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La Germania divisa tra cattolici e luterani

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LA GERMANIA DIVISA TRA CATTOLICI E
LUTERANI
Le rivolte dei cavalieri e le guerre contadine
Il malcontento dei contadini e della piccola
nobi

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LA GERMANIA DIVISA TRA CATTOLICI E LUTERANI Le rivolte dei cavalieri e le guerre contadine Il malcontento dei contadini e della piccola nobiltà In Germania sempre più diffuso il malcontento per la corruzione della Curia papale si aggiungeva quello per lo strapotere del clero tedesco, che viveva grazie alle rendite derivanti dai numerosissimi benefici ecclesiastici diffusi su tutto il territorio e che per di più vessava la popolazione con l'imposizione di decime e altre tasse. Ciò non colpiva soltanto i contadini, sui quali gravava il peso maggiore dei tributi, ma anche la piccola nobiltà, che avrebbe voluto avere per sé e per i propri figli i ricchi patrimoni ecclesiastici. I cavalieri in rivolta I primi ad essere d'accordo con le idee di Lutero furono i cavalieri, esponenti della piccola nobiltà, costituita essenzialmente dai figli cadetti e dai diseredati delle maggiori famiglie feudali, rappresentavano all'inizio del Cinquecento un forte elemento destabilizzante nella società germanica. Emarginati dai ranghi degli eserciti, che ormai erano composti per lo più da mercenari e da corpi di artiglieria, esclusi dalle decisioni politiche in quanto privi di diritto di voto alle diete imperiali, sovrastati dal potere dei grandi principi, i cavalieri si riconobbero nel messaggio di Lutero, di cui accolsero soprattutto la polemica contro la ricchezza e i beni materiali della Chiesa. Le rivolte che li videro protagonisti fra il 1522 e il 1523, sotto la guida di Franz von Sickingen, presero quindi di...

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Didascalia alternativa:

mira i feudi ecclesiastici: dopo aver attaccato nel 1522 il principato vescovile di Treviri, la lotta ingaggiata dai cavalieri si estese fino a innescare una vera e propria guerra civile. A bloccarla intervennero i principi di Treviri, d'Assia e del Palatinato del Reno: nel 1523 la rivolta venne repressa. Le guerre dei contadini La ribellione dei contadini, iniziata nel 1521, fu solo l'ultima di una lunga sequenza di sommosse locali perché non potevano vendere beni, non erano liberi di trasferirsi in zone diverse da quelle in cui risiedevano e nemmeno era lasciata loro la facoltà di scegliere con chi sposarsi. Oltretutto nel corso del Quattrocento si era verificato un peggioramento delle loro condizioni: all'incremento dei gravami fiscali si erano aggiunti gli effetti dell'inflazione, che aveva provocato l'aumento del prezzo del grano e la richiesta di prestazioni lavorative sempre più onerose da parte dei proprietari feudali.I contadini tedeschi accolsero con entusiasmo gli appelli di Lutero che annunciavano un futuro di uguaglianza fra tutti gli uomini. Nel 1521 alcune bande di contadini ribelli si unirono nella cosiddetta Lega dello scarpone e affissero sul portale della chiesa di Worms un proclama contro l'arcivescovo di Magonza. Il ruolo di Thomas Muntzer La furia delle bande contadine trovò sostegno e incitamento in Thomas Müntzer, seguace di Lutero e schierato fin da subito contro i ricchi e contro il clero. Accusato di essere il promotore di un'insurrezione popolare scoppiata proprio a Zwickau, era stato costretto a riparare in Boemia, dove nel 1521 aveva elaborato il suo Manifesto di Praga. Era stato durante la fuga per sottrarsi ai suoi avversari che Müntzer si era unito ai contadini promettendo loro un nuovo assetto sociale, basato sull'abolizione della proprietà privata e su principi egualitari. Nel corso del 1523 le sue predicazioni estremiste cominciarono a suscitare le preoccupazioni dello stesso Lutero. Müntzer infatti, convinto che il vero cristiano fosse ispirato direttamente da Dio e che il sacerdozio appartenesse indistintamente a tutta la comunità dei fedeli, intendeva procedere alla creazione di una società di cristiani perfetti, legittimati a usare anche la forza per imporre il proprio credo e la propria egemonia. La repressione delle rivolte I contadini iniziarono a organizzarsi e resero pubbliche le loro rivendicazioni tra cui il ripristino della consuetudine di eleggere il proprio parroco e la restituzione delle terre comuni e dei diritti (di caccia e pesca e del taglio della legna) che in passato appartenevano alla comunità di villaggio. Altre richieste erano l'abolizione delle decime e quella della servitù personale, oltre alla cancellazione delle tasse di successione, che davano modo al signore di incamerare la metà dei beni alla morte di quanti erano alle sue dipendenze. Le violenze e i saccheggi delle bande indussero i principi, i vescovi, l'alta nobiltà e i ceti borghesi delle città a far causa comune per soffocare la rivolta con le armi. Nella battaglia di L'appoggio di Lutero al potere politico Lutero aveva condannato duramente il movimento dei contadini perchè non approvava che la parola di Dio venisse diffusa ricorrendo alla violenza, ma soprattutto era inaccettabile per lui che fosse il popolo a usare la forza: potevano farlo unicamente i principi e le autorità politiche per difendere l'ordine sociale. In uno scritto del 1525 intitolato Contro le bande omicide e saccheggiatrici dei contadini, Lutero incitò quindi i nobili e i signori a "colpire, scannare, massacrare in pubblico o in segreto" i ribelli in quanto essi rappresentavano una seria minaccia all'ordine costituito. A sollecitare una repressione spietata dei rivoltosi era stato indotto non solo dall'intento di prevenire il rischio che le sue dottrine venissero associate agli impulsi anarchici dei contadini, ma anche dalla sua concezione tipicamente medievale della società, secondo la quale il potere politico era creato da Dio e aveva nei principi i garanti dell'ordine. In base a questo assunto i ribelli andavano colpiti; colpendoli si obbediva a Dio stesso e perciò si guadagnava la salvezza in paradiso. Il presupposto di una simile convinzione Lutero lo trovava, del resto, in un passo della Lettera ai Romani di san Paolo che recita: "Non c'è autorità se non da Dio, e le autorità che esistono sono ordinate da Dio". Lutero, solo apparentemente in contraddizione con la spinta libertaria che era stata alle origini della sua predicazione, si era quindi andato schierando dalla parte dei principi e della grande nobiltà. Frankenhausen persero la vita almeno 100.000 rivoltosi e lo stesso Müntzer, fatto prigioniero, venne decapitato. La condizione di servitù della gleba sarebbe durata ancora per secoli. L'adesione alla Riforma dei principi tedeschi e lo scontro con Carlo V³ "Riforma dei principi" e "riforma delle città" Lutero si guadagnò l'appoggio dei grandi principi, i quali si erano resi conto dei possibili vantaggi di un'alleanza con il riformatore in funzione antimperiale e antipapale. Soprattutto i principi della Sassonia, del Palatinato e dell'Assia compresero che, aderendo alla Riforma, avrebbero potuto liberarsi delle enclaves ecclesiastiche esistenti nei loro territori e accrescere inoltre le loro prerogative nei confronti dell'impero. Fu così che procedettero a incamerare molte terre appartenenti al clero e, su richiesta dello stesso Lutero, nominarono degli ispettori per amministrare le circoscrizioni ecclesiastiche e per sorvegliare l'attività dei predicatori. Le stesse opportunità vennero colte anche da moltissime città tedesche, specie nella Germania meridionale, ma anche nelle regioni centro-settentrionali, fra cui Strasburgo, Lubecca, Amburgo, Francoforte, Augusta. L'imperatore Carlo V e i protestanti L'imperatore Carlo V inizialmente sottovalutò la portata del fenomeno luterano e assunse un atteggiamento conciliante, anche perché impegnato nelle guerre con il re di Francia Francesco I. Così nella prima dieta di Spira (1526) i duchi d'Assia e Sassonia riuscirono a far passare l'assunto che dovesse essere il principe a scegliere la religione da adottare all'interno del proprio territorio. Ma poi, nel corso della seconda dieta di Spira (1529), l'imperatore chiese ai principi passati alla Riforma la restituzione delle terre sottratte alla Chiesa, mettendo nuovamente al bando Lutero e i suoi seguaci. Per tutta risposta questi protestarono energicamente: fu così che da allora assunsero l'appellativo di "protestanti". La Confessione augustana Nel frattempo stavano creandosi delle spaccature all'interno del movimento riformato a causa delle diversità dottrinali. In questo contesto Carlo V tentò il riavvicinamento tra luterani e cattolici, convocando, nel 1530, una nuova dieta nella città di Augusta. Come rappresentante di Lutero giunse il dotto umanista Filippo Melantone, che espose i principi fondamentali della nuova confessione, da allora indicata come Confessione augustana. L'accordo non fu comunque raggiunto e lo stesso fronte protestante restò diviso: al testo infatti non aderirono né i sostenitori di Zwingli né gli anabattisti, tuttavia la Confessione augustana divenne da allora il manifesto religioso dei luterani. Dalla Lega di Smalcalda alla pace di Augusta I nobili protestanti nel 1531 si unirono nella Lega di Smalcalda, a cui aderirono anche i principi di Brandeburgo, di Luneburgo e del Württenberg. Falliti altri tentativi di pacificazione tra cattolici e luterani nei cosiddetti colloqui di Ratisbona, Carlo si risolse a prendere le armi e nell'aprile 1547 inflisse una dura sconfitta alla Lega di Smalcalda nella battaglia di Mühlberg, in Sassonia. La vittoria tuttavia non fu decisiva, tanto che nel 1550 si era costituita una nuova lega antiasburgica, a cui aderì anche il nuovo re di Francia Enrico II. Ma a quel punto l'imperatore, stanco di combattere, decise di stipulare, nel 1555, la pace di Augusta, con cui veniva riconosciuta ai principi la facoltà di scegliere la confessione cui aderire; lo stesso diritto non fu però concesso ai sudditi, obbligati a seguire la religione del loro signore secondo il principio cuius regio, eius religio. La Germania veniva così divisa, di fatto, tra cattolicesimo e luteranesimo. GLI SVILUPPI DELLA RIFORMA E LA DIFFUSIONE IN EUROPA *La Svizzera di Zwingli e di Calvino Le nuove Chiese evangeliche Emersa inizialmente come un fenomeno tedesco, la Riforma conobbe ben presto nuovi sviluppi e coinvolse anche altri paesi europei, dove nacquero dei movimenti religiosi che diedero luogo alla fondazione di Chiese evangeliche, così definite perché, separandosi dalla Chiesa cattolica, aspiravano a un ritorno alla parola del Vangelo. L'esperienza di Zwingli a Zurigo A soli due anni di distanza dall'affissione delle 95 tesi di Lutero, nella città di Zurigo Ulrich Zwingli intraprese un'autonoma azione riformatrice. Egli aveva stigmatizzato pubblicamente gli aspetti peggiori della Chiesa di Roma: la superstizione, il mercato dei beni ecclesiastici, le indulgenze, le degenerazioni del culto delle reliquie e delle immagini. Nel 1520 il Consiglio cittadino accolse ufficialmente le proposte da lui avanzate e così Zwingli ebbe mano libera nel riorganizzare la liturgia: vietò le processioni e le musiche, aboli la celebrazione eucaristica, proibì il celibato dei preti, ordinò la distruzione delle immagini e degli affreschi nelle chiese e soppresse i conventi utilizzando i loro beni per l'assistenza ai poveri. Zwingli e Lutero Come Lutero, Zwingli limitò i sacramenti a battesimo ed eucarestia. Su quest'ultima, però mentre Lutero credeva nella presenza reale del corpo e del sangue di Cristo nel pane e nel vino, Zwingli la negava, attribuendo al sacramento un valore puramente simbolico, di ricordo e commemorazione dell'ultima cena del Signore. Egli inoltre era fautore di un repubblicanesimo osteggiato da Lutero, rispettoso come sempre dell'autorità sovrana dei principi. Nel 1529 i due riformatori si trovarono a Marburgo per confrontarsi e cercare un terreno d'intesa, ma il tentativo falli. La diffusione delle idee di Zwingli Da Zurigo le idee di Zwingli si diffusero ben presto in altre città svizzere come Berna e Basilea, Costanza, a Strasburgo e in Germania. Alcuni cantoni rimasero tuttavia fedeli al cattolicesimo e si schierarono contro il riformatore. Privo degli appoggi dei luterani per via della divergenza di opinioni sull'eucarestia, Zwingli rimase dunque isolato, tanto che nel 1531 Zurigo venne assalita da un esercito allestito dai cattolici, che in quello stesso anno riportò poi una vittoria definitiva nella battaglia di Kappel, in cui trovò la morte lo stesso Zwingli. Giovanni Calvino La bandiera della Riforma nelle città svizzere venne in seguito impugnata da Giovanni Calvino che aveva conosciuto le tesi di Lutero. Nel 1534 il re francese Francesco I aveva ordinato una persecuzione contro i protestanti che vivevano nel suo regno, e Calvino era stato costretto a fuggire riparando nella città svizzera di Basilea. Qui, due anni dopo, fu pubblicato il suo scritto Institutio Christianae Religionis (Istituzione della religione cristiana): l'opera era un commento dei nodi più cruciali della dottrina cristiana e sarebbe divenuta uno dei testi fondamentali del mondo riformato. Calvino negava il valore salvifico delle opere, perché solo la fede può salvare l'uomo. Come Zwingli, considerava infatti l'eucarestia un semplice rito di commemorazione negando la presenza reale di Cristo nell'ostia. Inoltre, rispetto a Lutero, Calvino accentuò la dottrina della predestinazione sostenendo che ogni persona è predestinata da Dio alla salvezza o alla dannazione eterna in base a criteri imperscrutabili. L'uomo può impegnarsi a compiere il bene non tanto per accrescere i propri meriti e ottenere la salvezza eterna, quanto per trovare dentro di sé i segni della predilezione divina e per onorare Dio stesso. Il regime teocratico della Ginevra di Calvino Nel 1541 Calvino si trasferì definitivamente a Ginevra. In questa città Calvino volle fondare uno Stato ideale, capace di garantire la piena attuazione della riforma religiosa da lui promossa. Ginevra divenne un modello di città-Stato su cui vigilava un Concistoro, organo collegiale dal potere politico e religioso; ai suoi abitanti venne imposta una severissima disciplina: teatri e taverne vennero chiusi, fu bandito il gioco d'azzardo, punito ogni genere di lusso e ostentazione. Quello di Ginevra fu un vero e proprio governo teocratico: ogni trasgressore delle norme veniva estromesso dalla vita pubblica. Calvino ne fu a capo fino alla morte. La sua sottopose la città a un regime di terrore che non di rado sfociò in gravi episodi di intolleranza. Il più famoso fu legato alla figura del medico spagnolo Michele Serveto che aveva negato il dogma della Trinità e venne arrestato su ordine di Calvino e mandato al rogo. L'anabattismo Calvino represse gli anabattisti, un gruppo di credenti nel Vangelo che voleva costituire in Terra una Chiesa di "perfetti" osservanti della legge di Dio. I seguaci ritenevano che il battesimo avesse valore solo se consapevolmente ricevuto, quindi sostenevano che il sacramento dovesse essere dato solo agli adulti che avessero compiuto un adeguato percorso di preparazione (da qui il termine di anabattisti, "ri-battezzati"). Uno dei tratti distintivi degli anabattisti fu anche un forte radicalismo di carattere politico. Poiché il vero cristiano per essere tale doveva seguire alla lettera i comandamenti, ne derivava che non poteva portare armi e nemmeno fare la guerra; anche il giuramentoera vietato. Per queste loro convinzioni gli anabattisti vennero quindi considerati eversori dell'ordine sociale e dunque perseguitati sia dalla Chiesa riformata sia da quella cattolica. Due editti imperiali, nel 1528 e nel 1529, ne decretarono la condanna: essi vennero massacrati nei territori rimasti cattolici come la Baviera, ma anche in quelli passati al luteranesimo. Nel 1534 gli anabattisti riuscirono tuttavia a conquistare il potere nella città di Münster sotto la guida di Giovanni da Leida, che voleva insediarvi una "nuova Gerusalemme", essi tentarono di restaurare le antiche leggi bibliche, negarono il possesso personale dei beni e si diedero alla poligamia seguendo l'esempio di Abramo e Isacco. Di fronte a questi eccessi, cattolici e luterani furono d'accordo sull'assediare la città. Münster venne espugnata nel 1535 e migliaia di anabattisti furono sterminati. Lo scisma dalla Chiesa romana in Inghilterra Una rottura fondata su basi politiche In Inghilterra le esigenze di una riforma ecclesiastica si erano manifestate già nel corso del Trecento con la predicazione di John Wyclif e per tutto il secolo successivo con i lollardi. Sebbene esistesse una certa affinità dottrinale tra questo movimento e le idee calviniste e luterane, la rottura della Chiesa inglese con Roma fu tuttavia il risultato di un atto di natura esclusivamente politica deciso dal sovrano per rafforzare il potere assoluto della monarchia inglese. La questione del divorzio All'inizio della Riforma luterana, il re Enrico VIII era difensore dell'ortodossia cattolica. Ben presto, tuttavia, comprese i vantaggi che si potevano trarre da un'adesione alla Riforma. Inizialmente, fu una questione del tutto personale quella che lo indusse a disconoscere l'autorità papale all'interno dei suoi domini. Per volere del padre, il sovrano inglese aveva sposato Caterina d'Aragona, vedova di suo fratello e zia dell'imperatore Carlo V, e dalla loro unione era nata una figlia, Maria, ma nessun erede maschio, senza il quale sarebbe stato impossibile garantire la continuità della dinastia Tudor sul trono inglese. Questa circostanza e la sua relazione con una dama di corte, Anna Bolena che stava aspettando un figlio suo, spinsero Enrico VIII a chiedere al papa, Clemente VII, l'annullamento del matrimonio con Caterina. Il pontefice temeva però di inimicarsi Carlo V, nipote di Caterina, proprio quando i rapporti tra papato e impero, deterioratisi con il sacco di Roma si erano di nuovo appianati. Le esitazioni del pontefice contrariarono il sovrano inglese, che si avvalse di alcuni consiglieri, giuristi e prelati a lui favorevoli per ottenere da loro l'assenso a divorziare dalla sua prima moglie e sposare Anna Bolena senza l'autorizzazione del papa. Di qui le energiche reazioni di Clemente VII, che nel 1533 non esitò a lanciargli la scomunica. La nascita della Chiesa anglicana e l'opposizione cattolica Nel 1534 Enrico VIII emanò l'Atto di Supremazia; con questo documento, che segnò la definitiva rottura con Roma, il re diventava capo supremo della Chiesa d'Inghilterra e veniva definitivamente sciolto dall'obbedienza al papa: era nata così la Chiesa anglicana. Enrico VIII fece chiudere i monasteri, ne incamerò tutti i beni e impose ai prelati il giuramento di osservare alla lettera l'Atto di Supremazia. In questo modo la monarchia Tudor si consolidò al potere. Enrico VIII si limitò ad abolire il latino dalla liturgia e dai libri sacri; inoltre ribadi il vincolo del celibato per quanti facevano parte della gerarchia ecclesiastica anglicana. L'inasprimento della Riforma anglicana sotto Edoardo VI Durante il regno di Edoardo VI, figlio della terza moglie di Enrico VIII, Jane Seymur, alcuni principi della Riforma penetrarono in Inghilterra, dove solo a quel tempo si passò dallo scisma all'eresia: durante gli anni del suo regno, infatti, alcuni membri della corte che avevano aderito al protestantesimo lo manovrarono in modo da inasprire la blanda riforma operata dal padre. Fu così che mediante il Book of Common Prayer ("Libro della preghiera comune") nel 1549 si procedette a una revisione della liturgia e della dottrina anglicana: furono aboliti i riferimenti al purgatorio e alle orazioni funebri, vennero cancellati alcuni gesti rituali delle funzioni religiose ed eliminati alcuni paramenti sacri. L'altare, centro della liturgia cattolica, si trasformò in un semplice tavolo e l'eucarestia divenne, come era per Zwingli, una commemorazione della cena del Signore. Il ritorno del cattolicesimo con Maria Tudor Alla morte di Edoardo VI, con Maria I Tudor, l'Inghilterra visse una breve fase di ritorno al cattolicesimo, contrassegnata da violente persecuzioni e frequenti condanne a morte. Maria infatti, appoggiata dal principe consorte Filippo, figlio di Carlo V e futuro re di Spagna con il nome di Filippo II, pur di imporre la restaurazione del culto cattolico, mandò in esilio o al patibolo quanti avevano aderito alla Riforma. Alla scomparsa di Maria, fu Elisabetta I, a portare a termine la costruzione della Chiesa anglicana: la regina riuscì a difendere con successo le nuove istituzioni dagli attacchi sia dei cattolici sia dei calvinisti penetrati nel frattempo nel paese. La Chiesa presbiteriana in Scozia Il movimento calvinista si era diffuso anche in Scozia per opera del riformatore John Knox che grazie a lui, la Chiesa scozzese acquisì una forte impronta collegiale, contrapposta a quella gerarchica ed episcopale della Chiesa anglicana. Nella Chiesa presbiteriana, come da quel momento venne definita quella scozzese, vigeva la parità tra tutti gli ecclesiastici e il controllo disciplinare era affidato anche a membri laici. Inoltre, in quanto sottoposti all'Inghilterra (come gli irlandesi, che rimasero però cattolici), gli scozzesi considerarono la separazione confessionale una leva per rivendicare l'indipendenza nazionale. Forme di contestazione e modelli di società alternativi: le utopie La coscienza dei profondi mutamenti che stavano vivendo (crisi politiche, sociali e religiose), portò gli intellettuali all'inizio del Cinquecento a una critica del mondo. contemporaneo che prese la forma di allegoria o di utopia. Di qui una fuga dalla realtà verso un mondo immaginario e ideale fatto di città di sogno, paradossi, in cui i valori siano diversi da quelli reali, vissuti con disapprovazione. Questo tipo di esercizio letterario si nutriva di un'ampia tradizione filosofica e di modelli diversi, dall'Atlantide di Platone al mito dell'età dell'oro e dell'Arcadia, dalle leggende popolari sul paese di Cuccagna fino ai racconti sulle recenti scoperte geografiche. Alcuni esempi di questi intellettuali è Thomas More: inventore con la sua Utopia (1516) e Tommaso Campanella. La propagazione della Riforma in Europa Le fortune del luteranesimo nell'Europa del Nord In Prussia, governata agli inizi del Cinquecento dall'ordine religioso-cavalleresco dei Cavalieri Teutonici, Alberto I, convertitosi alla Riforma, procedette alla secolarizzazione del suo Stato, trasformandolo in un ducato ereditario. Il luteranesimo penetrò poi nelle altre regioni affacciate sul Mar Baltico e nei paesi scandinavi. Così in Svezia il nuovo sovrano Gustavo I Vasa, dopo aver cacciato i danesi, si convertì al luteranesimo e grazie ai beni confiscati alla Chiesa poté pagare le spese di guerra e rafforzare il nuovo governo. L'esempio svedese fu seguito ben presto anche dalla Danimarca e dalla Norvegia, unite sotto un'unica Corona, dalla Finlandia (1539), che dipendeva dalla Svezia, e dall'Islanda, soggetta alla Corona danese. La diffusione del calvinismo e la Francia degli ugonotti Ben più vasta diffusione ebbe il calvinismo che da Ginevra trovò largo seguito in numerose regioni della Francia, nei Paesi Bassi, in Inghilterra, in Scozia, in Polonia, in Boemia e in Ungheria. Nei territori francesi le idee dei riformatori poterono circolare liberamente sino al 1534, quando subirono una battuta d'arresto a causa di un episodio noto con il nome di affaire des placards (affare dei manifesti). Proprio allora infatti il re Francesco I dopo aver rinvenuto nei propri appartamenti dei manifesti a stampa anticattolici che ironizzavano sulla messa e sulla presenza di Cristo nell'eucarestia, ordinò che si procedesse a una dura repressione di chi abbracciavano le idee riformate. In seguito, però, da Ginevra Calvino mandò numerosi predicatori nella sua terra d'origine, tanto che già nel 1559 un sesto della popolazione aveva aderito alla sua confessione. Il legame dei calvinisti francesi con la Svizzera traspare nel nome con cui essi venivano indicati: "ugonotti", ovvero "confederati". La Riforma in Italia A causa della contiguità con il papato e degli interessi che legavano la curia di Roma all' élite delle varie signorie e municipalità, le idee della Riforma incontrarono nella penisola un'opposizione dura. Già dalla fine del Quattrocento spirava d'altronde un vento di renovatio religiosa, alimentato da predicatori itineranti che, nel mezzo delle guerre d'Italia, avevano annunciato l'imminente rovina della Chiesa per volere di Dio. Le nuove idee religiose fecero ingresso in Italia intorno agli anni Trenta del XVI secolo. Microcosmi protestanti: Ferrara, Lucca e Venezia Intorno al 1530-1540 le idee provenienti d'Oltralpe vennero accolte soprattutto a Ferrara e a Lucca. Se nella prima di queste due città fu la corte estense, e soprattutto la duchessa Renata di Francia, a garantire un clima di tolleranza religiosa, nella seconda la loro diffusione fu dovuta invece all'iniziativa di artigiani e mercanti. Attraverso i rapporti commerciali con il Nord dell'Europa i princìpi del protestantesimo si propagarono anche a Venezia. Napoli e la predicazione di Juan Valdés A Napoli, invece, mise radici una concezione religiosa del tutto particolare, introdotta da Juan de Valdés, dove per lui era l'illuminazione dello spirito ad avvicinare il credente a Dio, non la lettura delle Sacre Scritture. La sua concezione, chiamata alumbradismo, fu recepita con sospetto dai settori più intransigenti del cattolicesimo. E ciò perché il percorso tutto interiore che il credente compiva in virtù dell'illuminazione dello spirito lo portava a un atteggiamento di obbedienza puramente formale nei confronti della Chiesa, indicato con il termine di nicodemismo. Giovanni Morone e l'evangelismo Il valdesianesimo ebbe molti seguaci nei territori italiani e spesso coinvolse anche figure importanti delle istituzioni ecclesiastiche, tra cui il vescovo Giovanni Morone, che potevano perciò assicurare la loro protezione a quanti abbracciavano le idee riformate. Il vescovo negli anni Trenta appoggiò la diffusione di dottrine evangeliche tra i suoi diocesani, senza tuttavia aderire alle tesi che passavano per eretiche. Istanze e pratiche radicali trovarono invece proseliti negli ambienti popolari, soprattutto in Lombardia, nel Veneto e nei territori mantovani, dove sorsero gruppi di anabattisti. Il socinianesimo Numerosi furono anche gli intellettuali italiani che ripudiarono la dottrina cattolica tradizionale e furono perciò costretti a emigrare all'estero. Il caso più famoso fu quello di Fausto raccolse parecchi seguaci grazie a una predicazione basata sul rifiuto di qualsiasi dogma, compreso quello della Trinità, e diede vita a un movimento che da lui prese il nome di socinianesimo. Questa corrente si diffuse anche in Transilvania e in Ungheria promuovendo anche il pacifismo e anticipò il concetto moderno di tolleranza religiosa.

La Germania divisa tra cattolici e luterani

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Storia

 

2ªl/3ªl

Sintesi

LA GERMANIA DIVISA TRA CATTOLICI E
LUTERANI
Le rivolte dei cavalieri e le guerre contadine
Il malcontento dei contadini e della piccola
nobi
LA GERMANIA DIVISA TRA CATTOLICI E
LUTERANI
Le rivolte dei cavalieri e le guerre contadine
Il malcontento dei contadini e della piccola
nobi
LA GERMANIA DIVISA TRA CATTOLICI E
LUTERANI
Le rivolte dei cavalieri e le guerre contadine
Il malcontento dei contadini e della piccola
nobi
LA GERMANIA DIVISA TRA CATTOLICI E
LUTERANI
Le rivolte dei cavalieri e le guerre contadine
Il malcontento dei contadini e della piccola
nobi
LA GERMANIA DIVISA TRA CATTOLICI E
LUTERANI
Le rivolte dei cavalieri e le guerre contadine
Il malcontento dei contadini e della piccola
nobi

(le rivolte dei cavalieri e le guerre contadine, l'adesione alla Riforma dei principi tedeschi e lo scontro con Carlo V)

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Una presentazione ben fatta di martin lutero

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Riforma e controriforma

Appunti di storia sulla riforma e controriforma

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LA DIFFUSIONE DELLA RIFORMA E LA CONTRORIFORMA CATTOLICA

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LA RIFORMA PROTESTANTE + LA CONTRORIFORMA CATTOLICA

slide sulla riforma protestante e sulla controriforma cattolica

LA GERMANIA DIVISA TRA CATTOLICI E LUTERANI Le rivolte dei cavalieri e le guerre contadine Il malcontento dei contadini e della piccola nobiltà In Germania sempre più diffuso il malcontento per la corruzione della Curia papale si aggiungeva quello per lo strapotere del clero tedesco, che viveva grazie alle rendite derivanti dai numerosissimi benefici ecclesiastici diffusi su tutto il territorio e che per di più vessava la popolazione con l'imposizione di decime e altre tasse. Ciò non colpiva soltanto i contadini, sui quali gravava il peso maggiore dei tributi, ma anche la piccola nobiltà, che avrebbe voluto avere per sé e per i propri figli i ricchi patrimoni ecclesiastici. I cavalieri in rivolta I primi ad essere d'accordo con le idee di Lutero furono i cavalieri, esponenti della piccola nobiltà, costituita essenzialmente dai figli cadetti e dai diseredati delle maggiori famiglie feudali, rappresentavano all'inizio del Cinquecento un forte elemento destabilizzante nella società germanica. Emarginati dai ranghi degli eserciti, che ormai erano composti per lo più da mercenari e da corpi di artiglieria, esclusi dalle decisioni politiche in quanto privi di diritto di voto alle diete imperiali, sovrastati dal potere dei grandi principi, i cavalieri si riconobbero nel messaggio di Lutero, di cui accolsero soprattutto la polemica contro la ricchezza e i beni materiali della Chiesa. Le rivolte che li videro protagonisti fra il 1522 e il 1523, sotto la guida di Franz von Sickingen, presero quindi di...

LA GERMANIA DIVISA TRA CATTOLICI E LUTERANI Le rivolte dei cavalieri e le guerre contadine Il malcontento dei contadini e della piccola nobiltà In Germania sempre più diffuso il malcontento per la corruzione della Curia papale si aggiungeva quello per lo strapotere del clero tedesco, che viveva grazie alle rendite derivanti dai numerosissimi benefici ecclesiastici diffusi su tutto il territorio e che per di più vessava la popolazione con l'imposizione di decime e altre tasse. Ciò non colpiva soltanto i contadini, sui quali gravava il peso maggiore dei tributi, ma anche la piccola nobiltà, che avrebbe voluto avere per sé e per i propri figli i ricchi patrimoni ecclesiastici. I cavalieri in rivolta I primi ad essere d'accordo con le idee di Lutero furono i cavalieri, esponenti della piccola nobiltà, costituita essenzialmente dai figli cadetti e dai diseredati delle maggiori famiglie feudali, rappresentavano all'inizio del Cinquecento un forte elemento destabilizzante nella società germanica. Emarginati dai ranghi degli eserciti, che ormai erano composti per lo più da mercenari e da corpi di artiglieria, esclusi dalle decisioni politiche in quanto privi di diritto di voto alle diete imperiali, sovrastati dal potere dei grandi principi, i cavalieri si riconobbero nel messaggio di Lutero, di cui accolsero soprattutto la polemica contro la ricchezza e i beni materiali della Chiesa. Le rivolte che li videro protagonisti fra il 1522 e il 1523, sotto la guida di Franz von Sickingen, presero quindi di...

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Didascalia alternativa:

mira i feudi ecclesiastici: dopo aver attaccato nel 1522 il principato vescovile di Treviri, la lotta ingaggiata dai cavalieri si estese fino a innescare una vera e propria guerra civile. A bloccarla intervennero i principi di Treviri, d'Assia e del Palatinato del Reno: nel 1523 la rivolta venne repressa. Le guerre dei contadini La ribellione dei contadini, iniziata nel 1521, fu solo l'ultima di una lunga sequenza di sommosse locali perché non potevano vendere beni, non erano liberi di trasferirsi in zone diverse da quelle in cui risiedevano e nemmeno era lasciata loro la facoltà di scegliere con chi sposarsi. Oltretutto nel corso del Quattrocento si era verificato un peggioramento delle loro condizioni: all'incremento dei gravami fiscali si erano aggiunti gli effetti dell'inflazione, che aveva provocato l'aumento del prezzo del grano e la richiesta di prestazioni lavorative sempre più onerose da parte dei proprietari feudali.I contadini tedeschi accolsero con entusiasmo gli appelli di Lutero che annunciavano un futuro di uguaglianza fra tutti gli uomini. Nel 1521 alcune bande di contadini ribelli si unirono nella cosiddetta Lega dello scarpone e affissero sul portale della chiesa di Worms un proclama contro l'arcivescovo di Magonza. Il ruolo di Thomas Muntzer La furia delle bande contadine trovò sostegno e incitamento in Thomas Müntzer, seguace di Lutero e schierato fin da subito contro i ricchi e contro il clero. Accusato di essere il promotore di un'insurrezione popolare scoppiata proprio a Zwickau, era stato costretto a riparare in Boemia, dove nel 1521 aveva elaborato il suo Manifesto di Praga. Era stato durante la fuga per sottrarsi ai suoi avversari che Müntzer si era unito ai contadini promettendo loro un nuovo assetto sociale, basato sull'abolizione della proprietà privata e su principi egualitari. Nel corso del 1523 le sue predicazioni estremiste cominciarono a suscitare le preoccupazioni dello stesso Lutero. Müntzer infatti, convinto che il vero cristiano fosse ispirato direttamente da Dio e che il sacerdozio appartenesse indistintamente a tutta la comunità dei fedeli, intendeva procedere alla creazione di una società di cristiani perfetti, legittimati a usare anche la forza per imporre il proprio credo e la propria egemonia. La repressione delle rivolte I contadini iniziarono a organizzarsi e resero pubbliche le loro rivendicazioni tra cui il ripristino della consuetudine di eleggere il proprio parroco e la restituzione delle terre comuni e dei diritti (di caccia e pesca e del taglio della legna) che in passato appartenevano alla comunità di villaggio. Altre richieste erano l'abolizione delle decime e quella della servitù personale, oltre alla cancellazione delle tasse di successione, che davano modo al signore di incamerare la metà dei beni alla morte di quanti erano alle sue dipendenze. Le violenze e i saccheggi delle bande indussero i principi, i vescovi, l'alta nobiltà e i ceti borghesi delle città a far causa comune per soffocare la rivolta con le armi. Nella battaglia di L'appoggio di Lutero al potere politico Lutero aveva condannato duramente il movimento dei contadini perchè non approvava che la parola di Dio venisse diffusa ricorrendo alla violenza, ma soprattutto era inaccettabile per lui che fosse il popolo a usare la forza: potevano farlo unicamente i principi e le autorità politiche per difendere l'ordine sociale. In uno scritto del 1525 intitolato Contro le bande omicide e saccheggiatrici dei contadini, Lutero incitò quindi i nobili e i signori a "colpire, scannare, massacrare in pubblico o in segreto" i ribelli in quanto essi rappresentavano una seria minaccia all'ordine costituito. A sollecitare una repressione spietata dei rivoltosi era stato indotto non solo dall'intento di prevenire il rischio che le sue dottrine venissero associate agli impulsi anarchici dei contadini, ma anche dalla sua concezione tipicamente medievale della società, secondo la quale il potere politico era creato da Dio e aveva nei principi i garanti dell'ordine. In base a questo assunto i ribelli andavano colpiti; colpendoli si obbediva a Dio stesso e perciò si guadagnava la salvezza in paradiso. Il presupposto di una simile convinzione Lutero lo trovava, del resto, in un passo della Lettera ai Romani di san Paolo che recita: "Non c'è autorità se non da Dio, e le autorità che esistono sono ordinate da Dio". Lutero, solo apparentemente in contraddizione con la spinta libertaria che era stata alle origini della sua predicazione, si era quindi andato schierando dalla parte dei principi e della grande nobiltà. Frankenhausen persero la vita almeno 100.000 rivoltosi e lo stesso Müntzer, fatto prigioniero, venne decapitato. La condizione di servitù della gleba sarebbe durata ancora per secoli. L'adesione alla Riforma dei principi tedeschi e lo scontro con Carlo V³ "Riforma dei principi" e "riforma delle città" Lutero si guadagnò l'appoggio dei grandi principi, i quali si erano resi conto dei possibili vantaggi di un'alleanza con il riformatore in funzione antimperiale e antipapale. Soprattutto i principi della Sassonia, del Palatinato e dell'Assia compresero che, aderendo alla Riforma, avrebbero potuto liberarsi delle enclaves ecclesiastiche esistenti nei loro territori e accrescere inoltre le loro prerogative nei confronti dell'impero. Fu così che procedettero a incamerare molte terre appartenenti al clero e, su richiesta dello stesso Lutero, nominarono degli ispettori per amministrare le circoscrizioni ecclesiastiche e per sorvegliare l'attività dei predicatori. Le stesse opportunità vennero colte anche da moltissime città tedesche, specie nella Germania meridionale, ma anche nelle regioni centro-settentrionali, fra cui Strasburgo, Lubecca, Amburgo, Francoforte, Augusta. L'imperatore Carlo V e i protestanti L'imperatore Carlo V inizialmente sottovalutò la portata del fenomeno luterano e assunse un atteggiamento conciliante, anche perché impegnato nelle guerre con il re di Francia Francesco I. Così nella prima dieta di Spira (1526) i duchi d'Assia e Sassonia riuscirono a far passare l'assunto che dovesse essere il principe a scegliere la religione da adottare all'interno del proprio territorio. Ma poi, nel corso della seconda dieta di Spira (1529), l'imperatore chiese ai principi passati alla Riforma la restituzione delle terre sottratte alla Chiesa, mettendo nuovamente al bando Lutero e i suoi seguaci. Per tutta risposta questi protestarono energicamente: fu così che da allora assunsero l'appellativo di "protestanti". La Confessione augustana Nel frattempo stavano creandosi delle spaccature all'interno del movimento riformato a causa delle diversità dottrinali. In questo contesto Carlo V tentò il riavvicinamento tra luterani e cattolici, convocando, nel 1530, una nuova dieta nella città di Augusta. Come rappresentante di Lutero giunse il dotto umanista Filippo Melantone, che espose i principi fondamentali della nuova confessione, da allora indicata come Confessione augustana. L'accordo non fu comunque raggiunto e lo stesso fronte protestante restò diviso: al testo infatti non aderirono né i sostenitori di Zwingli né gli anabattisti, tuttavia la Confessione augustana divenne da allora il manifesto religioso dei luterani. Dalla Lega di Smalcalda alla pace di Augusta I nobili protestanti nel 1531 si unirono nella Lega di Smalcalda, a cui aderirono anche i principi di Brandeburgo, di Luneburgo e del Württenberg. Falliti altri tentativi di pacificazione tra cattolici e luterani nei cosiddetti colloqui di Ratisbona, Carlo si risolse a prendere le armi e nell'aprile 1547 inflisse una dura sconfitta alla Lega di Smalcalda nella battaglia di Mühlberg, in Sassonia. La vittoria tuttavia non fu decisiva, tanto che nel 1550 si era costituita una nuova lega antiasburgica, a cui aderì anche il nuovo re di Francia Enrico II. Ma a quel punto l'imperatore, stanco di combattere, decise di stipulare, nel 1555, la pace di Augusta, con cui veniva riconosciuta ai principi la facoltà di scegliere la confessione cui aderire; lo stesso diritto non fu però concesso ai sudditi, obbligati a seguire la religione del loro signore secondo il principio cuius regio, eius religio. La Germania veniva così divisa, di fatto, tra cattolicesimo e luteranesimo. GLI SVILUPPI DELLA RIFORMA E LA DIFFUSIONE IN EUROPA *La Svizzera di Zwingli e di Calvino Le nuove Chiese evangeliche Emersa inizialmente come un fenomeno tedesco, la Riforma conobbe ben presto nuovi sviluppi e coinvolse anche altri paesi europei, dove nacquero dei movimenti religiosi che diedero luogo alla fondazione di Chiese evangeliche, così definite perché, separandosi dalla Chiesa cattolica, aspiravano a un ritorno alla parola del Vangelo. L'esperienza di Zwingli a Zurigo A soli due anni di distanza dall'affissione delle 95 tesi di Lutero, nella città di Zurigo Ulrich Zwingli intraprese un'autonoma azione riformatrice. Egli aveva stigmatizzato pubblicamente gli aspetti peggiori della Chiesa di Roma: la superstizione, il mercato dei beni ecclesiastici, le indulgenze, le degenerazioni del culto delle reliquie e delle immagini. Nel 1520 il Consiglio cittadino accolse ufficialmente le proposte da lui avanzate e così Zwingli ebbe mano libera nel riorganizzare la liturgia: vietò le processioni e le musiche, aboli la celebrazione eucaristica, proibì il celibato dei preti, ordinò la distruzione delle immagini e degli affreschi nelle chiese e soppresse i conventi utilizzando i loro beni per l'assistenza ai poveri. Zwingli e Lutero Come Lutero, Zwingli limitò i sacramenti a battesimo ed eucarestia. Su quest'ultima, però mentre Lutero credeva nella presenza reale del corpo e del sangue di Cristo nel pane e nel vino, Zwingli la negava, attribuendo al sacramento un valore puramente simbolico, di ricordo e commemorazione dell'ultima cena del Signore. Egli inoltre era fautore di un repubblicanesimo osteggiato da Lutero, rispettoso come sempre dell'autorità sovrana dei principi. Nel 1529 i due riformatori si trovarono a Marburgo per confrontarsi e cercare un terreno d'intesa, ma il tentativo falli. La diffusione delle idee di Zwingli Da Zurigo le idee di Zwingli si diffusero ben presto in altre città svizzere come Berna e Basilea, Costanza, a Strasburgo e in Germania. Alcuni cantoni rimasero tuttavia fedeli al cattolicesimo e si schierarono contro il riformatore. Privo degli appoggi dei luterani per via della divergenza di opinioni sull'eucarestia, Zwingli rimase dunque isolato, tanto che nel 1531 Zurigo venne assalita da un esercito allestito dai cattolici, che in quello stesso anno riportò poi una vittoria definitiva nella battaglia di Kappel, in cui trovò la morte lo stesso Zwingli. Giovanni Calvino La bandiera della Riforma nelle città svizzere venne in seguito impugnata da Giovanni Calvino che aveva conosciuto le tesi di Lutero. Nel 1534 il re francese Francesco I aveva ordinato una persecuzione contro i protestanti che vivevano nel suo regno, e Calvino era stato costretto a fuggire riparando nella città svizzera di Basilea. Qui, due anni dopo, fu pubblicato il suo scritto Institutio Christianae Religionis (Istituzione della religione cristiana): l'opera era un commento dei nodi più cruciali della dottrina cristiana e sarebbe divenuta uno dei testi fondamentali del mondo riformato. Calvino negava il valore salvifico delle opere, perché solo la fede può salvare l'uomo. Come Zwingli, considerava infatti l'eucarestia un semplice rito di commemorazione negando la presenza reale di Cristo nell'ostia. Inoltre, rispetto a Lutero, Calvino accentuò la dottrina della predestinazione sostenendo che ogni persona è predestinata da Dio alla salvezza o alla dannazione eterna in base a criteri imperscrutabili. L'uomo può impegnarsi a compiere il bene non tanto per accrescere i propri meriti e ottenere la salvezza eterna, quanto per trovare dentro di sé i segni della predilezione divina e per onorare Dio stesso. Il regime teocratico della Ginevra di Calvino Nel 1541 Calvino si trasferì definitivamente a Ginevra. In questa città Calvino volle fondare uno Stato ideale, capace di garantire la piena attuazione della riforma religiosa da lui promossa. Ginevra divenne un modello di città-Stato su cui vigilava un Concistoro, organo collegiale dal potere politico e religioso; ai suoi abitanti venne imposta una severissima disciplina: teatri e taverne vennero chiusi, fu bandito il gioco d'azzardo, punito ogni genere di lusso e ostentazione. Quello di Ginevra fu un vero e proprio governo teocratico: ogni trasgressore delle norme veniva estromesso dalla vita pubblica. Calvino ne fu a capo fino alla morte. La sua sottopose la città a un regime di terrore che non di rado sfociò in gravi episodi di intolleranza. Il più famoso fu legato alla figura del medico spagnolo Michele Serveto che aveva negato il dogma della Trinità e venne arrestato su ordine di Calvino e mandato al rogo. L'anabattismo Calvino represse gli anabattisti, un gruppo di credenti nel Vangelo che voleva costituire in Terra una Chiesa di "perfetti" osservanti della legge di Dio. I seguaci ritenevano che il battesimo avesse valore solo se consapevolmente ricevuto, quindi sostenevano che il sacramento dovesse essere dato solo agli adulti che avessero compiuto un adeguato percorso di preparazione (da qui il termine di anabattisti, "ri-battezzati"). Uno dei tratti distintivi degli anabattisti fu anche un forte radicalismo di carattere politico. Poiché il vero cristiano per essere tale doveva seguire alla lettera i comandamenti, ne derivava che non poteva portare armi e nemmeno fare la guerra; anche il giuramentoera vietato. Per queste loro convinzioni gli anabattisti vennero quindi considerati eversori dell'ordine sociale e dunque perseguitati sia dalla Chiesa riformata sia da quella cattolica. Due editti imperiali, nel 1528 e nel 1529, ne decretarono la condanna: essi vennero massacrati nei territori rimasti cattolici come la Baviera, ma anche in quelli passati al luteranesimo. Nel 1534 gli anabattisti riuscirono tuttavia a conquistare il potere nella città di Münster sotto la guida di Giovanni da Leida, che voleva insediarvi una "nuova Gerusalemme", essi tentarono di restaurare le antiche leggi bibliche, negarono il possesso personale dei beni e si diedero alla poligamia seguendo l'esempio di Abramo e Isacco. Di fronte a questi eccessi, cattolici e luterani furono d'accordo sull'assediare la città. Münster venne espugnata nel 1535 e migliaia di anabattisti furono sterminati. Lo scisma dalla Chiesa romana in Inghilterra Una rottura fondata su basi politiche In Inghilterra le esigenze di una riforma ecclesiastica si erano manifestate già nel corso del Trecento con la predicazione di John Wyclif e per tutto il secolo successivo con i lollardi. Sebbene esistesse una certa affinità dottrinale tra questo movimento e le idee calviniste e luterane, la rottura della Chiesa inglese con Roma fu tuttavia il risultato di un atto di natura esclusivamente politica deciso dal sovrano per rafforzare il potere assoluto della monarchia inglese. La questione del divorzio All'inizio della Riforma luterana, il re Enrico VIII era difensore dell'ortodossia cattolica. Ben presto, tuttavia, comprese i vantaggi che si potevano trarre da un'adesione alla Riforma. Inizialmente, fu una questione del tutto personale quella che lo indusse a disconoscere l'autorità papale all'interno dei suoi domini. Per volere del padre, il sovrano inglese aveva sposato Caterina d'Aragona, vedova di suo fratello e zia dell'imperatore Carlo V, e dalla loro unione era nata una figlia, Maria, ma nessun erede maschio, senza il quale sarebbe stato impossibile garantire la continuità della dinastia Tudor sul trono inglese. Questa circostanza e la sua relazione con una dama di corte, Anna Bolena che stava aspettando un figlio suo, spinsero Enrico VIII a chiedere al papa, Clemente VII, l'annullamento del matrimonio con Caterina. Il pontefice temeva però di inimicarsi Carlo V, nipote di Caterina, proprio quando i rapporti tra papato e impero, deterioratisi con il sacco di Roma si erano di nuovo appianati. Le esitazioni del pontefice contrariarono il sovrano inglese, che si avvalse di alcuni consiglieri, giuristi e prelati a lui favorevoli per ottenere da loro l'assenso a divorziare dalla sua prima moglie e sposare Anna Bolena senza l'autorizzazione del papa. Di qui le energiche reazioni di Clemente VII, che nel 1533 non esitò a lanciargli la scomunica. La nascita della Chiesa anglicana e l'opposizione cattolica Nel 1534 Enrico VIII emanò l'Atto di Supremazia; con questo documento, che segnò la definitiva rottura con Roma, il re diventava capo supremo della Chiesa d'Inghilterra e veniva definitivamente sciolto dall'obbedienza al papa: era nata così la Chiesa anglicana. Enrico VIII fece chiudere i monasteri, ne incamerò tutti i beni e impose ai prelati il giuramento di osservare alla lettera l'Atto di Supremazia. In questo modo la monarchia Tudor si consolidò al potere. Enrico VIII si limitò ad abolire il latino dalla liturgia e dai libri sacri; inoltre ribadi il vincolo del celibato per quanti facevano parte della gerarchia ecclesiastica anglicana. L'inasprimento della Riforma anglicana sotto Edoardo VI Durante il regno di Edoardo VI, figlio della terza moglie di Enrico VIII, Jane Seymur, alcuni principi della Riforma penetrarono in Inghilterra, dove solo a quel tempo si passò dallo scisma all'eresia: durante gli anni del suo regno, infatti, alcuni membri della corte che avevano aderito al protestantesimo lo manovrarono in modo da inasprire la blanda riforma operata dal padre. Fu così che mediante il Book of Common Prayer ("Libro della preghiera comune") nel 1549 si procedette a una revisione della liturgia e della dottrina anglicana: furono aboliti i riferimenti al purgatorio e alle orazioni funebri, vennero cancellati alcuni gesti rituali delle funzioni religiose ed eliminati alcuni paramenti sacri. L'altare, centro della liturgia cattolica, si trasformò in un semplice tavolo e l'eucarestia divenne, come era per Zwingli, una commemorazione della cena del Signore. Il ritorno del cattolicesimo con Maria Tudor Alla morte di Edoardo VI, con Maria I Tudor, l'Inghilterra visse una breve fase di ritorno al cattolicesimo, contrassegnata da violente persecuzioni e frequenti condanne a morte. Maria infatti, appoggiata dal principe consorte Filippo, figlio di Carlo V e futuro re di Spagna con il nome di Filippo II, pur di imporre la restaurazione del culto cattolico, mandò in esilio o al patibolo quanti avevano aderito alla Riforma. Alla scomparsa di Maria, fu Elisabetta I, a portare a termine la costruzione della Chiesa anglicana: la regina riuscì a difendere con successo le nuove istituzioni dagli attacchi sia dei cattolici sia dei calvinisti penetrati nel frattempo nel paese. La Chiesa presbiteriana in Scozia Il movimento calvinista si era diffuso anche in Scozia per opera del riformatore John Knox che grazie a lui, la Chiesa scozzese acquisì una forte impronta collegiale, contrapposta a quella gerarchica ed episcopale della Chiesa anglicana. Nella Chiesa presbiteriana, come da quel momento venne definita quella scozzese, vigeva la parità tra tutti gli ecclesiastici e il controllo disciplinare era affidato anche a membri laici. Inoltre, in quanto sottoposti all'Inghilterra (come gli irlandesi, che rimasero però cattolici), gli scozzesi considerarono la separazione confessionale una leva per rivendicare l'indipendenza nazionale. Forme di contestazione e modelli di società alternativi: le utopie La coscienza dei profondi mutamenti che stavano vivendo (crisi politiche, sociali e religiose), portò gli intellettuali all'inizio del Cinquecento a una critica del mondo. contemporaneo che prese la forma di allegoria o di utopia. Di qui una fuga dalla realtà verso un mondo immaginario e ideale fatto di città di sogno, paradossi, in cui i valori siano diversi da quelli reali, vissuti con disapprovazione. Questo tipo di esercizio letterario si nutriva di un'ampia tradizione filosofica e di modelli diversi, dall'Atlantide di Platone al mito dell'età dell'oro e dell'Arcadia, dalle leggende popolari sul paese di Cuccagna fino ai racconti sulle recenti scoperte geografiche. Alcuni esempi di questi intellettuali è Thomas More: inventore con la sua Utopia (1516) e Tommaso Campanella. La propagazione della Riforma in Europa Le fortune del luteranesimo nell'Europa del Nord In Prussia, governata agli inizi del Cinquecento dall'ordine religioso-cavalleresco dei Cavalieri Teutonici, Alberto I, convertitosi alla Riforma, procedette alla secolarizzazione del suo Stato, trasformandolo in un ducato ereditario. Il luteranesimo penetrò poi nelle altre regioni affacciate sul Mar Baltico e nei paesi scandinavi. Così in Svezia il nuovo sovrano Gustavo I Vasa, dopo aver cacciato i danesi, si convertì al luteranesimo e grazie ai beni confiscati alla Chiesa poté pagare le spese di guerra e rafforzare il nuovo governo. L'esempio svedese fu seguito ben presto anche dalla Danimarca e dalla Norvegia, unite sotto un'unica Corona, dalla Finlandia (1539), che dipendeva dalla Svezia, e dall'Islanda, soggetta alla Corona danese. La diffusione del calvinismo e la Francia degli ugonotti Ben più vasta diffusione ebbe il calvinismo che da Ginevra trovò largo seguito in numerose regioni della Francia, nei Paesi Bassi, in Inghilterra, in Scozia, in Polonia, in Boemia e in Ungheria. Nei territori francesi le idee dei riformatori poterono circolare liberamente sino al 1534, quando subirono una battuta d'arresto a causa di un episodio noto con il nome di affaire des placards (affare dei manifesti). Proprio allora infatti il re Francesco I dopo aver rinvenuto nei propri appartamenti dei manifesti a stampa anticattolici che ironizzavano sulla messa e sulla presenza di Cristo nell'eucarestia, ordinò che si procedesse a una dura repressione di chi abbracciavano le idee riformate. In seguito, però, da Ginevra Calvino mandò numerosi predicatori nella sua terra d'origine, tanto che già nel 1559 un sesto della popolazione aveva aderito alla sua confessione. Il legame dei calvinisti francesi con la Svizzera traspare nel nome con cui essi venivano indicati: "ugonotti", ovvero "confederati". La Riforma in Italia A causa della contiguità con il papato e degli interessi che legavano la curia di Roma all' élite delle varie signorie e municipalità, le idee della Riforma incontrarono nella penisola un'opposizione dura. Già dalla fine del Quattrocento spirava d'altronde un vento di renovatio religiosa, alimentato da predicatori itineranti che, nel mezzo delle guerre d'Italia, avevano annunciato l'imminente rovina della Chiesa per volere di Dio. Le nuove idee religiose fecero ingresso in Italia intorno agli anni Trenta del XVI secolo. Microcosmi protestanti: Ferrara, Lucca e Venezia Intorno al 1530-1540 le idee provenienti d'Oltralpe vennero accolte soprattutto a Ferrara e a Lucca. Se nella prima di queste due città fu la corte estense, e soprattutto la duchessa Renata di Francia, a garantire un clima di tolleranza religiosa, nella seconda la loro diffusione fu dovuta invece all'iniziativa di artigiani e mercanti. Attraverso i rapporti commerciali con il Nord dell'Europa i princìpi del protestantesimo si propagarono anche a Venezia. Napoli e la predicazione di Juan Valdés A Napoli, invece, mise radici una concezione religiosa del tutto particolare, introdotta da Juan de Valdés, dove per lui era l'illuminazione dello spirito ad avvicinare il credente a Dio, non la lettura delle Sacre Scritture. La sua concezione, chiamata alumbradismo, fu recepita con sospetto dai settori più intransigenti del cattolicesimo. E ciò perché il percorso tutto interiore che il credente compiva in virtù dell'illuminazione dello spirito lo portava a un atteggiamento di obbedienza puramente formale nei confronti della Chiesa, indicato con il termine di nicodemismo. Giovanni Morone e l'evangelismo Il valdesianesimo ebbe molti seguaci nei territori italiani e spesso coinvolse anche figure importanti delle istituzioni ecclesiastiche, tra cui il vescovo Giovanni Morone, che potevano perciò assicurare la loro protezione a quanti abbracciavano le idee riformate. Il vescovo negli anni Trenta appoggiò la diffusione di dottrine evangeliche tra i suoi diocesani, senza tuttavia aderire alle tesi che passavano per eretiche. Istanze e pratiche radicali trovarono invece proseliti negli ambienti popolari, soprattutto in Lombardia, nel Veneto e nei territori mantovani, dove sorsero gruppi di anabattisti. Il socinianesimo Numerosi furono anche gli intellettuali italiani che ripudiarono la dottrina cattolica tradizionale e furono perciò costretti a emigrare all'estero. Il caso più famoso fu quello di Fausto raccolse parecchi seguaci grazie a una predicazione basata sul rifiuto di qualsiasi dogma, compreso quello della Trinità, e diede vita a un movimento che da lui prese il nome di socinianesimo. Questa corrente si diffuse anche in Transilvania e in Ungheria promuovendo anche il pacifismo e anticipò il concetto moderno di tolleranza religiosa.