Canta la rabbia di Achille, figlio di Peleo, una rabbia terribile che portò infiniti dolori ai Greci e gettò numerose vite eroiche nel regno dei morti. Questa rabbia fu la conseguenza della contesa tra Agamennone, signore degli eroi, e Achille.
Apollo, adirato, scese dalle vette dell'Olimpo armato di arco e frecce, per colpire gli uomini, causando morte e distruzione.
Agamennone, infuriato dalle parole di Calcante, desidera Criseide e rifiuta il riscatto offerto per lei. Lancia accuse contro il profeta e chiede un altro dono per compensare la perdita della ragazza.
Dino Buzzati credeva che alcune poesie hanno una grazia innata, mentre altre, pur rispettando le regole, mancano di essa. I Greci invocavano le muse per ottenere ispirazione e grazia, considerando i poeti in contatto con il divino. Leopardi sottolinea che Omero rimane un modello insuperato per la poesia epica, perfezionando la tradizione poetica. Il primo libro dell'Iliade invoca la musa Calliope e introduce l'argomento principale della poesia: l'ira di Achille. Questo sentimento incontrollabile guida la guerra di Troia, coinvolgendo divinità come Apollo. L'Iliade presenta una struttura più semplice rispetto all'Odissea, ma è caratterizzata da uno stile omerico con l'uso di figure retoriche e patronimici.
Il Proemio dell'Iliade inizia con l'invocazione a Calliope, musa della poesia epica, chiedendo ispirazione per narrare l'ira di Achille, voluta da Zeus. L'ira provoca infinite sofferenze e morte per gli achei, caratterizzata dall'aggettivo "rovinosa". L'uso degli aggettivi nel poema serve a caratterizzare eventi e personaggi.