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La costituzione italiana

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La Costituzione
▼ La nascita della Repubblica Italiana
▼ Il regno d'Italia e lo Statuto albertino
Il 17 marzo 1861 fu proclamato il Regno d'

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La Costituzione ▼ La nascita della Repubblica Italiana ▼ Il regno d'Italia e lo Statuto albertino Il 17 marzo 1861 fu proclamato il Regno d'Italia. Alla base dell'ordinamento del nuovo Stato fu posto lo Statuto albertino, che il re Carlo Alberto aveva concesso nel 1848 ai propri sudditi. Lo Statuto albertino fu un esempio di Costituzione: La Costituzione breve, in quanto dedicava uno spazio molto limitato ai diritti dei cittadini; • flessibile, poiché poteva essere modificata tramite leggi ordinarie; • ottriata, cioè concessa dall'alto e non votata dai rappresentanti dei cittadini; • confessionale, perché riconosceva la religione cattolica come religione di Stato. Il periodo liberale Il regime che si affermò nel Regno d'Italia fu di tipo liberale. Esso si ispirava al principio della separazione dei poteri: il potere legislativo apparteneva al re e al Parlamento, che era composto dal Senato, i cui membri erano nominati dal sovrano, e dalla Camera dei deputati, eletta dai cittadini più ricchi. Il potere 1 esecutivo spettava al re, che nominava i ministri e poteva liberamente revocarli; il potere giudiziario era proprio dei giudici, di nomina regia. Lo Stato italiano in questa fase storica si configurava dunque come una monarchia costituzionale pura. La Costituzione La monarchia parlamentare Nel giro di alcuni anni il potere del re andò gradualmente attenuandosi: innanzitutto si rafforzarono i poteri della Camera dei deputati, che era elettiva. Venne...

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Didascalia alternativa:

poi introdotta la possibilità, per il Parlamento, di fare cadere il Governo attraverso un uoto di sfiducia; inoltre i ministri, sempre nominati dal re, dovevano ottenere l'approvazione del Parlamento. Queste novità di fatto trasformarono l'Italia in una monarchia costituzionale parlamentare. Un'altra fondamentale innovazione fu applicata nel 1919, quando il diritto di uoto fu riconosciuto a tutti i cittadini maschi di età superiore ai ventuno anni (suffragio universale maschile), con la conseguenza che in Sensato al Parlamento vennero eletti, oltre a rappresentanti del Partito liberale, votati dai cittadini di censo più elevato, membri dei partiti popolari (Partito socialista e Partito popolare). ▼ Il periodo fascista Il timore che le idee socialiste potessero indebolire il potere della borghesia agraria e industriale fu tra le cause che spinsero iJ re a mettere alla guida dello Stato un uomo forte, che sapesse fronteggiare le richieste popolari: nel 1922, dopo la marcia su Roma, Vittorio Emanuele III diede l'incarico di formare il Governo a Benito Mussolini, capo del Partito fascista. Fu una scelta anomala: i fascisti erano in minoranza alla Camera e non avrebbero potuto accedere a tale carica. Le leggi fascistissime Dopo un breve periodo di governi di coalizione con i partiti moderati, il fascismo mostrò i suoi aspetti totalitari con l'emanazione, nel 1925, delle cosiddette leggi fascistissime, che comportarono la soppressione delle libertà sindacali e civili e rafforzarono il potere del Capo del Governo, chiamato duce. Il duce divenne responsabile solo di fronte al sovrano e non di fronte al Parlamento, e assunse un ruolo gerarchicamente superiore rispetto ai ministri. La Camera dei deputati fu soppressa e sostituita con la Camera dei 2 fasci e delle corporazioni, i cui membri erano nominati dal Governo o dal Partito fascista. Vennero inoltre messi fuori legge tutti i partiti tranne quello fascista. Particolarmente duri furono i provvedimenti adottati nei confronti dei lavoratori: fu abolita la libertà sindacale e lo sciopero venne inquadrato come reato, pertanto punibile penalmente. Nel 1936, con l'Asse Roma-Berlino, venne siglata l'alleanza politico-militare tra la Germania nazista e l'Italia fascista, a cui in seguito aderìrà anche il Giappone. La Costituzione Le leggi razziali Nel 1938 vennero applicate in Italia le leggi razziali in nome della "difesa della razza". Si trattò di misure vergognose, lesive dei principi di libertà, uguaglianza e dignità personale, tanto più gravi perché formalizzate a livello istituzionale e rese obbligatorie dall'apparato statale. La guerra Nel 1940 l'Italia entrò in guerra come alleata della Germania hitleriana. Questo evento aggravò ulteriormente la posizione degli ebrei in Italia, molti dei quali (circa 8000) vennero successivamente riuniti in campi di concentramento nazionali, e da lì smistati verso i campi di sterminio nazisti. Nel 1943 le truppe alleate anglo-americane sbarcarono in Sicilia e il 25 luglio di quell'anno i gerarchi fascisti privarono Mussolini di tutti i poteri: il re Vittorio Emanuele III lo dichiarò decaduto dal suo incarico e nominò nuovo Capo del Governo il generale Pietro Badoglio, che mise fuori legge il Partito fascista. ▼ L'armistizio e la liberazione L'8 settembre 1943 venne firmato l'armistizio con gli angloamericani; i tede- schi, prima alleati e ora nemici degli italiani, reagirono con l'occupazione del Nord e del Centro Italia, mentre il Sud era sotto la protezione degli americani e degli inglesi. Il Governo si trasferì prima a Brindisi e poi a Salerno. I tedeschi liberarono Mussolini, tenuto prigioniero sul Gran Sasso, e insieme tentarono di riorganizzare il Partito fascista a Salò, sul lago di Garda, fondando la Repubblica sociale italiana. La Repubblica di Salò cadde nel 1945, grazie all'azione, oltre che degli alleati, dei partigiani, gruppi spontanei di cittadini che, fin dal 1943, si erano impegnati nella lotta armata contro i tedeschi e i fascisti. I partigiani, insorgendo nell'aprile del 1945, contribuirono 3 a realizzare la liberazione nazionale, di cui celebriamo ogni anno la ricorrenza il 25 aprile. ▼ La nascita della Costituzione Il 2 giugno 1946 si svolse un referendum nazionale per affidare al popolo la scelta tra monarchia e repubblica e, contemporaneamente, si tennero le elezioni per eleggere l'Assemblea costituente, i cui membri ebbero l'importantissimo compito di scrivere la Costituzione italiana. Per la prima volta il diritto di voto fu riconosciuto anche alle donne (suffragio universale). La scelta si concluse a favore della repubblica, con il 54,3% dei voti. All'interno dell'Assemblea costituente furono eletti 556 deputati appartenenti, in ordine di preferenze ricevute, alla Democrazia cristiana (nata dal Partito popolare), al Partito socialista, al Partito comunista, all'Unione 1emocratica nazionale aiberalD, al Partito repubblicano e ad altri partiti minori. Fu eletto dall'Assemblea costituente il capo provvisorio dello Stato: Enrico de Nicola. Gli articoli della Costituzione furono inizialmente predisposti da una commissione formata da 75 membri dell'Assemblea e poi discussi e votati da tutti i Costituenti. La Costituzione fu definitivamente approvata il 22 dicembre 1947 ed ehtrò in vigore il 1° gennaio 1948. ▼ Caratteri della Costituzione • Votata: perchè è espressione della volontà popolare, manifestata attraverso l'Assemblea Costituente che l'ha tradotta e approvata La Costituzione Rigida: perchè può essere modificata solo attraverso un procedimento speciale (art. 138 Cost.). Le leggi in contrasto con la Costituzione vengono annullate dalla Corte Costituzionale • Lunga: in quanto, oltre a disciplinare l'organizzazione della Stato e i diritti di libertà dei cittadini contiene anche numerose norme che organizzano i diversi aspetti della società (139 art + 18 disposizioni transitorie e finali) | La difesa della patria è il dovere più importante per il cittadino • Scritta: perchè contenuta in un testo legislativo scritto • Democratica: perchè ispirata ai principi democratici Compromissoria: frutto di accordi tra diversi partiti 4 • Laica: in quanto lo stato delineato è di tipo laico e tutte le fedi religiose hanno diritto di esistere. La religione cattolica non è religione di Stato. La nostra carta costituzionale afferma dal primo articolo che la società deve basarsi sulla democrazia: ▼ Nel 1861 Il diritto di voto ai cittadini: sesso maschile almeno 25 anni saper leggere e scrivere • pagare almeno 40 lire di imposte ● ● ▾ Nel 1882 La Costituzione Il diritto di voto ai cittadini: • sesso maschile • almeno 21 anni saper leggere e scrivere Votava il 7% della popolazione ● ▼ Nel 1912 sesso maschile almeno 21 anni • saper leggere e scrivere • età superiore ai 30 anni se analfabeti Votava il 23% della popolazione ● ▼ Nel 1919 sesso maschile maggiorenni (21 anni) Votava il 27% della popolazione ▾ Nel 1946 maschi e donne 5 maggiorenni (21 anni) Votava il 62% della popolazione ● ▼ Nel 1975 • suffraggio universale (18 anni) Votava il 72% della popolazione ▼ Struttura della Costituzione La costituzione italiana è la legge suprema, gerarchicamente superiore a tutte le altri leggi, è il patto fondamentale su cui è stata basata la società italiana all'indomani della II guerra mondiale e dall'oppressione fscista. Si compone di 139 articoli: 1. Princìpi fondamentali (art 1-12) 2. Parte 1: diritti e doveri dei cittadini (art 13-54) 3. Parte II: ordinamento della repubblica, composizione e competenze degli organi (art 55-139) 4. Disposizioni transitorie e finali: consentono il passaggio alla forma repubblicana (art I-XVIII) Composizione degli Articoli Ogni articolo è formato da una o più parti, ciascuna delle quali è detta "comma". Gli articoli sono raggrupati i ìn "titoli", La Costituzione Leggi costituzionali e leggi di revisione costituzionale https://s3-us-west-2.amazonaws.com/secure.notion-static.com/7f39ed1e- 5a6d-4cd2-bbb9-797335f9b021/Mappa_per_diritto.pdf Processo di approvazione di una legge Procedimento Legislativo 6 Il parlamento può approvare ai sensi dell'art 138. Cost., le Leggi Costituzionali con le quali può: • Modificare • Integrare il testo stesso della Costituzione, • Per modificare le norme della Costituzione si approvano le "Leggi di revisione costituzionale" • Per integrare si approvano le Leggi Costituzionali Ci sono stati 4 referendum: 1. Referendum del 2001: prevalsero i si (riforma del titolo V) 2. Referendum del 2006: prevalsero i no (modifica 2^a parte) 3. Referendum del 2016: prevalsero i no 4. Referendum del 2020: prevalsero i si Limiti dell'Art. 138 Il parlamento nell'approvare le Leggi Costituzionali incontra alcuni limiti che salvaguardono i principi essenziali della Costituzione: ● Art. 139: "la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale" • Art. 1: la repubblica è "democratica", abolendo la monarchia si volle dare ogni potere al potere del popolo. La garanzia dell'immodificabilità si estende a tutte le altre. • Art. 2: "la repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'essere umano”, condizioni della vita democratica. Referendum Per il referendum sono necessarie almeno 500.000 elettori. Principi fondamentali La Costituzione 7 ▾ Articolo 1 Principio democratico e principio lavorista <<L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione»>. In questo articolo si afferma innanzitutto il valore della democrazia, vale a dire il principio per cui la sovranità appartiene al popolo. L'esercizio della democrazia negli Stati moderni, in considerazione dell'elevato numero di cittadini, è normalmente di tipo rappresentativo o indiretto: i cittadini eleggono, tramite il diritto di voto, i propri rappresentanti, ai quali spetta il compito di prendere le decisioni riguardanti la vita dello Stato. In Italia, in particolare, il popolo elegge i membri del Parlamento, cui è affidato l'importante compito di emanare le leggi dello Stato. Il Parlamento, a sua volta, elegge il Presidente della Repubblica, che rappresenta l'unità nazionale e provvede alla nomina del Governo. Quest'ultimo detiene il potere esecutivo, attraverso cui svolge l'attività amministrativa e dà attuazione agli indirizzi definiti a livello politico. Possiamo quindi affermare che nel nostro Paese gli organi più rilevanti dello Stato hanno un'investitura di origine popolare. Accanto al principio democratico, nell'articolo 1 Cost. compare il principio lavorista, secondo cui il fondamento della Repubblica è il lavoro, a riconoscimento della sua importanza sotto il profilo sociale, in quanto fattore di crescita dell'individuo e della collettività. ▼ Articolo 2 La Costituzione Tutela dei diritti inviolabili L'articolo 2 Cost. dichiara: <<La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderoggbili di solidarietà politica, economica e sociale»>. Questo articolo anticipa molti terni sviluppati in modo più specifico nella Parte I della Costituzione, che è dedicata ai diritti e ai doveri dei cittadini. La sua presenza tra i Principi fondamentali rivela l'importanza che i Costituenti hanno voluto attribuire al riconoscimento dei diritti umani, di fatto soppressi in epoca fascista. Si sottolinea poi come la garanzia della tutela dei diritti non si applica solo quando essi sono esercitati in ambito individuale, così come previsto 8 dalle Costituzioni di matrice liberale, ma anche quando la loro affermazione assume carattere collettivo. La Costituzione Più in dettaglio possiamo affermare che la Costituzione riconosce sia i diritti delle formazioni sociali a famiglia, i sindacati dei lavoratori, i partiti politici ecc.) sia i diritti dei singoli individui all'interno di tali formazioni (per esempio i diritti dei figli all'interno della famiglia). Doveri dei cittadini I cittadini, così come si vedono riconoscere diritti inviolabili, sono inderogabil- mente tenuti a rispettare determinati doveri, che possono avere carattere poli- tico, economico e sociale. Ci sono doveri che, comportano sanzioni in caso di inadempimento (per esempio quello di pagare le imposte); ce ne sono altri, invece, che sono affidati al nostro senso civico e che, in tal senso, vengono denominati doveri civici: tra essi rientrano il dovere di lavorare e quello di votare alle elezioni o ai referendum. ▼ Articolo 3 Principio di uguaglianza L'articolo 3 Cost. afferma: <<Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. t compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Nel primo comma viene sancita l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, secondo il criterio della cosiddetta uguaglianza formale. Nel secondo si sostiene invece l'impegno attivo dello Stato a eliminare gli ostacoli che doves- sero impedire la realizzazione pratica del principio di uguaglianza dei cittadini, impegno che si traduce nel principio di uguaglianza sostanziale. I nostri Costituenti hanno voluto evidenziare, nella struttura complessiva dell'articolo 3, che lo non può limitarsi ad affermare un principio, ma deve anche attuare le condizioni perché esso sia concretamente realizzato. 9 La Costituzione Il diritto alla differenza L'applicazione del principio di uguaglianza sostanziale implica anche l'affer- mazione di un diritto alla differenza, nel senso che ogni persona deve vedere rispettata la propria identità e individualità senza subire discriminazioni o es- sere considerata meno meritevole di altri nella s_ocietà. L'impegno dello Stato a eliminare le discriminazioni (di genere, etniche, religiose, economiche) non è però sufficiente se non è sostenuto dai cittadini stessi. La cronaca quotidiana ci insegna come nella nostra società, per quanto evoluta, siano ancora presenti pregiudizi sociali e ingiusti atteggiamenti di carattere razzista: questo ci consente di affermare che, nel nostro Paese, il principio di uguaglianza non può ancora dirsi compiutamente realizzato. Da che cosa dipende questo diffuso sentimento razzista? Le manifestazioni di intolleranza possono derivare da un senso di superiorità verso gli altri o dall'incapacità di accettare stili di vita o comportamenti diversi dai propri (componenti, queste, che sono storicamente alla base dell'antisemitismo). In alcuni casi, il razzismo è frutto dell'interesse a sfruttare il lavoro altrui: alcuni immigrati, a causa del loro stato di necessità, sono costretti a lavorare in condizioni di schiavitù. L'intolleranza può generarsi anche a causa dell'ignoranza, intesa nel suo significato più profondo, ossia di non-conoscenza, che facilita l'adozione di atteggiamenti culturali e mentali non giustificabili in termini razionali. Anche la paura può essere alla base di atteggiamenti razzisti, se si tratta di paura di confrontarsi con gli altri e di mettere in discussione la validità dei propri comportamenti. La storia ci insegna che dobbiamo guardarci dal cadere nel grave errore del razzismo, fare tesoro degli insegnamenti del passato e mantenere invece il nostro animo sempre aperto alla solidarietà, nonché alla conoscenza e alla comprensione delle ragioni della "diversità" altrui. Uguaglianza sostanziale e formale Il principio di uguaglianza non si traduce in assoluta parità di trattamento: trattare allo stesso modo situazioni differenti significherebbe creare discrimi- nazioni nei confronti di quei soggetti che hanno bisogno di una maggiore tutela rispetto ad altri. Pensiamo a persone in condizioni economiche disagia- te, con un minor grado di istruzione, con disabilità fisiche o psichiche. Se lo Stato non interviene con apposite norme per correggere tali disuguaglianze alcuni soggetti saranno posti in una situazione di inferiorità e si genereranno 10 forme di discriminazione lesive del pieno sviluppo della persona umana. Il compito di diversificare in certi casi le norme spetta al legislatore, il quale, però, nel valutare la diversità delle situazioni, deve attenersi al criterio della ragionevolezza, deve cioè fornire logiche giustificazioni alla disparità di tratta- mento fra i cittadini. Ad esempio, la legge non consente alle donne di lavorare in miniera: questa prescrizione apparentemente limita la loro capacità lavora- tiva, creando una disuguaglianza rispetto ai lavoratori di sesso maschile. In realtà, trova piena e ragionevole giustificazione nella tutela della potenziale maternità, che impedisce di assumere le donne per i lavori considerati insalubri. La Costituzione In conclusione, il primo comma dell'art 3 afferma teoricamente il principio di uguaglianza, sancendo il cosiddetto principio di uguaglianza formale, che garantisce pari dignità di tutti i cittadini di fronte alla legge. Ma i Costituenti, consapevoli che nella realtà concreta molti sono i fattori di disuguaglianza fra i cittadini, nel secondo comma impongono allo Stato di intervenire per creare le condizioni che consentano il raggiungimento dell'uguaglianza sostanziale. A questo scopo hanno previsto l'impegno dello Stato non solo per eliminare ogni situazione di privilegio che offenda la pari dignità, ma anche per rimuovere gli «ostacoli di ordine economico e sociale», e cioè l'insieme di fattori individuali (disabilità fisiche o psichiche) o di situazioni sociali (basso reddito individuale o familiare, scarso livello di istruzione etc.) che di fatto pongono alcuni soggetti in condizioni di svantaggio rispetto ad altri. ▼ Articolo 4 Il lavoro come diritto e dovere Nell'articolo 4 Cast possiamo leggere: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». A ulteriore conferma dell'importanza assegnata dai Costituenti al tema del lavoro, nel primo comma si afferma il principio del diritto al lavoro, riconosciuto non solo a livello formale, ma anche a livello sostanziale, in quanto si sostiene l'impegno dello Stato a promuovere le condizioni per renderlo accessibile a tutti. Nel secondo comma, invece, il lavoro viene inquadrato come un dovere civico; esso cioè deve essere 11 adempiuto dai "buoni cittadini", perché attraverso il lavoro si favorisce la crescita della società, ma non sono previste conseguenze punitive in caso di sua elusione. Occorre inoltre precisare che il concetto di lavoro non implica necessariamente un impegno extradomestico o una remunerazione. Sono quindi lavoratori, in senso costituzionale, anche le persone che si dedicano al lavoro casalingo o ad attività di volontariato non retribuite. La Costituzione L'impegno della repubblica Il lavoro costituisce la fonte di sostentamento dell'individuo ed è perciò il mezzo indispensabile per affermare la propria indipendenza. L'art. 4 riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e sancisce l'impegno della Repubblica nel creare le condizioni per renderlo effettivo. Allo Stato è affidato il compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono la realizzazione della piena occupazione, attraverso la predisposizione di programmi che assicurino la stabilità dell'occupazione e incrementino le possibilità di accesso al lavoro. Si pensi agli interventi di sostegno alle aziende in difficoltà economiche per impedirne la chiusura o la riduzione del personale (cassa integrazione, messa in mobilità dei lavoratori etc.) oppure ai corsi di formazione professionale per i giovani. Il diritto al lavoro, però, corrisponde anche al «dovere>> di lavorare, il che non significa che la Costituzione costringe il cittadino a lavorare, né restringe la libertà di scegliere l'attività da svolgere, ma esprime il monito a coloro che ne hanno la possibilità o i mezzi di dare il proprio contributo alla collettività in qualsiasi modo. In tal senso, sono stati predisposti istituti di assistenza sociale in favore di coloro che siano privi di mezzi per potersi sostenere o inabili al lavoro. ▼ Articolo 5 La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento. Principio autonomista 12 La Costituzione italiana, in contrapposizione alla dittatura fascista, sancisce il principio del pluralismo territoriale, ossia il riconoscimento dell'esistenza di centri di potere, più vicini ai cittadini, dotati di differenti gradi di autonomia. Nell'art. 5 della Costituzione viene affermato il principio dell'unità ed indivi- sibilità della Repubblica ma, al contempo, la promozione e il riconoscimento delle autonomie locali (Regioni, Province, Comuni etc.). Tre sono i punti da evidenziare: La Costituzione • l'unità e l'indivisibilità della Repubblica, intesi come limite invalicabile al riconoscimento e alla promozione delle autonomie locali; l'attuazione da parte dello Stato del più ampio decentramento ammini- strativo nella erogazione dei servizi; l'adeguamento delle leggi alle esigenze dell'autonomia e del decentra- mento, con il riconoscimento e la creazione di enti territoriali. Lo sviluppo delle autonomie territoriali garantisce un significativo decentra- mento di funzioni, mentre il decentramento amministrativo consente di avvicinare ai cittadini servizi e funzioni dello Stato. ▼ Articolo 6 La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche. Tutela delle minoranze linguistiche In Italia sono presenti numerose comunità etniche di diversa provenienza. Si tratta di popolazioni di ceppo etnico e linguistico stabilmente insediate sul nostro territorio da molti secoli e stimate intorno ai 2.500.000 abitanti: un numero considerevole di cittadini di cui la Costituzione si preoccupa allo scopo di conservarne le tradizioni culturali e linguistiche. L'art. 6, infatti, vieÂta qualsiasi discriminazione basata sulla diversità linguistica e tutela il patriÂmonio linguistico e culturale delle minoranze. L'impegno di tutelare le minoranze è un obbligo cheÂ. ricade non soltanto sugli organi dello Stato centrale, ma anche sugli enti territoriali (Regioni, Province e Comuni) in cui queste comunità risiedono. Sono stati, in particolare, gli Statuti delle Regioni speciali (Valle d'Aosta, Trentino Alto Adige, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia) a ● 13 La Costituzione predisporre una specifica diÂsciplina a protezione di queste minoranze linguistiche, utilizzando due modelli: • il bilinguismo, con la possibilità di insegnare e utilizzare sia l'italiano sia la lingua materna; il separatismo linguistico, con scuole differenziate e con l'utilizzo della propria lingua nei rapporti con l'autorità pubblica (ad esempio, nella reÂ- dazione degli atti di un processo). Questi due modelli sono stati utilizzati solo per le minoranze più numerose, e cioè quella francofona in Valle d'Aosta e quella tedesca in Alto Adige. Tuttavia la legge n. 482 del 1999 ha delineato i principi e i criteri per la tutela delle minoranze storiche (albanesi. catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo) a livello di scuole, università, amministrazioni pubbliche, favorendone la conoscenza, l'uso, la conservazione. Nel febbraio 2001 è stata poi approvata una legge per la tutela della minoranza slovena in Italia. Nelle città di Trieste, Gorizia e nella parte orientale della provincia di Udine, i circa ottantamila sloveni potranno usare la loro lingua a scuola e, attraverso appositi sportelli e uffici, nei rapporti con la Pubblica amministrazione. In ogni caso, in ossequio al principio di unitarietà della nazione, l'uso della lingua italiana costituisce un baluardo insormontabile giacché conserva il carattere ufficiale e il primato sulle altre lingue. 14

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Alessandro Borlizzi

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Il 17 marzo 1861 fu proclamato il Regno d'
La Costituzione
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Appunti sulla nascita della costituzione, sulle sue caratteristiche e analisi dei primi articoli

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La Costituzione ▼ La nascita della Repubblica Italiana ▼ Il regno d'Italia e lo Statuto albertino Il 17 marzo 1861 fu proclamato il Regno d'Italia. Alla base dell'ordinamento del nuovo Stato fu posto lo Statuto albertino, che il re Carlo Alberto aveva concesso nel 1848 ai propri sudditi. Lo Statuto albertino fu un esempio di Costituzione: La Costituzione breve, in quanto dedicava uno spazio molto limitato ai diritti dei cittadini; • flessibile, poiché poteva essere modificata tramite leggi ordinarie; • ottriata, cioè concessa dall'alto e non votata dai rappresentanti dei cittadini; • confessionale, perché riconosceva la religione cattolica come religione di Stato. Il periodo liberale Il regime che si affermò nel Regno d'Italia fu di tipo liberale. Esso si ispirava al principio della separazione dei poteri: il potere legislativo apparteneva al re e al Parlamento, che era composto dal Senato, i cui membri erano nominati dal sovrano, e dalla Camera dei deputati, eletta dai cittadini più ricchi. Il potere 1 esecutivo spettava al re, che nominava i ministri e poteva liberamente revocarli; il potere giudiziario era proprio dei giudici, di nomina regia. Lo Stato italiano in questa fase storica si configurava dunque come una monarchia costituzionale pura. La Costituzione La monarchia parlamentare Nel giro di alcuni anni il potere del re andò gradualmente attenuandosi: innanzitutto si rafforzarono i poteri della Camera dei deputati, che era elettiva. Venne...

La Costituzione ▼ La nascita della Repubblica Italiana ▼ Il regno d'Italia e lo Statuto albertino Il 17 marzo 1861 fu proclamato il Regno d'Italia. Alla base dell'ordinamento del nuovo Stato fu posto lo Statuto albertino, che il re Carlo Alberto aveva concesso nel 1848 ai propri sudditi. Lo Statuto albertino fu un esempio di Costituzione: La Costituzione breve, in quanto dedicava uno spazio molto limitato ai diritti dei cittadini; • flessibile, poiché poteva essere modificata tramite leggi ordinarie; • ottriata, cioè concessa dall'alto e non votata dai rappresentanti dei cittadini; • confessionale, perché riconosceva la religione cattolica come religione di Stato. Il periodo liberale Il regime che si affermò nel Regno d'Italia fu di tipo liberale. Esso si ispirava al principio della separazione dei poteri: il potere legislativo apparteneva al re e al Parlamento, che era composto dal Senato, i cui membri erano nominati dal sovrano, e dalla Camera dei deputati, eletta dai cittadini più ricchi. Il potere 1 esecutivo spettava al re, che nominava i ministri e poteva liberamente revocarli; il potere giudiziario era proprio dei giudici, di nomina regia. Lo Stato italiano in questa fase storica si configurava dunque come una monarchia costituzionale pura. La Costituzione La monarchia parlamentare Nel giro di alcuni anni il potere del re andò gradualmente attenuandosi: innanzitutto si rafforzarono i poteri della Camera dei deputati, che era elettiva. Venne...

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Didascalia alternativa:

poi introdotta la possibilità, per il Parlamento, di fare cadere il Governo attraverso un uoto di sfiducia; inoltre i ministri, sempre nominati dal re, dovevano ottenere l'approvazione del Parlamento. Queste novità di fatto trasformarono l'Italia in una monarchia costituzionale parlamentare. Un'altra fondamentale innovazione fu applicata nel 1919, quando il diritto di uoto fu riconosciuto a tutti i cittadini maschi di età superiore ai ventuno anni (suffragio universale maschile), con la conseguenza che in Sensato al Parlamento vennero eletti, oltre a rappresentanti del Partito liberale, votati dai cittadini di censo più elevato, membri dei partiti popolari (Partito socialista e Partito popolare). ▼ Il periodo fascista Il timore che le idee socialiste potessero indebolire il potere della borghesia agraria e industriale fu tra le cause che spinsero iJ re a mettere alla guida dello Stato un uomo forte, che sapesse fronteggiare le richieste popolari: nel 1922, dopo la marcia su Roma, Vittorio Emanuele III diede l'incarico di formare il Governo a Benito Mussolini, capo del Partito fascista. Fu una scelta anomala: i fascisti erano in minoranza alla Camera e non avrebbero potuto accedere a tale carica. Le leggi fascistissime Dopo un breve periodo di governi di coalizione con i partiti moderati, il fascismo mostrò i suoi aspetti totalitari con l'emanazione, nel 1925, delle cosiddette leggi fascistissime, che comportarono la soppressione delle libertà sindacali e civili e rafforzarono il potere del Capo del Governo, chiamato duce. Il duce divenne responsabile solo di fronte al sovrano e non di fronte al Parlamento, e assunse un ruolo gerarchicamente superiore rispetto ai ministri. La Camera dei deputati fu soppressa e sostituita con la Camera dei 2 fasci e delle corporazioni, i cui membri erano nominati dal Governo o dal Partito fascista. Vennero inoltre messi fuori legge tutti i partiti tranne quello fascista. Particolarmente duri furono i provvedimenti adottati nei confronti dei lavoratori: fu abolita la libertà sindacale e lo sciopero venne inquadrato come reato, pertanto punibile penalmente. Nel 1936, con l'Asse Roma-Berlino, venne siglata l'alleanza politico-militare tra la Germania nazista e l'Italia fascista, a cui in seguito aderìrà anche il Giappone. La Costituzione Le leggi razziali Nel 1938 vennero applicate in Italia le leggi razziali in nome della "difesa della razza". Si trattò di misure vergognose, lesive dei principi di libertà, uguaglianza e dignità personale, tanto più gravi perché formalizzate a livello istituzionale e rese obbligatorie dall'apparato statale. La guerra Nel 1940 l'Italia entrò in guerra come alleata della Germania hitleriana. Questo evento aggravò ulteriormente la posizione degli ebrei in Italia, molti dei quali (circa 8000) vennero successivamente riuniti in campi di concentramento nazionali, e da lì smistati verso i campi di sterminio nazisti. Nel 1943 le truppe alleate anglo-americane sbarcarono in Sicilia e il 25 luglio di quell'anno i gerarchi fascisti privarono Mussolini di tutti i poteri: il re Vittorio Emanuele III lo dichiarò decaduto dal suo incarico e nominò nuovo Capo del Governo il generale Pietro Badoglio, che mise fuori legge il Partito fascista. ▼ L'armistizio e la liberazione L'8 settembre 1943 venne firmato l'armistizio con gli angloamericani; i tede- schi, prima alleati e ora nemici degli italiani, reagirono con l'occupazione del Nord e del Centro Italia, mentre il Sud era sotto la protezione degli americani e degli inglesi. Il Governo si trasferì prima a Brindisi e poi a Salerno. I tedeschi liberarono Mussolini, tenuto prigioniero sul Gran Sasso, e insieme tentarono di riorganizzare il Partito fascista a Salò, sul lago di Garda, fondando la Repubblica sociale italiana. La Repubblica di Salò cadde nel 1945, grazie all'azione, oltre che degli alleati, dei partigiani, gruppi spontanei di cittadini che, fin dal 1943, si erano impegnati nella lotta armata contro i tedeschi e i fascisti. I partigiani, insorgendo nell'aprile del 1945, contribuirono 3 a realizzare la liberazione nazionale, di cui celebriamo ogni anno la ricorrenza il 25 aprile. ▼ La nascita della Costituzione Il 2 giugno 1946 si svolse un referendum nazionale per affidare al popolo la scelta tra monarchia e repubblica e, contemporaneamente, si tennero le elezioni per eleggere l'Assemblea costituente, i cui membri ebbero l'importantissimo compito di scrivere la Costituzione italiana. Per la prima volta il diritto di voto fu riconosciuto anche alle donne (suffragio universale). La scelta si concluse a favore della repubblica, con il 54,3% dei voti. All'interno dell'Assemblea costituente furono eletti 556 deputati appartenenti, in ordine di preferenze ricevute, alla Democrazia cristiana (nata dal Partito popolare), al Partito socialista, al Partito comunista, all'Unione 1emocratica nazionale aiberalD, al Partito repubblicano e ad altri partiti minori. Fu eletto dall'Assemblea costituente il capo provvisorio dello Stato: Enrico de Nicola. Gli articoli della Costituzione furono inizialmente predisposti da una commissione formata da 75 membri dell'Assemblea e poi discussi e votati da tutti i Costituenti. La Costituzione fu definitivamente approvata il 22 dicembre 1947 ed ehtrò in vigore il 1° gennaio 1948. ▼ Caratteri della Costituzione • Votata: perchè è espressione della volontà popolare, manifestata attraverso l'Assemblea Costituente che l'ha tradotta e approvata La Costituzione Rigida: perchè può essere modificata solo attraverso un procedimento speciale (art. 138 Cost.). Le leggi in contrasto con la Costituzione vengono annullate dalla Corte Costituzionale • Lunga: in quanto, oltre a disciplinare l'organizzazione della Stato e i diritti di libertà dei cittadini contiene anche numerose norme che organizzano i diversi aspetti della società (139 art + 18 disposizioni transitorie e finali) | La difesa della patria è il dovere più importante per il cittadino • Scritta: perchè contenuta in un testo legislativo scritto • Democratica: perchè ispirata ai principi democratici Compromissoria: frutto di accordi tra diversi partiti 4 • Laica: in quanto lo stato delineato è di tipo laico e tutte le fedi religiose hanno diritto di esistere. La religione cattolica non è religione di Stato. La nostra carta costituzionale afferma dal primo articolo che la società deve basarsi sulla democrazia: ▼ Nel 1861 Il diritto di voto ai cittadini: sesso maschile almeno 25 anni saper leggere e scrivere • pagare almeno 40 lire di imposte ● ● ▾ Nel 1882 La Costituzione Il diritto di voto ai cittadini: • sesso maschile • almeno 21 anni saper leggere e scrivere Votava il 7% della popolazione ● ▼ Nel 1912 sesso maschile almeno 21 anni • saper leggere e scrivere • età superiore ai 30 anni se analfabeti Votava il 23% della popolazione ● ▼ Nel 1919 sesso maschile maggiorenni (21 anni) Votava il 27% della popolazione ▾ Nel 1946 maschi e donne 5 maggiorenni (21 anni) Votava il 62% della popolazione ● ▼ Nel 1975 • suffraggio universale (18 anni) Votava il 72% della popolazione ▼ Struttura della Costituzione La costituzione italiana è la legge suprema, gerarchicamente superiore a tutte le altri leggi, è il patto fondamentale su cui è stata basata la società italiana all'indomani della II guerra mondiale e dall'oppressione fscista. Si compone di 139 articoli: 1. Princìpi fondamentali (art 1-12) 2. Parte 1: diritti e doveri dei cittadini (art 13-54) 3. Parte II: ordinamento della repubblica, composizione e competenze degli organi (art 55-139) 4. Disposizioni transitorie e finali: consentono il passaggio alla forma repubblicana (art I-XVIII) Composizione degli Articoli Ogni articolo è formato da una o più parti, ciascuna delle quali è detta "comma". Gli articoli sono raggrupati i ìn "titoli", La Costituzione Leggi costituzionali e leggi di revisione costituzionale https://s3-us-west-2.amazonaws.com/secure.notion-static.com/7f39ed1e- 5a6d-4cd2-bbb9-797335f9b021/Mappa_per_diritto.pdf Processo di approvazione di una legge Procedimento Legislativo 6 Il parlamento può approvare ai sensi dell'art 138. Cost., le Leggi Costituzionali con le quali può: • Modificare • Integrare il testo stesso della Costituzione, • Per modificare le norme della Costituzione si approvano le "Leggi di revisione costituzionale" • Per integrare si approvano le Leggi Costituzionali Ci sono stati 4 referendum: 1. Referendum del 2001: prevalsero i si (riforma del titolo V) 2. Referendum del 2006: prevalsero i no (modifica 2^a parte) 3. Referendum del 2016: prevalsero i no 4. Referendum del 2020: prevalsero i si Limiti dell'Art. 138 Il parlamento nell'approvare le Leggi Costituzionali incontra alcuni limiti che salvaguardono i principi essenziali della Costituzione: ● Art. 139: "la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale" • Art. 1: la repubblica è "democratica", abolendo la monarchia si volle dare ogni potere al potere del popolo. La garanzia dell'immodificabilità si estende a tutte le altre. • Art. 2: "la repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'essere umano”, condizioni della vita democratica. Referendum Per il referendum sono necessarie almeno 500.000 elettori. Principi fondamentali La Costituzione 7 ▾ Articolo 1 Principio democratico e principio lavorista <<L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione»>. In questo articolo si afferma innanzitutto il valore della democrazia, vale a dire il principio per cui la sovranità appartiene al popolo. L'esercizio della democrazia negli Stati moderni, in considerazione dell'elevato numero di cittadini, è normalmente di tipo rappresentativo o indiretto: i cittadini eleggono, tramite il diritto di voto, i propri rappresentanti, ai quali spetta il compito di prendere le decisioni riguardanti la vita dello Stato. In Italia, in particolare, il popolo elegge i membri del Parlamento, cui è affidato l'importante compito di emanare le leggi dello Stato. Il Parlamento, a sua volta, elegge il Presidente della Repubblica, che rappresenta l'unità nazionale e provvede alla nomina del Governo. Quest'ultimo detiene il potere esecutivo, attraverso cui svolge l'attività amministrativa e dà attuazione agli indirizzi definiti a livello politico. Possiamo quindi affermare che nel nostro Paese gli organi più rilevanti dello Stato hanno un'investitura di origine popolare. Accanto al principio democratico, nell'articolo 1 Cost. compare il principio lavorista, secondo cui il fondamento della Repubblica è il lavoro, a riconoscimento della sua importanza sotto il profilo sociale, in quanto fattore di crescita dell'individuo e della collettività. ▼ Articolo 2 La Costituzione Tutela dei diritti inviolabili L'articolo 2 Cost. dichiara: <<La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderoggbili di solidarietà politica, economica e sociale»>. Questo articolo anticipa molti terni sviluppati in modo più specifico nella Parte I della Costituzione, che è dedicata ai diritti e ai doveri dei cittadini. La sua presenza tra i Principi fondamentali rivela l'importanza che i Costituenti hanno voluto attribuire al riconoscimento dei diritti umani, di fatto soppressi in epoca fascista. Si sottolinea poi come la garanzia della tutela dei diritti non si applica solo quando essi sono esercitati in ambito individuale, così come previsto 8 dalle Costituzioni di matrice liberale, ma anche quando la loro affermazione assume carattere collettivo. La Costituzione Più in dettaglio possiamo affermare che la Costituzione riconosce sia i diritti delle formazioni sociali a famiglia, i sindacati dei lavoratori, i partiti politici ecc.) sia i diritti dei singoli individui all'interno di tali formazioni (per esempio i diritti dei figli all'interno della famiglia). Doveri dei cittadini I cittadini, così come si vedono riconoscere diritti inviolabili, sono inderogabil- mente tenuti a rispettare determinati doveri, che possono avere carattere poli- tico, economico e sociale. Ci sono doveri che, comportano sanzioni in caso di inadempimento (per esempio quello di pagare le imposte); ce ne sono altri, invece, che sono affidati al nostro senso civico e che, in tal senso, vengono denominati doveri civici: tra essi rientrano il dovere di lavorare e quello di votare alle elezioni o ai referendum. ▼ Articolo 3 Principio di uguaglianza L'articolo 3 Cost. afferma: <<Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. t compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Nel primo comma viene sancita l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, secondo il criterio della cosiddetta uguaglianza formale. Nel secondo si sostiene invece l'impegno attivo dello Stato a eliminare gli ostacoli che doves- sero impedire la realizzazione pratica del principio di uguaglianza dei cittadini, impegno che si traduce nel principio di uguaglianza sostanziale. I nostri Costituenti hanno voluto evidenziare, nella struttura complessiva dell'articolo 3, che lo non può limitarsi ad affermare un principio, ma deve anche attuare le condizioni perché esso sia concretamente realizzato. 9 La Costituzione Il diritto alla differenza L'applicazione del principio di uguaglianza sostanziale implica anche l'affer- mazione di un diritto alla differenza, nel senso che ogni persona deve vedere rispettata la propria identità e individualità senza subire discriminazioni o es- sere considerata meno meritevole di altri nella s_ocietà. L'impegno dello Stato a eliminare le discriminazioni (di genere, etniche, religiose, economiche) non è però sufficiente se non è sostenuto dai cittadini stessi. La cronaca quotidiana ci insegna come nella nostra società, per quanto evoluta, siano ancora presenti pregiudizi sociali e ingiusti atteggiamenti di carattere razzista: questo ci consente di affermare che, nel nostro Paese, il principio di uguaglianza non può ancora dirsi compiutamente realizzato. Da che cosa dipende questo diffuso sentimento razzista? Le manifestazioni di intolleranza possono derivare da un senso di superiorità verso gli altri o dall'incapacità di accettare stili di vita o comportamenti diversi dai propri (componenti, queste, che sono storicamente alla base dell'antisemitismo). In alcuni casi, il razzismo è frutto dell'interesse a sfruttare il lavoro altrui: alcuni immigrati, a causa del loro stato di necessità, sono costretti a lavorare in condizioni di schiavitù. L'intolleranza può generarsi anche a causa dell'ignoranza, intesa nel suo significato più profondo, ossia di non-conoscenza, che facilita l'adozione di atteggiamenti culturali e mentali non giustificabili in termini razionali. Anche la paura può essere alla base di atteggiamenti razzisti, se si tratta di paura di confrontarsi con gli altri e di mettere in discussione la validità dei propri comportamenti. La storia ci insegna che dobbiamo guardarci dal cadere nel grave errore del razzismo, fare tesoro degli insegnamenti del passato e mantenere invece il nostro animo sempre aperto alla solidarietà, nonché alla conoscenza e alla comprensione delle ragioni della "diversità" altrui. Uguaglianza sostanziale e formale Il principio di uguaglianza non si traduce in assoluta parità di trattamento: trattare allo stesso modo situazioni differenti significherebbe creare discrimi- nazioni nei confronti di quei soggetti che hanno bisogno di una maggiore tutela rispetto ad altri. Pensiamo a persone in condizioni economiche disagia- te, con un minor grado di istruzione, con disabilità fisiche o psichiche. Se lo Stato non interviene con apposite norme per correggere tali disuguaglianze alcuni soggetti saranno posti in una situazione di inferiorità e si genereranno 10 forme di discriminazione lesive del pieno sviluppo della persona umana. Il compito di diversificare in certi casi le norme spetta al legislatore, il quale, però, nel valutare la diversità delle situazioni, deve attenersi al criterio della ragionevolezza, deve cioè fornire logiche giustificazioni alla disparità di tratta- mento fra i cittadini. Ad esempio, la legge non consente alle donne di lavorare in miniera: questa prescrizione apparentemente limita la loro capacità lavora- tiva, creando una disuguaglianza rispetto ai lavoratori di sesso maschile. In realtà, trova piena e ragionevole giustificazione nella tutela della potenziale maternità, che impedisce di assumere le donne per i lavori considerati insalubri. La Costituzione In conclusione, il primo comma dell'art 3 afferma teoricamente il principio di uguaglianza, sancendo il cosiddetto principio di uguaglianza formale, che garantisce pari dignità di tutti i cittadini di fronte alla legge. Ma i Costituenti, consapevoli che nella realtà concreta molti sono i fattori di disuguaglianza fra i cittadini, nel secondo comma impongono allo Stato di intervenire per creare le condizioni che consentano il raggiungimento dell'uguaglianza sostanziale. A questo scopo hanno previsto l'impegno dello Stato non solo per eliminare ogni situazione di privilegio che offenda la pari dignità, ma anche per rimuovere gli «ostacoli di ordine economico e sociale», e cioè l'insieme di fattori individuali (disabilità fisiche o psichiche) o di situazioni sociali (basso reddito individuale o familiare, scarso livello di istruzione etc.) che di fatto pongono alcuni soggetti in condizioni di svantaggio rispetto ad altri. ▼ Articolo 4 Il lavoro come diritto e dovere Nell'articolo 4 Cast possiamo leggere: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». A ulteriore conferma dell'importanza assegnata dai Costituenti al tema del lavoro, nel primo comma si afferma il principio del diritto al lavoro, riconosciuto non solo a livello formale, ma anche a livello sostanziale, in quanto si sostiene l'impegno dello Stato a promuovere le condizioni per renderlo accessibile a tutti. Nel secondo comma, invece, il lavoro viene inquadrato come un dovere civico; esso cioè deve essere 11 adempiuto dai "buoni cittadini", perché attraverso il lavoro si favorisce la crescita della società, ma non sono previste conseguenze punitive in caso di sua elusione. Occorre inoltre precisare che il concetto di lavoro non implica necessariamente un impegno extradomestico o una remunerazione. Sono quindi lavoratori, in senso costituzionale, anche le persone che si dedicano al lavoro casalingo o ad attività di volontariato non retribuite. La Costituzione L'impegno della repubblica Il lavoro costituisce la fonte di sostentamento dell'individuo ed è perciò il mezzo indispensabile per affermare la propria indipendenza. L'art. 4 riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e sancisce l'impegno della Repubblica nel creare le condizioni per renderlo effettivo. Allo Stato è affidato il compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono la realizzazione della piena occupazione, attraverso la predisposizione di programmi che assicurino la stabilità dell'occupazione e incrementino le possibilità di accesso al lavoro. Si pensi agli interventi di sostegno alle aziende in difficoltà economiche per impedirne la chiusura o la riduzione del personale (cassa integrazione, messa in mobilità dei lavoratori etc.) oppure ai corsi di formazione professionale per i giovani. Il diritto al lavoro, però, corrisponde anche al «dovere>> di lavorare, il che non significa che la Costituzione costringe il cittadino a lavorare, né restringe la libertà di scegliere l'attività da svolgere, ma esprime il monito a coloro che ne hanno la possibilità o i mezzi di dare il proprio contributo alla collettività in qualsiasi modo. In tal senso, sono stati predisposti istituti di assistenza sociale in favore di coloro che siano privi di mezzi per potersi sostenere o inabili al lavoro. ▼ Articolo 5 La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento. Principio autonomista 12 La Costituzione italiana, in contrapposizione alla dittatura fascista, sancisce il principio del pluralismo territoriale, ossia il riconoscimento dell'esistenza di centri di potere, più vicini ai cittadini, dotati di differenti gradi di autonomia. Nell'art. 5 della Costituzione viene affermato il principio dell'unità ed indivi- sibilità della Repubblica ma, al contempo, la promozione e il riconoscimento delle autonomie locali (Regioni, Province, Comuni etc.). Tre sono i punti da evidenziare: La Costituzione • l'unità e l'indivisibilità della Repubblica, intesi come limite invalicabile al riconoscimento e alla promozione delle autonomie locali; l'attuazione da parte dello Stato del più ampio decentramento ammini- strativo nella erogazione dei servizi; l'adeguamento delle leggi alle esigenze dell'autonomia e del decentra- mento, con il riconoscimento e la creazione di enti territoriali. Lo sviluppo delle autonomie territoriali garantisce un significativo decentra- mento di funzioni, mentre il decentramento amministrativo consente di avvicinare ai cittadini servizi e funzioni dello Stato. ▼ Articolo 6 La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche. Tutela delle minoranze linguistiche In Italia sono presenti numerose comunità etniche di diversa provenienza. Si tratta di popolazioni di ceppo etnico e linguistico stabilmente insediate sul nostro territorio da molti secoli e stimate intorno ai 2.500.000 abitanti: un numero considerevole di cittadini di cui la Costituzione si preoccupa allo scopo di conservarne le tradizioni culturali e linguistiche. L'art. 6, infatti, vieÂta qualsiasi discriminazione basata sulla diversità linguistica e tutela il patriÂmonio linguistico e culturale delle minoranze. L'impegno di tutelare le minoranze è un obbligo cheÂ. ricade non soltanto sugli organi dello Stato centrale, ma anche sugli enti territoriali (Regioni, Province e Comuni) in cui queste comunità risiedono. Sono stati, in particolare, gli Statuti delle Regioni speciali (Valle d'Aosta, Trentino Alto Adige, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia) a ● 13 La Costituzione predisporre una specifica diÂsciplina a protezione di queste minoranze linguistiche, utilizzando due modelli: • il bilinguismo, con la possibilità di insegnare e utilizzare sia l'italiano sia la lingua materna; il separatismo linguistico, con scuole differenziate e con l'utilizzo della propria lingua nei rapporti con l'autorità pubblica (ad esempio, nella reÂ- dazione degli atti di un processo). Questi due modelli sono stati utilizzati solo per le minoranze più numerose, e cioè quella francofona in Valle d'Aosta e quella tedesca in Alto Adige. Tuttavia la legge n. 482 del 1999 ha delineato i principi e i criteri per la tutela delle minoranze storiche (albanesi. catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo) a livello di scuole, università, amministrazioni pubbliche, favorendone la conoscenza, l'uso, la conservazione. Nel febbraio 2001 è stata poi approvata una legge per la tutela della minoranza slovena in Italia. Nelle città di Trieste, Gorizia e nella parte orientale della provincia di Udine, i circa ottantamila sloveni potranno usare la loro lingua a scuola e, attraverso appositi sportelli e uffici, nei rapporti con la Pubblica amministrazione. In ogni caso, in ossequio al principio di unitarietà della nazione, l'uso della lingua italiana costituisce un baluardo insormontabile giacché conserva il carattere ufficiale e il primato sulle altre lingue. 14