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Aristotele Una vita per la ricerca Aristotele viene considerato il filosofo della tradizione occidentale per eccellenza, il maestro color che sanno. Il suo maestro fu Platone, in quanto studiò nella sua Accademia, diventando suo assistente all'età di 20 anni. Fu un grande viaggiatore e studioso della natura → Aristotele era un acuto osservatore: osservava le autopsie di piccoli animali, li disegna e li classifica nel Compendio, studiando con rigorosa ricerca scientifica le loro abitudini alimentari, riproduzione, vita, morte... Siccome nacque a Stagira, e non ad Atene, non era considerato un vero greco, bensì un barbaros, un meteco, uno straniero. Egli fu perfino il precettore (maestro) di Alessandro Magno presso la corte macedone. Aristotele fondò la propria scuola, prima chiamata Liceo e poi anche nota come Peripato → gli allievi erano soliti passeggiare sotto dei portici colonnati, che circondavano il giardino della scuola. Aristotele ha una mente scientifica e analitica; utilizza tavole anatomiche e zoologiche, carte geografiche e mappe astronomiche. Dopo la morte di Alessandro, Aristotele fu accusato di empietà → differentemente da Socrate, Aristotele sfuggì dal processo; tuttavia dopo un anno morì di cancro allo stomaco: era destino che dovesse morire... Gli scritti aristotelici Gli scritti di Aristotele erano caratterizzati da una prosa scientifica e sintetica, descrittiva, sistematica e analitica. Essi si suddividevano in: Aristotele 1. acroamatici (per gli allievi) ed...

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Didascalia alternativa:

esoterici (contenevano la dottrina segreta) → appunti di cui si serviva per tenere le sue lezioni, pubblicati solo in seguito da Andronico di Rodi. 1 2. essoterici (per gli addetti ai lavori = i filosofi) • Aristotele scrive un compendio della filosofia dell'epoca, chiamato Organon (tutto insieme) enciclopedia del mondo antico, contenente tutte le conoscenze raggiunte fino a quel momento (in tutte le discipline; analizza perfino la filosofia di altri filosofi!). Esso si articola in Analitici primi e Analitici secondi e parlano della teoria filosofica → infatti Aristotele per parlare di filosofia usa il termine analitica. dialoghi simili (titoli, argomenti e struttura) a quelli platonici → Simposio, Politico, Dell'anima... • La Metafisica → concezione delle scienze, della filosofia, l'essere, religione, sostanza, divenire.... Aristotele ● Opere scientifiche fisica, storia, matematica, psicologia, dottrina dell'anima... • Scritti di etica, politica, economia, poetica e retorica → Etica nicomachea, la Politica, la Costituzione degli ateniesi, la Poetica (regole spazio temporali del teatro, tutt'ora rispettate il teatro era importantissimo per i Greci perché forniva insegnamenti utili per la vita quotidiana) Alcune copie delle opere di Aristotele sono giunte a noi fino ad oggi grazie agli arabo → quelle originali furono incendiate nella biblioteca di Alessandria d'Egitto. Il progetto filosofico L'allontanamento da Platone La diversa concezione del sapere e della realtà Aristotele è molto diverso da Platone: . • Innanzitutto, quella di Aristotele è una filosofia orizzontale, in quanto si trova sullo stesso piano della realtà che ci circonda → esiste solo ciò che si può dimostrare. È figlio del medico di Filippo II il macedone, padre di Alessandro Magno → dunque ha una filosofia scientifica: è un grande osservatore della natura, cerca sempre di dimostrare le proprie tesi. . Non si riconosce nella dottrina delle idee, né accetta l'iperuranio e la metempsicosi. • La filosofia non ha più un fine politico, ma si configura come una ricerca disinteressata I diversi metodi e interessi • Il filosofare di Aristotele non è aperto, bensì chiuso e sistematico. • Aristotele ha interessi naturalistici, perciò trascura la matematica. 2 L'enciclopedia delle scienze Aristotele definisce la filosofia come scienza prima. Essa si differenzia da tutte le altre scienze perché, invece di analizzare qualche aspetto particolare della realtà, indaga l'essere e la realtà in quanto tali (ontologia) → quindi la filosofia è comune fondamento di tutte le scienze, che non fanno altro che studiare l'essere da un punto di vista particolare. La metafisica: Le strutture della realtà La classificazione delle scienze Le scienze per Aristotele possono essere: 1. teoretiche → metafisica, matematica e fisica → studiano il necessario, seguono un metodo dimostrativo e hanno come scopo la conoscenza disinteressata Aristotele 2. pratiche etica e politica → studiano il possibile, seguono un metodo non dimostrativo (valido per lo più) e servono ad orientare l'agire umano 3. poietiche → arti tecniche → studiano il possibile, seguono un metodo non dimostrativo (valido per lo più) e servono a produrre o manipolare oggetti ed opere d'arte I caratteri generali della metafisica La metafisica è la scienza che studia le strutture profonde o generali della realtà, spingendosi al di là del mondo sensibile → questo termine, che significa letteralmente oltre la fisica, fu coniato da Andronico di Rodi (Aristotele, infatti, la chiamava analitica o filosofia prima) Gli argomenti indagati dalla metafisica sono 4: 1. le cause e i principi primi della realtà 2. l'essere in quanto tale 3. la sostanza 4. Dio, la sostanza immobile La dottrina dell'essere e della sostanza L'essere e i suoi molti significati La metafisica, sinteticamente, è lo studio dell'essere. Esso può essere inteso in modi diversi: • univoco → significa sempre la stessa cosa: esistere (questa posizione, sostenuta da Parmenide, viene concepita assurda da Aristotele) • equivoco significa ogni volta qualcosa di diverso (è impossibile comunicare...) polivoco → Aristotele afferma che l'essere ha molteplici significati analoghi: 3 1. accidente essere per altro 2. categorie → essere per sé 3. vero 4. potenza e atto Che cosa sono le categorie? Le categorie sono gli attributi fondamentali che ogni essere ha e non può fare a meno di avere. Esse sono: 1. sostanza → è la più importante, in quanto è il soggetto del nostro pensiero, ciò che vogliamo conoscere o di cui vogliamo parlare. 2. qualità 3. quantità 4. relazione (con qualcos'altro) 5. agire 6. subire 7. luogo 8. tempo 9. avere (qualcosa) 10. stare (in una certa situazione) L'essere umano è l'unico che risponde a tutte le categorie, a differenza degli altri esseri. Aristotele Che cos'è la sostanza? La sostanza è il polo unificante e il centro di riferimento attorno a cui gravitano tutte le altre categorie → essendo un ente individuale e autonomo, può essere identificata come sinolo. sinolo → è un'essenza, diversa in ogni essere umano: è come se fosse la nostra impronta ontologica e unisce corpo (parte materiale) e anima (parte spirituale), materia e forma. L'anima determina la materia e non viceversa è ciò che ci rende unici in noi stessi. Che cosa sono gli accidenti? 4 L'accidente è una qualità che può esserci come non può esserci, una diversità casuale che capita raramente ma che non cambia la natura stessa dell'individuo. (Es. due genitori dagli occhi marroni che fanno un figlio con gli occhi azzurri ciò non significa che quello non è loro figlio!) I principi supremi della scienza dell'essere Identità, non contraddizione e terzo escluso • principio di identità → è impossibile che la stessa cosa sia e insieme non sia → ogni cosa è solo se stessa. • principio di non contraddizione è impossibile che la stessa cosa insieme inerisca e non inerisca nella medesima cosa e per il medesimo aspetto → un'affermazione e la sua negazione non possono essere entrambe vere nello stesso momento → il principio più saldo di tutti • terzo escluso → date due affermazioni contraddittorie, una deve essere vera e l'altra falsa: non esiste una terza alternativa. La dottrina delle 4 cause Aristotele concepisce la scienza come studio delle cause di tutte le cose, ossia il perché di un certo qualcosa. Egli individua 4 tipi di cause: 1. materiale → materia, ciò di cui una cosa è fatta 2. formale forma, l'essenza di una cosa 3. efficiente ciò che genera un mutamento in un oggetto o in uno stato è la più famosa 4. finale scopo di una cosa Aristotele osserva le cose e vuole capire come funzionano, il loro perché intrinseco: comprendere la causa di qualcosa, infatti, significa comprendere l'articolazione interna di quella sostanza. Aristotele La dottrina del divenire Il problema del divenire non consisteva della sua esistenza bensì in come esso dovesse essere pensato. Secondo Aristotele il divenire è una trasformazione, che implica un passaggio da un certo tipo di essere a un altro tipo di essere (non è un passaggio dal non-essere all'essere, o viceversa!). Le forme del divenire Generalmente, oltre che con la trasformazione, Aristotele identifica il divenire con il movimento, che può essere di 4 tipi: 1. locale → traslazione: movimento da un punto all'altro 5 2. qualitativo → cambiamento di una qualità accidentale di una sostanza 3. quantitativo → cambiamento della quantità di una sostanza, che può accrescere o diminuire 4. sostanziale nascita (generazione) e morte (corruzione) Potenza e atto Per spiegare il concetto di divenire, Aristotele elabora quelli di potenza e atto: • potenza ciò che può potenzialmente esistere • atto ciò che effettivamente esistere (enetlechia = realizzazione, perfezione attuata) Aristotele afferma che il divenire è il passaggio dalla potenza all'atto. Esempio: un pulcino è una gallina in potenza, perché quando crescerà diventerà una gallina; la gallina, invece, è la sostanza in atto, perché è già diventata una gallina. Il filosofo, tuttavia, afferma che l'atto viene cronologicamente prima della potenza: infatti per conoscere la potenza di qualcosa è necessario conoscere il suo atto di cui è potenza → per esempio, per comprendere che cos'è un pulcino devo prima sapere che cos'è una gallina. Quindi alla celebre domanda "è nato prima l'uovo o la gallina?" Aristotele risponderebbe la gallina. La materia prima e la forma pura I vari passaggi dalla potenza all'atto costituiscono nel mondo naturale una catena infinita. Tuttavia esistono due punti limite secondo Aristotele: • Da una parte, la materia prima è la potenza pura e assomiglia molto alla chora platonica, cioè alla materia informe e disordinata, amorfa. • Dio è atto puro, la sostanza suprema dell'universo, perfetta, incorporea, immobile ed eterna. La concezione aristotelica di Dio La dimostrazione dell'esistenza di Dio Più precisamente, la perfetta sostanza divina costituisce la causa iniziale di ogni divenire, di cui Aristotele dimostra l'esistenza così: tutto ciò che è in movimento è necessariamente mosso da qualcos'altro, ma poiché non è possibile risalire all'infinito da un movimento alla sua causa, è necessario che vi sia un principio primo assolutamente immobile. Di tale principio, ovvero di Dio, Aristotele parla come di un primo motore immobile, ossia il principio o la causa che il filosofo pone all'origine di ogni movimento o divenire. Gli attributi di Dio • atto puro → atto senza potenza • forma pura → sostanza incorporea primo motore immobile è un punto fermo nell'universo che dà la spinta del movimento vitale a tutte le altre cose → eterno Aristotele ● 6 • oggetto d'amore → è una forza di attrazione, l'amore cosmico da cui prende la vita • pensiero di pensiero → un ente perfetto non può avere che la perfezione come oggetto del proprio pensiero, perciò Dio pensa a se stesso Le strutture del pensiero: la logica La concezione aristotelica della logica La logica è lo studio dei discorsi e dei ragionamenti in cui si articola il pensiero; analizza il linguaggio, cioè come l'uomo esprime i propri concetti → a seconda di come si dispongono gli elementi nella frase, essa assume un significato sempre differente. Per Aristotele tutte le scienze si servono della logica, ma lui la chiama con un nome diverso: analitica. Tutti gli scritti di logica sono contenuti nell'Organon (organo, strumento) compendio di tutto il sapere e di tutte le scienze; primo dizionario enciclopedico dell'antichità (in epoche successive verranno scritti il Novum Organum di Bacone nel 1400 e nel 1700, durante il periodo dell'Illuminismo francese, l'Enciclopedia di Diderot e D'Alembert). L'Organon si articola in: 1. logica del concetto → nel libro delle Categorie 2. logica della preposizione → nel libro Sull'Interpretazione 3. logica del sillogismo → negli Analitici Primi e Analitici Secondi La logica dei concetti Secondo Aristotele, gli oggetti del discorso sono i concetti. Essi possono essere classificati in base alla loro universalità, in delle vere e proprie scale gerarchiche che vanno dai concetti più generali a quelli più particolari. All'interno di ogni scala c'è un rapporto di genere specie: • ogni concetto è la specie (specificazione, contenuto) di un concetto più universale → gatto è la specie di felino • ogni concetto è il genere (contenente) di un concetto meno universale → felino è il genere di gatto Alla base della scala, i concetti presentano una specie infima → individui: specie che non contengono in sè altre specie, che non possono essere ulteriormente specificate da qualcos'altro. Al vertice della scala, invece, ci sono i generi sommi → le 10 categorie dell'essere: la sostanza, la qualità, la quantità, la relazione, il dove, il quando, lo stare, l'avere, l'agire, il subire. Aristotele, poi parla di sostanze prime e sostanze seconde: 1. sostanze prime → gli individui sostanziali, capaci di autosussistenza, cioè la loro esistenza dipende solo da loro stessi (esempio: Socrate= individuo concreto che possiamo percepire con i sensi e designare con un nome proprio, e che esiste in quanto se stesso, anche senza un predicato). 2. sostanze seconde → gli individui non sostanziali, cioè gli aspetti del reale meno concreti, e che non sono auto-sussistenti, cioè dipendono da un individuo sostanziale, devono predicare qualcosa Aristotele 7 per esistere (esempio: bianco il bianco, per esistere, ha bisogno di essere affiancato da un corpo da specificare → Socrate è bianco). La logica delle proposizioni I diversi tipi di proposizione e i loro rapporti Le proposizioni possono essere: • affermative → uniscono due concetti il fuoco è caldo (concetto di fuoco + concetto di calore) • negative → separano due concetti → il fuoco non è freddo (concetto di fuoco concetto di freddo) 1. universali → quando il soggetto è universale, cioè comprende più individui di una determinata classe tutti gli uomini sono mortali 2. particolari/parziali → quando il soggetto si riferisce solo a una parte di una certa classe → alcuni uomini sono italiani I concetti sono gli elementi costitutivi delle proposizioni → enunciati dichiarativi/apofantici, ossia dei giudizi, delle affermazioni che, in quanto tali, possono essere dichiarate vere oppure false. Universali affermative «Tutti gli uomini sono mortali»> A ● Aristotele Conerad dietosie Particolari affermative «Alcuni uomini sono mortali»> ● Universali negative «Nessun uomo è mortale»> Contrarie 14 Subcontrarie Il quadrato logico, anche detto quadrato degli opposti, presenta questa simbologia: A → adfirmo proposizione universale affermativa E → nego → Particolari negative «<Alcuni uomini non sono mortali>> Le preposizioni sono state messe in relazione nel cosiddetto quadrato logico, un diagramma realizzato nel 1200 da un monaco del Medioevo, e che tutt'oggi viene utilizzato per lo svolgimento dei quiz di logica dei test universitari. proposizione universale negativa I → adfirmo proposizione particolare affermativa . O nego → proposizione particolare negativa Secondo il quadrante, due proposizioni possono essere tra loro: 1. contrarie → A e E = universale affermativa e universale negativa. Non possono essere entrambe vere ma possono essere entrambe false. 8 2. contraddittorie A e O universale affermativa e particolare negativa / E e I = universale negativa e particolare affermativa. Si escludono a vicenda: se una è vera, l'altra è necessariamente falsa. 3. sub-contrarie I e O = particolare affermativa e particolare negativa. Possono essere entrambe vere, ma non entrambe false. 4. sub-alterne → A e I = universale affermativa e particolare affermativa / E e O = universale negativa e particolare negativa. Se l'universale affermativa è vera, allora è vera anche la particolare affermativa (lo stesso discorso NON vale per le negative); se è falsa l’universale affermativa, allora è falsa anche la particolare negativa (lo stesso discorso NON vale per le affermative). La logica del sillogismo Le proposizioni sono collegate nel ragionamento per Aristotele ragionare significa mettere insieme le proposizioni in modo che le une (antecedenti) siano la causa delle altre (conseguenti). Il ragionamento per eccellenza è il sillogismo: è un ragionamento per assurdo, che può essere vero oppure falso. Esso è strutturato in: Aristotele 1. premessa maggiore → termine medio + termine maggiore 2. premessa minore termine minore + termine medio 3. conclusione termine minore termine maggiore Esempio: 1. premessa maggiore tutti i pesci (termine medio-soggetto) nuotano (termine maggiore) 2. premessa minore → tutti gli squali (termine minore) sono dei pesci (termine medio-predicato) 3. conclusione tutti gli squali (termine minore) nuotano (termine maggiore) Le figure del sillogismo In base alla posizione del termine medio nella premessa maggiore e nella premessa minore, Aristotele distingue 4 figure del sillogismo: 1. prima figura → il termine medio è soggetto nella premessa maggiore e predicato nella minore (come nell'esempio di prima) 2. seconda figura → il termine medio è predicato di entrambe le premesse Esempio: 1. premessa maggiore → tutte le pietre (termine maggiore) non sono animali (termine medio=predicato) 2. premessa minore tutti gli uomini (termine minore) sono animali (termine medio-predicato) 3. conclusione → tutti gli uomini (termine minore) non sono pietre (termine maggiore) 3. terza figura → il termine medio è soggetto di entrambe le premesse 9 Esempio: 1. premessa maggiore → tutti gli uomini (termine medio=soggetto) sono animali (termine maggiore) 2. premessa minore → alcuni uomini (termine medio=soggetto) sono cattivi (termine minore) 3. conclusione → alcuni animali (termine maggiore) sono cattivi (termine minore) 4. quarta figura → il termine medio è predicato della maggiore e soggetto della minore Esempio: 1. premessa maggiore tutti gli uomini sono animali 2. premessa minore tutti gli animali sono esseri viventi 3. conclusione tutti gli uomini sono esseri viventi Il problema delle premesse Negli Analitici Secondi Aristotele parla del sillogismo scientifico → sillogismo vero e valido su cui si fondano le scienze. Un sillogismo si dice tale solo quando parte da premesse vere. Queste ultime possono essere: postulato → affermazione generale assunta come vera all'interno di una certa disciplina scientifica assioma → principi considerati auto-evidenti, comuni a più scienze, che vengono assunti per veri ma che non possono essere dimostrati. Oltre ai postulati e agli assiomi, possono fungere da premesse di sillogismi scientifici anche i principi logici generalissimi della metafisica: 1. principio di identità → è impossibile che la stessa cosa sia e insieme non sia → ogni cosa è solo se stessa. Aristotele 2. principio di non contraddizione è impossibile che la stessa cosa insieme inerisca e non inerisca nella medesima cosa e per il medesimo aspetto un'affermazione e la sua negazione non possono essere entrambe vere nello stesso momento → il principio più saldo di tutti 3. terzo escluso date due affermazioni contraddittorie, una deve essere vera e l'altra falsa: non esiste una terza alternativa. Oltre che di tutti questi principi, una scienza ha bisogno anche di definizioni → l'essenza di ciò che si sta parlando. Ad esse si giunge mediante il ragionamento induttivo → da più casi particolari si giunge ad un'affermazione universale. L'induzione, però, è priva di autentico valore dimostrativo, perchè le affermazioni generali a cui perviene sono valide perlopiù, in quanto potrebbero essere smentite dall'esperienza futura. Dunque la scienza si serve di un ragionamento deduttivo → da affermazioni generali si giunge a conclusioni particolari, necessariamente vere. 10 La scienza tra esperienza e intuizione Secondo Aristotele, la scienza è figlia dell'intuizione → potere dell'intelletto: la capacità dell'uomo di ragionare e comprendere, ma anche quella di intuire l'essenza delle cose. Per il filosofo la scienza è la conoscenza del perché delle cose il sapere delle essenze. Il mondo naturale: la fisica e la psicologia La fisica e i movimenti La fisica è la scienza che studia i corpi in movimento. I tipi fondamentali di movimento di un corpo sono 4: 1. movimento sostanziale → generazione e corruzione (nascita e morte) 2. movimento qualitativo → mutamento o alterazione 3. movimento quantitativo → aumento e diminuzione 4. movimento locale → movimento propriamente detto (cambiamento di luogo). È il movimento fondamentale e può essere di 3 tipi: • circolare intorno al centro del mondo • rettilineo dal centro del mondo verso l'alto, cioè verso l'esterno del mondo • rettilineo dall'alto verso il basso, cioè verso il centro del mondo Gli ultimi due movimenti sono reciprocamente opposti e caratterizzano i 4 elementi che compongono tutte le cose terra, acqua, aria e fuoco. Aristotele I corpi celesti, invece, si muovo di moto circolare, eterno e unidirezionale → Aristotele riteneva che tutti gli astri fossero fatti di etere, una specie di "quinto elemento" invisibile, impalpabile e incorruttibile. I luoghi naturali Secondo Aristotele ogni elemento ha nell'universo un proprio luogo naturale, una collocazione a cui tende in virtù del proprio peso: al centro si trova la Terra, l'elemento più pesante, e attorno ad essa si dispongono gli altri 3 elementi, cioè acqua, aria e fuoco. Ad essi seguono le sfere celesti (fatte di etere): la prima è quella della Luna → perciò la parte terrestre dell'universo viene anche chiamata mondo sub-lunare: qui i 4 elementi che compongono le cose tendono per natura a rimanere nel loro luogo naturale, in modo che tutte le cose abbiano una propria collocazione naturale. Esse, però, possono essere allontanate da questa collocazione da un movimento violento, ma appena possibile vi ritornano tramite un movimento naturale (esempio: una pietra si trova a terra, viene lanciata violentemente in mare, ma poi ritorna naturalmente sul fondo). La concezione finalistica della natura 11 Aristotele ha una concezione finalistica della natura: egli afferma che i movimenti cosmologici avvengono sempre in vista di uno scopo e tutte le cose esistono per un motivo. Egli identifica tale fine con la stessa sostanza o ragion d'essere delle cose. Inoltre ritiene che tutto l'universo sia subordinato ad un unico fine ultimo: Dio, da cui dipendono l'ordine e il movimento del cosmo. Quello aristotelico, però, è un finalismo o teologismo particolare, perché il filosofo è convinto che la natura abbia le proprie leggi eterne, che non possono essere controllate dall'uomo. Secondo la prospettiva finalistica di Aristotele: 1. i corpi inanimati tendono a collocarsi nel proprio luogo naturale 2. i corpi animati tendono all'entelechia, cioè alla piena attuazione della propria natura, il raggiungimento della loro forma perfetta di sostanza propriamente in atto. L'universo e le sue caratteristiche L'universo di Aristotele, chiuso e circolare, è di tipo geocentrico, cioè con la Terra al centro di tutto, avvolta dalle sfere degli altri tre elementi. Il cosmo si divide in mondo sub-lunare e mondo sopra- lunare. Le sfere celesti, anche chiamate cieli, sono 7: della Luna, di Mercurio, di Venere, del Sole, di Marte, di Giove e di Saturno, ovvero di quelli che Aristotele considerava pianeti (solo nel 1300 nella Divina Commedia di Dante i cieli che compongono il Paradiso diventeranno 9!). Le sfere celesti non sono soltanto delle orbite lungo le quali si spostano i pianeti, ma sono delle vere e proprie sfere reali, fisiche, fatte di etere (nell'universo non c'è aria nè ossigeno ma questa sostanza invisibile) in cui galleggiano i pianeti. Al di là dei cieli si trovano le stelle fisse, dove sono incastonate le costellazioni. L'universo di Aristotele è perfetto, finito, unico ed eterno: 1. La perfezione viene dimostrata tramite la teoria pitagorica della perfezione del numero 3: l'universo è perfetto perché possiede tutte e 3 le dimensioni possibili (altezza, larghezza e profondità = è tridimensionale), non manca di nulla, perciò è perfetto. 2. Se il mondo è perfetto allora è anche finito, perché secondo i Greci l'infinito era sinonimo di incompiutezza e imperfezione. Secondo Aristotele nessuna realtà fisica è infinita; l'infinito esiste solo in potenza, cioè come possibilità matematica. Le stelle fisse, perciò, segnano i limiti dell'universo. 3. È unico: Aristotele non crede nella pluralità dei mondi 4. È eterno perché non ha inizio né fine, ma si prolunga indefinitamente nel tempo. Dunque il filosofo non parla di alcuna cosmogonia, a differenza di Platone, che afferma che l'universo sia stato plasmato da un mitico demiurgo (nel Timeo). Lo spazio e il tempo Secondo Aristotele non esiste il vuoto: tutto è pieno. Lo spazio non è concepibile come realtà assistente, ma è sempre luogo di qualcosa. Il luogo è simile ad un recipiente, fermo, stabile, immobile, ma pieno di cose che si muovono. Tutte le cose sono nello spazio tranne l'universo: quest'ultimo, infatti non è contenuto, poiché è ciò che tutto contiene. Aristotele 12 Per quanto riguarda il tempo, Aristotele afferma che esso è una concezione puramente mentale dell'uomo: è una condizione che nella realtà non esiste, bensì un'invenzione che l'uomo ha proiettato sulla vita sulla terra = è un tempo dell'anima, della mente. La psicologia L'anima e le sue funzioni La disciplina che studia l'anima (in greco psyche, letteralmente soffio vitale) è la psicologia, che per Aristotele fa parte della fisica. Secondo il filosofo l'anima è la sostanza che vivifica un corpo, sua entelechia. Così intesa l'anima è ciò che fa sì che un certo corpo, che è vita in potenza, diventi vita in atto, e in quanto tale non è separabile dal corpo. Essa è quindi mortale, nel senso che si dissolve insieme con il corpo in cui è calata. L'anima caratterizza tutti gli esseri viventi, vegetali e animali, e svolge tre funzioni: 1. la funzione vegetativa, cioè la capacità di nutrirsi e di riprodursi (propria di tutti gli esseri viventi, a partire dalle piante) 2. la funzione sensitiva, ossia la capacità di movimento e la sensibilità (propria degli organismi animali, compresi gli uomini) 3. la funzione intellettiva, che appartiene soltanto all'uomo e che presiede la conoscenza Le funzioni più elevate possono fare le veci di quelli inferiori ma non viceversa: ad esempio, nell'essere umano l'anima intellettiva interviene anche nelle funzioni che sono svolte dall'anima sensitiva e da quella vegetativa. L'agire umano: l'etica, la politica e l'arte L'etica Il ruolo della ragione nella ricerca del bene Aristotele è convinto che le azioni umane siano sempre volte a uno scopo che appare buono e desiderabile, perciò egli identifica il fine che orienta il comportamento con il bene. Tra tutti i beni perseguiti dagli esseri umani, ne esiste uno dal quale tutti gli altri dipendono, un fine supremo: si tratta del bene sommo, ossia ciò che viene desiderato per sé stesso e non in vista di un bene ulteriore. Non c'è dubbio che per Aristotele questo fine sia la felicità, ovvero la condizione in cui ogni ente si trova quando realizza compiutamente la propria natura; nel caso dell'uomo si tratta dell'esercizio della ragione (la virtù umana, infatti, consiste proprio nel vivere secondo ragione). Secondo Aristotele il piacere è collegato all'esercizio della virtù, dunque la vita virtuosa sarà anche piacevole. I due tipi di virtù Quindi nell'anima, oltre alla parte razionale o intellettiva, esistono anche due parti irrazionali: 1. vegetativa o nutritiva, che concerne la nutrizione e la crescita Aristotele 13 2. sensitiva o appetitiva, che è priva di ragione ma che può essere orientata da quest'ultima Aristotele ammette molteplici virtù, riconducibili tutte a due tipi fondamentali: 1. Le virtù etiche, che consistono nel dominio della ragione sugli impulsi sensibili e che vengono chiamate così perché tendono a perfezionare il carattere, in quanto si acquisiscono con l'abitudine. 2. Le virtù dianoetiche che consistono nell'esercizio della ragione Le virtù etiche • Le virtù etiche trovano concretizzazione nella scelta, in ogni circostanza, del miglior comportamento possibile, ossia nel perseguimento del giusto mezzo: esso si può realizzare scartando, in ogni comportamento, i due estremi dell'eccesso e del difetto, cioè trovando un equilibrio, una via di mezzo (o il male minore). Il principio aristotelico del giusto mezzo attinge dalla saggezza arcaica dei motti dei sette savi (prefilosofi). • Le virtù etiche si acquisiscono con l'abitudine, l'ethos, ossia una sorta di addestramento o esercizio ripetuto, attraverso il quale impariamo a moderarci: si diventa coraggiosi, ad esempio, compiendo sempre atti coraggiosi, e in tal modo il coraggio diventa un'abitudine. È importantissimo, però, che per la formazione di un buon carattere l'allievo segua l'esempio e l'educazione di un maestro che lo spinga ad essere virtuoso e ad acquisire buone abitudini. L'ostacolo più grande per l'apprendimento delle virtù etiche è il desiderio, in quanto è quest'ultimo che spinge l'uomo all'azione: perciò lo scopo dell'etica non è indurre l'essere umano a eliminare i desideri e le passioni, che sono incomprimibili, ma orientarli verso una giusta misura. Aristotele ● Per Aristotele per compiere il bene non è sufficiente conoscerlo ma bisogna anche volerlo, perciò chi fa il male è un ignorante. L'uomo veramente libero è colui che non è schiavo dei propri desideri, non si fa influenzare da nulla e agisce nel bene comune. L'uomo è sempre chiamato a scegliere: per quanto possa essere incline al bene, potrebbe anche cadere nel l'egoismo e nel opportunismo; colui che cerca il bene vive in armonia con il tutto e la comunità, rispetto a colui che cade nell'egoismo, che sarà costretto a pagare le conseguenze delle proprie azioni. • La principale delle virtù etiche è la giustizia, a cui Aristotele dedica un intero libro dell'etica nicomachea. In generale essa consiste nella conformità alle leggi, ma può assumere anche un significato più specifico, che riguarda l'agire in vista di un guadagno nell'ambito dei rapporti con gli altri uomini. In questa accezione essa può essere: 1. distributiva → consiste nella distribuzione degli onori, del denaro e di tutti gli altri beni materiali a coloro che appartengono alla stessa comunità. I beni devono essere distribuiti per merito 2. commutativa → consiste nei contratti, cioè nei vincoli tra due o più individui. I contratti possono essere volontari, cioè quando alcuni beni vengono scambiati con altri, o involontari, i quali possono essere fraudolenti o violenti. In questi casi l'intensità della pena inflitta al colpevole deve essere proporzionata al danno da lui arrecato. Le virtù dianoetiche 14 Le virtù dianoetiche o intellettive sono quelle proprie dell'anima razionale: 1. l'arte → capacità di produrre oggetti 2. la saggezza → capacità razionale di agire convenientemente per raggiungere il bene, perciò è alla saggezza che spetta il compito di determinare il giusto mezzo in cui consistono le diverse virtù morali 3. intelligenza capacità di cogliere i principi comuni a tutte le scienze 4. scienza → capacità di costruire ragionamenti dimostrativi, i cosiddetti sillogismi scientifici, ricavando affermazioni necessariamente vere da verità universali 5. sapienza = sophia → la virtù più alta, perché sapiente è colui che possiede scienza e intelligenza allo stesso tempo. Siccome la felicità più alta consisterà nella virtù più alta, la Sapienza costituisce il grado più alto della felicità. Il sapiente, infatti, basta a se stesso e non ha bisogno di nulla che egli non abbia già in sé per estendere la propria sapienza. La concezione dell'amicizia Aristotele riflette intensamente sull'amicizia, un tema immortale e profondamente interessante. Per il filosofo l'amicizia è importante perché non solo è indispensabile per la vita ma è anche una cosa bella, in quanto nessuno sceglierebbe di vivere senza amici anche se possedesse tutti gli altri beni. Secondo Aristotele l'amicizia può essere di tre tipi: per utilità, per piacere e per virtù. Aristotele 1. Gli uomini che sono amici per utilitarismo o per piacere non si amano per se stessi, ma solo in virtù dei vantaggi che ricavano dal loro rapporto. Queste amicizie sono facili a rompersi in quanto cessano non appena svanisce l'utilità o il piacere che producono. 2. Al contrario, l'amicizia per virtù è stabile e ferma in quanto è un'amicizia disinteressata, che non ha secondi fini: il vero amico non ti giudica mai ma ti ama per quello che sei. Naturalmente queste amicizie sono molto rare perché rari sono i buoni. Per Aristotele coloro che hanno molti amici e che si legano con tutti quelli che capitano non sono veri amici di nessuno, perché l'amicizia intensa sarà verso poche persone. L'amicizia, inoltre, nasce soltanto entro una certa intimità di rapporti tra due persone e soprattutto di vicinanza. Tant'è vero che quando due persone non sono in contatto da molto tempo la loro amicizia si affievolisce. Secondo Aristotele, l'amicizia tipica si realizza soprattutto tra persone simili, uguali, cioè individui che hanno la stessa cultura, pensiero, educazione... ma il filosofo non esclude che ci possa essere un'amicizia tra disuguali: basti pensare al rapporto genitore figlio, ma non solo. L'amicizia va ben distinta dalla benevolenza e dall'amore: • si può volere il bene di qualcuno anche se non lo si conosce ed esso può essere celato, mentre nell'amicizia no ● l'amore ha a che fare anche con la sfera dell'eros e della sensualità 15 INT La politica La concezione dello Stato Il libro della Politica è basato su 8 lezioni che Aristotele tenne presso il proprio Liceo (si contrappone all'Accademia di Platone). Per Platone la politica era l'obiettivo della sua speculazione, fondare una società di uomini giusti che potessero vivere felici in comunità. Per Aristotele, invece, la politica è uno dei tanti argomenti affrontati dal filosofo, ma non per questo un argomento secondario, perché anche per Aristotele la politica è centrale in quanto ha a che fare con il buon governo della città, della polis, e dunque con la possibilità di essere felici (perché solo dove vi è giustizia vi è possibilità di felicità = paradigma tipico del mondo greco e di molti filosofi dell'antica Grecia). Le 8 lezioni che Aristotele tenne sulla politica hanno un punto di partenza in comune = la socievolezza, la socialità dell'uomo = secondo Aristotele l'uomo è un animale politico, l'uomo per natura tende ad unirsi con altri uomini, per natura produce comunità politica (fondamento dell'aristotelismo politico). L'uomo è socievole perché non è fatto per vivere da solo, l'uomo non basta a se stesso; si unisce ad altri uomini in vista del bene, per il bene di se stesso e della comunità. Aristotele 1. La prima comunità politica per Aristotele è la famiglia (nucleo primario, originario, luogo naturale della politica). Una famiglia è data da un uomo e una donna che si unisco per procreare, per proteggersi, per mettere in comune dei beni, una famiglia patriarcale, di cui l'uomo deve prendersi cura e che deve guidare, e in cui la donna è portatrice della vita. 2. È qui che emerge il finalismo di Aristotele: un uomo e una donna si uniscono in vista di un fine = unirsi e dare vita a dei villaggi (seconda comunità politica) che sono unioni di più famiglie: con delle regole, organizzazione del lavoro, della produzione (caccia, pesca, agricoltori, donne, anziani, esperti) = hanno un'organizzazione sociale e politica. 3. Ma il fine di un villaggio è quello di unirsi ad altri villaggi per andare a costituire uno Stato (unione di più villaggi). Il fine ultimo della politica è lo Stato. Ma quale Stato? Aristotele non è un utopista, anzi, è un anti-utopista = qui notiamo una netta differenza con Platone, il teorico dell'utopismo politico, Platone pensa e teorizza lo Stato MIGLIORE che possa esistere, il luogo PERFETTO (luogo della giustizia, governo dei sapienti, dei cittadini e dei guerrieri, che uniti armoniosamente stanno insieme animati dal bene). Secondo Aristotele la politica non deve occuparsi della società perfetta o dello Stato migliore possibile, ma dello Stato migliore REALIZZABILE. Ecco il realismo politico di Aristotele lui parla dello Stato giusto ma realizzabile, non utopistico e assoluto. Secondo Aristotele, tra quelle realizzabili, la società migliore è quella edificata, costruita attorno alla giustizia, alla legge, al diritto, alla convivenza e intorno alla possibilità di essere felici dentro questa comunità politica. Aristotele può essere considerato il padre di coloro che sostengono ancora oggi le differenze razziali, di genere, sociali... ma dobbiamo comunque collocarlo nel tempo: viveva 2300 anni fa, in una società di liberi e schiavi, differenze sociali, politiche ed economiche. E per Aristotele queste differenze sono naturali: esse stabiliscono che un uomo sia libero o schiavo = questo significa che un uomo è per natura propenso a comandare o ad essere assoggettato. È così che 16 viene legittimata la differenza tra liberi e schiavi, la schiavitù è per natura, è naturale per Aristotele. Gli stoici gli risponderanno (quella che poi è la verità) che non si nasce schiavo, ma si diventa schiavo; tutti gli uomini nascono liberi ma poi vengono sconfitti per vari motivi (militarmente più deboli, culturalmente arretrati...) È così che, sempre per natura, l'uomo è superiore alla donna, l'atto è superiore alla potenza, così come la forma è superiore alla materia. Lo stesso vale per il rapporto padre-figlio: i padri devono guidare i propri figli verso la giusta strada e per natura i figli devono obbedire ai loro genitori La riflessione sulle forme di governo Proprio come Platone, anche Aristotele distingue tre forme di governo e le loro rispettive degenerazioni: Aristotele 1. la monarchia (governo di uno solo = re saggio + leggi) che può degenerare in tirannide (governo del tiranno= monarca mediocre che persegue solo il proprio benessere e discrimina quello dei sudditi) 2. l'aristocrazia (governo dei migliori persone sagge) che può degenerare in oligarchia (governo di pochi, ma non i migliori) 3. la politia (governo di molti) che può degenerare in democrazia (governo del popolo) Ovviamente non tutte le città possono avere la stessa Costituzione (Aristotele sarà il primo filosofo a parlare di costituzione, rigida e flessibile): bisogna tenere conto dell'eterogeneità del tessuto sociale e adattare adesso la migliore forma di governo realizzabile. • Aristotele manifesta la propria preferenza per la politia, ossia il governo del ceto medio: egli ritiene che uno stato efficiente necessiti di un governo misto, per metà democratico e per aristocratico, per raggiungere un certo equilibrio ed evitare i dislivelli, gli squilibri e i conflitti sociali. ● Secondo il filosofo il buon governo è quello che adopera nell'interesse della moltitudine, e non del particolare, e che ha come fine ultimo la felicità della comunità. • Aristotele parla addirittura delle condizioni morfologiche dello Stato equilibrato, della polis, condizioni a cui i cittadini si devono adeguare. Il numero dei cittadini non deve essere né troppo alto né troppo basso e la situazione geografica dello Stato deve essere ospitale; l'indole dei cittadini è importantissima e deve essere coraggiosa e intelligente, come quella dei Greci, che per Aristotele sono i più adatti a vivere in libertà e a dominare gli altri popoli. ● Rispetto a Platone, Aristotele esclude la comunanza delle donne e della proprietà (rinnega il comunismo) ma riprende la suddivisione del popolo in tre classi fondamentali, in modo che tutti i compiti dei cittadini siano ben distribuiti (governanti, guerrieri e produttori) • È necessario che nello Stato comandino gli anziani, ma ognuno deve essere elemento attivo della comunità, che la aiuta ad andare avanti e a fare meglio. • Lo Stato deve occuparsi anche della educazione dei cittadini: è ovvio che gli aristocratici avranno una formazione culturale e migliore, date le loro disponibilità economiche, ma anche i più poveri hanno il diritto ad avere una certa istruzione, pur non cambiando la propria classe sociale. 17 La concezione dell'arte e della tragedia Il teatro per i greci è una vera e propria scuola di vita. Esso, infatti, ha una funzione catartica, cioè di purificazione, nonché educativa e formativa. I protagonisti delle rappresentazioni sono delle vere e proprie personificazioni esagerate, eccessive dei vizi della società: siccome l'eccesso porta al ridicolo, ciò spinge inconsciamente alla correzione dei propri comportamenti. Il teatro, infatti, vuole sempre trasmettere un messaggio ai propri spettatori. Questi ultimi si rispecchiano nella tragedia, nei traumi e nei pensieri nascosti dei personaggi, e allo stesso tempo, vedendoli rappresentati, si liberano dall'angoscia, dal dolore e dalla paura. Le cosiddette unità aristoteliche rappresentano un canone di narrazione applicato nel teatro. Aristotele ritenne che i drammi dovessero avere: Aristotele 1. unità di luogo doveva svolgersi cioè in un luogo unico, nel quale i personaggi agissero o raccontassero le vicende accadute. Nella tragedia greca spesso le azioni non vengono compiute e viste "in presa diretta" ma soltanto riferite o raccontate sulla scena. 2. unità di tempo l'azione doveva svolgersi in un'unica giornata, dall'alba al tramonto. 3. unità di azione → il dramma doveva comprendere un'unica azione (inizio, svolgimento e fine), con l'esclusione quindi di trame secondarie o successivi sviluppi della stessa vicenda. 18

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Una vita per la ricerca
Aristotele viene considerato il filosofo della tradizione occidentale per eccellenza, il maestro color
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esoterici (contenevano la dottrina segreta) → appunti di cui si serviva per tenere le sue lezioni, pubblicati solo in seguito da Andronico di Rodi. 1 2. essoterici (per gli addetti ai lavori = i filosofi) • Aristotele scrive un compendio della filosofia dell'epoca, chiamato Organon (tutto insieme) enciclopedia del mondo antico, contenente tutte le conoscenze raggiunte fino a quel momento (in tutte le discipline; analizza perfino la filosofia di altri filosofi!). Esso si articola in Analitici primi e Analitici secondi e parlano della teoria filosofica → infatti Aristotele per parlare di filosofia usa il termine analitica. dialoghi simili (titoli, argomenti e struttura) a quelli platonici → Simposio, Politico, Dell'anima... • La Metafisica → concezione delle scienze, della filosofia, l'essere, religione, sostanza, divenire.... Aristotele ● Opere scientifiche fisica, storia, matematica, psicologia, dottrina dell'anima... • Scritti di etica, politica, economia, poetica e retorica → Etica nicomachea, la Politica, la Costituzione degli ateniesi, la Poetica (regole spazio temporali del teatro, tutt'ora rispettate il teatro era importantissimo per i Greci perché forniva insegnamenti utili per la vita quotidiana) Alcune copie delle opere di Aristotele sono giunte a noi fino ad oggi grazie agli arabo → quelle originali furono incendiate nella biblioteca di Alessandria d'Egitto. Il progetto filosofico L'allontanamento da Platone La diversa concezione del sapere e della realtà Aristotele è molto diverso da Platone: . • Innanzitutto, quella di Aristotele è una filosofia orizzontale, in quanto si trova sullo stesso piano della realtà che ci circonda → esiste solo ciò che si può dimostrare. È figlio del medico di Filippo II il macedone, padre di Alessandro Magno → dunque ha una filosofia scientifica: è un grande osservatore della natura, cerca sempre di dimostrare le proprie tesi. . Non si riconosce nella dottrina delle idee, né accetta l'iperuranio e la metempsicosi. • La filosofia non ha più un fine politico, ma si configura come una ricerca disinteressata I diversi metodi e interessi • Il filosofare di Aristotele non è aperto, bensì chiuso e sistematico. • Aristotele ha interessi naturalistici, perciò trascura la matematica. 2 L'enciclopedia delle scienze Aristotele definisce la filosofia come scienza prima. Essa si differenzia da tutte le altre scienze perché, invece di analizzare qualche aspetto particolare della realtà, indaga l'essere e la realtà in quanto tali (ontologia) → quindi la filosofia è comune fondamento di tutte le scienze, che non fanno altro che studiare l'essere da un punto di vista particolare. La metafisica: Le strutture della realtà La classificazione delle scienze Le scienze per Aristotele possono essere: 1. teoretiche → metafisica, matematica e fisica → studiano il necessario, seguono un metodo dimostrativo e hanno come scopo la conoscenza disinteressata Aristotele 2. pratiche etica e politica → studiano il possibile, seguono un metodo non dimostrativo (valido per lo più) e servono ad orientare l'agire umano 3. poietiche → arti tecniche → studiano il possibile, seguono un metodo non dimostrativo (valido per lo più) e servono a produrre o manipolare oggetti ed opere d'arte I caratteri generali della metafisica La metafisica è la scienza che studia le strutture profonde o generali della realtà, spingendosi al di là del mondo sensibile → questo termine, che significa letteralmente oltre la fisica, fu coniato da Andronico di Rodi (Aristotele, infatti, la chiamava analitica o filosofia prima) Gli argomenti indagati dalla metafisica sono 4: 1. le cause e i principi primi della realtà 2. l'essere in quanto tale 3. la sostanza 4. Dio, la sostanza immobile La dottrina dell'essere e della sostanza L'essere e i suoi molti significati La metafisica, sinteticamente, è lo studio dell'essere. Esso può essere inteso in modi diversi: • univoco → significa sempre la stessa cosa: esistere (questa posizione, sostenuta da Parmenide, viene concepita assurda da Aristotele) • equivoco significa ogni volta qualcosa di diverso (è impossibile comunicare...) polivoco → Aristotele afferma che l'essere ha molteplici significati analoghi: 3 1. accidente essere per altro 2. categorie → essere per sé 3. vero 4. potenza e atto Che cosa sono le categorie? Le categorie sono gli attributi fondamentali che ogni essere ha e non può fare a meno di avere. Esse sono: 1. sostanza → è la più importante, in quanto è il soggetto del nostro pensiero, ciò che vogliamo conoscere o di cui vogliamo parlare. 2. qualità 3. quantità 4. relazione (con qualcos'altro) 5. agire 6. subire 7. luogo 8. tempo 9. avere (qualcosa) 10. stare (in una certa situazione) L'essere umano è l'unico che risponde a tutte le categorie, a differenza degli altri esseri. Aristotele Che cos'è la sostanza? La sostanza è il polo unificante e il centro di riferimento attorno a cui gravitano tutte le altre categorie → essendo un ente individuale e autonomo, può essere identificata come sinolo. sinolo → è un'essenza, diversa in ogni essere umano: è come se fosse la nostra impronta ontologica e unisce corpo (parte materiale) e anima (parte spirituale), materia e forma. L'anima determina la materia e non viceversa è ciò che ci rende unici in noi stessi. Che cosa sono gli accidenti? 4 L'accidente è una qualità che può esserci come non può esserci, una diversità casuale che capita raramente ma che non cambia la natura stessa dell'individuo. (Es. due genitori dagli occhi marroni che fanno un figlio con gli occhi azzurri ciò non significa che quello non è loro figlio!) I principi supremi della scienza dell'essere Identità, non contraddizione e terzo escluso • principio di identità → è impossibile che la stessa cosa sia e insieme non sia → ogni cosa è solo se stessa. • principio di non contraddizione è impossibile che la stessa cosa insieme inerisca e non inerisca nella medesima cosa e per il medesimo aspetto → un'affermazione e la sua negazione non possono essere entrambe vere nello stesso momento → il principio più saldo di tutti • terzo escluso → date due affermazioni contraddittorie, una deve essere vera e l'altra falsa: non esiste una terza alternativa. La dottrina delle 4 cause Aristotele concepisce la scienza come studio delle cause di tutte le cose, ossia il perché di un certo qualcosa. Egli individua 4 tipi di cause: 1. materiale → materia, ciò di cui una cosa è fatta 2. formale forma, l'essenza di una cosa 3. efficiente ciò che genera un mutamento in un oggetto o in uno stato è la più famosa 4. finale scopo di una cosa Aristotele osserva le cose e vuole capire come funzionano, il loro perché intrinseco: comprendere la causa di qualcosa, infatti, significa comprendere l'articolazione interna di quella sostanza. Aristotele La dottrina del divenire Il problema del divenire non consisteva della sua esistenza bensì in come esso dovesse essere pensato. Secondo Aristotele il divenire è una trasformazione, che implica un passaggio da un certo tipo di essere a un altro tipo di essere (non è un passaggio dal non-essere all'essere, o viceversa!). Le forme del divenire Generalmente, oltre che con la trasformazione, Aristotele identifica il divenire con il movimento, che può essere di 4 tipi: 1. locale → traslazione: movimento da un punto all'altro 5 2. qualitativo → cambiamento di una qualità accidentale di una sostanza 3. quantitativo → cambiamento della quantità di una sostanza, che può accrescere o diminuire 4. sostanziale nascita (generazione) e morte (corruzione) Potenza e atto Per spiegare il concetto di divenire, Aristotele elabora quelli di potenza e atto: • potenza ciò che può potenzialmente esistere • atto ciò che effettivamente esistere (enetlechia = realizzazione, perfezione attuata) Aristotele afferma che il divenire è il passaggio dalla potenza all'atto. Esempio: un pulcino è una gallina in potenza, perché quando crescerà diventerà una gallina; la gallina, invece, è la sostanza in atto, perché è già diventata una gallina. Il filosofo, tuttavia, afferma che l'atto viene cronologicamente prima della potenza: infatti per conoscere la potenza di qualcosa è necessario conoscere il suo atto di cui è potenza → per esempio, per comprendere che cos'è un pulcino devo prima sapere che cos'è una gallina. Quindi alla celebre domanda "è nato prima l'uovo o la gallina?" Aristotele risponderebbe la gallina. La materia prima e la forma pura I vari passaggi dalla potenza all'atto costituiscono nel mondo naturale una catena infinita. Tuttavia esistono due punti limite secondo Aristotele: • Da una parte, la materia prima è la potenza pura e assomiglia molto alla chora platonica, cioè alla materia informe e disordinata, amorfa. • Dio è atto puro, la sostanza suprema dell'universo, perfetta, incorporea, immobile ed eterna. La concezione aristotelica di Dio La dimostrazione dell'esistenza di Dio Più precisamente, la perfetta sostanza divina costituisce la causa iniziale di ogni divenire, di cui Aristotele dimostra l'esistenza così: tutto ciò che è in movimento è necessariamente mosso da qualcos'altro, ma poiché non è possibile risalire all'infinito da un movimento alla sua causa, è necessario che vi sia un principio primo assolutamente immobile. Di tale principio, ovvero di Dio, Aristotele parla come di un primo motore immobile, ossia il principio o la causa che il filosofo pone all'origine di ogni movimento o divenire. Gli attributi di Dio • atto puro → atto senza potenza • forma pura → sostanza incorporea primo motore immobile è un punto fermo nell'universo che dà la spinta del movimento vitale a tutte le altre cose → eterno Aristotele ● 6 • oggetto d'amore → è una forza di attrazione, l'amore cosmico da cui prende la vita • pensiero di pensiero → un ente perfetto non può avere che la perfezione come oggetto del proprio pensiero, perciò Dio pensa a se stesso Le strutture del pensiero: la logica La concezione aristotelica della logica La logica è lo studio dei discorsi e dei ragionamenti in cui si articola il pensiero; analizza il linguaggio, cioè come l'uomo esprime i propri concetti → a seconda di come si dispongono gli elementi nella frase, essa assume un significato sempre differente. Per Aristotele tutte le scienze si servono della logica, ma lui la chiama con un nome diverso: analitica. Tutti gli scritti di logica sono contenuti nell'Organon (organo, strumento) compendio di tutto il sapere e di tutte le scienze; primo dizionario enciclopedico dell'antichità (in epoche successive verranno scritti il Novum Organum di Bacone nel 1400 e nel 1700, durante il periodo dell'Illuminismo francese, l'Enciclopedia di Diderot e D'Alembert). L'Organon si articola in: 1. logica del concetto → nel libro delle Categorie 2. logica della preposizione → nel libro Sull'Interpretazione 3. logica del sillogismo → negli Analitici Primi e Analitici Secondi La logica dei concetti Secondo Aristotele, gli oggetti del discorso sono i concetti. Essi possono essere classificati in base alla loro universalità, in delle vere e proprie scale gerarchiche che vanno dai concetti più generali a quelli più particolari. All'interno di ogni scala c'è un rapporto di genere specie: • ogni concetto è la specie (specificazione, contenuto) di un concetto più universale → gatto è la specie di felino • ogni concetto è il genere (contenente) di un concetto meno universale → felino è il genere di gatto Alla base della scala, i concetti presentano una specie infima → individui: specie che non contengono in sè altre specie, che non possono essere ulteriormente specificate da qualcos'altro. Al vertice della scala, invece, ci sono i generi sommi → le 10 categorie dell'essere: la sostanza, la qualità, la quantità, la relazione, il dove, il quando, lo stare, l'avere, l'agire, il subire. Aristotele, poi parla di sostanze prime e sostanze seconde: 1. sostanze prime → gli individui sostanziali, capaci di autosussistenza, cioè la loro esistenza dipende solo da loro stessi (esempio: Socrate= individuo concreto che possiamo percepire con i sensi e designare con un nome proprio, e che esiste in quanto se stesso, anche senza un predicato). 2. sostanze seconde → gli individui non sostanziali, cioè gli aspetti del reale meno concreti, e che non sono auto-sussistenti, cioè dipendono da un individuo sostanziale, devono predicare qualcosa Aristotele 7 per esistere (esempio: bianco il bianco, per esistere, ha bisogno di essere affiancato da un corpo da specificare → Socrate è bianco). La logica delle proposizioni I diversi tipi di proposizione e i loro rapporti Le proposizioni possono essere: • affermative → uniscono due concetti il fuoco è caldo (concetto di fuoco + concetto di calore) • negative → separano due concetti → il fuoco non è freddo (concetto di fuoco concetto di freddo) 1. universali → quando il soggetto è universale, cioè comprende più individui di una determinata classe tutti gli uomini sono mortali 2. particolari/parziali → quando il soggetto si riferisce solo a una parte di una certa classe → alcuni uomini sono italiani I concetti sono gli elementi costitutivi delle proposizioni → enunciati dichiarativi/apofantici, ossia dei giudizi, delle affermazioni che, in quanto tali, possono essere dichiarate vere oppure false. Universali affermative «Tutti gli uomini sono mortali»> A ● Aristotele Conerad dietosie Particolari affermative «Alcuni uomini sono mortali»> ● Universali negative «Nessun uomo è mortale»> Contrarie 14 Subcontrarie Il quadrato logico, anche detto quadrato degli opposti, presenta questa simbologia: A → adfirmo proposizione universale affermativa E → nego → Particolari negative «<Alcuni uomini non sono mortali>> Le preposizioni sono state messe in relazione nel cosiddetto quadrato logico, un diagramma realizzato nel 1200 da un monaco del Medioevo, e che tutt'oggi viene utilizzato per lo svolgimento dei quiz di logica dei test universitari. proposizione universale negativa I → adfirmo proposizione particolare affermativa . O nego → proposizione particolare negativa Secondo il quadrante, due proposizioni possono essere tra loro: 1. contrarie → A e E = universale affermativa e universale negativa. Non possono essere entrambe vere ma possono essere entrambe false. 8 2. contraddittorie A e O universale affermativa e particolare negativa / E e I = universale negativa e particolare affermativa. Si escludono a vicenda: se una è vera, l'altra è necessariamente falsa. 3. sub-contrarie I e O = particolare affermativa e particolare negativa. Possono essere entrambe vere, ma non entrambe false. 4. sub-alterne → A e I = universale affermativa e particolare affermativa / E e O = universale negativa e particolare negativa. Se l'universale affermativa è vera, allora è vera anche la particolare affermativa (lo stesso discorso NON vale per le negative); se è falsa l’universale affermativa, allora è falsa anche la particolare negativa (lo stesso discorso NON vale per le affermative). La logica del sillogismo Le proposizioni sono collegate nel ragionamento per Aristotele ragionare significa mettere insieme le proposizioni in modo che le une (antecedenti) siano la causa delle altre (conseguenti). Il ragionamento per eccellenza è il sillogismo: è un ragionamento per assurdo, che può essere vero oppure falso. Esso è strutturato in: Aristotele 1. premessa maggiore → termine medio + termine maggiore 2. premessa minore termine minore + termine medio 3. conclusione termine minore termine maggiore Esempio: 1. premessa maggiore tutti i pesci (termine medio-soggetto) nuotano (termine maggiore) 2. premessa minore → tutti gli squali (termine minore) sono dei pesci (termine medio-predicato) 3. conclusione tutti gli squali (termine minore) nuotano (termine maggiore) Le figure del sillogismo In base alla posizione del termine medio nella premessa maggiore e nella premessa minore, Aristotele distingue 4 figure del sillogismo: 1. prima figura → il termine medio è soggetto nella premessa maggiore e predicato nella minore (come nell'esempio di prima) 2. seconda figura → il termine medio è predicato di entrambe le premesse Esempio: 1. premessa maggiore → tutte le pietre (termine maggiore) non sono animali (termine medio=predicato) 2. premessa minore tutti gli uomini (termine minore) sono animali (termine medio-predicato) 3. conclusione → tutti gli uomini (termine minore) non sono pietre (termine maggiore) 3. terza figura → il termine medio è soggetto di entrambe le premesse 9 Esempio: 1. premessa maggiore → tutti gli uomini (termine medio=soggetto) sono animali (termine maggiore) 2. premessa minore → alcuni uomini (termine medio=soggetto) sono cattivi (termine minore) 3. conclusione → alcuni animali (termine maggiore) sono cattivi (termine minore) 4. quarta figura → il termine medio è predicato della maggiore e soggetto della minore Esempio: 1. premessa maggiore tutti gli uomini sono animali 2. premessa minore tutti gli animali sono esseri viventi 3. conclusione tutti gli uomini sono esseri viventi Il problema delle premesse Negli Analitici Secondi Aristotele parla del sillogismo scientifico → sillogismo vero e valido su cui si fondano le scienze. Un sillogismo si dice tale solo quando parte da premesse vere. Queste ultime possono essere: postulato → affermazione generale assunta come vera all'interno di una certa disciplina scientifica assioma → principi considerati auto-evidenti, comuni a più scienze, che vengono assunti per veri ma che non possono essere dimostrati. Oltre ai postulati e agli assiomi, possono fungere da premesse di sillogismi scientifici anche i principi logici generalissimi della metafisica: 1. principio di identità → è impossibile che la stessa cosa sia e insieme non sia → ogni cosa è solo se stessa. Aristotele 2. principio di non contraddizione è impossibile che la stessa cosa insieme inerisca e non inerisca nella medesima cosa e per il medesimo aspetto un'affermazione e la sua negazione non possono essere entrambe vere nello stesso momento → il principio più saldo di tutti 3. terzo escluso date due affermazioni contraddittorie, una deve essere vera e l'altra falsa: non esiste una terza alternativa. Oltre che di tutti questi principi, una scienza ha bisogno anche di definizioni → l'essenza di ciò che si sta parlando. Ad esse si giunge mediante il ragionamento induttivo → da più casi particolari si giunge ad un'affermazione universale. L'induzione, però, è priva di autentico valore dimostrativo, perchè le affermazioni generali a cui perviene sono valide perlopiù, in quanto potrebbero essere smentite dall'esperienza futura. Dunque la scienza si serve di un ragionamento deduttivo → da affermazioni generali si giunge a conclusioni particolari, necessariamente vere. 10 La scienza tra esperienza e intuizione Secondo Aristotele, la scienza è figlia dell'intuizione → potere dell'intelletto: la capacità dell'uomo di ragionare e comprendere, ma anche quella di intuire l'essenza delle cose. Per il filosofo la scienza è la conoscenza del perché delle cose il sapere delle essenze. Il mondo naturale: la fisica e la psicologia La fisica e i movimenti La fisica è la scienza che studia i corpi in movimento. I tipi fondamentali di movimento di un corpo sono 4: 1. movimento sostanziale → generazione e corruzione (nascita e morte) 2. movimento qualitativo → mutamento o alterazione 3. movimento quantitativo → aumento e diminuzione 4. movimento locale → movimento propriamente detto (cambiamento di luogo). È il movimento fondamentale e può essere di 3 tipi: • circolare intorno al centro del mondo • rettilineo dal centro del mondo verso l'alto, cioè verso l'esterno del mondo • rettilineo dall'alto verso il basso, cioè verso il centro del mondo Gli ultimi due movimenti sono reciprocamente opposti e caratterizzano i 4 elementi che compongono tutte le cose terra, acqua, aria e fuoco. Aristotele I corpi celesti, invece, si muovo di moto circolare, eterno e unidirezionale → Aristotele riteneva che tutti gli astri fossero fatti di etere, una specie di "quinto elemento" invisibile, impalpabile e incorruttibile. I luoghi naturali Secondo Aristotele ogni elemento ha nell'universo un proprio luogo naturale, una collocazione a cui tende in virtù del proprio peso: al centro si trova la Terra, l'elemento più pesante, e attorno ad essa si dispongono gli altri 3 elementi, cioè acqua, aria e fuoco. Ad essi seguono le sfere celesti (fatte di etere): la prima è quella della Luna → perciò la parte terrestre dell'universo viene anche chiamata mondo sub-lunare: qui i 4 elementi che compongono le cose tendono per natura a rimanere nel loro luogo naturale, in modo che tutte le cose abbiano una propria collocazione naturale. Esse, però, possono essere allontanate da questa collocazione da un movimento violento, ma appena possibile vi ritornano tramite un movimento naturale (esempio: una pietra si trova a terra, viene lanciata violentemente in mare, ma poi ritorna naturalmente sul fondo). La concezione finalistica della natura 11 Aristotele ha una concezione finalistica della natura: egli afferma che i movimenti cosmologici avvengono sempre in vista di uno scopo e tutte le cose esistono per un motivo. Egli identifica tale fine con la stessa sostanza o ragion d'essere delle cose. Inoltre ritiene che tutto l'universo sia subordinato ad un unico fine ultimo: Dio, da cui dipendono l'ordine e il movimento del cosmo. Quello aristotelico, però, è un finalismo o teologismo particolare, perché il filosofo è convinto che la natura abbia le proprie leggi eterne, che non possono essere controllate dall'uomo. Secondo la prospettiva finalistica di Aristotele: 1. i corpi inanimati tendono a collocarsi nel proprio luogo naturale 2. i corpi animati tendono all'entelechia, cioè alla piena attuazione della propria natura, il raggiungimento della loro forma perfetta di sostanza propriamente in atto. L'universo e le sue caratteristiche L'universo di Aristotele, chiuso e circolare, è di tipo geocentrico, cioè con la Terra al centro di tutto, avvolta dalle sfere degli altri tre elementi. Il cosmo si divide in mondo sub-lunare e mondo sopra- lunare. Le sfere celesti, anche chiamate cieli, sono 7: della Luna, di Mercurio, di Venere, del Sole, di Marte, di Giove e di Saturno, ovvero di quelli che Aristotele considerava pianeti (solo nel 1300 nella Divina Commedia di Dante i cieli che compongono il Paradiso diventeranno 9!). Le sfere celesti non sono soltanto delle orbite lungo le quali si spostano i pianeti, ma sono delle vere e proprie sfere reali, fisiche, fatte di etere (nell'universo non c'è aria nè ossigeno ma questa sostanza invisibile) in cui galleggiano i pianeti. Al di là dei cieli si trovano le stelle fisse, dove sono incastonate le costellazioni. L'universo di Aristotele è perfetto, finito, unico ed eterno: 1. La perfezione viene dimostrata tramite la teoria pitagorica della perfezione del numero 3: l'universo è perfetto perché possiede tutte e 3 le dimensioni possibili (altezza, larghezza e profondità = è tridimensionale), non manca di nulla, perciò è perfetto. 2. Se il mondo è perfetto allora è anche finito, perché secondo i Greci l'infinito era sinonimo di incompiutezza e imperfezione. Secondo Aristotele nessuna realtà fisica è infinita; l'infinito esiste solo in potenza, cioè come possibilità matematica. Le stelle fisse, perciò, segnano i limiti dell'universo. 3. È unico: Aristotele non crede nella pluralità dei mondi 4. È eterno perché non ha inizio né fine, ma si prolunga indefinitamente nel tempo. Dunque il filosofo non parla di alcuna cosmogonia, a differenza di Platone, che afferma che l'universo sia stato plasmato da un mitico demiurgo (nel Timeo). Lo spazio e il tempo Secondo Aristotele non esiste il vuoto: tutto è pieno. Lo spazio non è concepibile come realtà assistente, ma è sempre luogo di qualcosa. Il luogo è simile ad un recipiente, fermo, stabile, immobile, ma pieno di cose che si muovono. Tutte le cose sono nello spazio tranne l'universo: quest'ultimo, infatti non è contenuto, poiché è ciò che tutto contiene. Aristotele 12 Per quanto riguarda il tempo, Aristotele afferma che esso è una concezione puramente mentale dell'uomo: è una condizione che nella realtà non esiste, bensì un'invenzione che l'uomo ha proiettato sulla vita sulla terra = è un tempo dell'anima, della mente. La psicologia L'anima e le sue funzioni La disciplina che studia l'anima (in greco psyche, letteralmente soffio vitale) è la psicologia, che per Aristotele fa parte della fisica. Secondo il filosofo l'anima è la sostanza che vivifica un corpo, sua entelechia. Così intesa l'anima è ciò che fa sì che un certo corpo, che è vita in potenza, diventi vita in atto, e in quanto tale non è separabile dal corpo. Essa è quindi mortale, nel senso che si dissolve insieme con il corpo in cui è calata. L'anima caratterizza tutti gli esseri viventi, vegetali e animali, e svolge tre funzioni: 1. la funzione vegetativa, cioè la capacità di nutrirsi e di riprodursi (propria di tutti gli esseri viventi, a partire dalle piante) 2. la funzione sensitiva, ossia la capacità di movimento e la sensibilità (propria degli organismi animali, compresi gli uomini) 3. la funzione intellettiva, che appartiene soltanto all'uomo e che presiede la conoscenza Le funzioni più elevate possono fare le veci di quelli inferiori ma non viceversa: ad esempio, nell'essere umano l'anima intellettiva interviene anche nelle funzioni che sono svolte dall'anima sensitiva e da quella vegetativa. L'agire umano: l'etica, la politica e l'arte L'etica Il ruolo della ragione nella ricerca del bene Aristotele è convinto che le azioni umane siano sempre volte a uno scopo che appare buono e desiderabile, perciò egli identifica il fine che orienta il comportamento con il bene. Tra tutti i beni perseguiti dagli esseri umani, ne esiste uno dal quale tutti gli altri dipendono, un fine supremo: si tratta del bene sommo, ossia ciò che viene desiderato per sé stesso e non in vista di un bene ulteriore. Non c'è dubbio che per Aristotele questo fine sia la felicità, ovvero la condizione in cui ogni ente si trova quando realizza compiutamente la propria natura; nel caso dell'uomo si tratta dell'esercizio della ragione (la virtù umana, infatti, consiste proprio nel vivere secondo ragione). Secondo Aristotele il piacere è collegato all'esercizio della virtù, dunque la vita virtuosa sarà anche piacevole. I due tipi di virtù Quindi nell'anima, oltre alla parte razionale o intellettiva, esistono anche due parti irrazionali: 1. vegetativa o nutritiva, che concerne la nutrizione e la crescita Aristotele 13 2. sensitiva o appetitiva, che è priva di ragione ma che può essere orientata da quest'ultima Aristotele ammette molteplici virtù, riconducibili tutte a due tipi fondamentali: 1. Le virtù etiche, che consistono nel dominio della ragione sugli impulsi sensibili e che vengono chiamate così perché tendono a perfezionare il carattere, in quanto si acquisiscono con l'abitudine. 2. Le virtù dianoetiche che consistono nell'esercizio della ragione Le virtù etiche • Le virtù etiche trovano concretizzazione nella scelta, in ogni circostanza, del miglior comportamento possibile, ossia nel perseguimento del giusto mezzo: esso si può realizzare scartando, in ogni comportamento, i due estremi dell'eccesso e del difetto, cioè trovando un equilibrio, una via di mezzo (o il male minore). Il principio aristotelico del giusto mezzo attinge dalla saggezza arcaica dei motti dei sette savi (prefilosofi). • Le virtù etiche si acquisiscono con l'abitudine, l'ethos, ossia una sorta di addestramento o esercizio ripetuto, attraverso il quale impariamo a moderarci: si diventa coraggiosi, ad esempio, compiendo sempre atti coraggiosi, e in tal modo il coraggio diventa un'abitudine. È importantissimo, però, che per la formazione di un buon carattere l'allievo segua l'esempio e l'educazione di un maestro che lo spinga ad essere virtuoso e ad acquisire buone abitudini. L'ostacolo più grande per l'apprendimento delle virtù etiche è il desiderio, in quanto è quest'ultimo che spinge l'uomo all'azione: perciò lo scopo dell'etica non è indurre l'essere umano a eliminare i desideri e le passioni, che sono incomprimibili, ma orientarli verso una giusta misura. Aristotele ● Per Aristotele per compiere il bene non è sufficiente conoscerlo ma bisogna anche volerlo, perciò chi fa il male è un ignorante. L'uomo veramente libero è colui che non è schiavo dei propri desideri, non si fa influenzare da nulla e agisce nel bene comune. L'uomo è sempre chiamato a scegliere: per quanto possa essere incline al bene, potrebbe anche cadere nel l'egoismo e nel opportunismo; colui che cerca il bene vive in armonia con il tutto e la comunità, rispetto a colui che cade nell'egoismo, che sarà costretto a pagare le conseguenze delle proprie azioni. • La principale delle virtù etiche è la giustizia, a cui Aristotele dedica un intero libro dell'etica nicomachea. In generale essa consiste nella conformità alle leggi, ma può assumere anche un significato più specifico, che riguarda l'agire in vista di un guadagno nell'ambito dei rapporti con gli altri uomini. In questa accezione essa può essere: 1. distributiva → consiste nella distribuzione degli onori, del denaro e di tutti gli altri beni materiali a coloro che appartengono alla stessa comunità. I beni devono essere distribuiti per merito 2. commutativa → consiste nei contratti, cioè nei vincoli tra due o più individui. I contratti possono essere volontari, cioè quando alcuni beni vengono scambiati con altri, o involontari, i quali possono essere fraudolenti o violenti. In questi casi l'intensità della pena inflitta al colpevole deve essere proporzionata al danno da lui arrecato. Le virtù dianoetiche 14 Le virtù dianoetiche o intellettive sono quelle proprie dell'anima razionale: 1. l'arte → capacità di produrre oggetti 2. la saggezza → capacità razionale di agire convenientemente per raggiungere il bene, perciò è alla saggezza che spetta il compito di determinare il giusto mezzo in cui consistono le diverse virtù morali 3. intelligenza capacità di cogliere i principi comuni a tutte le scienze 4. scienza → capacità di costruire ragionamenti dimostrativi, i cosiddetti sillogismi scientifici, ricavando affermazioni necessariamente vere da verità universali 5. sapienza = sophia → la virtù più alta, perché sapiente è colui che possiede scienza e intelligenza allo stesso tempo. Siccome la felicità più alta consisterà nella virtù più alta, la Sapienza costituisce il grado più alto della felicità. Il sapiente, infatti, basta a se stesso e non ha bisogno di nulla che egli non abbia già in sé per estendere la propria sapienza. La concezione dell'amicizia Aristotele riflette intensamente sull'amicizia, un tema immortale e profondamente interessante. Per il filosofo l'amicizia è importante perché non solo è indispensabile per la vita ma è anche una cosa bella, in quanto nessuno sceglierebbe di vivere senza amici anche se possedesse tutti gli altri beni. Secondo Aristotele l'amicizia può essere di tre tipi: per utilità, per piacere e per virtù. Aristotele 1. Gli uomini che sono amici per utilitarismo o per piacere non si amano per se stessi, ma solo in virtù dei vantaggi che ricavano dal loro rapporto. Queste amicizie sono facili a rompersi in quanto cessano non appena svanisce l'utilità o il piacere che producono. 2. Al contrario, l'amicizia per virtù è stabile e ferma in quanto è un'amicizia disinteressata, che non ha secondi fini: il vero amico non ti giudica mai ma ti ama per quello che sei. Naturalmente queste amicizie sono molto rare perché rari sono i buoni. Per Aristotele coloro che hanno molti amici e che si legano con tutti quelli che capitano non sono veri amici di nessuno, perché l'amicizia intensa sarà verso poche persone. L'amicizia, inoltre, nasce soltanto entro una certa intimità di rapporti tra due persone e soprattutto di vicinanza. Tant'è vero che quando due persone non sono in contatto da molto tempo la loro amicizia si affievolisce. Secondo Aristotele, l'amicizia tipica si realizza soprattutto tra persone simili, uguali, cioè individui che hanno la stessa cultura, pensiero, educazione... ma il filosofo non esclude che ci possa essere un'amicizia tra disuguali: basti pensare al rapporto genitore figlio, ma non solo. L'amicizia va ben distinta dalla benevolenza e dall'amore: • si può volere il bene di qualcuno anche se non lo si conosce ed esso può essere celato, mentre nell'amicizia no ● l'amore ha a che fare anche con la sfera dell'eros e della sensualità 15 INT La politica La concezione dello Stato Il libro della Politica è basato su 8 lezioni che Aristotele tenne presso il proprio Liceo (si contrappone all'Accademia di Platone). Per Platone la politica era l'obiettivo della sua speculazione, fondare una società di uomini giusti che potessero vivere felici in comunità. Per Aristotele, invece, la politica è uno dei tanti argomenti affrontati dal filosofo, ma non per questo un argomento secondario, perché anche per Aristotele la politica è centrale in quanto ha a che fare con il buon governo della città, della polis, e dunque con la possibilità di essere felici (perché solo dove vi è giustizia vi è possibilità di felicità = paradigma tipico del mondo greco e di molti filosofi dell'antica Grecia). Le 8 lezioni che Aristotele tenne sulla politica hanno un punto di partenza in comune = la socievolezza, la socialità dell'uomo = secondo Aristotele l'uomo è un animale politico, l'uomo per natura tende ad unirsi con altri uomini, per natura produce comunità politica (fondamento dell'aristotelismo politico). L'uomo è socievole perché non è fatto per vivere da solo, l'uomo non basta a se stesso; si unisce ad altri uomini in vista del bene, per il bene di se stesso e della comunità. Aristotele 1. La prima comunità politica per Aristotele è la famiglia (nucleo primario, originario, luogo naturale della politica). Una famiglia è data da un uomo e una donna che si unisco per procreare, per proteggersi, per mettere in comune dei beni, una famiglia patriarcale, di cui l'uomo deve prendersi cura e che deve guidare, e in cui la donna è portatrice della vita. 2. È qui che emerge il finalismo di Aristotele: un uomo e una donna si uniscono in vista di un fine = unirsi e dare vita a dei villaggi (seconda comunità politica) che sono unioni di più famiglie: con delle regole, organizzazione del lavoro, della produzione (caccia, pesca, agricoltori, donne, anziani, esperti) = hanno un'organizzazione sociale e politica. 3. Ma il fine di un villaggio è quello di unirsi ad altri villaggi per andare a costituire uno Stato (unione di più villaggi). Il fine ultimo della politica è lo Stato. Ma quale Stato? Aristotele non è un utopista, anzi, è un anti-utopista = qui notiamo una netta differenza con Platone, il teorico dell'utopismo politico, Platone pensa e teorizza lo Stato MIGLIORE che possa esistere, il luogo PERFETTO (luogo della giustizia, governo dei sapienti, dei cittadini e dei guerrieri, che uniti armoniosamente stanno insieme animati dal bene). Secondo Aristotele la politica non deve occuparsi della società perfetta o dello Stato migliore possibile, ma dello Stato migliore REALIZZABILE. Ecco il realismo politico di Aristotele lui parla dello Stato giusto ma realizzabile, non utopistico e assoluto. Secondo Aristotele, tra quelle realizzabili, la società migliore è quella edificata, costruita attorno alla giustizia, alla legge, al diritto, alla convivenza e intorno alla possibilità di essere felici dentro questa comunità politica. Aristotele può essere considerato il padre di coloro che sostengono ancora oggi le differenze razziali, di genere, sociali... ma dobbiamo comunque collocarlo nel tempo: viveva 2300 anni fa, in una società di liberi e schiavi, differenze sociali, politiche ed economiche. E per Aristotele queste differenze sono naturali: esse stabiliscono che un uomo sia libero o schiavo = questo significa che un uomo è per natura propenso a comandare o ad essere assoggettato. È così che 16 viene legittimata la differenza tra liberi e schiavi, la schiavitù è per natura, è naturale per Aristotele. Gli stoici gli risponderanno (quella che poi è la verità) che non si nasce schiavo, ma si diventa schiavo; tutti gli uomini nascono liberi ma poi vengono sconfitti per vari motivi (militarmente più deboli, culturalmente arretrati...) È così che, sempre per natura, l'uomo è superiore alla donna, l'atto è superiore alla potenza, così come la forma è superiore alla materia. Lo stesso vale per il rapporto padre-figlio: i padri devono guidare i propri figli verso la giusta strada e per natura i figli devono obbedire ai loro genitori La riflessione sulle forme di governo Proprio come Platone, anche Aristotele distingue tre forme di governo e le loro rispettive degenerazioni: Aristotele 1. la monarchia (governo di uno solo = re saggio + leggi) che può degenerare in tirannide (governo del tiranno= monarca mediocre che persegue solo il proprio benessere e discrimina quello dei sudditi) 2. l'aristocrazia (governo dei migliori persone sagge) che può degenerare in oligarchia (governo di pochi, ma non i migliori) 3. la politia (governo di molti) che può degenerare in democrazia (governo del popolo) Ovviamente non tutte le città possono avere la stessa Costituzione (Aristotele sarà il primo filosofo a parlare di costituzione, rigida e flessibile): bisogna tenere conto dell'eterogeneità del tessuto sociale e adattare adesso la migliore forma di governo realizzabile. • Aristotele manifesta la propria preferenza per la politia, ossia il governo del ceto medio: egli ritiene che uno stato efficiente necessiti di un governo misto, per metà democratico e per aristocratico, per raggiungere un certo equilibrio ed evitare i dislivelli, gli squilibri e i conflitti sociali. ● Secondo il filosofo il buon governo è quello che adopera nell'interesse della moltitudine, e non del particolare, e che ha come fine ultimo la felicità della comunità. • Aristotele parla addirittura delle condizioni morfologiche dello Stato equilibrato, della polis, condizioni a cui i cittadini si devono adeguare. Il numero dei cittadini non deve essere né troppo alto né troppo basso e la situazione geografica dello Stato deve essere ospitale; l'indole dei cittadini è importantissima e deve essere coraggiosa e intelligente, come quella dei Greci, che per Aristotele sono i più adatti a vivere in libertà e a dominare gli altri popoli. ● Rispetto a Platone, Aristotele esclude la comunanza delle donne e della proprietà (rinnega il comunismo) ma riprende la suddivisione del popolo in tre classi fondamentali, in modo che tutti i compiti dei cittadini siano ben distribuiti (governanti, guerrieri e produttori) • È necessario che nello Stato comandino gli anziani, ma ognuno deve essere elemento attivo della comunità, che la aiuta ad andare avanti e a fare meglio. • Lo Stato deve occuparsi anche della educazione dei cittadini: è ovvio che gli aristocratici avranno una formazione culturale e migliore, date le loro disponibilità economiche, ma anche i più poveri hanno il diritto ad avere una certa istruzione, pur non cambiando la propria classe sociale. 17 La concezione dell'arte e della tragedia Il teatro per i greci è una vera e propria scuola di vita. Esso, infatti, ha una funzione catartica, cioè di purificazione, nonché educativa e formativa. I protagonisti delle rappresentazioni sono delle vere e proprie personificazioni esagerate, eccessive dei vizi della società: siccome l'eccesso porta al ridicolo, ciò spinge inconsciamente alla correzione dei propri comportamenti. Il teatro, infatti, vuole sempre trasmettere un messaggio ai propri spettatori. Questi ultimi si rispecchiano nella tragedia, nei traumi e nei pensieri nascosti dei personaggi, e allo stesso tempo, vedendoli rappresentati, si liberano dall'angoscia, dal dolore e dalla paura. Le cosiddette unità aristoteliche rappresentano un canone di narrazione applicato nel teatro. Aristotele ritenne che i drammi dovessero avere: Aristotele 1. unità di luogo doveva svolgersi cioè in un luogo unico, nel quale i personaggi agissero o raccontassero le vicende accadute. Nella tragedia greca spesso le azioni non vengono compiute e viste "in presa diretta" ma soltanto riferite o raccontate sulla scena. 2. unità di tempo l'azione doveva svolgersi in un'unica giornata, dall'alba al tramonto. 3. unità di azione → il dramma doveva comprendere un'unica azione (inizio, svolgimento e fine), con l'esclusione quindi di trame secondarie o successivi sviluppi della stessa vicenda. 18