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Il surrealismo Il surrealismo è un po' una conseguenza del dadaismo e si porta dietro le sue prerogative, anche se il surrealismo è un po' più legato alle filosofie di Freud. Il surrealismo nasce dall'incontro con il mondo del sogno, con il mondo dell'inconscio. Tutta la parte relativa alla psicanalisi di Freud è strettamente legata a questi nuovi universi e, dunque, anche gli artisti surrealisti hanno utilizzato l'inconscio come metodo espressivo. Anche in questo movimento artistico possiamo trovare il manifesto come era successo per futuristi e dadaisti. Nel 1924 André Breton scrive il primo manifesto del surrealismo in cui parla di cos'è il surrealismo: è un automatismo psichico puro che va aldilà di ogni estetica e di ogni morale, esiste arte anche là dove non c'è quella bellezza comunemente acquisita e dove non c'è la morale. Noi riusciamo a vedere cose in questo modo e ad andare oltre la morale acquisita, utilizzando l'inconscio del sogno o dell'infanzia, senza tutti i preconcetti e i pudori del mondo degli adulti governato da regole e tradizioni. Dalì ad esempio dice che è come se il suo cervello iniziasse a liberare una serie di preconcetti solo nel momento del sogno e dei dormiveglia. Mirò È un artista Catalano nativo di Barcellona (1893-1983). È caratterizzato da una grandissima...

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felicità espressiva, che si trova tra i surrealisti solo in lui. Ci viene raccontata e trasmessa in primis dai colori che utilizza, primari e secondari, i colori che utilizzano i bambini prevalentemente. In secondo luogo ce la trasmette attraverso le forme che lui utilizza. A differenza degli altri surrealisti in cui le forme sono quasi tutte deformate e quasi tutte irriconoscibili, in Mirò soggetti che rappresenta sono molto riconoscibili. Ma lui estrapola i soggetti dal contesto originario e li inserisce insieme in un contesto differente, per questo è surrealista. Questo porta a delle immagini assolutamente fuori contesto e inserite in un ambito irreale. Il carnevale di Arlecchino È un'opera del 1924. Anche il titolo racconta qualcosa di fantasioso e qua tutte le immagini che ha condensato nella tela sembrano fluttuare in una atmosfera senza gravità, sembrano inserite in un contesto irreale, ma, nonostante ciò, ogni immagine nello specifico è resa dal pittore abbastanza riconoscibile. Per quasi tutta la sua vita ha lavorato con immagini legate al mondo dell'infanzia. Donna con uccellino Mirò si dedica anche alle grandi sculture urbane: il parco a Barcellona, dove in mezzo a una grandissima Fontana c'è una scultura che si chiama donna con uccellino. È realizzata con colori interamente primari e secondari ed è l'idea di una donna con un uccellino stilizzato in testa e le forme della donna sono forme morbide che possono ricordare la rappresentazione di una donna per un bambino, così come per l'uccellino. +++ Sono altre due opere che mirò realizza e sembrano nascere direttamente dalla psiche di un bambino, che non ha preconcetti e strutture per disegnare un corpo umano e quindi lo identifica rappresentandolo attraverso le forme geometriche. Sculture in bronzo (1960) Mirò ha realizzato anche delle sculture urbane in assenza di colore e utilizzando prevalentemente il bronzo: in questo caso le figure ricordano i primi disegni dell'infanzia e non diventano immagini spaventose, sono immagini benevole, divertenti e giocose e non c'è niente di spaventoso, nonostante siano figure lontane dal naturalistico. Magritte, il gioco sottile dei non sensi Nasce nel 1898 e muore nel 1967. È un artista belga e le Fiandre, la sua terra natale, sono state fonte di questa tipologia artistica del non senso, è infatti un'arte tradizionale tipica fiamminga. Tutta la rappresentazione fantastica che troviamo nei suoi dipinti è da donare a rintracciare nella tradizione del suo paese. A differenza degli altri pittori che hanno aderito alla metafisica, come De Chirico (sensazione di inquietudine pesante nei suoi dipinti), in Magritte non troveremo sensazioni inquietanti dal punto di vista estetico, l'opera di Magritte non sprofonda nell'ambito dell'inquietudine e della pesantezza, ma sono dipinti di soggetti quotidiani. Magritte rimane di più sull'apparenza. In particolare i suoi soggetti sono borghesi, dunque personaggi che non hanno spessore né profondità morali accentuate. La sua opera diventa azzeccatissima e comprensibilissima proprio perché utilizza un soggetto che tutti conosciamo e che tutti siamo alla portata di comprendere. Egli gioca con l'immagine partendo da 8 categorie, utilizza 8 categorie per creare: O O O O O O O Isolamento Decontestualizzazione Modifica Ibridazione Mutamento di scala Incontri casuali Paradosso O Bipolarismo concettuale A seconda dei dipinti lui ha messo in atto una o più di queste soluzioni per creare. La pipa (1928) Ceci n'est pas une pipe. Il gioco che mette in atto è un gioco attuato tra una immagine e una scritta. Nello spettatore, appena legge la scritta "ceci n'est pas une pipe", arriva il dubbio e si chiede "se questa non è una pipa allora cos'è?". Il gioco che mette in atto ce lo svela immediatamente in una intervista: è la pura verità, quella non è una pipa, ma è l'immagine di una pipa, ha volutamente messo lo spettatore di fronte a un indovinello linguistico. Il gioco funziona anche grazie alla leggibilità dell'immagine, perché è chiaro che è una pipa quella disegnata, ma se l'immagine fosse poco chiara potrebbe venire il dubbio che essa non lo sia. La voce dei venti (1931) Si compone di tre enormi sfere, che sono dei sonagli enormi di metallo spogliati dalla loro funzione originaria. C'è il mutamento di scala, la decontestualizzazione, perché essi Magritte ce li rende pesanti e fluttuanti nel cielo. Sotto ai sonagli ha inserito un paesaggio dettagliatissimo come se fosse quasi un paesaggio rinascimentale nella precisione della prospettiva e dell'orizzonte, tanto che vediamo anche i fili d'erba in primo piano, ma questo si contrappone ai sonagli giganteschi che fluttuano L'impero della luce (1953) Anche qua fa un'altra decontestualizzazione, in questo caso temporale: nella parte bassa del dipinto siamo in un paesaggio notturno in cui una casa sullo sfondo è rappresentata al buio e illuminata solo da una luce artificiale; la parte in primo piano è tutta avvolta dalla notte mentre in alto c'è un cielo diurno. Nella mente dello spettatore crea una confusione temporale, inserendo e accoppiando un paesaggio notturno con un cielo diurno. La luce del sole della parte alta del dipinto non intacca minimamente la notte rappresentata nella parte bassa del dipinto. In questo quadro particolarmente va a creare un ossimoro visivo che crea molta confusione nella mente e negli occhi dell'osservatore. Salvador Dalì È stato un'artista catalano nato nel 1904 e morto nel 1989. La sua arte si riassume in "Il torbido mondo della paranoia". Era figlio di un notaio, nasce in Catalogna in particolare a Figueres, circa a 40km da Barcellona. Da bambino rivela di avere tante doti nel disegno e, come tanti artisti suoi predecessori che sono fortemente legati alla figura della madre, egli la perde in giovane età. Col padre invece aveva un rapporto conflittuale perché era molto autoritario e rigido, e non ci andava d'accordo. Va all'Accademia delle Belle Arti a Madrid e riesce a liberarsi della figura paterna. Stringe amicizia con due personaggi: Federico Garcia Lorca e Lewis Bunnell (era uno sceneggiatore e regista con cui Dalì ha fatto due cortometraggi legati alla storia del surrealismo). Successivamente viene espulso dall'accademia perché aveva forti contrasti con i docenti, e queste amicizie se le porterà anche fuori. Una volta libero dagli impegni scolastici, nel 1926 fa il suo primo viaggio a Parigi per trovare Picasso, qui conosce il gruppo dei cubisti e poi ritorna a casa. Nel 1929 compie il suo secondo viaggio a Parigi e gli sarà fatale, è accompagnato da Mirò e conosce il gruppo dei surrealisti che erano entusiasti di conoscerlo. Egli come Marit non inventa figure nuove, però la differenza principale della sua arte è che è un vero e autentico surrealismo, prende delle immagini esistenti e riconoscibili come Marit e le va a collocare in un ambito decontestualizzato cambiando dimensioni, contesto ecc. dando alle figure un'impronta di allucinazioni iper- realistiche. L'arte di Dalì è una trascrizione poetica della sua realtà interiore. Egli fa emergere appieno tutte le impulsioni dell'individuo rompendo i freni inibitori della coscienza razionale e le convenzioni tipiche dell'adulto, facendole diventare allucinazioni iper-realistiche. Egli sostiene di non aver mai fatto uso di droghe ma di essere lui stesso la sua droga, e uno dei metodi per liberarsi da questi freni era un sistema utilizzato anche da altri artisti, ovvero la tecnica del sonno-veglia: Dalì, attraverso la privazione del sonno, si addormentava con un cucchiaino in mano o in bocca e appena faceva rumore si svegliava, e in questo momento in cui la coscienza riemergeva dal sogno, egli dipingeva le allucinazioni iperrealistiche. Nel 1929 conosce i surrealisti e aderisce a questa corrente. In questo stesso anno ha un incontro importantissimo a Parigi, conosce sua moglie, la sua musa ispiratrice. Si chiama Gala, con lei vivrà per tutta la vita e apparirà in tantissimi dipinti. Nel 1930 scrive rispetto al suo metodo operativo artistico, teorizza il suo nuovo metodo paranoico-critico: consiste nella ripetizione ossessiva all'interno dei suoi dipinti di alcuni elementi che riguardano la parte più profonda dell'inconscio (affetti familiari, conflitti familiari, pulsioni sessuali, tutto l'aspetto legato all'amore, morte ecc.). Questo processo paranoico prevede l'osservazione di un oggetto e la sua trasmutazione in un altro oggetto, ovviamente viene attuato in uno stato allucinatorio che altera lo stato attuale delle cose. Ci troviamo dunque di fronte a un personaggio che non ha limiti, né nella sua vita privata né nella sua arte. Anche questa teorizzazione del suo metodo espressivo crea dei conflitti con il gruppo dei surrealisti, infatti non vanno più molto d'accordo; in più i surrealisti da un punto di vista politico continuano ad avere una posizione apolitica, in particolare nei confronti della dittatura fascista (si orientano verso il Comunismo), e mentre essi vanno via dalla Spagna per andare in America, Dali rimane in Spagna appoggiando il regime Franchista. Ha sempre sostenuto di non esser interessato alla politica ma molto spesso nei suoi dipinti capita la figura di Hitler e ciò dà da pensare. Gli affascina Hitler come personaggio ma non come politico, viene infatti ritratto anche in modo un po' denigratorio facendolo risultare ancora peggio e ridicolizzandolo (es: Grande Masturbatore). Oltre alla figura di Hitler, appaiono immagini sgradevoli di insetti raccapriccianti, di corpi in decomposizione e di escrementi, dunque in questo periodo i surrealisti si distaccano e i suoi dipinti diventano molto forti. Nel 1934 avviene la rottura definitiva con il gruppo, Dalì viene espulso con una lettera e in seguito, per giustificarsi e prendere le distanze fa uscire un'intervista in cui dirà che è stato allontanato perché i surrealisti avevano paura di lui, della sua arte e del suo atteggiamento anticonformista. La metamorfosi di Narciso 12135 È un quadro realizzato da Salvador Dalì tra il 1936 e il 1937, di dimensioni 60x80 cm. L'opera simboleggia il mito del narcisismo, raffigurato da un Narciso che muore e si fossilizza. Per realizzare questo dipinto, il pittore catalano utilizza il suo metodo critico paranoico. Esso consiste nel guardare un oggetto e vederne, e quindi dipingerne, un altro. Sono quindi evidenti le illusioni ottiche e altri tipi di immagini multiple. Salvador Dalì raffigura Narciso che si trova seduto in una posizione definita quasi fetale. Tale elemento riconduce alla ricerca, da parte del personaggio, della solitudine del grembo materno, prima di nascere. Il Narciso di Dalì sembra immerso in una calda e aurea luminescenza con la testa rivolta verso il basso. Narciso si trova nelle vicinanze di uno stagno ed è chiaramente visibile il suo riflesso dal quale ha inizio la trasformazione. Poco lontano da lui, si nota una statua decadente in pietra su un piedistallo, raffigurante probabilmente lo stesso Narciso. La trasformazione della figura avviene da sinistra verso destra, mentre i colori trasparenti, evanescenti, lungo la trasformazione si caricano di connotati sempre più opachi, assumendo una connotazione realistica e concreta paragonata ad un lento risveglio dopo un sogno visionario. La metamorfosi si percepisce grazie alla somiglianza delle sagome delle due figure. In questo caso, il protagonista assume quindi le sembianze di una mano che stringe un uovo dal quale nasce un fiore di narciso. La mano potrebbe indicare l'atto della masturbazione (tema affrontato dall'artista nel 1929 nel quadro Il grande masturbatore), oppure, secondo altre interpretazioni, simboleggiare la morte. A rafforzare quest'ultima tesi, si vedono sulla base del pollice di questa mano pietrificata delle formiche che stanno a simboleggiare la decomposizione e la caducità dell'esistenza e della vita. L'uovo, invece, è usato dal pittore per indicare il simbolo della sessualità. Sullo sfondo si possono ammirare figure di nudi, che ricordano le pose classiche e gli atteggiamenti formali tipici dei periodi storici del manierismo e del rinascimento. Sulla scena, inoltre, è presente la figura di uno sciacallo nell'atto di sbranare una carogna. La tentazione di Sant'Antonio È un quadro dipinto da Salvador Dalì nel 1946. È di dimensioni 90x120 cm e attualmente conservato al musée des beaux arts di Bruxelles. Nel quadro appare Sant'Antonio con in mano un crocefisso, formato da due legni uniti da una corda, che sta alzando verso un cavallo bianco imbizzarrito. Dietro all'animale ci sono quattro elefanti che hanno le zampe allungate, di consistenza sottile come se fossero delle prolunghe fragili ed esili quasi quanto i famosi baffi del pittore catalano; il loro colore tende al blu. Il cavallo simboleggia la pazzia che domina i lussuriosi ma anche la violenza che si scatena dal potere. Mentre i quattro elefanti trasportano sui loro dorsi oggetti e immagini simboliche. Il primo porta una piramide alla sommità della quale appare una donna nuda che si massaggia con volgare sensualità; il secondo trasporta un obelisco posto sopra un tappeto d'orato Il terzo trasporta una costruzione di memoria palladiana al cui interno si vedono parti di un corpo femminile, i seni e il ventre, sulla sommità del tempio vi è una figura malefica che annuncia con la tromba l'arrivo dell'elefante. Il quarto, in fondo, in parte nascosto dalle nuvole, tiene sul dorso una torre. Il primo elefante e il cavallo avanzano verso il santo mentre gli altri tre si spostano verso ovest. Quest'ultimi hanno le zanne bianche mentre il primo ne è privo. Il luogo è lunare, appare come se fosse un mondo diverso dalla realtà; può essere un luogo di sogno, una sorta di trapasso a cui il santo deve sottoporsi per andare oltre nel suo cammino. Proprio la desolazione del paesaggio accentua ancora di più l'angoscia delle tentazioni e la nudità del santo richiama la fragilità dell'essere umano, che si aggrappa ad un atto di fede per difendersi dalla furia che lo sta per travolgere. Uno degli aspetti più interessanti, a parer mio, sono le zampe dei pachidermi, esili come quelle dei ragni, che rendono ancora più onirica l'immagine, come se creassero una sorta di legame ottico fra cielo e terra. La persistenza della memoria (1931) È l'opera più famosa e popolare di Dalì ed è conservata New York. Siamo di fronte a una scena ambientata sulla spiaggia che nella parte vicino a noi è ancora avvolta nella notte, mentre tutta la parte dell'orizzonte è illuminata dalle prime luci dell'alba. Sulla destra dell'orizzonte c'è una scogliera che blocca lo sguardo e il pensiero. A sinistra c'è il mare chiaro e limpido tipico dell'alba, mare che prosegue in una tela bianca. Troviamo un oggetto geometrico pesante (parallelepipedo) che è un elemento quasi sempre presente nelle sue opere. Da esso esce un albero secco e morto. C'è poi una figura antropomorfa che dorme, ed è la rappresentazione di un viso deformato, quasi sciolto. Si riconoscono solo il naso, l'occhio chiuso, un sopracciglio e la fronte con le rughe. Egli sta sognando e lo capiamo perché il fatto di avere l'occhio chiuso e la fronte rugosa è un sinonimo che fa riferimento alla fase rem (fase più profonda del sogno). Ci sono quattro orologi molli, tre di cui vediamo il quadrante (sopra la forma, sull'albero e sul parallelepipedo) e in cui riusciamo a leggere l'idea del tempo. Sono molli perché nel momento del sogno il tempo si deforma, si allunga e si restringe a seconda di quello che stiamo sognando e della profondità del sogno. Per Dalì il momento del sogno in cui produciamo delle immagini irrealistiche è un tempo ben vissuto, pieno e utile, ecco perché di questo tempo vediamo il quadrante. Il quarto orologio è morto e chiuso e non vediamo il quadrante. È ricoperto da formiche e troviamo il concetto della decomposizione che è legato a quello di spreco del tempo, di non dormire e non sognare. Il tempo della dimensione onirica, del sogno si comprime, si deforma e la memoria del sogno e delle sensazioni che si provano durante esso è legata allo stato percettivo, di come io percepisco qualcosa. Teste piene di nuvole (1936) È un'opera completamente surrealista. Siamo di fronte a due tele accostate e singole che vanno in coppia, altro non sono che la sagoma di due personaggi. Egli si ispira a "il dipinto dell'angelus" di Millet in cui ci sono due contadini che si fermano dal lavoro per pregare. Dali è interessato non al lavoro ma all'idea di coppia e di sagoma in controluce. La forma che lui recupera è la sagoma dei loro personaggi che utilizza solo per andarli a riempire di immagini. I due personaggi probabilmente sono lui e Gala. Egli oltre a ritagliare la sagoma e posizionarla come contenitore del dipinto, la ha ribaltata e stravolta: la sagoma diventa la cornice e quello che è paesaggio diventa il soggetto principale che le riempie. Le due sagome sono come due finestre aperte su un paesaggio che però è un unico paesaggio che hanno in comune. L'unica cosa che li distingue sono due tavole apparecchiate. In quella maschile c'è un tavolo coperto da una tovaglia in cui troviamo due elementi allegorici, il bicchiere con cucchiaio (riferimento sessuale maschile) e un altro parallelepipedo, oggetto di piombo pesante che tiene ferma la tovaglia. La pesantezza è una caratteristica maschile. Nella parte femminile c'è sempre la tavola con la tovaglia ma troviamo un riferimento alle mani sul ventre nella parte arricciata, in più c'è un riferimento sessuale femminile, ovvero il grappolo d'uva. Quindi la parte bassa del dipinto è differente nelle sagome, mentre nella parte superiore si capisce che Dalì e Gala stanno sognando all'unisono la medesima cosa, e ciò è rappresentato dalle nuvole. Sono una cosa sola e accolgono nel loro cervello lo stesso sogno, hanno la stessa visione nonostante ci siano degli elementi opposti nella parte inferiore, ciò significa che anche se sono diversi essi si attraggono e si completano, il paesaggio in Dalì è il proseguimento di quello di Gala. Teatro museo di Dalì È un castello che ha disegnato e fatto costruire da lui stesso, ci troviamo a Figueres. Egli ha costruito la sua casa sulle rovine di un vecchio teatro, quando lui era ancora in vita ci hanno vissuto e ci ha fatto costruire questo castello. Ha un impatto visivo importante nel piccolo paesino, ha tre lati di colore fucsia con delle riproduzioni di panini che lui ha disposto come se fosse il bugnato dei castelli rinascimentali. Sulle torri ci sono delle uova gigantesche, simboleggiano l'elemento più perfetto in natura e rappresenta la rinascita. L'architettura è l'oggetto surrealista più grande al mondo. La parte davanti, il portale d'accesso ricorda il teatro rinascimentale, ci sono però dei riferimenti alla parte posteriore, in altro ci sono sculture che ricordano quelle classiche e dei manichini d'oro. Le sculture hanno delle baguette dorate sulla testa. Il dietro invece è surrealista. Quando si entra nel palazzo ci si trova in un giardino all'aperto al centro del quale c'è l'auto di Dali, che in realtà era di sua moglie. Ci sono sculture mostruose che ricordano il giardino di Bomarzo. Nella parte bassa ci son aiuole che formano la lettera G. Una volta attraversato il cortile interno si entra in quella che è la sala della cupola, quindi tutta la parte superiore è sormontata dalla cupola in vetro, ed era il luogo in cui sorgeva il vecchio palcoscenico del teatro. Qui si iniziano a vedere tutti i dipinti di Dalì e tutte le sue opere, ma soprattutto iniziano ad essere messi in ordine cronologico nella ala destra e nella ala sinistra tutta la raccolta d'arte di d'amiche comprendeva sia opere sue sia opere di altri artisti che lui ha collezionato e che lo hanno indirizzato. Andando a destra da questa zona ci si trova una delle sale più belle, la sala mae west. È stata una modella e attrice americana negli anni in cui è vissuto Dalì, una donna bellissima che ha utilizzato per creare questa installazione che ripropone il suo volto. Nella salsa dedicata a lei ci sono due fotografie di una veduta parigina (con anche una vista della torre Eiffel), con una posizione fatta a radiogrammi degli occhi di mae west, dunque la veduta e gli occhi si confondono. Il naso della donna era un camino a legna funzionante e la bocca era stata un oggetto surrealista realizzato in serie ed essa è un divano. La bocca è diventata famosa perché Dalì l'ha data nel 37 per arredare una boutique di Moda. Questo è diventato un arco di moda rimasto lineare nel tempo creando un sacco di gioielli surrealisti, ancora oggi, e continuano a ritornare di moda mantenendo inalterato il gusto tipico dell'arte surrealista. Il surrealismo non è mai passato di moda e continua ancora oggi a stupire. Dall'altra parte della stanza c'è un letto a baldacchino di Dalì e sopra al letto c'è un bagno rovesciato composto da lavandino, vasca e wc Dall'altro lato rispetto alla zona del palcoscenico c'è un'altra zona di dipinti in ordine cronologico e come stanza speculare a quella di mae west c' è un mausoleo in cui è sepolto Dalì. Questa parte cambia completamente aspetto con i toni del nero e alzate di centro c'è il monumento funebre di Dali. Date da sapere: Manifesto del surrealismo: 1924 Anno in cui Dalì perde la madre: 1921 Anno in cui Dalì viene espulso dall'accademia: 1926 Quando Dalì va a Parigi: 1926 Secondo viaggio a Parigi e in cui incontra il gruppo dei surrealisti: 1929 Quando teorizza il metodo paranoico critico: 1930 Anno di rottura definitiva con il gruppo e in cui viene espulso: 1934

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felicità espressiva, che si trova tra i surrealisti solo in lui. Ci viene raccontata e trasmessa in primis dai colori che utilizza, primari e secondari, i colori che utilizzano i bambini prevalentemente. In secondo luogo ce la trasmette attraverso le forme che lui utilizza. A differenza degli altri surrealisti in cui le forme sono quasi tutte deformate e quasi tutte irriconoscibili, in Mirò soggetti che rappresenta sono molto riconoscibili. Ma lui estrapola i soggetti dal contesto originario e li inserisce insieme in un contesto differente, per questo è surrealista. Questo porta a delle immagini assolutamente fuori contesto e inserite in un ambito irreale. Il carnevale di Arlecchino È un'opera del 1924. Anche il titolo racconta qualcosa di fantasioso e qua tutte le immagini che ha condensato nella tela sembrano fluttuare in una atmosfera senza gravità, sembrano inserite in un contesto irreale, ma, nonostante ciò, ogni immagine nello specifico è resa dal pittore abbastanza riconoscibile. Per quasi tutta la sua vita ha lavorato con immagini legate al mondo dell'infanzia. Donna con uccellino Mirò si dedica anche alle grandi sculture urbane: il parco a Barcellona, dove in mezzo a una grandissima Fontana c'è una scultura che si chiama donna con uccellino. È realizzata con colori interamente primari e secondari ed è l'idea di una donna con un uccellino stilizzato in testa e le forme della donna sono forme morbide che possono ricordare la rappresentazione di una donna per un bambino, così come per l'uccellino. +++ Sono altre due opere che mirò realizza e sembrano nascere direttamente dalla psiche di un bambino, che non ha preconcetti e strutture per disegnare un corpo umano e quindi lo identifica rappresentandolo attraverso le forme geometriche. Sculture in bronzo (1960) Mirò ha realizzato anche delle sculture urbane in assenza di colore e utilizzando prevalentemente il bronzo: in questo caso le figure ricordano i primi disegni dell'infanzia e non diventano immagini spaventose, sono immagini benevole, divertenti e giocose e non c'è niente di spaventoso, nonostante siano figure lontane dal naturalistico. Magritte, il gioco sottile dei non sensi Nasce nel 1898 e muore nel 1967. È un artista belga e le Fiandre, la sua terra natale, sono state fonte di questa tipologia artistica del non senso, è infatti un'arte tradizionale tipica fiamminga. Tutta la rappresentazione fantastica che troviamo nei suoi dipinti è da donare a rintracciare nella tradizione del suo paese. A differenza degli altri pittori che hanno aderito alla metafisica, come De Chirico (sensazione di inquietudine pesante nei suoi dipinti), in Magritte non troveremo sensazioni inquietanti dal punto di vista estetico, l'opera di Magritte non sprofonda nell'ambito dell'inquietudine e della pesantezza, ma sono dipinti di soggetti quotidiani. Magritte rimane di più sull'apparenza. In particolare i suoi soggetti sono borghesi, dunque personaggi che non hanno spessore né profondità morali accentuate. La sua opera diventa azzeccatissima e comprensibilissima proprio perché utilizza un soggetto che tutti conosciamo e che tutti siamo alla portata di comprendere. Egli gioca con l'immagine partendo da 8 categorie, utilizza 8 categorie per creare: O O O O O O O Isolamento Decontestualizzazione Modifica Ibridazione Mutamento di scala Incontri casuali Paradosso O Bipolarismo concettuale A seconda dei dipinti lui ha messo in atto una o più di queste soluzioni per creare. La pipa (1928) Ceci n'est pas une pipe. Il gioco che mette in atto è un gioco attuato tra una immagine e una scritta. Nello spettatore, appena legge la scritta "ceci n'est pas une pipe", arriva il dubbio e si chiede "se questa non è una pipa allora cos'è?". Il gioco che mette in atto ce lo svela immediatamente in una intervista: è la pura verità, quella non è una pipa, ma è l'immagine di una pipa, ha volutamente messo lo spettatore di fronte a un indovinello linguistico. Il gioco funziona anche grazie alla leggibilità dell'immagine, perché è chiaro che è una pipa quella disegnata, ma se l'immagine fosse poco chiara potrebbe venire il dubbio che essa non lo sia. La voce dei venti (1931) Si compone di tre enormi sfere, che sono dei sonagli enormi di metallo spogliati dalla loro funzione originaria. C'è il mutamento di scala, la decontestualizzazione, perché essi Magritte ce li rende pesanti e fluttuanti nel cielo. Sotto ai sonagli ha inserito un paesaggio dettagliatissimo come se fosse quasi un paesaggio rinascimentale nella precisione della prospettiva e dell'orizzonte, tanto che vediamo anche i fili d'erba in primo piano, ma questo si contrappone ai sonagli giganteschi che fluttuano L'impero della luce (1953) Anche qua fa un'altra decontestualizzazione, in questo caso temporale: nella parte bassa del dipinto siamo in un paesaggio notturno in cui una casa sullo sfondo è rappresentata al buio e illuminata solo da una luce artificiale; la parte in primo piano è tutta avvolta dalla notte mentre in alto c'è un cielo diurno. Nella mente dello spettatore crea una confusione temporale, inserendo e accoppiando un paesaggio notturno con un cielo diurno. La luce del sole della parte alta del dipinto non intacca minimamente la notte rappresentata nella parte bassa del dipinto. In questo quadro particolarmente va a creare un ossimoro visivo che crea molta confusione nella mente e negli occhi dell'osservatore. Salvador Dalì È stato un'artista catalano nato nel 1904 e morto nel 1989. La sua arte si riassume in "Il torbido mondo della paranoia". Era figlio di un notaio, nasce in Catalogna in particolare a Figueres, circa a 40km da Barcellona. Da bambino rivela di avere tante doti nel disegno e, come tanti artisti suoi predecessori che sono fortemente legati alla figura della madre, egli la perde in giovane età. Col padre invece aveva un rapporto conflittuale perché era molto autoritario e rigido, e non ci andava d'accordo. Va all'Accademia delle Belle Arti a Madrid e riesce a liberarsi della figura paterna. Stringe amicizia con due personaggi: Federico Garcia Lorca e Lewis Bunnell (era uno sceneggiatore e regista con cui Dalì ha fatto due cortometraggi legati alla storia del surrealismo). Successivamente viene espulso dall'accademia perché aveva forti contrasti con i docenti, e queste amicizie se le porterà anche fuori. Una volta libero dagli impegni scolastici, nel 1926 fa il suo primo viaggio a Parigi per trovare Picasso, qui conosce il gruppo dei cubisti e poi ritorna a casa. Nel 1929 compie il suo secondo viaggio a Parigi e gli sarà fatale, è accompagnato da Mirò e conosce il gruppo dei surrealisti che erano entusiasti di conoscerlo. Egli come Marit non inventa figure nuove, però la differenza principale della sua arte è che è un vero e autentico surrealismo, prende delle immagini esistenti e riconoscibili come Marit e le va a collocare in un ambito decontestualizzato cambiando dimensioni, contesto ecc. dando alle figure un'impronta di allucinazioni iper- realistiche. L'arte di Dalì è una trascrizione poetica della sua realtà interiore. Egli fa emergere appieno tutte le impulsioni dell'individuo rompendo i freni inibitori della coscienza razionale e le convenzioni tipiche dell'adulto, facendole diventare allucinazioni iper-realistiche. Egli sostiene di non aver mai fatto uso di droghe ma di essere lui stesso la sua droga, e uno dei metodi per liberarsi da questi freni era un sistema utilizzato anche da altri artisti, ovvero la tecnica del sonno-veglia: Dalì, attraverso la privazione del sonno, si addormentava con un cucchiaino in mano o in bocca e appena faceva rumore si svegliava, e in questo momento in cui la coscienza riemergeva dal sogno, egli dipingeva le allucinazioni iperrealistiche. Nel 1929 conosce i surrealisti e aderisce a questa corrente. In questo stesso anno ha un incontro importantissimo a Parigi, conosce sua moglie, la sua musa ispiratrice. Si chiama Gala, con lei vivrà per tutta la vita e apparirà in tantissimi dipinti. Nel 1930 scrive rispetto al suo metodo operativo artistico, teorizza il suo nuovo metodo paranoico-critico: consiste nella ripetizione ossessiva all'interno dei suoi dipinti di alcuni elementi che riguardano la parte più profonda dell'inconscio (affetti familiari, conflitti familiari, pulsioni sessuali, tutto l'aspetto legato all'amore, morte ecc.). Questo processo paranoico prevede l'osservazione di un oggetto e la sua trasmutazione in un altro oggetto, ovviamente viene attuato in uno stato allucinatorio che altera lo stato attuale delle cose. Ci troviamo dunque di fronte a un personaggio che non ha limiti, né nella sua vita privata né nella sua arte. Anche questa teorizzazione del suo metodo espressivo crea dei conflitti con il gruppo dei surrealisti, infatti non vanno più molto d'accordo; in più i surrealisti da un punto di vista politico continuano ad avere una posizione apolitica, in particolare nei confronti della dittatura fascista (si orientano verso il Comunismo), e mentre essi vanno via dalla Spagna per andare in America, Dali rimane in Spagna appoggiando il regime Franchista. Ha sempre sostenuto di non esser interessato alla politica ma molto spesso nei suoi dipinti capita la figura di Hitler e ciò dà da pensare. Gli affascina Hitler come personaggio ma non come politico, viene infatti ritratto anche in modo un po' denigratorio facendolo risultare ancora peggio e ridicolizzandolo (es: Grande Masturbatore). Oltre alla figura di Hitler, appaiono immagini sgradevoli di insetti raccapriccianti, di corpi in decomposizione e di escrementi, dunque in questo periodo i surrealisti si distaccano e i suoi dipinti diventano molto forti. Nel 1934 avviene la rottura definitiva con il gruppo, Dalì viene espulso con una lettera e in seguito, per giustificarsi e prendere le distanze fa uscire un'intervista in cui dirà che è stato allontanato perché i surrealisti avevano paura di lui, della sua arte e del suo atteggiamento anticonformista. La metamorfosi di Narciso 12135 È un quadro realizzato da Salvador Dalì tra il 1936 e il 1937, di dimensioni 60x80 cm. L'opera simboleggia il mito del narcisismo, raffigurato da un Narciso che muore e si fossilizza. Per realizzare questo dipinto, il pittore catalano utilizza il suo metodo critico paranoico. Esso consiste nel guardare un oggetto e vederne, e quindi dipingerne, un altro. Sono quindi evidenti le illusioni ottiche e altri tipi di immagini multiple. Salvador Dalì raffigura Narciso che si trova seduto in una posizione definita quasi fetale. Tale elemento riconduce alla ricerca, da parte del personaggio, della solitudine del grembo materno, prima di nascere. Il Narciso di Dalì sembra immerso in una calda e aurea luminescenza con la testa rivolta verso il basso. Narciso si trova nelle vicinanze di uno stagno ed è chiaramente visibile il suo riflesso dal quale ha inizio la trasformazione. Poco lontano da lui, si nota una statua decadente in pietra su un piedistallo, raffigurante probabilmente lo stesso Narciso. La trasformazione della figura avviene da sinistra verso destra, mentre i colori trasparenti, evanescenti, lungo la trasformazione si caricano di connotati sempre più opachi, assumendo una connotazione realistica e concreta paragonata ad un lento risveglio dopo un sogno visionario. La metamorfosi si percepisce grazie alla somiglianza delle sagome delle due figure. In questo caso, il protagonista assume quindi le sembianze di una mano che stringe un uovo dal quale nasce un fiore di narciso. La mano potrebbe indicare l'atto della masturbazione (tema affrontato dall'artista nel 1929 nel quadro Il grande masturbatore), oppure, secondo altre interpretazioni, simboleggiare la morte. A rafforzare quest'ultima tesi, si vedono sulla base del pollice di questa mano pietrificata delle formiche che stanno a simboleggiare la decomposizione e la caducità dell'esistenza e della vita. L'uovo, invece, è usato dal pittore per indicare il simbolo della sessualità. Sullo sfondo si possono ammirare figure di nudi, che ricordano le pose classiche e gli atteggiamenti formali tipici dei periodi storici del manierismo e del rinascimento. Sulla scena, inoltre, è presente la figura di uno sciacallo nell'atto di sbranare una carogna. La tentazione di Sant'Antonio È un quadro dipinto da Salvador Dalì nel 1946. È di dimensioni 90x120 cm e attualmente conservato al musée des beaux arts di Bruxelles. Nel quadro appare Sant'Antonio con in mano un crocefisso, formato da due legni uniti da una corda, che sta alzando verso un cavallo bianco imbizzarrito. Dietro all'animale ci sono quattro elefanti che hanno le zampe allungate, di consistenza sottile come se fossero delle prolunghe fragili ed esili quasi quanto i famosi baffi del pittore catalano; il loro colore tende al blu. Il cavallo simboleggia la pazzia che domina i lussuriosi ma anche la violenza che si scatena dal potere. Mentre i quattro elefanti trasportano sui loro dorsi oggetti e immagini simboliche. Il primo porta una piramide alla sommità della quale appare una donna nuda che si massaggia con volgare sensualità; il secondo trasporta un obelisco posto sopra un tappeto d'orato Il terzo trasporta una costruzione di memoria palladiana al cui interno si vedono parti di un corpo femminile, i seni e il ventre, sulla sommità del tempio vi è una figura malefica che annuncia con la tromba l'arrivo dell'elefante. Il quarto, in fondo, in parte nascosto dalle nuvole, tiene sul dorso una torre. Il primo elefante e il cavallo avanzano verso il santo mentre gli altri tre si spostano verso ovest. Quest'ultimi hanno le zanne bianche mentre il primo ne è privo. Il luogo è lunare, appare come se fosse un mondo diverso dalla realtà; può essere un luogo di sogno, una sorta di trapasso a cui il santo deve sottoporsi per andare oltre nel suo cammino. Proprio la desolazione del paesaggio accentua ancora di più l'angoscia delle tentazioni e la nudità del santo richiama la fragilità dell'essere umano, che si aggrappa ad un atto di fede per difendersi dalla furia che lo sta per travolgere. Uno degli aspetti più interessanti, a parer mio, sono le zampe dei pachidermi, esili come quelle dei ragni, che rendono ancora più onirica l'immagine, come se creassero una sorta di legame ottico fra cielo e terra. La persistenza della memoria (1931) È l'opera più famosa e popolare di Dalì ed è conservata New York. Siamo di fronte a una scena ambientata sulla spiaggia che nella parte vicino a noi è ancora avvolta nella notte, mentre tutta la parte dell'orizzonte è illuminata dalle prime luci dell'alba. Sulla destra dell'orizzonte c'è una scogliera che blocca lo sguardo e il pensiero. A sinistra c'è il mare chiaro e limpido tipico dell'alba, mare che prosegue in una tela bianca. Troviamo un oggetto geometrico pesante (parallelepipedo) che è un elemento quasi sempre presente nelle sue opere. Da esso esce un albero secco e morto. C'è poi una figura antropomorfa che dorme, ed è la rappresentazione di un viso deformato, quasi sciolto. Si riconoscono solo il naso, l'occhio chiuso, un sopracciglio e la fronte con le rughe. Egli sta sognando e lo capiamo perché il fatto di avere l'occhio chiuso e la fronte rugosa è un sinonimo che fa riferimento alla fase rem (fase più profonda del sogno). Ci sono quattro orologi molli, tre di cui vediamo il quadrante (sopra la forma, sull'albero e sul parallelepipedo) e in cui riusciamo a leggere l'idea del tempo. Sono molli perché nel momento del sogno il tempo si deforma, si allunga e si restringe a seconda di quello che stiamo sognando e della profondità del sogno. Per Dalì il momento del sogno in cui produciamo delle immagini irrealistiche è un tempo ben vissuto, pieno e utile, ecco perché di questo tempo vediamo il quadrante. Il quarto orologio è morto e chiuso e non vediamo il quadrante. È ricoperto da formiche e troviamo il concetto della decomposizione che è legato a quello di spreco del tempo, di non dormire e non sognare. Il tempo della dimensione onirica, del sogno si comprime, si deforma e la memoria del sogno e delle sensazioni che si provano durante esso è legata allo stato percettivo, di come io percepisco qualcosa. Teste piene di nuvole (1936) È un'opera completamente surrealista. Siamo di fronte a due tele accostate e singole che vanno in coppia, altro non sono che la sagoma di due personaggi. Egli si ispira a "il dipinto dell'angelus" di Millet in cui ci sono due contadini che si fermano dal lavoro per pregare. Dali è interessato non al lavoro ma all'idea di coppia e di sagoma in controluce. La forma che lui recupera è la sagoma dei loro personaggi che utilizza solo per andarli a riempire di immagini. I due personaggi probabilmente sono lui e Gala. Egli oltre a ritagliare la sagoma e posizionarla come contenitore del dipinto, la ha ribaltata e stravolta: la sagoma diventa la cornice e quello che è paesaggio diventa il soggetto principale che le riempie. Le due sagome sono come due finestre aperte su un paesaggio che però è un unico paesaggio che hanno in comune. L'unica cosa che li distingue sono due tavole apparecchiate. In quella maschile c'è un tavolo coperto da una tovaglia in cui troviamo due elementi allegorici, il bicchiere con cucchiaio (riferimento sessuale maschile) e un altro parallelepipedo, oggetto di piombo pesante che tiene ferma la tovaglia. La pesantezza è una caratteristica maschile. Nella parte femminile c'è sempre la tavola con la tovaglia ma troviamo un riferimento alle mani sul ventre nella parte arricciata, in più c'è un riferimento sessuale femminile, ovvero il grappolo d'uva. Quindi la parte bassa del dipinto è differente nelle sagome, mentre nella parte superiore si capisce che Dalì e Gala stanno sognando all'unisono la medesima cosa, e ciò è rappresentato dalle nuvole. Sono una cosa sola e accolgono nel loro cervello lo stesso sogno, hanno la stessa visione nonostante ci siano degli elementi opposti nella parte inferiore, ciò significa che anche se sono diversi essi si attraggono e si completano, il paesaggio in Dalì è il proseguimento di quello di Gala. Teatro museo di Dalì È un castello che ha disegnato e fatto costruire da lui stesso, ci troviamo a Figueres. Egli ha costruito la sua casa sulle rovine di un vecchio teatro, quando lui era ancora in vita ci hanno vissuto e ci ha fatto costruire questo castello. Ha un impatto visivo importante nel piccolo paesino, ha tre lati di colore fucsia con delle riproduzioni di panini che lui ha disposto come se fosse il bugnato dei castelli rinascimentali. Sulle torri ci sono delle uova gigantesche, simboleggiano l'elemento più perfetto in natura e rappresenta la rinascita. L'architettura è l'oggetto surrealista più grande al mondo. La parte davanti, il portale d'accesso ricorda il teatro rinascimentale, ci sono però dei riferimenti alla parte posteriore, in altro ci sono sculture che ricordano quelle classiche e dei manichini d'oro. Le sculture hanno delle baguette dorate sulla testa. Il dietro invece è surrealista. Quando si entra nel palazzo ci si trova in un giardino all'aperto al centro del quale c'è l'auto di Dali, che in realtà era di sua moglie. Ci sono sculture mostruose che ricordano il giardino di Bomarzo. Nella parte bassa ci son aiuole che formano la lettera G. Una volta attraversato il cortile interno si entra in quella che è la sala della cupola, quindi tutta la parte superiore è sormontata dalla cupola in vetro, ed era il luogo in cui sorgeva il vecchio palcoscenico del teatro. Qui si iniziano a vedere tutti i dipinti di Dalì e tutte le sue opere, ma soprattutto iniziano ad essere messi in ordine cronologico nella ala destra e nella ala sinistra tutta la raccolta d'arte di d'amiche comprendeva sia opere sue sia opere di altri artisti che lui ha collezionato e che lo hanno indirizzato. Andando a destra da questa zona ci si trova una delle sale più belle, la sala mae west. È stata una modella e attrice americana negli anni in cui è vissuto Dalì, una donna bellissima che ha utilizzato per creare questa installazione che ripropone il suo volto. Nella salsa dedicata a lei ci sono due fotografie di una veduta parigina (con anche una vista della torre Eiffel), con una posizione fatta a radiogrammi degli occhi di mae west, dunque la veduta e gli occhi si confondono. Il naso della donna era un camino a legna funzionante e la bocca era stata un oggetto surrealista realizzato in serie ed essa è un divano. La bocca è diventata famosa perché Dalì l'ha data nel 37 per arredare una boutique di Moda. Questo è diventato un arco di moda rimasto lineare nel tempo creando un sacco di gioielli surrealisti, ancora oggi, e continuano a ritornare di moda mantenendo inalterato il gusto tipico dell'arte surrealista. Il surrealismo non è mai passato di moda e continua ancora oggi a stupire. Dall'altra parte della stanza c'è un letto a baldacchino di Dalì e sopra al letto c'è un bagno rovesciato composto da lavandino, vasca e wc Dall'altro lato rispetto alla zona del palcoscenico c'è un'altra zona di dipinti in ordine cronologico e come stanza speculare a quella di mae west c' è un mausoleo in cui è sepolto Dalì. Questa parte cambia completamente aspetto con i toni del nero e alzate di centro c'è il monumento funebre di Dali. Date da sapere: Manifesto del surrealismo: 1924 Anno in cui Dalì perde la madre: 1921 Anno in cui Dalì viene espulso dall'accademia: 1926 Quando Dalì va a Parigi: 1926 Secondo viaggio a Parigi e in cui incontra il gruppo dei surrealisti: 1929 Quando teorizza il metodo paranoico critico: 1930 Anno di rottura definitiva con il gruppo e in cui viene espulso: 1934