A Silvia
Introduzione
"A Silvia" è un canto composto da Leopardi nel 1828 ed è un "grande idillio", cioè una canzone che rientra in quel gruppo di poesie in cui il poeta di Recanati esprime la sua visione circa lo stato d'infelicità che coinvolge tutti gli uomini.
La figura di Silvia
La lirica è dedicata a Silvia, che i critici hanno identificato con Teresa Fattorini, la figlia del cocchiere della famiglia Leopardi. Silvia morì giovanissima, a diciotto anni, di tubercolosi. Ma Silvia per Leopardi è il simbolo della speranza e delle illusioni giovanili, che sono state prematuramente spezzate dalla morte.
Il ricordo di Silvia
Il canto si apre con il vocativo "A Silvia", dunque Leopardi si rivolge direttamente a lei, coinvolgendola nell'attività del ricordo. Il poeta infatti, rivolgendosi a lei ormai morta, le chiede se ricorda quando era ancora giovane e in vita, quando la bellezza risplendeva nei suoi occhi gioiosi e schivi e lei, serena e al tempo stesso assorta in un'ombra di tristezza (forse perché c'era in lei un vago sentimento di morte), era sul punto di oltrepassare la soglia dell'adolescenza, cioè di passare dall'adolescenza alla giovinezza.
La vita di Silvia
Le storie e le vie risuonavano del suo canto ininterrotto ("perpetuo"), mentre si dedicava ai lavori femminili, come la tessitura, ed era contenta perché immaginava per sé un bel futuro. Era meglio la stagione delle rose che diffondeva il loro profumo nell'aria, e lei, serena e spensierata, trascorreva le sue giornate pensando al suo avvenire, sperando e sognando.
Il punto di vista del poeta
Il poeta, invece, spendeva gli anni più belli della sua vita, studiando e componendo e dai balconi del palazzo potevano sentire il canto di Silvia e vedere la sua mano muoversi veloce sulla tela. Ammirava la natura intorno al cielo, le vie illuminate dai raggi solari ("dorati") e i campi, il mare da una parte e i monti dall'altra. Non si può capire, dice il poeta, quali sentimenti lo provano nel cuore.
La malinconia del poeta
Ricordando la giovinezza, il poeta, con grande malinconia e nostalgia, dice che a quel tempo la vita sembrava felice e serena. Ora, invece, che nulla si è avverato di ciò che si sognava da ragazzi, è oppresso da un sentimento amaro ("acerbo") e da un totale sconforto, perciò non gli resta che compiangere la sua sventura.
L'accusa alla Natura
Il poeta si rivolge direttamente alla Natura, accusandola d'ingannare gli uomini perché promette loro felicità e, invece, riserva loro solo infelicità. Silvia, sconfitta dalla malattia, è morta giovanissima. Non ha potuto godere dei complimenti ricevuti per i suoi bei capelli neri, né ha potuto vivere i primi amori, la malattia le ha negato anche la possibilità di chiacchierare d'amore con le sue amiche.
Il destino del poeta
Il destino del poeta non è, però, diverso da quello di Silvia. Egli non ha goduto della sua giovinezza, perché l'ha trascorsa da solo chiuso in casa a studiare. Il poeta si pente di aver lasciato trascorrere in questo modo l'età più bella della vita. Ora che è adulto si rende conto che tutto ciò che ha sognato da giovane non si è realizzato. Ora c'è solo infelicità e per Silvia non c'era che la morte.