è sormontata da un capitello composto da un elemento circolare basso e schiacciato, detto echino, e da un elemento aggettante a forma di parallelepipedo, l'abaco. La semplicità della colonna dorica esprime forza e solidità, una purezza strutturale che evidenzia il senso di monumentalità e di grandezza caratteristico dei templi arcaici. La decorazione del fusto scanalato accoglie la luce, determinando un forte contrasto chiaroscurale e creando un effetto plastico, quasi scultoreo: si amplifica così lo scambio tra lo spazio interno e quello esterno dei templi, uno degli aspetti caratterizzanti dell'architettura Greca. L'ORDINE DORICO: LA TRABEAZIONE E IL FRONTONE La porzione superiore del tempio accoglie la gran parte degli elementi decorativi. Con il termine trabeazione si intende la sovrapposizione di tre elementi sormontanti la colonna: l'architrave, il fregio e la cornice. Le colonne sono congiunte da un architrave, sul quale giace un fregio composto dall'alternanza di metope, pannelli figurati scolpiti a rilievo, e triglifi, elementi marmorei scanalati. La presenza della scultura metopale costituisce un aspetto caratteristico e identificativo dell'ordine dorico. La metopa introduce una componente narrativa che concentra il racconto mitologico in una singola scena di particolare rilevanza drammatica ed evocativa. Tuttavia il sistema alternato metope/triglifi del fregio dorico determinava un'incongruenza nella sezione angolare del tempio, dove il triglifo doveva essere tagliato a metà. La soluzione a questo problema fu quella di modificare l'ampiezza di metope e triglifi, solo successivamente vennero ideate nuove soluzioni. Fregio con metope e triglifi alternati tradeazione colonna cornice обол architrave o epistilio capitello acroterio ionico astragali gh ison abaco re stilobate sima inclinato gh ison inclinato timpanc orlo voluta echino a ovoli L'ORDINE IONICO La formulazione dell'ordine ionico seguì di poco la comparsa del dorico e subì profondamente l'influenza della raffinata cultura orientale con la quale erano in contatto le isole dell'Egeo e le colonie greche dell'Asia Minore. Alle forme possenti ed essenziali del tempio dorico, si preferirono linee più sottili e slanciate: gli elementi strutturali e portanti vennero attenuati e ingentiliti. La colonna ionica presenta, infatti, un fusto più snello, decorato da un maggior numero di scanalature più smussate e sostenuto da una base tripartita composta da due tori e una scozia. L'uso di arrotondare le scanalature rende il trapasso chiaroscurale più tenue, evitando un passaggio violento tra luce e ombra e producendo un effetto luministico delicato, quasi pittorico. L'ORDINE IONICO: CAPITELLO E TRABEAZIONE capitello presenta un echino molto decorativo che si piega verso il basso con due ampie volute, tra le quali si dispone una fila di ovuli alternati a dentelli, mentre l'abaco si riduce sensibilmente divenendo una lastra sottile. L'effetto di verticalismo si conferma nella trabeazione. Come la base, anche l'architrave è tripartito e presenta tre fasce progressivamente aggettanti, cioè sporgenti dall'alto in basso verso l'esterno. Diversamente dall'ordine dorico, il fregio è composto da un rilievo continuo, privo di interruzioni, prestandosi a complessi narrativi più estesi e articolati rispetto alla sequenza di episodi distinti, caratteristica della decorazione metopale. LAA SUF DIPANG ARAP! 25 SETO KAKA protome leonina sima orolo gocciolatoio dentelli orolo fregio cavetto avolo fascia fascia architrave 105 L'ORDINE CORINZIO Sviluppatosi soltanto a partire dal V secolo a.C. e impiegato soprattutto in età ellenistica e nell'architettura imperiale romana, l'ordine corinzio è il più elaborato dei tre ordini architettonici Greci e si contraddistingue soprattutto per due elementi: Il capitello molto decorativo, che simula l'effetto di un cesto avviluppato da foglie di acanto, alle quali aggiunge quattro piccole volute angolari; Il forte verticalismo delle colonne, determinato dall'inserimento di un elemento di sostegno, detto plinto, posto sotto alla base. Per tutti gli altri aspetti (fusto scanalato, base della colonna, trabeazione), l'ordine corinzio replica le caratteristiche di quello lonico. LA SCULTURA La scultura monumentale appare in Grecia nel VII secolo a.C., parallelamente all'avvento degli ordini architettonici e alla costruzione dei primi grandi santuari, quando per i fedeli nasce la necessità di offrire opere votive da esporre al cospetto della divinità. Prima di allora le statue erano spesso lignee e di piccole dimensioni. Le statue lignee prendevano il nome di xoana, mentre si indicavano col termine sphyrelata quelle in lamina di metallo su una struttura in legno. Xoana - - Sphyrelata LA SCULTURA DEDALICA La prima stagione della scultura greca viene definita dedalica, dal nome di Dedalo, architetto e scultore, al quale il mito attribuiva la costruzione del labirinto di Cnosso. Con la stessa definizione può essere indicata la Kore di Nikandre, uno dei primi esempi di scultura in pietra. Alta 1,75 m. e databile alla seconda metà del VII sec. a.C., l'opera proviene dall'isola di Delo; grazie all'inscrizione che l'accompagna conosciamo le circostanze che portarono alla sua realizzazione. Nikandre è il nome della fanciulla rappresentata; in occasione del suo matrimonio, ella offrì la statua alla dea Artemide. L'opera è concepita frontalmente: le braccia sono distese lungo il corpo e il modellato è quasi piatto. La figura appare rigida ed è scolpita come un rilievo; si ipotizza che l'impostazione derivi dagli antichi xoana, nei quali il legno veniva appena lavorato anche per conservarne l'aspetto naturale, ritenuto sacro. Purtroppo la decorazione pittorica con cui era arricchita la statua è stata perduta. KOÚROI: ASPETTI FISICI Durante il VII secolo a.C. si afferma la tipica espressione della scultura Greca Arcaica, consistente nella realizzazione di figure stanti maschili (koúroi) e femminili (kórai). Entrambe le tipologie erano per i Greci ornamenti preziosi da offrire in dono alle divinità e destinati ai luoghi di culto. La postura di queste statue è estremamente rigida e ripetitiva: il personaggio appare in piedi con le braccia lungo i fianchi e una sola gamba leggermente avanzata. Si tratta di un'impostazione derivata dalla statuaria Egizia: la nudità e la postura stante esprimono rispettivamente la capacità e l'efficacia dell'azione di un individuo e la solennità e nobiltà di quest'ultimo. Inoltre l’ostentata vigoria dei corpi e la gioventù esuberante sono ragione di felicità e benessere. KÓRAI: ASPETTI FISICI Le kórai appaiono al contrario rigorosamente abbigliate, con vesti che, in base alla moda del tempo, variano dal peplo, al chitone, alla clamide e che, originariamente, erano impreziosite da una vivace decorazione pittorica. Anche in questo caso siamo di fronte a fanciulle dell'aristocrazia ma, trattandosi di figure femminili, la loro eccellenza non si esprime attraverso la nudità, bensì nella ricchezza dell'abbigliamento. L'arte della tessitura era infatti una dimostrazione di abilità e di capacità pratico-ideativa, che non è necessaria al sostentamento, ma che manifesta le doti dell'aristocratico. KOÚROI E KÓRAI: IL LINGUAGGIO DELLA STATUA Spesso i koúroi e le kórai presentano iscrizioni contenenti informazioni circa il committente, la circostanza e la dedicazione dell'opera. In questo caso possiamo affermare che si tratta di statue “parlanti". Le iscrizioni fanno sì che l'opera si rivolga in prima persona all'osservatore, raccontando se stessa. Questa “facoltà di parola" delle statue potrebbe avere un nesso con un'altra particolarità che li caratterizza: il cosiddetto "sorriso arcaico". Si pensa che questo atteggiamento possa essere, più che una condizione di serenità interiore, un atteggiamento convenzionale, una disponibilità al dialogo propria all'aristocratico oltre che agli dèi benevolenti. LA SCULTURA DORICA: KLEOBIS E BITON Come nell'architettura, così nella scultura arcaica si sviluppano differenti stilistiche locali. È possibile individuare tre diverse scuole: dorica, ionica e attica. I caratteri formali di ciascuna corrente riflettono quelli degli ordini architettonici, a testimonianza di una sensibilità estetica ben definita per ogni regione Greca. La scultura dorica presenta tratti severi: le figure sono modellate con linee rigide e forti contrasti chiaroscurali. Nelle statue gemelle Kleobis e Biton, rinvenute nel santuario di Delfi, la lavorazione della capigliatura a trecce ricorda le scanalature delle colonne doriche. I corpi dei due fratelli sembrano costruiti come solidi geometrici: le braccia sono cilindri separati e fanno sembrare la figura composta da più “pezzi“ e non un organismo unitario. Rispetto alla scultura Egizia, cui quella Arcaica fa riferimento, va rilevato il definitivo distacco figura dal blocco di marmo. Pur mantenendo l’assoluta frontalità della statua, pensata per essere osservata da un solo punto di vista, gli scultori greci modellavano il blocco a tutto tondo, liberando l'opera dal fondo cui l'arte egizia tendeva a relegarli. LA SCULTURA IONICA: IL KOUROS DI MELOS Un modellato più dolce contraddistingue invece la scultura prodotta in area ionica. I corpi dei koúroi appaiono più snelli e slanciati, con portamento leggero ed elegante. Nel Kouros di Melos l'anatomia del giovane è appena accennata: mentre la parte superiore del corpo esprime agilità, la tensione muscolare è accentuata nei polpacci, quasi a focalizzare la nostra attenzione sull'azione dell'incedere. La folta capigliatura ricade all'indietro, i fianchi sono stretti, le ginocchia risultano più arrotondate rispetto alle vistose protuberanze ossee delle sculture doriche. L'artista ha ridotto l'effetto chiaroscurale accentuato da Kleobis e Biton: la luce scivola velocemente lungo la superficie del marmo, senza incontrare ostacoli. Anche il volto appare più disteso, la bocca è sottile e gli occhi non disegnano cavità profonde come nei kouroi argivi. L'HERA DI SAMO il ricorso a un modellato più morbido e la tendenza a ricercare una maggiore sensibilità alla luce sono ancora più evidenti nelle korai di scuola ionica: i corpi femminili delle statue rinvenute a Samo assumono forme cilindriche simili, a colonne, e sono totalmente avvolti in lunghi chitoni, mentre un morbido mantello ne cinge le spalle. La cosiddetta Hera è considerata un capolavoro assoluto della scultura ionica. La sottile pieghettatura delle vesti conferisce ritmo alla figura, sottolineando la circolarità e lo slancio verticale nella parte inferiore e dando movimento al busto. Infatti, in corrispondenza del busto, il panneggio assume inaspettatamente una direzione obliqua che rompe la monotonia del chitone sottostante e, al contempo asseconda le sensuali figure femminili. LA SCULTURA ATTICA: IL MOSCHÒPHOROS L'opera, rinvenuta sull'Acropoli di Atene nel XIX secolo, è stata realizzata come statua votiva dedicata alla dea Atena dopo la vittoria di una gara con il vitello quale premio finale. Il modellato risulta assai più morbido e curato rispetto agli esempi scultorei dorici e ionici: lo rivela l'attenzione con cui sono scolpiti l'addome, le braccia e le spalle. La figura inoltre ha perduto la sua originaria policromia, che comprendeva pittura e altre rifiniture in pasta vitrea o cristallo di rocca. La turgida muscolatura dell'uomo raspare attraverso il sottile mantello ch'egli indossa. Straordinario è l'incrocio tra le zampe dell’agnello e le braccia dell'uomo piegate al petto, il quale dà vita a una costruzione a X che rompe la rigida impostazione della statuaria di età arcaica. Questa trovata compositiva conferisce equilibrio e stabilità alla figura. All'attento modellato dell'anatomia delle figure fa da contraltare la resa grafica dei capelli e della barba, geometrizzanti e sommari. LA CERAMICA E LA TECNICA A FIGURE NERE II VI sec. a.C. vede un forte sviluppo della produzione di ceramica dipinta, soprattutto nell'area di Atene. In questo periodo vengono ideate nuove tipologie di vasi e si arricchisce il repertorio di immagini, con storie tratte dal mito, dall'epica e dalla vita quotidiana, con cui ornare i vasi. Sull'esempio della pittura vascolare corinzia, gli Ateniesi perfezionano la tecnica “a figure nere": le figure, campite di vernice nera lucida, si stagliano sul fondo ocra della terracotta e vengono rifinite nei loro dettagli con incisioni eseguite mediante il bulino. Grattando lo strato di vernice nera, la raffigurazione poteva essere arricchita di dettagli, in modo da conferirle precisione ed eleganza grafica. Potendosi avvalere solo del contrasto ocra/nero e del segno sottile del bulino, la tecnica a figure nere non poteva conseguire effetti di sfumato e concepì pertanto le immagini esclusivamente di profilo. Perciò si può affermare che in questo tipo di decorazione prevale soprattutto un approccio "disegnativo", più che "pittorico" IL VASO FRANÇOIS: ASPETTI FISICI II Vaso François, risalente al 570 a.C. è un cratere rinvenuto in una tomba Etrusca a Chiusi, dalla complessità e ricchezza del suo apparato iconografico eccezionali: nonostante alcune lacune causate dalla rottura dell'oggetto, è possibile distinguere 270 figure e 121 iscrizioni distribuite nei suoi 6 registri. I temi raffigurati sono tratti dal mito: il fregio principale, che si svolge per l'intera circonferenza del vaso, è dedicato alle nozze dei genitori d'Achille, evento che fu all'origine del giudizio di Paride e quindi della guerra di Troia. Il pittore indugia nella rappresentazione di vesti, edifici e armature con un'accuratezza sorprendente. Notevole è anche la dinamicità della composizione: i personaggi si dispongono sia frontalmente sia di profilo, muovendosi in direzione diverse tra un registro e l'altro, un espediente che vivacizza la lettura della rappresentazione e crea proiezioni di sguardi e movimenti divergenti. Tale varietà consente all'artista di mettere in scena una vasta gamma di situazioni emozionali: nonostante i limiti descritti dalla tecnica a figure nere, il pittore riesce ad esprimere, con l'eloquenza dei soli gesti e posture, momenti di intensa drammaticità, come fossero riquadri metopali sull'ansa di un vaso. 1 CLEAGLONUND BAESAGBABACIS ABABAS EXECHIAS Tra i principali ceramografi attivi nel VI secolo a.C., uno dei più innovativi fu Exechias, del quale conosciamo una dozzina di vasi firmati, ma numerosi altri gli vengono attribuiti, con una datazione compresa tra il 550 e il 530 a.C. La particolarità del suo stile è quella di prediligere singoli momenti tratti dal mito o dall'epica che non abbiano tanto una rilevanza narrativa ma che esprimano delle forti tensioni emotive. La qualità esecutiva e la raffinatezza concettuale delle sue opere testimoniano il livello altissimo conseguito dalla pittura greca di età arcaica. Nell'anfora Achille e Aiace giocano ai dadi, l'artista riesce a rappresentare, in un momento di svago, una scena solenne per il clima di attesa e l'incongruenza di due guerrieri armati di lance, occupati con tanta concentrazione in un intrattenimento effimero. Lo spazio vuoto isola i due personaggi e suggerisce un'atmosfera silenziosa che pare avvolgere la loro intesa. EXECHIAS: IL SUICIDIO DI AIACE Mi ha colpito in particolare il Suicidio di Aiace, un'altra anfora firmata Exechias, nella quale il vuoto ha un’importante rilevanza espressiva. Sconvolto per non aver ottenuto le armi di Achille, Aiace cade in preda alla disperazione e, consapevole di aver perso l'onore, si suicida con la spada di Ettore, nemico troiano. Exechias coglie l'eroe nel momento della preparazione all'insano gesto, mentre punta la spada a terra. La carica drammatica della scena è accentuata dalla precisione con cui Aiace si dispone alla morte; il corpo nudo e possente compone una massa scura sul fondo ocra del vaso e si contrappone allo scudo e all'elmo, strumenti ora impotenti di fronte all'uomo che ha rinunciato a combattere. L'espressione mostruosa dipinta sullo scudo appare qui come un ghigno beffardo, una nota agghiacciante nell'opprimente solitudine che circonda il guerriero. LA TECNICA A FIGURE ROSSE La tecnica a figure rosse consiste nel “risparmiare“ le forme (cioè lasciarle non colorate) sul fondo nero, sfruttando il colore rosso-arancio della terracotta per la resa dei corpi. L'effetto che ne deriva consente non soltanto un maggiore naturalismo, dovuto al tono di colore quasi prossimo all'incarnato, ma permette ai ceramografi una gamma espressiva infinitamente più estesa, potendo realizzare dettagli e rifiniture con l'uso di un pennello sottile. Gli artisti si liberano della rigidità grafica del passato e riescono a conseguire risultati di profondità spaziale e di gestualità più eloquente. Le figure assumono posture più articolate, interagiscono tra loro e compiono azioni complesse, animando narrazioni più coinvolgenti e drammatiche. FINE. Grazie per l'attenzione.